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Massimo Palanca, la favola di 'Piedino d'Oro': 'l'Imperatore' di Catanzaro che segnava su calcio d'angolo

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"Sono un povero diavolo, vivo alla giornata, in provincia, lontano mille chilometri dai grandi centri. Ma la sera, quando me ne vado a casa, Catanzaro diventa Parigi, Roma, New York. Sarò un po' matto ma è così" - Massimo Palanca nell'autobiografia 'Massimo Palanca: il mio calcio'.

Centosettanta centimetri di pura tecnica in 64 chilogrammi di grande esplosività, che si estrinsecava in due piedini numero 37 e in particolare in un sinistro magico con il quale sapeva far fare alla palla quel che voleva. Massimo Palanca è stato uno dei grandi attaccanti italiani fra anni Settanta e anni Ottanta, con la particolarità di aver fatto benissimo soprattutto con una maglia, quella del Catanzaro, club dal quale è considerato un'icona ed è il massimo marcatore all-time.

Capelli ricci, soppracciglia folte e due grandi baffi, come si usava in quegli anni, la sua specialità erano 'i goal olimpici', quelli realizzati direttamente dalla bandierina del calcio d'angolo: ne segnerà ben 13, a riprova che la sua arte non era frutto del caso. 

Pur avendo fallito quando si è misurato con una grande squadra (il Napoli), non riuscendo a confermarsi, nella sua carriera ha vinto 4 titoli di capocannoniere, incluso quello della Coppa Italia 1978/79. In 20 anni sul campo, dalla Serie D alla Serie A, dal 1970 al 1990, ha totalizzato qualcosa come 210 goal in 597 presenze (147 gare e 39 reti in Serie A). 

I PRIMI GOAL A CAMERINO E L'APPRODO FRA I PROFESSIONISTI

Massimo Palanca nasce a Loreto, Comune in provincia di Ancona, nelle Marche, il 21 agosto 1953 e cresce a Porto Recanati in una famiglia numerosa composta da papà Renato, mamma Liliana, un fratello, Gianni, anch'egli calciatore, e ben sette sorelle.

Inizia a giocare a calcio all'età di 10 anni, quando entra a far parte del Settore giovanile del Porto Recanati. Con la squadra della sua città fa tutta la trafila per poi passare poco prima di compiere 17 anni alla PassamontiCamerino in Serie D. Il suo debutto assoluto è datato 18 ottobre 1970 in un anonimo Camerino-Fermana 0-0.

Massimo, che percepisce uno stipendio mensile di 15 mila Lire, dimostra da subito di avere un buon feeling con il goal: dopo il primo anno, in cui totalizza 2 reti in 16 presenze, nel secondo va subito in doppia cifra, totalizzando 13 reti in 28 presenze, che diventano 16 in 27 nel 1972/73. In tutto fanno 29 goal in 55 gare. Numeri importanti che fanno nascere nei suoi confronti l'interesse di alcuni club professionistici.

"Sono il quinto di otto figli, a quel tempo guadagnavo 15 mila Lire e una parte di queste la mandavo a casa. - racconterà la punta marchigiana nel suo libro - Tutti si doveva collaborare, io che avevo la possibilità di guadagnare un po’ contribuivo alla vita della mia famiglia".

È un suo ex allenatore alla Passamonti Camerino, Gabriele Guizzo, a procurargli nell'estate del 1973 un provino con il Frosinone, guidato in panchina da Umberto Mannocci. Palanca è schierato fuori ruolo da mezzala, e pur impegnandosi molto, fa fatica a mettersi in evidenza. L'insistenza di Guizzo con il tecnico ciociaro è però premiata, e alla fine il cartellino di Palanca passa al Frosinone per 14 milioni e mezzo con uno stipendio mensile di 120 mila Lire.

Palanca si ritrova dunque catapultato nel campionato di Serie C, ma riportato nel suo ruolo naturale di attaccante, non sente il peso della categoria. Dopo il rinvio della gara della prima giornata contro la Salernitana, fa il suo esordio da professionista il 23 settembre 1973 in Nocerina-Frosinone, e il 14 ottobre in Frosinone-Marsala 1-0 segna il suo primo goal con la maglia giallazzurra. 

Complice l'infortunio della punta titolare, Palanca diventa titolare e presto i tifosi ciociari iniziano ad amarlo. Isuoi 18 goal in 38 presenze gli valgono il titolo di capocannoniere del Girone C di Serie C. 

