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Claudio Ranieri calciatore: dalla Roma a una carriera da terzino fra Sud Italia e Sicilia

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La maggior parte dei tifosi e degli appassionati di calcio conosce la carriera ultratrentennale da allenatore di Claudio Ranieri, che dai campi polverosi della Serie C è riuscito a far bene e ad imporsi a tutti i livelli in Italia e all'estero, dove ha lavorato in Spagna, Inghilterra, Francia e Grecia, compiendo il suo capolavoro con la Premier League vinta da tecnico del Leicester City nella stagione 2015/16.

Decisamente meno sono invece coloro che ricordano il Ranieri calciatore. Il giovane Claudio, soprannominato 'Er Pecione', dopo gli esordi fra i pali, voleva fare l'attaccante, ma, portato alla Roma da Helenio Herrera, diventerà un affidabile terzino. In quel ruolo debutterà in Serie A con la maglia giallorossa e farà carriera al Sud Italia, diventando prima una bandiera del Catanzaro fra Serie B e Serie A, poi trasferendosi in Sicilia con Catania e Palermo, club nel quale chiuderà la sua esperienza nel calcio giocato anche in posizione di libero. 

DAGLI ESORDI ALLA ROMA GRAZIE AD HERRERA

Nato a Roma il 20 ottobre 1951, Ranieri cresce nel Rione San Saba, a Roma Sud, fra il Circo Massimo e Porta San Paolo. Suo papà è un macellaio di Testaccio e il piccolo Claudio tira i suoi primi calci al pallone nell'oratorio del proprio quartiere, nel cuore di Roma.

"Durante gli allenamenti si presentò un giorno un tipo alto e magro, capelli scuri, molto sicuro di sé. - racconta a 'La Voce di New York' Marco Di Tillo, uno dei suoi compagni di squadra di allora - Era Claudio, il figlio del macellaio di Testaccio che però abitava a San Saba, proprio dietro la parrocchia. I suoi amici della zona lo avevano soprannominato 'Er Pecione', chissà perché. Aveva mollato fuori la sua lambretta che gli serviva per fare le consegne delle carne e indossava ancora il camice bianco un po’ sporco di sangue bovino. Io pensai che forse era proprio per questo che lo avevano soprannominato pecione".

" 'Posso giocare pure io?', ci chiese. 'Sei capace in porta?', gli facemmo. 'Si, ma preferisco giocare all’attacco', ribatté. 'Mettiti in porta, Cla’, che è mejo', rispondemmo praticamente in coro tutti quanti".

Ranieri inizia dunque a giocare come portiere, ma è determinato a diventare un attaccante, come piace a lui. 

"Durante il campionato il nostro gruppo della squadra fraternizzò sempre di più. - rivela Di Tillo - Oltre a giocare a pallone, facevano gite, il primo maggio andavamo fuori porta a mangiare le fave con il pecorino e una volta, insieme ai nostri simpatici allenatori Chiti e Turchetti, finimmo anche allo stadio Olimpico a vedere l’incontro Italia-Polonia, nel quale l’ala sinistra Paolo Barison realizzò 3 dei 6 goal con cui gli Azzurri vinsero la partita. 'Un giorno ci voglio giocare anche io in questo stadio', disse Claudio, seduto vicino a me. 'Si, va be’. Ma quanta Coca Cola ti sei bevuto, Cla’?', commentai io, pensando a quel suo sogno così folle. Ma non tutti i sogni sono impossibili da realizzare, per fortuna".

La grande determinazione fa sì che Ranieri lasci nel giro di poco tempo lo porta per dimostrare le sue abilità da attaccante. Dal San Saba passa al Dodicesimo giallorosso, club di Casal Bertone affiliato alla Roma, che si allena nel campo vicino a quello della Primavera giallorossa. Qui è adocchiato dagli osservatori di Helenio Herrera, che lo invitano a sostenere un provino al Tre Fontane.

