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'Sliding doors' Berbatov: l'uomo dei trasferimenti difficili

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Tra i personaggi più particolari, unici, per certi versi pure kitsch del calcio degli ultimi due decenni, c’è senza dubbio Dimitar Berbatov. L’attaccante bulgaro che si è imposto nel Bayer Leverkusen, che ha vinto con il Manchester United e che poi è arrivato al Fulham, prima di chiudere la sua carriera in altri lidi. No, se ve lo state chiedendo, non abbiamo citato quelle tre squadre a caso. Perché un altro motivo per cui si è contraddistinta la carriera del classe 1981 è relativo proprio alle sliding doors del calciomercato. Perché forse, in un universo parallelo, Berbatov si è imposto in Serie A nel Lecce, ha vestito la maglia del Manchester City e poi è tornato in Italia per giocare con la Fiorentina o con la Juventus. Neanche queste sono citate a caso.

Andiamo passo per passo. Dobbiamo tornare in Bulgaria, a Sofia, dove Berbatov si impose con la maglia del CSKA. Il suo nome iniziava a circolare negli ambienti del mercato. Un giovane attaccante, promessa del calcio bulgaro, cresciuto nel mito di Stoichkov e compagni, che nel 1994 sognava davanti alla tv vedendo la sua nazionale stupire tutti al mondiale americano. Nel 2000, Berbatov aveva 19 anni. Aveva stregato molti con la sua classe, specie se rapportata a un fisico possente. Se n’era innamorato in particolar modo il Lecce di Pantaleo Corvino, che lo aveva adocchiato in uno dei suoi viaggi e voleva portarlo a Lecce a tutti i costi. Aveva definito l’acquisto. A giugno si parlava di affare concluso, con le visite mediche programmate. Qualche richiesta eccessiva del giocatore fece però naufragare tutto all’ultimo minuto. Berbatov rimase in Bulgaria, avrebbe aspettato un anno prima di fare il salto in un top campionato europeo. Lo avrebbe acquistato il Bayer Leverkusen.

A Lecce lo aspettavano, ma col senno del poi la scelta di andare in Bundesliga fu vincente. Perché in Germania la storia di Berbatov cambiò. Certo, ‘vincente’ non sembra essere la parola più adatta, visto che nel suo primo anno il Bayer diventò l’immortale ‘Neverkusen’ perdendo due finali su due e il campionato alla penultima giornata. Anche se già nel 2000 aveva fatto di peggio, perdendo la Bundesliga all’ultimo atto. Con il ritiro di Ulf Kirsten e la fase calante di Oliver Neuville, il bulgaro diventò il riferimento del Bayer, spalleggiato da Voronin o dal brasiliano França.

BERBATOV ROMA BAYER LEVERKUSENGetty

Fino al passaggio al Tottenham nel 2006, dopo 50 goal segnati nell’arco di due stagioni. A Londra si impose anche come fantasista, oltre che goleador. E nonostante sia stato decisivo nella finale di EFL Cup del 2008, i tifosi degli Spurs non lo ricordano con grande piacere. Perché il divorzio fu particolarmente rumoroso.

Nell'estate 2008 Berbatov lasciò il Tottenham per andare al Manchester United in uno dei trasferimenti più discussi del calcio inglese. Già da luglio c’erano voci di un possibile trasferimento, tanto che durante la preseason qualche giornale inglese pubblicò delle frasi attribuite a Sir Alex Ferguson che sosteneva che lo United avrebbe acquistato il giocatore. Lo stesso Fergie smentì tutto, ma da Londra le reazioni furono feroci: il presidente degli Spurs Levy accusò lo United di ipocrisia - visto che quell’estate il club campione d’Europa in carica aveva denunciato alla Fifa il Real Madrid per la corte serrata a Cristiano Ronaldo - e disse che il club era arrogante e stava interferendo nel rapporto tra gli Spurs e Berbatov. Ferguson rispose per le rime.

“Non so chi abbia detto quelle cose, di certo non sono stato io. Sarà imbarazzante per il Tottenham sapere di essersi lamentato sulla base di quanto scritto su un pezzo di carta. Per loro è imbarazzante, ma sappiamo com’è Levy. È diverso dagli altri…”.

Il Tottenham addirittura denunciò lo United al board della Premier League. Fece lo stesso con il Liverpool, che stava seguendo Robbie Keane. E il presidente ribadì che non aveva intenzione di vendere nessuno dei due. Spoiler: li avrebbe ceduti entrambi. Su Berbatov, peraltro, non c’era solo lo United, ma anche l’altra squadra di Manchester, il City, che stava per finire in mano agli sceicchi che ne avrebbero cambiato la storia. Il bulgaro però aveva le idee chiarissime, come avrebbe rivelato in seguito.

"Il City mi voleva, il mio agente mi ha detto che c’era un altro club che mi voleva. Gli ho risposto ‘fanculo’. Gli ho detto che non mi importava dei soldi, noi andavamo allo United per la storia, i giocatori e la tradizione”.

La telenovela Berbatov-United sarebbe andata avanti fino all’1 settembre 2008, ultimo giorno di mercato, quando sul sito dei Red Devils è comparso un comunicato che già dal titolo lasciava intendere ogni cosa: “Finalmente, Berbatov ha firmato”.