AL TOP NEL CATANZARO FRA B E A

L'exploit di Palanca a soli 20 anni desta sensazione in squadre importanti. La Reggina è la prima a interessarsi al marchigiano e attiva un'opzione per assicurarselo ancor prima che termini la stagione, tuttavia la retrocessione in Serie C degli amaranto frena il trasferimento in riva allo Stretto. Ad approfittarne è allora un'altra squadra calabrese, che da tre stagioni gioca in Serie B: si tratta del Catanzaro, retrocesso dalla Serie A nel 1971.

Le Aquile del Sud versano 120 milioni di Lire nelle casse ciociare per prelevare il giovane attaccante, in cui intravedono grandi potenzialità: non si sbaglieranno. Al giocatore viene corrisposto uno stipendio mensile di un milione di Lire. Il presidente Ceravolo affida la panchina giallorossa a Gianni Di Marzio e sogna il ritorno nel massimo campionato.

“Prima di tutto devo dire che sono andato a vedere dove fosse Catanzaro sulla cartina geografica, - rivelerà Palanca - non mi vergogno a dirlo. Il primo viaggio da Roma è stata una cosa allucinante, ho dormito in treno con la testa sulla valigia. Arrivai il 16 luglio dopo un viaggio di 12 ore in treno, la stazione era deserta e andai in bus fino alla sede. A Frosinone prendevo 120 mila Lire. A Catanzaro 1 milione al mese. Come da tutte le parti, si facevano contratti annuali, ogni anno era una guerra con presidenti e dirigenti per strappare 100 mila Lire in più. Viene da ridere pensando a quello che succede oggi".

Il calciomercato estivo era stato segnato da una grande rivoluzione: in rosa restavano solo otto elementi dell'anno precedente: Pellizzaro, Gori, Silipo, Maldera, Banelli, Spelta, Braca e Garito. A questi venivano aggiunti Claudio Ranieri, Vignando, Vichi, Arbitrio, Papa, Nemo, Piccinetti ed appunto il giovane neo bomber della serie C.

L'avvio con la nuova squadra è tutt'altro che semplice per il marchigiano: in Coppa Italia i calabresi stentano, con 2 sconfitte e 2 pareggi. E, come se non bastasse, nella gara contro il Napoli (1-1) il 22 settembre un'entrata ruvida di Burgnich lo manda k.o. per infortunio.

Gli esami mostrano una distorsione alla caviglia, che lo costringe a un po' di riposo e a saltare i primi due turni di Serie B. Dopo il debutto assoluto con goal il 28 agosto contro la SPAL, quello in campionato è dunque gioco forza rimandato alla 4ª giornata, il 20 ottobre 1974, con i calabresi che pareggiano 1-1 in trasferta contro l'Alessandria. 

Alla 9ª giornata, allo 'Stadio Militare', contro l'Atalanta, l'attaccante di Porto Recanati sigla il suo primo goal giallorosso in campionato, che vale anche i 2 punti per la sua squadra. Il suo primo anno in Calabria si chiude con un record non esaltante di 35 presenze e 4 goal in Serie B, più 4 presenze e una rete in Coppa Italia.

Le Aquile del Sud chiudono la stagione regolare al 3° posto con 45 punti a pari merito con il Verona. Per decidere la terza promossa in Serie A dopo Perugia e Como serve uno spareggio, che si gioca in campo neutro a Terni il 26 giugno 1975 contro gli scaligeri. Il Catanzaro perde 1-0 e resta in Serie B.

Poco male, perché l'anno seguente Palanca e il Catanzaro si riscattano: la punta è il bomber della squadra con 11 goal in 33 presenze, e le sue marcature trascinano i giallorossi alla seconda promozione in Serie A della loro storia, cinque anni dopo la prima. È il 1976, e i tifosi calabresi festeggiano alla grande l'importante risultato.

"Ricevimenti dappertutto. Una cosa pazzesca. - ricorda - Ora chi vince lo Scudetto affitta quei pullman senza tetto, a noi invece affittarono un trenino dei bambini e ci fecero fare il giro della città. C’era un entusiasmo incredibile, il trenino faceva fatica a proseguire la sua marcia".

