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The Other Final: Bhutan-Montserrat, il match tra le 'più scarse' del mondo giocato il giorno della finale dei Mondiali

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Il 30 giugno 2002, Ronaldo Luís Nazário de Lima, il fenomenale Ronaldo dell'Inter che da lì a poco passerà al Real Madrid, non è il giocatore più proficuo della giornata. E nemmeno dell'Asia. Certo, la sua doppietta in finale di Coppa del Mondo porterà il Brasile a conquistare il suo quinto e fin qui ultimo alloro mondiale, ma non sarà il massimo raggiunto in un match ufficiale tra Nazionali disputato nelle stesse ore.

Con oltre un miliardo di persone organizzate da mesi per seguire la finalissima contro la Germania, la FIFA non avrebbe certo potuto mettere in piedi un'altra gara tra rappresentative, considerando una totale attenzione su Yokohama, sede della finale. Eppure, a meno di 5000 km, non solo si giocava un altro match tra Nazionali, bensì una finale. L'altra finale, quella in cui anche la doppietta di Ronaldo poteva essere superata dal bomber Wangay Dorji.

Di cosa parliamo? Di un match tra le squadre 'peggiori del mondo', che nel corso degli anni è diventato un cult per gli amanti di pallone, Asia e documentari attui a scoprire le nazioni più sperdute del pianeta, quelle fuori dai soliti itinerari di moda. La prima sfidante raccoglie perfettamente la definizione. Il Bhutan è ai margini sia per turismo, sia per sport. La prima reazione al suo nome? Probabilmente non la curiosità relativa alla sua ubicazione, ma solamente una domanda per suffragare il dubbio sulla reale esistenza di tale paese. Che sì, esiste. Nascosto dall'Himalaya, guidato dalla lingua dzongkha sotto i precetti del buddhismo. Direzionato verso la ricerca del FIL, la Felicità interna lorda. Nessuno scherzo.

Vent'anni fa il Bhutan è al penultimo posto del Ranking FIFA, classifica che determina soprattutto le fasce per i sorteggi nelle varie qualificazioni a Mondiali e competizioni continentali. Un modo per mettere insieme tutte le rappresentative affiliate alla federazione internazionale. In campo dal 1982, ha conquistato in vent'anni solamente una vittoria contro il Tibet, reputata non ufficiale causa mancata affiliazione del paese alla FIFA. E così, zero in bacheca. Due in meno della squadra sul fondo della graduatoria, riuscita a vincere in entrambe le occasioni contro la rappresentativa di Anguilla: Montserrat.

Il discorso, relativamente a Montserrat, non cambia. In Sardegna c'è chi penserebbe al comune di Monserrato (Città Metropolitana di Cagliari), gli amanti di Freddie Mercury ricorderebbero il duetto con il soprano Montserrat Caballé e il popolo catalano, a ragione, evidenzierebbe come nella propria comunità esista un monastero benedettino denominato proprio Monastero di Montserrat. Al cui interno la Madonna di Montserrat è venerata come patrona della stessa Catalogna. Da qui infatti deriva la città sarda, il nome proprio femminile e il nome dell'isola dei Caraibi, Montserrat, territorio del Regno Unito scoperto da Cristoforo Colombo.

MONTSERRAT E BHUTAN: IDEA OLANDESE

Cosa hanno in comune Montserrat e Bhutan? Assolutamente niente, se non l'essere le ultime squadre della classifica nel ranking FIFA di fine 2001, rispettivamente alla posizione 204 e 203. Come altre 172 nazioni, non partecipano al primo mondiale asiatico della storia, previsto in Corea del Sud e Giappone tra giugno e luglio 2002. Se Brasile, Germania, Francia, Argentina e Italia sono per l'ennesima volta le grandi favorite della competizione, rappresentative come Jugoslavia, Svizzera, Colombia, Cile e soprattutto Olanda si leccano le ferite. Sbranate dalle avversarie, lasciate a contorcersi. A domandarsi cosa stia succedendo.

Qualcosa, che in Olanda, si chiedono anche Johan Kramer, che di professione fa il regista, e Matthijs de Jonghe, entrambi sotto contratto con l'agenzia pubblicitaria KesselsKramer. I Paesi Bassi sono stati superati da Irlanda e Portogallo, mancando clamorosamente l'accesso a Corea-Giappone 2002. In cerca di conforto per la propria 'disgrazia', si tuffano in ciò che accomuna i più fortunati individui del pianeta: la consapevolezza che i propri problemi sono quasi spesso insignificanti rispetto a quelli degli altri. E così, si accorgono che a fronte di 32 Nazionali qualificate al Mondiale, ce ne sono altre 172 che guarderanno da casa la finale. Kramer & De Jonghe, però, vogliono di più.

