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Josef Masopust, il campione gentiluomo primo Pallone d'Oro dell'Est

"Masopust possedeva una tale tecnica da dare l’impressione di essere nato in Brasile, non in Europa. Un tipo di giocatore alla Platini, alla Beckenbauer, paragonabile oggi a uno come Xavi. Soprattutto un uomo di grande intelligenza anche fuori dal campo" - Pelé dopo gli 80 anni di Masopust

Nella sua carriera calcistica ha sfiorato l'apice assoluto, arrivando ad un passo dalla vittoria di un campionato del Mondo. Benché quella cima non sia riuscito a raggiungerla, con le sue gesta tecniche e il suo comportamento esemplare, Josef Masopust ha lasciato comunque di sé un ottimo ricordo, tanto da essere considerato ancora oggi il più grande giocatore cecoslovacco della storia.

Campione gentiluomo, giocatore simbolo dell'allora Cecoslovacchia e del Dukla Praga, la squadra dell'esercito sotto il regime socialista, sul rettangolo verde rispettava compagni e avversari ed era quello che oggi verrebbe definito un centrocampista box to box che univa al grande dinamismo una qualità incredibile nell'ultimo passaggio. Dotato di mezzi tecnici importanti e di un bel dribbling, dava del tu al pallone, e sapeva farsi valere anche in zona goal.

"Dribblavo a destra e sinistra - ricorderà - controllando il pallone con entrambi i piedi".

Dopo aver vinto tutto in patria, con queste caratteristiche, grazie agli exploit in Nazionale nel 1962 diventa il primo Pallone d'Oro dell'Est della storia. Dopo di lui arriveranno i sovietici Oleg Blochin e Igor Belanov (1975 e 1986), il ceco Pavel Nedved (2003) e l'ucraino Andriy Shevchenko (2004). Potrà lasciare il suo Paese solo ad età già avanzata, per chiudere la carriera in Belgio e diventare allenatore giramondo.

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DA MOST A PRAGA PER SCRIVERE LA STORIA

Josef Masopust nasce a Most, borgo medioevale situato nella parte settentrionale dell'allora Cecoslovacchia, il 9 febbraio 1931, in una famiglia numerosa, come spesso accadeva all'epoca. È infatti il quarto di sei figli.

Inizia a giocare a calcio nella squadra locale del Baník Most, mettendosi subito in evidenza per le sue qualità. A 19 anni passa nella Serie A cecoslovacca, la Mitrovství republiky, con il Teplice, la sua prima squadra da professionista, con cui milita per tre stagioni.

Il Teplice è una piccola realtà della massima divisione, che dal 1949 al 1956 si disputa nell'arco dello stesso anno solare, ma Masopust riesce a trascinarla ad un sorprendente 3° posto in classifica nel 1952, attirando su di sé l'attenzione dei grandi club della nazione.

Il Dukla Praga, la tanto odiata squadra dell'esercito, che rappresenta il regime socialista che governa la Cecoslovacchia, non se lo lascia scappare. Per Masopust inizia così una militanza lunga 16 anni in maglia giallorossa, quella che diventerà per lui una seconda pelle.

Con la formazione della capitale, in cui giocano molti fra i migliori giocatori cecoslovacchi, per il centrocampista arriva una serie incredibile di successi. Masopust dal 1952 al 1968 vince infatti 8 Scudetti cecoslovacchi (1953, 1956, 1957/58, 1960/61, 1961/62, 1962/63, 1963/64 e 1965/66) e 3 Coppe di Ceslovacchia (1960/61, 1964/65, 1965/66).

Per molti anni il Dukla Praga domina del resto il calcio cecoslovacco in virtù di una singolare regola, introdotta dal regime, che che permetteva di poter prendere i migliori calciatori senza doverli pagare.

Bastava infatti che il calciatore avesse prestato servizio militare e diventava in automatico un suo tesserato. Spettava poi a Dukla decidere se lasciarlo alla squadra di appartenenza o fargli vestire da subito la propria maglia. Questo accadde naturalmente nel caso di Masopust.

