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Il derby vinto dal Genoa grazie alla sassata di Branco: diventò una cartolina di Natale

25 novembre 1990, oltre 30 anni fa. Allo stadio Luigi Ferraris di Marassi si gioca un Derby della Lanterna destinato a restare nella memoria di chi vinse, il Genoa, ma anche in quella di chi perse. Qualche settimana dopo, infatti, la vicinanza al Natale ispirerà un sentitissimo augurio ai 'cugini' doriani, con tanto di cartolina recapitata ai tifosi avversari. Quel Derby resta memorabile anche per altri motivi, sia che lo si guardi da sponda rossoblù che blucerchiata, e il fatto che anche chi uscì sconfitto ricordi oggi con nostalgia e un tuffo al cuore quell'anno dà l'idea di come quei tempi furono ruggenti per la Genova calcistica.

Il Genoa non vinceva una stracittadina da ben 13 anni, dal 13 marzo 1977, rete di Pruzzo. L'astinenza genera desiderio, ma il desiderio deve fare i conti con la realtà. E la realtà, in quel 25 novembre 1990, dice che si fronteggiano due squadre con ambizioni diverse. I rossoblù appena due anni prima giocavano in Serie B, campionato trionfalmente vinto col 'professor' Scoglio, poi si sono piazzati undicesimi nel successivo campionato di A. Ben altro momento storico per la Sampdoria di Mancini e Vialli, squadra reduce dalla vittoria della Coppa delle Coppe pochi mesi prima e presentatasi ai nastri di partenza del campionato per dire la sua nelle zone alte della classifica.

Dopo 9 giornate del torneo '90-'91, quella Sampdoria magistralmente allenata da Boskov è lanciatissima e addirittura prima, avendo vinto nell'ultimo turno in casa del Napoli campione d'Italia per 4-1, mentre il Genoa si trova a centro classifica, con la metà dei punti dei 'cugini'. In un Ferraris gremito, le squadre si fronteggiano con un'assenza pesante per parte: tra i blucerchiati, padroni di casa a termini di calendario, manca il pilastro di centrocampo Toninho Cerezo, mentre i rossoblù devono rinunciare a capitan Signorini, rimpiazzato al centro della difesa da Collovati.

Quel Genoa in estate ha cambiato guida tecnica, passando dalle mani di Scoglio a quelle di Osvaldo Bagnoli, che qualche anno prima è stato allenatore del Verona scudettato. Il tecnico della Bovisa ricostruisce in rossoblù una coppia d'attacco simile a quella che ha fatto le sue fortune a Verona: un giocatore di stazza al fianco di un brevilineo guizzante. Lì erano Preben Elkjaer e 'Nanu' Galderisi, a Genova trova già in rosa l'uruguaiano 'Pato' Aguilera e chiede al suo presidente Spinelli di affiancargli un gigante che lo ha impressionato negli ultimi Mondiali di Italia '90, il ceco Tomas Skuhravy: "A me piace avere un attaccante grande e grosso abbinato a uno piccolo e svelto".

Dall'alto del suo metro e 90 il bomber dello Sparta Praga grande e grosso lo è senza ombra di dubbio e non perde un duello di testa, mentre Aguilera incarna il prototipo del sudamericano scaltro e imprevedibile, in campo ma anche fuori, come dimostra il suo arresto e detenzione a Marassi (il carcere...) per favoreggiamento della prostituzione. Bagnoli in quel momento non lo sa, ma ha assemblato la coppia d'attacco del miglior Genoa del secondo dopoguerra, un tandem che sembra fatto apposta per giocare assieme, tra spizzate di testa e scatti brucianti. Il resto della squadra ha un'ossatura solida, gente con 15 anni di Genoa in carriera come le bandiere Torrente e Ruotolo, ma anche il nazionale azzurro Eranio e l'ex scudettato milanista Bortolazzi.

Genoa 1990Internet

Sul fronte opposto, la Sampdoria ha una rosa superiore, adeguata al suo status di big dell'irripetibile epoca Mantovani: oltre ai 'gemelli del goal' Mancini e Vialli, Boskov allena gente come Pagliuca, Vierchowod, Luca Pellegrini, Katanec, Pari, Mikhailichenko, Lombardo, Dossena, Branca. Insomma quel Derby un favorito ce l'ha, ma si sa che nelle stracittadine può succedere di tutto. E infatti così accade.

I rossoblù passano in vantaggio al 27' con Eranio, servito da Aguilera e poi abile a liberarsi appena entrato in area per il destro piazzato nell'angolo opposto. Ad inizio secondo tempo Gianluca Vialli pareggia con un 'cucchiaio' segnato a Braglia su rigore, un penalty procuratosi da Mancini per atterramento dello stesso portiere genoano. L'inerzia del match si sposta tutta dalla parte dei blucerchiati che in un paio di occasioni vanno vicini al 2-1. Ma ci pensa Aguilera a suonare la carica per il Genoa: l'uruguaiano pennella una punizione nel sette sventata in angolo prodigiosamente da Pagliuca.

È il prologo alla rete della vittoria per il Grifone. Altro calcio di punizione dai 25 metri in posizione centrale, procurato ancora dallo scatenato Aguilera, che poi si piazza nuovamente sul pallone per la battuta. Il 'Pato' prende la rincorsa ma scavalca la sfera e la tocca all'indietro con la suola per un compagno, che col sinistro scaraventa un missile di inaudita potenza nell'angolino alto alla destra dell'impotente Pagliuca.