È il 1968, Ranieri è ancora un minorenne (ha 16 anni) e colui che era stato l'artefice della Grande Inter, lo consiglia come attaccante alla Primavera giallorossa. Al Dodicesimo giallorosso vanno, in cambio del suo tesserino, 20 completi da calcio e una sacca di palloni di cuoio per i ragazzi della giovanile.

L'allenatore dei giovani giallorossi è Antonio Trebiciani, che vedendolo in azione decide, suo malgrado, di cambiargli ruolo: da attaccante Ranieri a 17 anni diventa un terzino. Nella stagione 1972/73 è aggregato alla Prima squadra, ma in una stagione travagliata per la società, culminata con l'esonero del tecnico argentino e con l'affidamento della panchina negli ultimi mesi allo stesso Trebiciani, non vede mai il campo.

Il DEBUTTO IN SERIE A CON SCOPIGNO

Gli anni di Herrera nella capitale avevano rappresentato un percorso interlocutorio verso una futura Roma di successo. I capitolini con 'Il Mago' avevano vinto una Coppa Italia, un trofeo Armando Picchi e una Coppa Anglo-Italiana. Poi nel 1973/74 il presidente Gaetano Anzalone decide di affidarsi a Manlio Scopigno. 'Il Filosofo', che ha portato il Cagliari allo Scudetto nel 1969/70, tiene in grande considerazione i giovani e fa debuttare Ranieri.

Il tecnico di Paularo convoca il terzino per la partita in trasferta contro il Genoa alla 4ª giornata. Ranieri è schierato titolare e gioca tutti i 90 minuti, che vedono i rossoblù padroni di casa imporsi 2-1. In quella stagione il giovane difensore disputa in tutto 6 partite. 

La Roma, rinforzata in estate con gli arrivi di Angelo Domenghini dal Cagliari e di Pierino Prati dal Milan, ma anche del portiere Paolo Conti e di un'altra giovane punta, Franco Selvaggi, e con la promozione in Prima squadra di diversi ragazzi campioni d'Italia con la Primavera nella stagione precedente, ha obiettivi ambiziosi.

La Lupa parte bene, battendo 2-1 in casa il Bologna, ma poi si sfalda e perde di misura tre gare di fila: 1-0 col Torino, 2-1 in casa contro il Milan e 2-1 in trasferta a Genova nella gara d'esordio di Ranieri. Col Verona, in casa, alla 5ª giornata, arriva un 1-0 sudato con rigore vincente di Prati, ma alla 6ª è fatale al tecnico il k.o. fuoricasa contro il Foggia (1-0). Anzalone si spazientisce ed esonera Scopigno dopo soli 4 punti in 6 gare. Alla Roma arriva un giovane e promettente tecnico: il suo nome è Nils Liedholm.

Con lui Ranieri colleziona le restanti 5 presenze: 4 da subentrante dalla panchina e una da titolare nel 2-0 interno dell'ultima giornata contro il Cagliari. A fine anno 'Il Barone' è chiaro con il giovane terzino:

"Se rimani qui non posso garantirti un posto da titolare, - gli dice - potresti fare un'esperienza fuori, e, se sarà positiva, magari tornare".

BANDIERA DEL CATANZARO FRA A E B

Ranieri è perplesso, si sente in un certo modo messo da parte, è combattuto ma alla fine fra la voglia di affermarsi come calciatore e il rischio di bruciarsi facendo tanta panchina e tribuna lo inducono ad acconsentire alla sua cessione nell'estate del 1974.

Quella che Claudio a 22 anni non può aspettarsi è la sua destinazione. Un giorno riceve una telefonata, sono i dirigenti giallorossi:

"Andrai al Catanzaro. - gli comunicano - Ti ha richiesto l'allenatore".

Per il giovane Ranieri è un vero e proprio shock: avrebbe dovuto andare a giocare nell'estremo Sud Italia, a 600 chilometri da Roma, casa sua, in una formazione, quella giallorossa, che militava in Serie B dopo aver disputato una sola stagione in A nel 1971/72.