La Serie A è però altra questione a livello di difficoltà. Il Catanzaro nel 1976/77 naviga fin da subito nei bassifondi della classifica. Palanca esordisce il 3 ottobre 1976 nello 0-0 casalingo della prima giornata contro il Napoli, segna la sua prima rete nel massimo campionato soltanto il 20 febbraio contro l'Inter, e benché con 5 marcature in 18 presenze risulti alla fine il bomber dei suoi, non può evitare l'immediata retrocessione in Serie B.

Ma a 24 anni Massimo è ormai un attaccante maturo, e il 1977/78 è quello della definitiva consacrazione come bomber: il marchigiano realizza 18 goal in 32 partite, laureandosi capocannoniere della Serie B, e trascinando nuovamente il Catanzaro (2° a pari punti con l'Avellino) in Serie A. Alcune delle sue reti risultano particolarmente spettacolari: 3 goal, infatti, Palanca li realizza direttamente da calcio d'angolo, con parabole beffarde e imparabili per i portieri.

Nasce il mito di 'Piedino d'Oro' o 'Piedino di Fata', i soprannomi che gli vengono attribuiti, di cui fanno parte integrante anche le scarpe, griffate 'Pantofola d'Oro', l'azienda dei Lazzarini che gliele cuce su misura.

"Non c'era nessun segreto. - assicura alla  'La Domenica Sportiva' - A volte i miei tiri andavano 7-8 metri sopra la traversa, ma l’importante era provarci. Quello che non fanno più al giorno d’oggi. Quando tiravo il calcio d’angolo io, c’era un giocatore, che era Claudio Ranieri, che praticamente saltellava davanti alla porta avversaria. Il portiere per un attimo non vedeva la palla, quando gli riappariva si trovava spiazzato. Ma non c’era solo questo. Facevo allenamenti specifici sfruttando il vento di Catanzaro, dove notoriamente soffia molto forte. Ovviamente non mi allenavo solo sui calci d’angolo, anche sulle punizioni. Quando venivano a giocare da noi, io tiravo anche da centrocampo".

Per il ritorno nel massimo campionato, il patron Ceravolo si affida a Carlo Mazzone, con l'obiettivo di lottare per la salvezza. 'Sor Magara' punta tanto sul suo bomber Palanca, e sarà adeguatamente ripagato della fiducia accordata al suo attaccante.

L'anno 1978/79 è doppiamente magico per Palanca e le Aquile del Sud: il bomber coglie per la prima volta in carriera la doppia cifra di goal in Serie A (10 in 30 presenze) salvando la squadra, che chiude con un brillante 9° posto, e, come se non bastasse, si laurea Capocannoniere della coppa Italia con un bottino di 8 centri in 7 presenze con il Catanzaro che giunge fino alle semifinali, dove è eliminato dalla Juventus dopo aver estromesso ai quarti il Cagliari di Tiddia.

Per i suoi tifosi, che per lui intonano un coro ad hoc, Palanca è ormai 'O Rey', o 'L'Imperatore' di Catanzaro.

“Massimè Massimè, - gli cantano gli ultras - pari na molla, pari na molla”.

La soddisfazione più grande arriva all'Olimpico il 4 marzo 1979 contro la Roma. La squadra di Mazzone si impone clamorosamente per 3-1 e Palanca è il suo mattatore con l'unica tripletta della sua carriera in Serie A. Il goal con cui apre le danze è la sua specialità: al 5' l'arbitro accorda un corner agli ospiti sotto la Sud, Palanca batte a giro a rientrare e inganna Conti per l'1-0. Di Bartolomei pareggia su calcio di rigore assegnato per fallo di Zanini su Rocca. 

Ma 'Piedino d'Oro' è in giornata di grazia: al 43', su un maldestro retropassaggio di Spinosi, anticipa Chinellato e Santarini e batte ancora il portiere giallorosso facendo volare le Aquile. La punta marchigiana completa il suo capolavoro personale al 68', quando Zanini soffia il pallone a Rocca e crossa al centro dell'area dalla destra, trovando la finalizzazione vincente del numero 11. Sul tabellone dell'Olimpico compare in grande il risultato e per tre volte il nome di Palanca accanto a quello di Di Bartolomei.

Il grande Sandro Ciotti è incantato da una simile prestazione e arriva a definire Palanca "uno dei sinistri più forti d'Europa". Fra i più euforici per l'impresa c'è naturalmente anche Mazzone. 

