Mannari GFXGOAL

Graziano Mannari, lo chiamavano 'Lupetto': da 'Piccolo Gullit' nel Milan di Sacchi al ritiro anticipato

Banner archivio storieGOAL
"Il fatto che ancora oggi ci si ricordi di me, dimostra che qualcosa di buono ho fatto. Nel mio piccolo anch’io ho fatto la storia…" - Graziano Mannari in un'intervista del 2010 a 'Calcio2000'

Era molto rapido e tecnico, brevilineo e con mezzi atletici importanti e un innato fiuto del goal. Madre natura era stata molto generosa con Graziano Mannari, viso da attore di Hollywood e grande sorriso.

L'articolo prosegue qui sotto

Fin da giovane gioca da attaccante e sembra destinato ad affermarsi nel Mondo del calcio. Su di lui scommette il Milan e con Sacchi avviene il salto di qualità e l'approdo in Prima squadra da vice Gullit. Segna alcuni goal belli e spettacolari, vince uno Scudetto, una Supercoppa Italiana e una Coppa dei Campioni, competizione in cui debutta con la maglia rossonera.

Ma una serie incredibile di infortuni e tanta sfortuna si metteranno di mezzo, costringendolo ad una carriera diversa da quella che tutti immaginavano per lui, fino al ritiro dal calcio professionistico all'età di 28 anni.

DAL FOLLONICA ALLE GIOVANILI DEL MILAN

Graziano Mannari nasce a Livorno il 19 aprile 1969 sotto il segno dell'ariete e trascorre l'infanzia in provincia con la sua famiglia. Inizia a giocare in strada, come succedeva di frequente negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, poi all'oratorio e presto il suo talento lo porta a militare dapprima nel Settore giovanile del Rosignano e in seguito in quello del Follonica, società toscana controllata da Giussy Farina.

"Come capitava a tanti ragazzi anni fa, ho iniziato a giocare in piazza - racconta a 'Calcio2000' nel 2010 - . Sono cresciuto in un paesino di 6 mila abitanti e passavo le giornate per strada. Da li all’oratorio, poi le prime esperienze nelle squadrette locali e, infine, il classico osservatore che ti notava in qualche partita".

Mannari è segnalato a Farina, all'epoca presidente del Milan, da un dirigente e suo collaboratore.

"A quei tempi accadeva che anche le grandi società si 'sporcassero le mani' in provincia - sottolinea Mannari - . Era ancora il Milan di Farina: io ero troppo giovane per andare fino a Milano e il presidente, che aveva creato società satelliti, mi portò a Follonica. Da lì in poi sono cresciuto e in seguito sono andato a Milanello, dove ho fatto tutta la trafila, partendo dai giovanissimi".

Il ragazzo conferma le sue qualità e il passo successivo è l'approdo nel Settore giovanile del club lombardo, dove approda gratuitamente, nonostante simpatizzi per l'Inter e abbia come idolo Roberto Boninsegna.

"È vero - dice - infatti io la domenica andavo a vedere l'Inter. Ci davano una tessera con la quale potevamo entrare gratis allo stadio, ma io non andavo mai alle partite del Milan. Ho messo per la prima volta piede a San Siro in un derby, ricordo ancora tutto: 1-0 per i nerazzurri, goal di Bini. Poi, però, il derby del 3-2 con quel colpo di testa di Hateley indimenticabile, mi ha cambiato un po' la vita. Da allora ho cominciato ad affezionarmi al rossonero. Infine, quando ho cominciato a giocare in prima squadra, mi sono definitivamente convertito".

Nelle Giovanili rossonere Mannari si rivela uno dei prospetti più interessanti, e impiegato da prima punta o attaccante esterno segna molti goal, crescendo, grazie all'insegnamenti di Galbiati e Fabio Capello, con una generazione di giocatori che vedrà molti approdare nel calcio professionistico: con lui ci sono infatti fra gli altri Giovanni Stroppa, Stefano Nava, Rufo Emiliano Verga, Gianluca Pessotto, Massimiliano Cappellini, Christian Lantignotti e Matteo Villa.