Vogliono ergersi a rappresentanti dei popoli che non hanno ottenuto il pass, decidendo di costruire un'altra gara, nello stesso giorno della finalissima in Giappone. La presenza del Bhutan al penultimo posto è una manna dal cielo per la loro idea di far disputare un match tra le Nazionali 'più scarse' del Pianeta Terra. De Jonghe, buddhista, si è infatti recato in Bhutan due anni prima e ha provato in tutti i modi a descrivere la bellezza di quel luogo inesplorato. La soluzione al suo quesito arriva dall'idea di Kramer di girare un documentario in cui il calcio è il MacGuffin della storia, mentre amicizia, valori umani ed esplorazione sono i punti essenziali. Si mettono così al lavoro, a fine 2001, per dare vita a The Other Final.

Mentre Kramer gira, De Jonghe, produttore, mette in moto la macchina dell'organizzazione e spedisce due fax dalle parti opposte della mappa. Spiega nei dettagli il progetto, raccontando di essere già stato in Bhutan e di desiderare di dare una mano nel far conoscere al mondo la piccola nazione, il loro credo, la propria visione di un calcio inteso come sport e non mero marketing. La federazione guidata da Khandu Wangchuk, presidente ma anche Primo Ministro del paese, ci mette un po' di tempo a rispondere. Da Montserrat, invece, il sì è immediato. C'è bisogno di quella felicità per cui il Bhutan lavora.

VULCANI E LUTTI

A Montserrat, infatti, i giocatori dilettanti e il resto della popolazione non se la passano bene. Risvegliatosi nel 1995, il vulcano Soufrière Hills ha devastato la capitale Plymouth e circa due terzi della popolazione è stata evacuata, soprattutto verso il Regno Unito. Le attività locali sono state spazzate via, metà dell'isola è divenuta inabitabile e l'unico stadio presente, il Sturge Park, è stato distrutto. In questo modo la Nazionale non ha più possibilità di giocare né lo sporadico campionato locale, né le partite internazionali. La richiesta di De Jonghe per disputare The Other Final non è solo un modo per poter finalmente tornare in campo, ma anche per mostrare al mondo la propria condizione. Ottenuto anche il sì del Bhutan, viene scelto come campo della gara lo stadio di Stadio di Changlimithang, a Thimphu, capitale del paese asiatico.

L'organizzazione, come ovvio, non è facile. I giocatori di Montserrat devono chiedere permessi, ferie, vacanze. Non sono certo giocatori professionisti e il Bhutan si trova a 14.000 km di distanza. Alla fine, però, la rappresentativa viene messa in piedi, mentre Kramer comincia a intervistare alcuni dei giocatori locali attraverso i racconti del terremoto e della loro vita calcistica. Sono guidati da Paul Morris, poliziotto britannico che deve dirigere le sedute di allenamento tra la ricerca di un pallone e l'altra.

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Ogni qual volta il tiro finisce fuori dal campo, infatti, termina tra la vegetazione di Little Bay, futura capitale del paese adiacente a Brades, capitale de facto dopo l'abbandono di Plymouth, sepolta dall'eruzione. Devono attendere tra uno scatto e l'altro anche i militari della Marina Britannica, scesi a terra a poche settimane da The Other Final per preparare i ragazzi di Morris. Un Morris che lascerà la guida della rappresentativa pochi mesi dopo il suo ingaggio in vista della sfida, causa dissidi con la federazione. Ad ogni latitudine.

Il Bhutan ha la fortuna di giocare in casa, ma anche di scendere in campo costantemente e con alcuni giocatori da una marcia in più. Su tutti il già citato Wangay Dorji, che nel 2002 milita in India con il Samtse. Attaccante, capitano e leader, ha vissuto la sconfitta più pesante di tutte, riuscendo però ad estrapolare solo positività. Dorji è in campo mentre la sua amata Nazionale, due anni prima, subisce un roboante 20-0 contro il Kuwait. Il suo commento? "Siamo stati fortunati a vivere quel momento, perché anche se abbiamo subito venti reti abbiamo fatto conoscere il Bhutan al mondo". Insomma, bicchiere non mezzo pieno, ma quasi stracolmo.

Se i tifosi del Montserrat e il giocatore più rappresentativo, il capitano Charles Thompson, sono assolutamente sicuri di una larga vittoria da parte della propria Nazionale, dall'altra parte ci si lascia andare ad un pronostico con qualche difficoltà in più, sotto il segno dell'importanza dello sport e non del risultato. Una gara che per il Bhutan rappresenterà anche un saluto a Kang Byung-Chan, commissario tecnico scomparso pochi giorni prima della sfida, portando la federazione ad ingaggiare Arie Schans, manager olandese reduce dall'esperienza al Gelders Veenendaalse Voetbal Vereniging. In procinto di viaggiare per la Svizzera con la moglie per godersi l'estate elvetica, viene intercettato dall'organizzazione di The Other Final per volare alle pendici dell'Himalaya e guidare la Nazionale bhutanese. Per la signora Schans, una storia incredibile da raccontare: nessuna montagna svizzera e lusso, ma catena montuosa himalayana e paesaggi incontaminati.