In più, quando gli mostrano la città sulla cartina geografica, i suoi amici di certo non lo tranquillizzano:  

"Lo chiamano il penitenziario senza ritorno", gli dicono.

Claudio non sa che fare, si sente smarrito, ma alla fine accetta la destinazione. Non può di certo immaginare, in quel momento, che resterà in quella squadra a lungo, non tornerà più a Roma da calciatore e ne diventerà uno dei simboli storici.

Ad accoglierlo in Calabria trova un giovane tecnico rampante, Gianni Di Marzio, proveniente dal Brindisi e scelto dal presidente Nino Ceravolo per rilanciare la squadra.

Ad aiutarlo ad ambientarsi nella nuova realtà, molto diversa da quella della capitale, c'è poi la presenza di Roberto Vichi, difensore e già suo compagno di squadra nella Primavera giallorossa.

Di Marzio stravede per Claudio e lo schiera subito titolare nel ruolo di terzino destro o sinistro. Il primo anno la squadra arriva 4ª ma perde lo spareggio promozione contro il Verona (1-0), il secondo però, trascinata dai goal di Palanca e da una solida difesa, centra la seconda storica promozione in Serie A. 

Per le Aquile del Sud iniziano gli anni d'oro, che vedranno il club giallorosso fare la spola fra Serie A e Serie B e mettere in difficoltà anche grandi squadre. Ranieri è uno dei grandi protagonisti, visto che indossa la maglia giallorossa per ben 8 anni, in cui colleziona in tutto 253 presenze e 10 goal, di cui 128 con 4 reti in Serie A, che lo rendono ancora oggi il giocatore più presente del club nella massima divisione.

La prima rete in Serie A Ranieri la firma il 24 aprile 1977 nella vittoria interna per 4-2 contro il Cesena, mentre l'ultima con i calabresi è datata 26 aprile 1981 e vale il pareggio per 1-1 con l'Avellino.

Il Catanzaro si piazza 15° nel 1976/77 e torna subito in B, ma altrettanto celermente, grazie al 2° posto finale ottenuto nel torneo cadetto la stagione seguente sotto la guida di Giorgio Sereni, fa immediato ritorno nella massima serie.

Con l'arrivo in panchina di Carlo Mazzone le Aquile del Sud si superano: 9° posto in Serie A e prima storica salvezza, condita dal raggiungimento delle semifinali di Coppa Italia, quindi un 12° posto che in seguito allo scandalo del Totonero fa sì che i calabresi vengano ripescati e restino in Serie A.

Nel 1980/81 la squadra si piazza 8ª con Tarcisio Burgnich alla guida, l'anno seguente, che è anche l'ultimo con Claudio Ranieri come pilastro difensivo, ma è nell'anno seguente, con Bruno Pace allenatore, che la squadra ottiene il 7° posto finale in Serie A, piazzamento che rappresenta il migliore di sempre della storia della società.

Ranieri saluta nell'estate 1982 da grande bandiera della squadra, chiamato al Catania, in Sicilia, da quel Gianni Di Marzio che otto anni prima aveva tanto insistito per averlo con sé in Calabria. Ma il legame con Catanzaro resterà per lui sempre molto forte, tanto che, dopo lo Scudetto inglese vinto da allenatore con il Leicester City, il tecnico romano dirà:

"Questo Leicester mi ricorda il Catanzaro di Di Marzio".

Dopo la grande impresa, nel 2016 il Comune di Catanzaro conferirà all'ex terzino giallorosso anche la cittadinanza onoraria in un clima di grande commozione. 

LE ESPERIENZE IN SICILIA CON CATANIA E PALERMO

Quando Ranieri lascia il Catanzaro a 30 anni è un giocatore affermato, anche se in un ruolo, quello del terzino, in cui probabilmente da giovane non avrebbe mai pensato di giocare. Lascia il Catanzaro per andare ancora più a Sud, a Catania, ancora una volta richiesto da Gianni Di Marzio, nel frattempo approdato sulla panchina degli etnei, guidati dal presidente Angelo Massimino.