"Per me fu molto duro - racconta l'ex attaccante - . Arrivavo da un paesino di 6 mila abitanti e del Mondo non avevo visto nulla. Mi son trovato catapultato nella metropoli e ci capivo davvero poco. Poi, a quei tempi, Milanello esisteva ma era ancora 'derelitto'. Per cui noi ragazzi abitavamo in centro e per noi era come essere in film. Ma la cosa più difficile, è stato inserirsi in squadra, perché dopo aver fatto 60-70 goal a stagione, pensavi di essere almeno 'bravino', e accorgersi invece di essere uno dei tanti, è stata una botta. Lì c’era gente che aveva cominciato dalla scuola calcio, gente già formata nel fisico e nel carattere. Io con la testa, forse, ero ancora un ragazzino, mentre loro erano già professionisti".

LA SCOMMESSA DI SACCHI E I PRIMI GOAL PESANTI

Approdato in Primavera, le sue prestazioni sono molto positive e in tanti sono certi che presto o tardi il talento delle Giovanili approderà in Prima squadra, guidata da Arrigo Sacchi, cui viene aggregato spesso nel corso della stagione 1987/88.

Intanto alla presidenza del Milan è approdato Silvio Berlusconi e il livornese sale alla ribalta per uno spot pubblicitario antiviolenza girato a San Siro dopo il grave incidente occorso il 13 dicembre 1987 al portiere della Roma Franco Tancredi, colpito alla testa da due petardi lanciati dagli spalti, che costò ai rossoneri guidati da Arrigo Sacchi una sconfitta a tavolino per 2-0.

"Chi ama il calcio odia la violenza", recitava lo spot, e il ragazzo che scende dagli spalti di San Siro per togliere una miccia accesa sotto il pallone al centro del campo è proprio il giovane bomber. Mannari buca lo schermo e dimostra di saperci fare anche come attore dietro la telecamera.

"Quello spot - racconterà a 'Il Tirreno - lo volle a tutti i costi il presidente Silvio Berlusconi per dare un segnale forte contro la violenza negli stadi. Io non avevo ancora debuttato in Prima squadra e fui scelto fra tutti i ragazzi della Primavera".

Pur non altissimo (un metro e 74 per 71 chilogrammi), il giovane attaccante della Primavera è molto veloce, ha elevazione, coraggio e voglia di emergere. Sacchi lo tiene sott'occhio e dopo averlo portato in panchina quattro volte, fra cui anche nel Derby vinto 1-0 dal Diavolo contro l'Inter il 20 dicembre, il 7 febbraio 1988 scocca il suo momento. Il Milan conduce 1-0 al Manuzzi contro il Cesena, grazie ad un goal di Gullit, ma proprio il fuoriclasse olandese rimedia una contrattura alla coscia e deve abbandonare il terreno di gioco dopo il primo tempo.

"Ero al Viareggio con la Primavera - ricorda - e il giovedì mi arriva la chiamata di raggiungere la Prima squadra. Nell’ultima partita avevo accusato un dolorino alla coscia, così quella domenica, parlando col preparatore, gli chiesi di fare un pò di riscaldamento durante l’intervallo. Giusto per testare i muscoli. Cosi, quando è venuto a dirmi di riscaldarmi, non immaginavo di entrare. Quando, invece, mi hanno chiamato per rientrare negli spogliatoi non ci credevo".
"Mister Sacchi si rivolse a me e mi disse: 'Adesso Graziano entri tu al posto di Gullit, devi fare questi movimenti'. Ruud aveva un risentimento muscolare. Ammutolii e fui preso anche un po' dal panico".
"Nel tunnel - racconta Mannari - ero talmente teso che avevo la faccia bianca come un cencio. Tanto che Baresi se n’è accorto, è venuto lì a tranquillizzarmi: 'Fai quello che sai fare bene, con la tua velocità non ti prenderanno mai'. Ricordo che, in campo avvertivo lo scetticismo generale, vedevo le facce dei tifosi con stampato sul volto: 'Ma chi è quello?' (ride, ndr)".

Il giovane attaccante, appena diciottenne, vince l'emozione e con il numero 16 sulle spalle dimostra subito di che pasta è fatto. Porta un grande pressing ai difensori avversari, e da un rimpallo su una palla da lui contesa a Cuttone nasce il goal del 2-0 di Evani. Il Milan vince 3-0 e tutti i giudizi su Mannari, che inizia a essere chiamato dai giornali 'Il Piccolo Gullit' o 'Il vice Gullit', sono molto positivi.

L'olandese stesso, con cui divide la stanza, lo battezza a fine partita ai microfoni della 'Rai'.