I giallorossi sono finalisti della Mitropa Cup nel 1955 e partecipano naturalmente a più riprese anche alla Coppa dei Campioni, e raggiungono il miglior risultato nella stagione 1966/67, quando arrivano fino alle semifinali, dove saranno eliminati dagli scozzesi del Celtic Glasgow (3-1 in Scozia e 0-0 a Praga), che poi si aggiudicheranno il trofeo.

Alto un metro e 77 centimetri, Masopust si muove sempre in campo con eleganza e con uno stile unico e a 35 anni, nel 1966, viene nominato 'Calciatore cecoslovacco dell'anno', a dimostrazione che la sua classe sembra non esaurirsi nonostante gli anni che scorrono.

National soccer team from CzechoslovakiaGetty Images

3° AGLI EUROPEI E 2° AI MONDIALI CON LA CECOSLOVACCHIA

La fama internazionale di Masopust cresce naturalmente con le imprese che lo vedono protagonista con la maglia della Cecoslovacchia, che indossa per quasi 12 anni, dalla fine del 1954, dopo la deludente spedizione mondiale in terra svizzera, fino alla primavera del 1966.

L'esordio con la Nazionale avviene nell'ottobre del 1954 con Antonin Rygr Commissario tecnico e con il suo successore Karel Kolský, Masopust partecipa alla campagna di qualificazione ai Mondiali di Svezia '58. Nel Paese scandinavo gioca quindi i suoi primi Mondiali.

Inserita in un girone di ferro con Argentina, Germania Ovest e Irlanda del Nord, la Cecoslovacchia sfiora soltanto l'impresa. Al debutto nel torneo sorprende tutti quando a Helsingborg travolge con sei reti l'Albiceleste. Quella rimane tuttavia l'unica vittoria, seguita da una sconfitta con l'Irlanda del Nord e da un pareggio con i tedeschi occidentali.

Si rende necessario così uno spareggio a Malmö contro i nordirlandesi e dopo centoventi minuti drammatici è una doppietta di McParland a fermare i sogni di gloria di Josef, titolare inamovibile di quella squadra, e compagni.

Ma i successi, con un giocatore come Masopust come motore della squadra, non tardano ad arrivare: nel 1960 la Cecoslovacchia conquista l'ultima edizione della Coppa Internazionale e chiude al 3° posto con la medaglia di bronzo la prima edizione dei Campionati europei, nei quali è battuta in semifinale 3-0 dall'Unione Sovietica e supera successivamente la Francia per 2-0 nella finale per il 3° posto.

Ma l'impresa più esaltante resta il cammino ai Mondiali di Cile '62, i secondi disputati da Masopust. Con Ed Vytlacil come Commissario tecnico, infatti, la Cecoslovacchia ha disputato quello che resta ad oggi il suo miglior Mondiale dal dopoguerra.

In Cile la squadra parte subito alla grande battendo la Spagna e pareggiando con il grande Brasile campione del mondo. In questa partita Masopust dà prova della sua proverbiale sportività. Pelé si fa male calciando una punizione, ma, non esistendo all'epoca le sostituzioni, resta in campo sino all’ultimo minuto. 

Ad un certo punto si ritrova con la palla tra i piedi e ha davanti a sé Masopust, che potrebbe facilmente strappargli la palla dai piedi, viste le sue precarie condizioni. Ma il ceco, prima di intervenire, attende che il fuoriclasse brasiliano passi la palla ad un compagno: non avrebbe mai approfittato in un duello di un avversario infortunato. A fine partita aiuterà inoltre 'O Rei', vistosamente zoppicante per uno strappo muscolare alla coscia, a lasciare il terreno di gioco.

"È stato uno dei gesti più belli del calcio - dichiarerà sull'episodio il numero 10 brasiliano -. Un atto di fair play, del quale oggi si parla tanto. Una vera dimostrazione di rispetto per le persone, un gesto che non dimenticherò mai".