Allo Stadio di Changlimithang il momento è vicino, ma i problemi continuano ad aumentare. Dopo la morte di Byung-Chan e le dimissioni di Morris, infatti, Kramer e De Jonghe devono fare i conti con l'odissea del viaggio di Montserrat: dalla propria isola ad Antigua, da Antigua a St. Martin, da St. Martin a Curaçao, da Curaçao a Amsterdam, da Amsterdam a Bangkok, da Bangkok a Calcutta, da Calcutta a Thimphu. Arrivati in India, l'aereo della rappresentativa oceanica deve fermarsi causa condizioni metereologiche, ritardando il suo arrivo in Bhutan.

Montserrat ha così solamente sei giorni per riprendersi dal viaggio ed abituarsi a Thimphu. Ci riuscirà in maniera faticosa, e mai completamente nel suo breve periodo in città, visti i 2.300 metri sul livello del mare. Il respiro mozzato, però, sarà un problema di poco conto davanti all'accoglienza del popolo bhutanese. Bambini in festa a caccia di autografi che Thompson e compagni non hanno mai firmato prima, doni da parte delle autorità locali e pre-gara tra canti, balli e tradizioni locali insieme ai giocatori di casa. Con la colonna sonora di Hot, hot, hot, brano del cantante montserratiano Arrow, celeberrimo dai Mondiali del 1982 e presente in un villaggio vacanze europeo sì e l'altro pure.

BHUTAN-MONTSERRAT 4-0: THE OTHER FINAL

Arriva così il 30 giugno 2002 e la sfida diretta da Stephen Graham Bennett. Lo stadio di casa è stato sistemato per l'occasione da donne e uomini locali: hanno sistemato l'erba e ridipinto le linee prima di accomodarsi insieme al resto delle 15.000 persone non paganti attorno al terreno di gioco. Con loro anche qualche cane, che nel corso della gara avrà modo di farsi un giro per il campo senza troppi problemi o dubbi relativi al tifo proveniente dalle tribune di pietra.

Bhutan MontserratYoutube

La partita non ha storia. Il Bhutan ha miglior tecnica. Corre senza sosta, porta continui pericoli alla difesa avversaria. Tra un tifo incessante, in una lingua che non conoscono, un'altitudine pressante e una qualità obiettivamente inferiore, almeno per la giornata, Montserrat non ha scampo. Capisce dopo pochi secondi che la preparazione e l'idea delle settimane precedenti sono quanto più lontane dalla realtà: è complicatissimo giocare in tali condizioni. E così, dopo un paio di scatti per provare ad indirizzare la partita dalla propria, la squadra caraibica va subito sotto. Dorji colpisce di testa e al 4' i padroni di casa sono già sull'1-0.

Sotto, Montserrat capisce che davanti a delle condizioni non favorevoli non può abbattersi, pena goleada. Si muove meglio, cercando di abituarsi al gioco dei piccoletti avversari, ma non riesce a trovare il pareggio in un match che anche il Bhutan fatica a chiudere. Non tanto, però, da rischiare di perdere, visto il risultato immutato fino al 67', quando su punizione è ancora Dorji a battere gli ospiti e raddoppiare. Qui il Montserrat perde le speranze, battuto dal destro di Chetri da centro area e dal destro di Dorji, che al minuto 78 chiude con una tripletta il match grazie alla deviazione di un difensore.

Bhutan vince per 4-0 la sua prima gara internazionale, riconosciuta ufficialmente dalla FIFA, ma si porta a casa solamente metà coppa. Per l'occasione, e sull'altare dello sport come scambio culturale e conoscenza di nuovi popoli, il trofeo è diviso letteralmente a metà e alzato dai due capitani, subito pronti ad abbracciarsi e posare per un'infinità di foto per i curiosi di tutto il mondo. Mentre i giocatori di Montserrat ringraziano per l'ospitalità, i giornalisti di alcuni dei più importanti quotidiani del pianeta registrano il tutto per chiudere la storia che nelle settimane precedenti ha avuto eco sulle testate più vendute di Stati Uniti, Italia, Francia, Inghilterra.

La produzione di The Other Final, alcuni dei politici del Bhutan, insieme a giocatori e staff tecnici, tra cui un Arie Schans lanciato in aria dai suoi calciatori (conosciuti neanche cinque giorni prima), sei ore dopo si siedono insieme per assistere a Germania e Brasile, l'altra finale, quella giocata in Giappone e decisa da un attaccante di nome Ronaldo, autore di meno reti di Dorji.

Nessun cane in mezzo al campo, nessun pallone a sfiorare le nuvole. Nessun vulcano, nessuna Felicità Interna Lorda. Che noia, la finale nipponica.

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