"Ho giocato tante volte con Mannari in amichevole, oggi ho visto un attaccante molto veloce, mi piace", dice con la solita aria da guascone.
"Gullit mi chiamava 'La Zanzara' o 'Speedy Gonzales' - rivelerà dal suo canto Mannari -, Sacchi mi apprezzava perché non mi fermavo mai e, forse, sono stato il primo attaccante a fare pressing, cosa che ai tempi non esisteva. E si sa quanto Arrigo ci tenesse…".
"A volermi in Prima squadra, invece, fu Baresi, fece a Sacchi il mio nome perché diceva che nelle amichevoli del giovedì ero tarantolato".

Qualcuno lo chiama invece 'Pier Silvio' per una presunta somiglianza con il figlio del Cavaliere. A dargli il suo soprannome più famoso è però un radiocronista, grande tifoso rossonero: Carlo Pellegatti, che lo ribattezza 'Lupetto' giocando con il suo cognome, Mannari.

"Il soprannome 'Lupetto' è tutto merito di Carlo Pellegatti - dice a 'Calcio2000' - fu un’invenzione geniale. Con Mannari di cognome, Lupetto, era perfetto… Ma la cosa più bella era che ululava in radiocronaca quando segnavo. Un grande (ride, ndr)".

DAL GRAVE INFORTUNIO AL GOAL AL BERNABEU

La gioia dell'esordio in Prima squadra, però, dura poco per il giocatore toscano, che inizia ad essere bersagliato dalla sfortuna. Qualche giorno dopo l'esordio in Serie A, infatti, in un'amichevole infrasettimanale contro l'Oggiona Santo Stefano, Mannari rimedia il primo di una lunga serie di gravi infortuni: si rompe infatti tibia e perone della gamba sinistra è operato a Pavia e conclude anzitempo la stagione.

Nel percorso di recupero arriva la gioia della conquista dello Scudetto da parte dei suoi compagni al termine di un lungo duello con il Napoli di Maradona. 'Lupetto' è giovane e recupera in fretta, tanto che Sacchi nell'estate del 1988 lo porta in ritiro per saggiarne la condizione.

La stagione delle Olimpiadi di Seul si apre con le prime fasi della Coppa Italia, che si disputano in estate. Il Milan è inserito nel Girone 3 assieme a Licata, Messina, Pescara, Campobasso e Lazio. Per qualificarsi basta piazzarsi fra le prime 3.

I rossoneri battono il Licata e pareggiano a Messina, poi superano all'Adriatico il Pescara e il 30 agosto 1988 sfidano fuoricasa il Campobasso, formazione di Serie C. Non è una partita come le altre quella del Romagnoli per Graziano Mannari.

Sacchi infatti lo manda in campo da titolare per la prima volta dopo l'infortunio. 'Lupetto' gioca in attacco in coppia con Van Basten e si fa trovare pronto: dopo 26 minuti 'timbra' il cartellino correggendo in rete di testa a porta sguarnita un traversone dell'airone olandese dalla sinistra, dopo che quest'ultimo aveva aggirato il portiere.

Sarà poi Gullit, subentrato al connazionale nella ripresa, a fissare il risultato sul 3-0 con una doppietta. Nella stessa settimana, il 1° settembre, a Madrid il Milan gioca con il Real Madrid per il Trofeo Bernabeu. Sacchi tiene a riposo alcuni dei titolari di Coppa Italia, fra cui Baresi e Mannari, mentre Van Basten dà forfait. Davanti parte dall'inizio Virdis in coppia con Gullit.

I rossoneri dominano nel gioco, nonostante il Real Madrid giochi con la formazione tipo e schieri in attacco Butragueño e Hugo Sánchez. Donadoni firma il vantaggio prima della fine della prima frazione, ma nessuno può prevedere quanto accadrà nella ripresa.