Quel compagno è un brasiliano il cui nome da quel momento rimarrà scolpito nella storia del Genoa: Claudio Ibrahim Vaz Leal, da tutti conosciuto come Branco. Il terzino mancino, all'epoca 26enne, è appena alla sua terza partita in maglia rossoblù, dopo essere arrivato dal Porto. Quel pallone impazzito e violentissimo è frutto della sua tecnica di tiro tutta brasiliana: il calcio con le 'tres dedos', ovvero le ultime dita esterne del piede, per conferire alla sfera di cuoio un effetto mortifero, ma anche l'impatto sulla 'valvulina' del pallone, per dargli ancora più imprevedibilità. L'esecuzione perfetta produce una cannonata imparabile, immortalata in un poster appeso nella casa dell'oggi 56enne Branco, ma anche in una foto incorniciata in una cartolina di auguri natalizi che qualche settimana dopo molti tifosi sampdoriani si vedranno recapitare a casa.

Cartolina Genoa BrancoInternet

"Sapevo quanto fosse importante vincere quel Derby - dichiarerà poi il brasiliano - quindi ho chiesto a Dio di esaudirmi un desiderio. Lui ha deciso che il mio calcio doveva avere quell'effetto".

Al fischio finale un irriconoscibile Bagnoli, solitamente pacato a dire poco, va sotto la Gradinata Nord a festeggiare con tutta la squadra assieme ai tifosi, poi sentenzia ai microfoni: "Calimero ha battuto il Drago".

A fine campionato saranno tuttavia contente entrambe le squadre, cogliendo due risultati storici e mai più ripetuti. Il Genoa finisce quarto - piazzamento che i rossoblù non coglievano dal 1941/42 - e si qualifica per la Coppa UEFA, mentre quella straordinaria Sampdoria vince l'unico Scudetto della sua storia, coronando poi un ciclo indimenticabile con la finale di Coppa dei Campioni persa col Barcellona l'anno dopo.

Quanto a Branco, reduce dalla borraccia avvelenata passatagli dagli argentini ai Mondiali di Italia '90, si rifarà con gli interessi vincendo i successivi Mondiali statunitensi sull'Italia, battuta nella finale di Pasadena grazie anche ad un suo rigore nella serie conclusiva. Nel 1989 aveva già messo in bacheca una Copa America: alla fine col Brasile saranno 72 presenze e 9 goal. Col Genoa invece giocherà per 3 stagioni, dal '90 al '93, mettendo a segno 8 reti, tra cui un'altra punizione memorabile alla Juventus, in quella stessa magica prima annata in maglia rossoblù.

Branco Brazil 1990Getty Images

La potenza del suo calcio mancino resta tutt'oggi proverbiale: chiedere per informazioni a Murdo MacLeod, giocatore scozzese che in un match di Italia '90 contro il Brasile ebbe la sventura di essere sistemato in barriera: il pallone scaraventato da Branco lo colpì in piena testa, con una tale violenza che - dopo essere stramazzato al suolo e ricevuto le cure dallo staff medico - alla ripresa del gioco non sapeva da che parte stesse attaccando la Scozia. Due settimane dopo, gli effetti erano ancora tali che si rese necessaria una scansione cerebrale per accertare eventuali conseguenze a lungo termine.

MacLeod se la cavò senza ulteriori problemi, mentre a Genova la sassata di Branco nel Derby finì non solo in cartolina, ma anche in una canzone non meno ironica dedicata ai 'cugini' dai genoani.

"Al doriano alla partita gli sembrava di sognar quando vide Luca Vialli il rigore trasformar / non sapeva che nel Genoa c'è un brasiliano che tira bombe da lontano e gioca meglio di Pelé / Claudio Branco alé alé, Claudio Branco alé alé...".

Oggi Branco è ancora pienamente immerso nel mondo dell'amato pallone, come racconta al 'Secolo XIX'.

"Vivo a Rio, sono il responsabile delle nazionali giovanili, dall'Olimpica all'Under 15, un ruolo che mi piace molto: abbiamo già vinto il Mondiale U17 nel 2019. Al Genoa ero felice, zero saudade. Il calore dei tifosi 'matava' la nostalgia. Anzi, è vero il contrario: in Brasile sto bene, ma ho la saudade del Grifone e di quei momenti meravigliosi...".

Branco ricorda come fosse oggi quel 25 novembre di oltre 30 anni fa.

"Quel goal sotto la Nord è rimasto nella testa e nel cuore di tutti i genoani. E se lo ricordano bene pure i sampdoriani, no? Ricordo che a Natale gli arrivarono parecchie cartoline... Io ho pure un quadro con la stessa immagine. Ho segnato tanti goal, ma soprattutto due sono nella storia. I brasiliani non dimenticheranno mai la punizione del 3-2 contro l'Olanda, a Usa '94. E i genoani ricorderanno sempre la rete nel Derby. Fu fondamentale, per me e per il Genoa. Ero già stato in Italia a Brescia, ma le cose non andarono bene. Poi mi rilanciai al Porto, dove mi hanno dedicato una statua, e il Genoa mi riportò nel torneo più bello del mondo. Con la Samp era la mia terza partita, stavamo andando male e quel successo fu la svolta. Erano anni che il Genoa non batteva il Doria, a fine gara negli spogliatoi piangevano tutti. Gli dissi 'Mica è morto qualcuno? Dai che ne vinceremo altri di Derby'. Dalle lacrime dei compagni e dalla gioia dei tifosi capii quanto valeva il derby. Ero nella storia...".

Branco aveva visto giusto: più di 30 anni dopo, quella cannonata dall'effetto assassino è ancora un poster che i genoani conservano nel loro cuore.

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