"Il mister era veramente una cosa fuori dal normale, ma se lo meritava. - racconterà il bomber - Mazzone era un passionale, uno che sentiva le partite, le situazioni. Romano, trasteverino, aveva un grosso interesse a fare bella figura nella sua città. Giocare all’Olimpico lo faceva emozionare e quel giorno lo facemmo felice".

Il 1979/80 è meno positivo a livello personale (29 presenze e 9 goal in Serie A, 4 presenze e 2 goal in Coppa Italia), e i calabresi sarebbero retrocessi con il 12° posto, tuttavia ottengono a fine stagione la seconda salvezza di fila dopo la squalifica per il Totonero di Milan e Lazio.

Il riscatto è alle porte e il 1980/81 è la stagione migliore in assoluto relativamente ai campionati di Serie A: l'attaccante del Catanzaro raggiunge quota 13 goal in 28 presenze, ed è secondo alle spalle del solo Roberto Pruzzo nellaclassifica marcatori del massimo campionato. Reti pesanti, quelle del bomber, che consentono alla 'Regina del Sud' di classificarsi 8ª alle spalle delle grandi del campionato.

CON BEARZOT NELL'ITALIA SPERIMENTALE

Le prestazioni di alto livello di Palanca non lasciano indifferente nemmeno Enzo Bearzot, che decide di convocarlo nell'Italia cosiddetta 'sperimentale', ovvero la Nazionale B. Il numero 11 del Catanzaro disputa così la sua prima e unica gara in maglia azzurra il 19 dicembre 1979: a Genova la Germania Ovest 'B' si impone 2-1. 

Dopo quell'esperienza l'attaccante marchigiano non avrà altre possibilità di rappresentare la Nazionale, ma il ricordo di quell'unica esperienza resterà sempre positivo. 

"Con me c'erano Altobelli e Cabrini, futuri campioni del mondo. - sottolineerà Palanca - È stata una grande gioia, il risultato di tutti i sacrifici".

IL FLOP COL NAPOLI E L'ESPERIENZA DI COMO

A livello di club, invece, l'exploit del 1980/81 gli vale l'occasione della vita: quella di poter giocare con una big. Il Catanzaro decide di lasciar partire il proprio beniamino per consentire di realizzare il suo sogno professionale. 

"Il Direttore Sportivo Spartaco Landini - racconta - mi chiama e mi chiede se voglio andare al Napoli. Ora, prima di chiudere una trattativa ci sono delle trafile infinite. Io con un semplice sì sono andato dal Catanzaro al Napoli. Forse sbagliai, ma la mia idea ormai era di provare per una grande squadra".

Il Napoli acquista Palanca per un miliardo e 350 milioni di Lire più la comproprietà di Cascione. Con quella cifra il Catanzaro costruirà l'intera rosa, ottenendo poi un 7° posto in campionato, il suo miglior risultato di sempre.

L'avventura al San Paolo non inizia bene però per 'Piedino d'Oro': in Coppa Italia fallisce 2 rigori nelle prime partite, è criticato dai tifosi e non riuscirà a riscattarsi. I colpi che lo avevano consacrato in Calabria, come i goal dalla bandierina, all'improvviso non gli riescono più. 

Chiude la stagione in maglia azzurra con un solo goal realizzato nel 3-1 sul Cesena e 23 presenze in campionato, più 6 gare senza goal in Coppa Italia e 2 in Coppa UEFA, competizione che lo vede come esordiente. Troppo poco per il club partenopeo, che da lui si aspettava tanto e l'anno seguente, il 1982/83, decide di girarlo in prestito al Como.

In riva al Lago Palanca sembra definitivamente smarrirsi, realizzando appena due goal in Serie B in 20 presenze (uno su punizione contro il Milan e uno su rigore contro il Campobasso). Il Napoli lo riprende ma anche la seconda stagione in azzurro, complici alcune incomprensioni con il tecnico Rino Marchesi, è molto deludente. Mette insieme 19 presenze e un solo goal, e di fatto la sua avventura al Napoli si chiudeva con 50 presenze totali e 2 reti.