"Ricordo che quella settimana avremmo avuto martedì Coppa Italia, giovedì l’amichevole col Real Madrid, martedì ancora Coppa Italia - racconta -. Già ai tempi Sacchi faceva turnover e io avevo già giocato martedì contro il Campobasso, contro il quale avevo segnato. Così, al Bernabeu, non mi aspettavo di giocare".
"Invece, all’intervallo, Sacchi disse: 'Graziano e Franco (Baresi, ndr) scaldatevi che nel secondo tempo entrate'. Allora, già il fatto di scaldarmi con Baresi per me era un sogno, farlo al Bernabeu davanti a 90 mila persone, era una cosa impensabile. Sono entrato in campo senza paura, ma poco dopo mi son presentato solo davanti a Buyo, ho cincischiato e lui mi ha anticipato".
"Lì è venuta fuori l’incoscienza giovanile: pochi minuti dopo mi è arrivata un’altra palla, avevo davanti tre difensori, li ho puntati, scartati e ho segnato. Cioè, davanti a me avevo gente come Chendo e Gallego, non so se rendo l'idea... Da pazzi (ride, ndr). Ma allora non mi sono reso conto di quello che ho fatto, probabilmente me ne accorgo più adesso che a tanti anni di distanza ancora si ricorda quell’impresa".

Mannari al 75' segna un goal da cineteca che vale il 2-0 per il Milan, prima che Maldini fissi il risultato sul 3-0 con un gran destro e faccia scatenare i fischi del Bernabeu verso i propri giocatori. Il 3 settembre 1988, a Monza, il Milan ospita la Lazio nell'ultima giornata della Prima fase di Coppa Italia, in una gara decisiva per determinare la prima posizione, con il Pescara terzo incomodo.

Sacchi si affida ancora alla linea giovane e viene ripagato già all'11', quando su cross dalla sinistra di Maldini, Mannari incorna a centro area di testa per l'1-0. Una rete spettacolare, che si guadagna gli applausi convinti del presidente Berlusconi, presente in tribuna. Per l'attaccante livornese è il terzo goal segnato in tre partite dal ritorno in campo. Qualche minuto dopo Cappellini siglerà il 2-0 e i rossoneri avranno la meglio per 2-1, chiudendo in testa con 9 punti, davanti a Pescara (8) e Lazio (6). Per Mannari 4 goal in una sola settimana, 3 in gare ufficiali.

Ma nel gironcino della Seconda fase il Milan finisce nel primo raggruppamento, che vede anche Verona e Torino oltre alla Sambenedettese. Passa soltanto la prima e i rossoneri non possono permettersi passi falsi. Il primo impegno è contro i marchigiani, che militano in Serie B. Si gioca il 14 settembre e Sacchi allo Stadio Riviera delle Palme dà nuovamente fiducia alla giovane punta. Mannari ancora una volta lo ripaga sul campo e realizza addirittura una doppietta nel 3-0 finale del Diavolo. Poi però i rossoneri pareggiano col Verona e perdono col Torino, uscendo prematuramente dalla Coppa Italia.

I GRANDI SUCCESSI IN ROSSONERO

La stagione 1988/89, iniziata col botto, si confermerà esaltante per la giovane punta di scorta del Milan di Sacchi. Dopo aver fatto bene in Coppa Italia, l'attaccante debutta anche in campionato alla prima giornata, subentrando negli ultimi 10 minuti al posto di Van Basten nella sfida con la Fiorentina, vinta 4-0.

Da lì in avanti Mannari continua ad essere impiegato da Sacchi, in alcuni casi anche dal primo minuto. Il 10 novembre 1988 'Lupetto' fa anche il suo esordio europeo, e non in una gara qualunque: Mannari, che Sacchi aveva schierato dall'inizio anche nel primo match sospeso per la fitta nebbia piombata sulla capitale jugoslava, è infatti ancora vice Gullit nella ripetizione della gara di Belgrado contro la Stella Rossa.

L'attaccante livornese parte titolare in coppia con Marco Van Basten e disputa una bella partita. Dalla ripresa, con l'ingresso di Gullit al posto di Donadoni, va a formare con i due olandesi un tridente offensivo di tutto rispetto.

Lascia spazio al suo ex compagno di Primavera Cappellini, dopo aver dato tutto, nel corso del secondo tempo supplementare. La gara, con l'1-1 che replica il punteggio dell'andata al Meazza, si conclude ai rigori con il trionfo rossonero per 5-3 e l'eliminazione dei padroni di casa.

"Sembrerà assurdo, ma la partita più importante della mia carriera, secondo me, non è stata quella della finale di Barcellona, ma la doppia sfida di Belgrado - dirà a 'Calcio2000' - . Ricordate la sera della nebbia? Quella Stella Rossa, era fortissima, c’erano Savicévic, Prosinecki, Stojkovic. Superando quel turno abbiamo acquisito la consapevolezza di essere una grande squadra. E io ero in campo in entrambe le sfide".