Dimitar Berbatov Manchester UnitedGetty

L’attesa per l’acquisto venne ripagata da quattro anni in cui il bulgaro fece innamorare i tifosi non solo a suon di goal - 56, di cui 20 nella Premier League 2010/11 con annesso trionfo nella classifica cannonieri - e di assist, una trentina, ma soprattutto per le sue giocate. Da fine esteta. Da giocatore interessato anche al “bello”, non solo alla concretezza. Non sempre apprezzato da Ferguson, che nella finale di Champions League del 2011 non lo portò neanche in panchina preferendogli Owen, non propriamente nel periodo più smagliante della sua carriera.

Se l’arrivo allo United era stato burrascoso, comunque, la partenza si rivelò persino peggiore. Non tanto per i Red Devils, ma per i club acquirentii. Perché il 29 agosto 2012 è ancora oggi ricordato nei libri di storia del calciomercato. Nonostante a Manchester gli avessero prolungato il contratto, l’arrivo di Robin van Persie dall’Arsenal gli chiuse lo spazio. Così, nelle ultime ore di mercato, decise di cambiare aria. E le offerte di certo non mancavano. Sul tavolo aveva in particolare quella della Fiorentina , che sembrava ormai convinto ad accettare. Prima di cambiare idea e dare vita ad uno degli intrighi di mercato più incredibili degli ultimi anni di calcio italiano.

Le ricostruzioni sono diverse e spesso confuse. Di certo c’era che Berbatov era già d’accordo con lo United, che lo avrebbe lasciato partire senza chiedere troppo per il suo cartellino. Il bulgaro aveva un accordo con la Fiorentina e sembrava destinato ad andare in Viola. A Firenze in quel caldo pomeriggio del 29 agosto erano tutti in attesa dell’aereo con a bordo il nuovo numero nove, partito da Manchester con destinazione capoluogo toscano su un volo spesato proprio dal club viola. C’erano i tifosi, c’era la dirigenza viola pronta in aeroporto. Si diceva che potesse già allenarsi subito con la viola, appena arrivato, oppure giocare nel weekend immediatamente successivo. A Firenze un aereo arrivò, sì, ma a bordo c’era soltanto la rockstar Patti Smith.

Attesa vana. Berbatov non sarebbe mai arrivato. Era fermo a Monaco di Baviera, in uno scalo programmato, con il suo procuratore e nuove offerte sul tavolo. Tra cui quella della Juventus. L’intermediario Federico Pastorello, come ha raccontato in prima persona, aveva mandato un aereo a prenderlo in Germania. Inizialmente il bulgaro sembrava poter accettare i bianconeri, tanto che Marotta lo aspettava a Torino. La Juve si sentiva il giocatore in tasca, con un’offerta economica persino più alta di quella viola. Fino a quando c’è stato il secondo cambio di idea. Perché era arrivata una terza offerta, quella del Fulham. Pastorello ha raccontato della delusione di Marotta attraverso una citazione che aveva lasciato tutti increduli.

“Berbatov non sta arrivando, mi ha chiamato e ha detto che ha accettato l’offerta del Fulham”.

In serata, mentre Berbatov saliva su un altro aereo per tornare in Inghilterra con destinazione Londra, in Italia volavano gli stracci. Con la Fiorentina, prima grande beffata, ad aprire le danze con un durissimo comunicato.

"Operazione saltata a causa di operazioni spericolate e arroganti di altre società, che niente hanno a che fare con i valori della correttezza, del fair play e dell'etica sportiva e che si collocano oltre i confini della lealtà. Per quanto riguarda il calciatore, a questo punto siamo felici che non sia venuto alla Fiorentina: non meritava la nostra città e la nostra maglia”.

Marotta replicò in prima persona al comunicato Viola affermando che la Juventus aveva contattato il giocatore soltanto dopo il no definitivo alla Fiorentina.

"Abbiamo agito nella massima trasparenza, rimando al mittente le parole del comunicato della Fiorentina. Si tratta di una normale dinamica di mercato, abbiamo contattato il giocatore dopo che aveva rifiutato il club toscano".

Berbatov aveva deciso di tornare dal suo allenatore Martin Jol, con cui aveva lavorato al Tottenham, e con cui voleva nuovamente lavorare. Nel comunicato ufficiale che presentava il giocatore, apparso già nella tarda serata del 29 agosto, lo stesso Jol irrise quasi gli avversari rimasti a bocca asciutta, dicendosi fiero di “aver convinto il giocatore a venire qui visto il grande interesse degli altri club”.

Dimitar Berbatov Fulham EPL, 14 Sept 2013Gettyimages

In seguito Berbatov farà chiarezza sulla sua decisione, spiegando che la scelta di non approdare in Serie A è stata presa anche per questioni familiari e linguistiche.

“Avevo offerte da Juve e Fiorentina, ma dopo tanti anni in Inghilterra volevo restarci e non imparare una nuova lingua, nuovi metodi e un gioco diverso. Non avevo l’accordo con la Fiorentina, non ho mai dato risposte positive, non ho detto sì a nessuno. Forse abbiamo creato un po’ di confusione con l’agente, e questo è stato un nostro errore. Quando Jol mi ha chiamato, ho deciso di giocare per la sua squadra. Ho preso una decisione per il bene della mia famiglia. Non mi interessa ciò che dicono di me in Italia”.

Berbatov al Fulham sarebbe durato un anno e mezzo, prima di spostarsi al Monaco, poi chiudere con una parentesi in Grecia al PAOK e infine in India, al Kerala Blasters, senza lasciare una grande traccia. Fino a decidere per il ritiro nel 2018. Stavolta, senza dietrofront…

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