L'episodio fa guadagnare a Masopust il soprannome di 'Campione gentiluomo' o 'Gentiluomo del calcio'. Nella terza gara con il Messico gli cecoslovacchi rischiano tuttavia la figuraccia. I centroamericani erano sempre stati fino a quei Mondiali la cenerentola del torneo ma al Sausalito di Viña del Mar si impongono per la prima volta nei Mondiali infliggendo alla Cecoslovacchia una sconfitta umiliante.

Grazie però al successo del Brasile sulla Spagna i quarti di finale sono comunque garantiti per la Nazionale centroeuropea. Quest'ultima, trascinata da Masopust, uomo chiave che detta i ritmi della squadra, ha la meglio prima sull'Ungheria e poi sulla Jugoslavia, ottenendo la qualificazione alla finale ventotto anni dopo l’ultima volta.

Davanti ai quasi settantamila spettatori dello Stadio Nacional di Santiago gli cecoslovacchi sono opposti nuovamente ai campioni verdeoro, orfani del loro fuoriclasse, ancora k.o. per infortunio. La Seleção era vogliosa di replicare il successo di quattro anni prima, ma Masopust prova a rovinarle la festa. Dopo 15 minuti, Pospichal vede il perfetto movimento di Josef e lo lancia nello spazio: destro di prima intenzione del centrocampista del Dukla Praga e Gilmar è sorprendentemente battuto.

Come nel 1934 contro l'Italia, la Cecoslovacchia era passata in vantaggio nella finale di Coppa del Mondo, ma come allora la storia non è dalla sua parte. Il portiere Schrojf, fino ad allora decisivo con le sue grandi parate, vive probabilmente con eccessiva emozione l’appuntamento con la Coppa del Mondo e sul più bello con due errori clamorosi errori consente a Zito di pareggiare e ad Amarildo, il sostituto di Pelé, di ribaltare il risultato.

La partita resta combattuta e sulla terza papera del portiere cecoslovacco, che non trattiene un cross teso di Djalma Santos, Vavá chiuse definitivamente in conti con il tap-in del 3-1. Masopust e compagni escono battuti con un 2° posto finale che in quel momento sa di amaro per tutti i giocatori cecoslovacchi. Solo al rientro in patria e trascorsi diversi decenni ci si renderà conto della portata di quell'impresa.

Ballon d'or Masopust 1962Getty

PRIMO PALLONE D'ORO DELL'EST

In una gelida mattina del dicembre di quel 1962, a casa Masopust a Praga arriva una telefonata interurbana inaspettata: all’altro capo dell’apparecchio c'è un delegato di France Football. Avverte Josef che ha vinto il Pallone d'Oro; in quel momento la delusione per il 2° posto con il Brasile scompare e lascia spazio ad una gioia inaspettata.

Masopust era stato votato 'Miglior giocatore europeo' con 65 preferenze contro le 53 di Eusebio e le 33 di Schnellinger. C'è tuttavia un problema, la consegna del premio, visto che Josef, come tutti i cittadini del suo Paese, non sono autorizzati ad abbandonare i confini senza autorizzazione del regime socialista.

Il Pallone d'Oro viene dunque consegnato a Masopust prima del quarto di finale di Coppa dei Campioni a Praga contro il Benfica nel 1963.

"Non ci furono molti convenevoli - racconterà Masopust -. Eusebio mi strinse la mano e mi consegnò il trofeo. Dopo la partita lo riposi nella mia sacca di plastica e tornai a casa in tram".

L'avventura in Nazionale per il primo Pallone d'Oro dell'Est termina nel maggio del 1966, quando Masopust ha già compiuto 35 anni. La sua ultima partita con la Cecoslovacchia, dopo aver giocato una sola partita di qualificazione a Inghilterra '66 (una sconfitta di misura con la Romania), è una gara amichevole con l'Unione Sovietica. Il suo bilancio complessivo lo vede autore di 10 goal in 63 presenze.

Oltre che della Nazionale, il campione ceco è stato protagonista nella sua carriera anche di due partite speciali: nel 1963 è sceso in campo con il Resto del Mondo contro l'Inghilterra, mentre due anni dopo ha fatto parte della squadra delle Stelle europee nella partita d'addio al calcio di sir. Stanley Matthews.