Per 'Lupetto', che vivrà dalla panchina il doppio quarto di finale con il Werder Brema, e in tribuna le semifinali con il Real Madrid e la finalissima con la Steaua Bucarest, e dunque il 24 maggio diventerà grazie ai suoi compagni anche lui campione d'Europa, emozioni uniche e irripetibili.

Manca la ciliegina sulla torta sul suo percorso agonistico, ossia il primo goal in Serie A. In questo caso la data da cerchiare in rosso è il 12 marzo 1989. Il Milan ospita al Meazza la Juventus di Zoff e 'Lupetto', subentrato al 59' con il numero 16 ad Evani, si scatena nella ripresa.

I rossoneri sono già avanti 2-0 ma il giovane attaccante toscano va a comporre nuovamente un tridente offensivo con Gullit e Van Basten e realizza una spettacolare doppietta. Il primo goal lo segna al 69'. L'azione si sviluppa sulla sinistra, con Donadoni che va sul fondo e crossa a rientrare a centro area: Mannari con un balzo sorprendente si lancia in tuffo sul pallone e con un colpo di testa 'a volo d'angelo' sorprende Bruno e Tricella e infila Tacconi insaccando all'incrocio dei pali nell'angolo più lontano. Una vera prodezza, seguita da un'esultanza in cui è proprio Gullit il primo ad abbracciarlo.

La seconda prodezza del giovane attaccante del Milan fissa il punteggio sul 4-0: Mannari, lanciato in profondità da una palla lunga di Costacurta, brucia in velocità Tricella, aggira anche Tacconi e deposita il pallone nella porta bianconera sguarnita. Due goal capolavoro.

"Probabilmente e purtroppo la partita contro la Juventus ha rappresentato l'apice della mia carriera calcistica - ammette - . Erano i miei primi goal in A e uno dei due l’ho fatto tuffandomi di testa in mezzo ai difensori della Juve, mirando l’incrocio. Quando son caduto, non avevo mica capito di aver segnato. Non ci potevo credere. Non ho realizzato neanche dopo l’abbraccio dei compagni e il boato del pubblico. Ho capito che era tutto vero, solo guardando il tabellone: ho visto scritto Mannari e mi son detto: 'Allora l’ho fatto proprio io...' ".

Sempre a marzo Cesare Maldini lo convoca anche nella Nazionale Under 21, ma con gli Azzurrini la giovane punta rossonera non debutterà mai. Nell'ultima giornata di Serie A, contro il Bologna al Dall'Ara, il livornese realizzerà anche la sua terza rete in campionato, andando ad insaccare di testa al 3' minuto un cross di Van Basten dalla sinistra.

La stagione magica di 'Lupetto' però non è ancora conclusa: il 14 giugno 1989 Mannari fa nuovamente 'le veci' di Gullit nella Supercoppa italiana che vede il Diavolo opposto alla Sampdoria di Vialli e Mancini.

In coppia con Van Basten, Graziano, che gioca con la maglia numero 7, non delude le attese e al 72' si infila rapidissimo nella retroguardia blucerchiata e batte con freddezza Pagliuca, firmando la rete del sorpasso. La gara si concluderà poi con il punteggio di 3-1 con il rigore finale trasformato dal 'Cigno di Utrecht' e la Coppa che sarà sollevata dai rossoneri.

Per Mannari il 1988/89 si chiude dunque con 23 presenze e 8 reti in gare ufficiali e altri due trofei prestigiosi in bacheca: la Coppa dei Campioni e la Supercoppa italiana. Per quanto possa sembrare incredibile, però, i 3 goal in Serie A di quella stagione resteranno anche gli unici realizzati in carriera dall'attaccante nel massimo campionato.

LA CESSIONE AL COMO E IL RAPIDO DECLINO

Nell'estate 1989 la carriera di Graziano Mannari è già ad un bivio. La punta deve infatti scegliere se restare al Milan come panchinaro di lusso o andare altrove e giocare. 'Lupetto' opta per la seconda possibilità e viene così ceduto a titolo definitivo al Como nell'ambito dell'operazione che porta Marco Simone in rossonero.

Chiude la sua esperienza con il Milan con 24 presenze e 8 goal, prima di iniziare una nuova avventura in riva al lago. In forza ai lariani, in Serie B, l'attaccante segna soltanto 3 goal in 22 partite, e salta la parte finale di stagione per infortunio. La squadra retrocede in Serie C1. Proprio i problemi fisici saranno una costante della sua carriera da quel momento in avanti.