DAL FOLIGNO AL RITORNO AL CATANZARO

Il club campano lo spedisce addirittura in Serie C2 al Foligno nell'anno in cui arriva Diego Armando Maradona. Sarà questo uno dei rimpianti più grandi rimpianti. È il 1984, e a 31 anni la carriera dell'attaccante di Porto Recanati sembra volgere definitivamente al termine. Nei due anni con gli umbri 'Piedino d'Oro' firma 18 goal 47 partite, ma il suo livello è lontano da quello dei tempi migliori.

Invece nell'estate 1986 accade qualcosa che nessuno si aspettava: per Palanca si concretizza infatti il grande ritorno al Catanzaro, nel frattempo sceso in Serie C1 e passato sotto la presidenza di Pino Albano. 'L'Imperatore' mai dimenticato non delude le attese dei tifosi: rimessasi sulle spalle la maglia numero 11 giallorossa inizia a ritrovare le sue giocate, e a fine anno i goal saranno ben 17 in 29 presenze e gli varranno il titolo di Capocannoniere del Girone B di Serie C1.

Le Aquile del Sud vincono il torneo e tornano prontamente in Serie B. A livello personale la gioia più grande è l’1-3 fuoricasa nel derby contro il Cosenza. Davanti ad un 'San Vito' stracolmo di tifosi per l’occasione, Palanca segna una doppietta che anni dopo definirà come "una delle più grandi soddisfazioni della mia vita". Il 1987/88 è un altro anno magico: 14 goal in B, 2 in Coppa Italia, ma nonostante un tridente che fa sognare con Soda e Chiarella, per un solo punto i calabresi mancano l'obiettivo del ritorno in Serie A.

La gara emblematica della stagione è quella in casa contro la Triestina. Il risultato resta inchiodato sullo 0-0 fino al 90', quando l'arbitro decreta un rigore per il Catanzaro ed espelle il portiere ospite. Gli alabardati hanno esaurito i cambi e fra i pali ci va il centrocampista Costantini. Sul dischetto va naturalmente Palanca, che tuttavia colpisce il palo e scoppia in lacrime. Per lui è un vero dramma sportivo, ma tutto lo stadio applaude il suo idolo, accompagnato negli spogliatoi dai suoi compagni.

'Piedino d'Oro' resta al Catanzaro ancora due stagioni, togliendosi la soddisfazione personale di segnare due triplette, una ancora con il Cosenza nel derby del 9 aprile 1989 (3-0 per le Aquile del Sud) e una il 18 giugno 1989 sempre in casa contro l'Udinese (5-2 per i giallorossi). L'ultima partita della sua ventennale carriera è Catanzaro-Barletta 0-0 del 3 giugno 1990. 

Al 70' il tecnico Fausto Silipo, suo ex compagno, lo richiama in panchina e tutto lo Stadio Ceravolo gli dedica il suo tributo con una standing ovation da brividi. Il Catanzaro, con soli 25 punti, retrocede di nuovo in Serie C1 come ultimo in classifica, ma Palanca si ritira da leggenda alle soglie dei 37 anni. Il suo record con il Catanzaro è di 331 presenze e 115 reti (105 e 37 limitatamente alla Serie A), numeri che lo rendono il giocatore più importante della storia del club giallorosso.

IL POST CARRIERA DI PALANCA

Dopo il ritiro Palanca si è trasferito a Camerino, e assieme a sua moglie gestisce un negozio di abbigliamento a Castelraimondo. Ha inoltre lavorato come selezionatore della Rappresentativa regionale Giovanissimi della regione Marche.

Si è inoltre cimentato anche nel ruolo di opinionista televisivo per l'emittente 'Conto TV'. Guardando al suo passato, restano indelebile le sue statistiche impressionanti e le qualità umane che facevano impazzire i tifosi del Catanzaro. Tutti gli ricordano sempre, in particolare, le prodezze su calcio di punizione, anche se a riguardo lui lancia un appello:

"Vi prego, - dice, rivolgendosi ai giornalisti - ricordate ai giovani che io sapevo fare altre cose difficili, per esempio le rovesciate, e possedevo un bel tiro da tutte le posizioni. Questa storia dei calci d’angolo è diventata un po’ una persecuzione".

Nessuno, però, ancora oggi, è mai riuscito però ad eguagliarlo: le 13 realizzazioni dalla bandierina rappresentano un primato assoluto destinato a durare ancora a lungo nel tempo. E Palanca dovrà ancora sentirsi chiedere: "Ma come facevi a segnare goal così?".

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