L'ESPERIENZA IN BELGIO, IL RITIRO E LA CARRIERA DA ALLENATORE

Diventato simbolo e bandiera del Dukla Praga, Masopust meriterebbe sicuramente una chance oltre Cortina ma il regime non glielo permette finché ormai a fine carriera, a 37 anni, dopo 79 goal in 386 presenze con la maglia giallorossa nel campionato cecoslovacco e un bottino di 5 goal in 37 presenze in Coppa dei Campioni e 4 partite e un goal in Coppa delle Coppe, non gli concede di fare un'esperienza biennale in Belgio con il Crossing Molenbeek. In due anni totalizza 9 reti in 43 partite, dando ancora un saggio della sua classe anche al di fuori dei confini nazionali.

Diventato nell'ultimo periodo allenatore-giocatore dei belgi, dopo il ritiro all'età di 39 anni, che dimostrano una straordinaria longevità per l'epoca, diventa tecnico a tempo pieno e in queste nuove vesti gira un po' il Mondo.

Tornato in patria, guida inizialmente il club con cui ha fatto la storia, il Dukla Praga, dal 1973 al 1976, e successivamente lo Zbrojovka Brno dal 1976 al 1980, club con il quale vince anche uno Scudetto cecoslovacco nel 1978.

Leggenda nazionale, dopo un periodo di pausa di quattro anni accetta l'incarico come Ct. della Cecoslovacchia nel 1984, mantenendo poi l'incarico per tre anni, senza riuscire a ottenere risultati significativi ma di fatto gettando le basi per quello che sarà il grande ritorno del calcio cecoslovacco ai Mondiali di Italia '90.

Nel 1988 il campione lascia il suo Paese per trasferirsi in Indonesia e insegnare calcio per 3 anni, fino al 1991, alla Nazionale giovanile Under 19 indonesiana. Dopo ulteriori esperienze negli anni Novanta, post suddivisione del Paese in Repubblica Ceca e Slovacchia, con lo Zbrojovka Brno e l'FK Pelikán Decín, nel 1996 a 65 anni saluta definitivamente il Mondo del calcio.

Quest'ultimo però non si dimentica di lui, e per 'Il campione gentiluomo' arrivano importanti e significativi riconoscimenti: nel 2000 la rivista 'Gol'lo ha eletto 'miglior calciatore ceco del XX secolo', davanti a Josef Bican e Ivo Viktor.

Nel 2004 per celebrare i 50 anni dell'UEFA, la Federcalcio ceca lo ha nominato 'miglior giocatore ceco degli ultimi 50 anni' e Pelé, suo grande rivale ai Mondiali di Cile '62 e amico, lo ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori giocatori viventi.

Nel 2011, in occasione dei suoi 80 anni, in Repubblica Ceca vengono organizzate grandi celebrazioni e l'anno seguente una statua a lui dedicata venne costruita al di fuori dello Stadion Juliska di Praga, dove gioca le sue partite il nuovo Dukla. Ma Josef, antidivo per eccellenza, darà ancora una volta prova della sua modestia e umiltà.

"Credo che tutto ciò vada ben al di là dei miei meriti effettivi - dichiarerà -. Dopo tutto sono solo uno dei tanti giocatori che hanno rappresentato il nostro Paese".

Il 'campione gentiluomo' che aveva fatto tremare il grande Brasile nel 1962 se ne va in silenzio, nel 2015, ad 84 anni, dopo aver combattuto con una lunga malattia. Centrocampista in grado di anticipare i tempi per il suo modo di interpretare il ruolo, il suo nome sarà citato per sempre fra le leggende del calcio, mentre il suo comportamento in campo resta ancora oggi un esempio per i più giovani.

"Ammiravo molto Masopust - dichiarerà dopo la sua morte l'allora presidente dell'UEFA Michel Platini -. Era un gentiluomo in campo e fuori. Era un calciatore straordinario, un centrocampista classico con il senso del goal e un bel dribbling. Ha meritato il Pallone d'oro del 1962 e ha fatto parte della grande Cecoslovacchia vicecampione del mondo in Cile".
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