Nel 1990/91 il Como lo cede al Parma e Mannari fa ritorno in Serie A. Nella squadra di Scala, chiuso da Melli, Osio e Brolin, e impegnato nel Servizio militare, trova tuttavia poco spazio e colleziona in tutto solo 14 presenze senza reti (12 in campionato, 2 in Coppa Italia). In campionato gioca appena 310 minuti.

L'ultima gara in Serie A la disputa il 26 maggio 1991 proprio contro il Milan a San Siro, nel giorno in cui Arrigo Sacchi, l'allenatore che più di tutti aveva creduto in lui e lo aveva lanciato, dava l'addio alla squadra rossonera.

"Il mister ha cambiato il calcio - dirà - anche perché quella squadra l'ha costruita lui. È stato un innovatore, ha rivoluzionato il calcio. Sul suo lavoro ci hanno campato anche Capello e Galbiati per anni. Ho molto rispetto per loro, sono stati proprio Capello e Galbiati a crescermi nelle giovanili, ma nel loro Milan c’era molto di Sacchi".

A giugno del 1991 Mannari è convocato dal Selezionatore dell'Italia Militare, Giancarlo De Sisti, per i Mondiali militari che si giocano in Olanda. 'Lupetto' è una delle riserve di una squadra che in attacco schiera fra gli altri Casiraghi e Ravanelli e in rosa può contare anche su elementi come Stefano Nava, Luigi Garzja, Pierluigi Di Già, Fabio Rossitto e Benny Carbone.

L'attaccante del Parma colleziona 3 presenze (2 da subentrante e una da titolare) e il 16 giugno 1991 si laurea con i compagni campione del Mondo militare ad Apeldoorn, grazie ad una vittoria per 8-7 ai calci di rigore sulla Germania di Marco Bode.

Il titolo militare è probabilmente l'ultima grande gioia della carriera di Mannari, che da lì in poi prenderà una ripida parabola discendente anche a causa dei gravi infortuni.

"Non ero caratterialmente un Gattuso, uno che faceva le guerre in C o B. Avevo bisogno di essere coccolato, e in B e C non trovavo l'ambiente tecnico e di testa per il mio gioco. Sono tornato in Serie A col Parma, ma era l'anno dei militare e anche lì ho giocato poco. Poi sono cominciati gli infortuni".

L'estate 1991 lo vede approdare al Sud all'Avellino in prestito oneroso (700 milioni di Lire al Parma). Ma in Irpinia Mannari non gioca mai. Nel mercato di riparazione viene così girato sempre in prestito al Siena, in Serie C1. L'attaccante torna dunque vicino a casa, e realizza un'unica rete in 25 presenze.

Nell'estate del 1992 fa ritorno al Parma, che lo gira in prestito al Pisa in Serie B. Con i nerazzurri colleziona 8 presenze senza segnare, per poi passare a dicembre ancora in prestito al Ravenna, guidato da un giovane Francesco Guidolin e militante in Serie C1.

"A Pisa mi sono trovato benissimo - assicura a 'Il Tirreno - , giocavo bene ma purtroppo non segnai nemmeno un goal. Mister Montefusco mi schierava da mezza punta dietro Scarafoni. Ma a novembre Anconetani ingaggiò Christian Vieri e per risparmiare sul mio ingaggio volle a tutti i costi cedermi. Personalmente però mi trovai bene con il presidente. Era una brava persona, forse un po' troppo pressante".
"Nonostante abitassi a Livorno - ricorda -, il presidente volle in tutti i modi farmi vivere a Pisa. Inoltre me e altri 'scapoli' ci teneva sotto controllo, obbligandoci a mangiare in sede".

Nell'esperienza successiva a Ravenna, Guidolin vuole puntare sull'ex rossonero, ma la sorte comincerà a tendergli colpi sempre più duri.

"Dopo due partite mi ruppi il legamento crociato del ginocchio sinistro...".

I romagnoli vincono il girone A della Serie C1 e salgono in Serie B. Mannari torna però a Parma, si riprende, fa 2 partite in Coppa Italia ma nei ducali non ha più spazio e a novembre rescinde il contratto.

"L'anno dopo andai, sempre in C1, al Fiorenzuola - ricorda l'ex punta - ma dopo poche partite mi ruppi il crociato del ginocchio destro...".