I rossazzurri, grazie ad una solida difesa, reparto che oltre a Ranieri annovera giocatori come Chinellato, Mastropasqua e Mosti, e ai goal del bomber, Aldo Cantarutti, arrivano al 3° posto in Serie B e conquistano la promozione in Serie A dopo gli spareggi con il Como (vittoria per 1-0) e la Cremonese (pareggio 0-0). 

Massimino sogna un grande Catania, in grado, come aveva fatto il Catanzaro negli anni precedenti (nel frattempo i calabresi erano retrocessi), di competere alla pari con le grandi potenze del calcio. Il calciomercato estivo 1983/84 vede la possibilità per le società del massimo campionato italiano di tesserare due stranieri, e anche i siciliani cercano rinforzi all'estero.

Il presidente pesca in Brasile due giovani, il terzino sinistro Pedrinho e il centrocampista offensivo Luvanor, che tuttavia non manterranno le attese. La squadra, nonostante una buona difesa, stenta e dopo la sconfitta di Firenze precipita all'ultimo posto in classifica e non lo abbandonerà più. Disperato, quando un giornalista osserva che, di fronte ai tanti acquisti operati, la squadra manca di amalgama, il presidente Massimino risponderà con un celeberrimo misunderstanding:

"Amalgama? Ditemi dove gioca che lo compro".

Anche un giocatore esperto come Claudio Ranieri (30 presenze stagionali) in un simile contesto, può far poco. Si sacrifica giocando anche da libero quando si infortuna Mastropasqua, ma la squadra continua a non convincere. A dicembre Di Marzio è esonerato e in panchina arriva G. B. Fabbri, ma nemmeno l'artefice del grande Vicenza degli anni Settanta riesce a raddrizzare una situazione ormai compromessa. Gli etnei chiudono ultimi con il minimo storico di appena 12 punti conquistati e retrocedono in Serie B.

Ranieri ha ormai 32 anni e cerca nuovi stimoli. Chiusa l'avventura in rossazzurro con 69 gare e una rete fra Serie B e Serie A, passa quindi nell'estate del 1984 al Palermo. Con i rosanero il calciatore romano, grazie alla grande esperienza maturata nel corso della sua carriera calcistica, torna ad essere un elemento determinante. 

Arcigno e dotato di grande intelligenza tattica, anche in rosanero Ranieri è utilizzato prevalentemente da libero, ruolo nel quale si rivela fondamentale per la promozione dalla Serie C1 alla Serie B dei siciliani e, successivamente, nella conquista della salvezza nel torneo cadetto del 1985/86.

In due stagioni nel capoluogo siciliano totalizza 50 presenze, l'ultima delle quali il 25 maggio del 1986 nel pesante rovescio per 4-1 a Campobasso. Sarà quella l'ultima apparizione del Ranieri calciatori: dopo una carriera da terzino, vissuta nel Sud Italia e in Sicilia, il tecnico originario del rione San Saba intraprende infatti quella da allenatore. 

Solcato nuovamente lo stretto di Sicilia, assume già nel 1986 la guida tecnica del Vigor Lamezia, in Serie D, mettendosi in luce per il suo stile severo ma anche per i risultati superiori alle attese. Trascina la squadra calabrese al 1° posto e alla promozione in Serie C2. Nel 1987/88 sale di categoria, allenando in Serie C1 il Campania Puteolana, ma retrocede in Serie C2.

Nell'estate 1988 accetta quindi la guida del Cagliari, caduto in disgrazia e salvatosi miracolosamente dalla retrocessione nella stagione precedente. Proprio dai sardi, strano gioco del destino, nell'isola che aveva reso celebre Manlio Scopigno, il tecnico che da calciatore lo aveva fatto debuttare in Serie A, l'allenatore Claudio Ranieri inizierà la sua scalata verso il grande calcio, in una carriera di successo che, contrariamente a quella da calciatore, lo porterà a guidare grandi squadre in Italia e all'estero e ad affermarsi a livello internazionale. 

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