Colleziona 11 presenze senza reti, torna per un breve periodo al Siena (6 partite) e si rilancia alla Pistoiese, dove, con Roberto Clagluna in panchina, segna 2 goal in 14 presenze fra stagione regolare e playoff. Il più importante è quello che il 30 aprile 1995 vale al 92' la vittoria per 2-1 nel Derby sul Prato, risultato decisivo per l'accesso agli spareggi degli Arancioni, che, battendo in finale il Fiorenzuola, sono poi promossi in Serie B.

"Nonostante la società fosse allo sbando - racconta -, sotto la guida del povero Clagluna, riuscimmo a vincere la finale dei playoff ed a conquistare la serie B. Ho quindi un ricordo positivo, anche perché Pistoia è un ambiente tranquillo dove si può lavorare sereni".

Sono gli ultimi squilli di una carriera consumatasi troppo presto. Dal 1995 al 1997 'Lupetto' scende in Serie C2 facendo un biennio con il Pontedera (48 presenze e 6 goal), con cui conclude la carriera professionistica a 28 anni.

Per un periodo si disaffeziona dal calcio, poi però, partecipando al programma televisivo 'Quelli che il Calcio', in cui riproduce le azioni dei goal con il 'Maifredi Team' insieme ad altri ex calciatori professionisti, ritrova la voglia di giocare e milita ancora alcune stagioni fra i Dilettanti, vestendo la maglia della Sorianese nell'Eccellenza laziale e dell'Acquaviva. Nel 2003, a 34 anni, dice definitivamente basta.

"Diciamo che non sono stato fortunato - ammetterà -, ma non voglio dare la colpa solo agli infortuni, che pure ci sono stati. Se dopo i primi problemi fisici ho avuto il carattere di reagire, dopo invece mi sono un po' lasciato andare. Ma non è vero, come si diceva a quei tempi, che mi ero montato la testa. Ero un bel ragazzo ed un bersaglio facile, ma sono sempre stato uno con la testa sulle spalle. Purtroppo è stata un po’ la sfortuna, un po' colpa mia perché non ho avuto la forza di reagire alla malasorte".

COSA FA OGGI MANNARI

L'ex attaccante del Milan di Sacchi dopo il ritiro ha fatto varie esperienze lavorative, nel calcio e non solo.

"Ho sempre cercato di coltivare la mia passione, fino a quando ho potuto ho provato a giocare, poi son tornato a casa nella mia Livorno e con mia moglie abbiamo aperto un negozio per bambini - racconta a 'Calcio2000' - . A parte questo, non sono mai riuscito ad allontanarmi dal richiamo del pallone, prima partecipando a 'Quelli che il Calcio', e poi facendo qualche apparizione alle partite delle Vecchie Glorie".

Nel 2008 fa anche un apparizione nel Calcio a 5 con il Cecina, in Serie D, e in seguito si occupa anche del Settore giovanile del club. Torna quindi al Milan, facendo per un periodo il talent-scouting del club in Toscana, la sua regione.

"Sarò sempre grato al Milan, una famiglia che non ti abbandona mai - dichiara in un'intervista del 2021 a 'Tuttomercatoweb' - . Quando mi sono rivolto a loro c'erano Adriano Galliani e Filippo Galli, che mi ha aperto le porte. Poi quando è andato via Filippo sono andato via anch'io, non mi sono fermato a chiedere".

Mannari si mette allora a studiare e lascia l'Italia per conoscere e trasmettere le sue conoscenze in altre realtà.

"Ho deciso di studiare - spiega -, di darmi da fare cercando di trasferire la gioia che avevo provato fino a 20 anni per insegnare prima ai bambini e poi ai loro insegnanti. Ho iniziato quasi per caso, nel 2012 in Giappone: ho gestito una scuola calcio per il Milan. Da lì ho fatto due anni a Singapore, poi sono stato a Dubai. Dal settembre 2018 sono in Cina. Sono ormai 10 anni che vivo fuori dall'Italia".
"Dal 2020 vivo a a Guangzhou, ma in passato sono stato anche a Chengdu e Pechino - racconta l'ex attaccante -. L'azienda per la quale lavoro segue le indicazioni governative ed è associata con LaLiga. Personalmente mi occupo della formazione: insegno agli insegnanti come si fa calcio. Mi occupo anche della supervisione relativa agli altri sport. La cosa importante è lo sviluppo fisico e psicofisico dei ragazzi".
Pubblicità