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Un Pocho 'scugnizzo': la storia d'amore tra Lavezzi e Napoli

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Estate 2007, il Napoli sta tornando. In città c'è un'aria di festa, leggera, gli azzurri sono di nuovo in Serie A dopo la B, il fallimento e la rinascita dalla C. Aurelio De Laurentiis si affida alle competenze di Pierpaolo Marino, che senza svenarsi prosegue nel processo di ricostruzione individuando rinforzi per Edy Reja. Il peso offensivo va aumentato, così l'allora dg (oggi all'Udinese) pesca in Argentina: a Napoli arriva un certo Ezequiel Lavezzi, detto Pocho.

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"Quando ero bambino avevo un cane che si chiamava Pocholo - spiega sul proprio sito - Quando se ne andò, mio fratello ed il suo migliore amico cominciarono a chiamarmi con quel nome perché rompevo le scatole come lui. Da quel momento la gente della mia città, Villa Gobernador Galvez, cominciò a chiamarmi Pocholo, finchè in Nazionale Under 20 incontrai un vecchio compagno della mia stessa città che, conoscendo il mio soprannome, cominciò a chiamarmi Pocholo davanti a tutti i compagni. I ragazzi dello spogliatoio abbreviarono Pocholo in Pocho e da quel momento questo è il mio nome, il mio marchio".

Lo vedi e non sai come inquadrarlo: fisico robusto, pluritatuato, capigliatura folta e in disuso, giacca e camicia indossate quasi per caso. Il 16 luglio 2007 Lavezzi viene presentato alla stampa con Marek Hamsik, altra scommessa di Marino.

"Rimasi perplesso - rivela Reja parlando a 'Radio Kiss Kiss' e a 'Il Mattino' - L'argentino era più largo che alto. Era 83 chili, gli dissi ma dove vai conciato così? Mi rispose 'Mister non ti preoccupare che tra un mese sto in forma'".

A Castel Volturno, all'esterno dell'hotel dove si svolge la conferenza dei nuovi acquisti, i tifosi contestano la società: 'Finora solo illusioni, adesso fuori i milioni', senza immaginare cosa sarebbero diventati quei due ragazzotti per Napoli e per il Napoli. Su Lavezzi avrebbero scommesso in pochi, ma il Pocho la terza chance per farsi conoscere in Italia non può sprecarla. Già, perchè una digressione è necessaria: inizia tutto con la... Fermana.

"Avevo 15 anni. Fu un periodo strano e particolare. Mio fratello mi "spingeva" dicendo che dovevo assolutamente giocare a calcio, viste le mie qualità. Mia madre invece voleva farmi studiare o lavorare, per aiutare la famiglia. Dopo 5 mesi nel Coronel Aguirre il mio procuratore mi portò in Italia, alla Fermana, ma per problemi burocratici legati al passaporto da extracomunitario, dovetti abbandonare quasi subito l'esperienza in Italia e tornare in Argentina nelle giovanili del Boca Juniors. L'esperienza lì fu breve e problematica. Non riuscii ad integrarmi e decisi di abbandonare il calcio per la seconda volta nella mia vita ad appenna 16 anni: tornai nella mia città e mi misi a fare l'elettricista, aiutando mio fratello".

Passa un po' di tempo e su Lavezzi punta il Genoa, che nel 2004 lo ammira fare zig-zag tra gli avversari con addosso la maglia del San Lorenzo: ma anche qui, tra incastri venuti male e retrocessione d'ufficio del Grifone, il Pocho torna da dov'è partito. A 22 anni l'occasione creata da Marino, che con l'ok di ADL corrisponde al club di Almagro un assegno da 6 milioni.

"Sono molto contento di essere un giocatore del Napoli. Quando ho saputo che il club mi voleva, è stata una grandissima emozione - le parole di Lavezzi durante la presentazione - Spero di raggiungere quanto prima l'intesa con i nuovi compagni. Mi sono sentito con alcuni giocatori, tra cui il Pampa Sosa, per conoscere i segreti del calcio italiano. Spero di poter giocare non importa in che ruolo o in che modulo".

"Ciò che conta di più è fare goal. Se c'e' un compagno meglio posizionato per segnare, io passo il pallone poichè l’importante è vincere e non chi segna, nel calcio bisogna essere 'uno per tutti e tutti per uno'. Spero di segnare reti importanti".

Sul Pocho garantisce Marino, che prende di petto lo scetticismo della piazza.

"Lavezzi ha vinto lo scudetto in Argentina con Ramon Diaz nel San Lorenzo, una squadra che non vince tutti gli anni e questo credo che sia la sua migliore presentazione, senza considerare che lo abbiamo strappate a squadre dal calibro del Boca e del River".

I dubbi sulla tenuta fisica dell'argentino aumentano vedendolo all'opera al debutto col Cesena in Coppa Italia: maglia extra-large e corporatura tozza, anche se questo non gli impedisce di partire in velocità e seminare il panico. Tra l'altro, i difensori non lo conoscono e non sanno come fermarlo. Per info chiedete al Pisa, travolto da una sua tripletta ad agosto.

Ezequiel Lavezzi Napoli Cagliari 2007Getty Images

Dalla Coppa al campionato: dopo Napoli-Cagliari 0-2 arriva Udinese-Napoli... 0-5! E' alla seconda giornata che scocca la scintilla tra il Pocho e i tifosi così come con gli addetti ai lavori, che iniziano pian piano a ricredersi. Un goal, un assist e scorribande che fanno ammattire i friulani: in molti, pensano che i dubbi possano tramutarsi in entusiasmo.

Dietro quell'aspetto timido e schivo si nasconde una sfrontatezza mostrata col pallone tra i piedi, perchè il Pocho col passare dei weekend si prende Partenope: la gente lo vede buttarsi dentro senza paura, tra falli subiti, dribbling e cartellini a gogo sventolati a chi tentasse di contenerlo. Spavaldo, quasi di gomma: Lavezzi diventa una sorta di 'scugnizzo' che fa innamorare. Doppia cifra (11 reti) e ritorno del Napoli in Europa, seppur via Intertoto: nella rinascita azzurra, c'è molto di suo.

Le stagioni in Campania del Pocho saranno cinque, durante le quali la metamorfosi estetica accompagna i guizzi in campo: capello corto, fisico che si asciuga e un aspetto - se paragonato al suo sbarco a Capodichino - completamente rivoluzionato.

Lavezzi si carica sulle spalle Napoli e il Napoli, stringe un patto di campo con Hamsik e ne diventa certezza: i mugugni di quell'afoso giorno di luglio appaiono lontani anni luce, come se non fossero mai esistiti: Reja li alleva, li cresce come "figliocci". E quando durante la gestione Mazzarri a 'Marekiaro' e all'argentino si unisce Cavani, divenuti i tre tenori, è il panico. Col tecnico livornese Lavezzi si consacra definitivamente: tra loro c'è sintonia, il binomio si rivela vincente.

"In quegli anni l'ho fatto diventare pazzo, lo prendevo in giro per i capelli che aveva - racconta simpaticamente il Pocho a 'Sky' - Lo stimo tantissimo, ancora oggi lo sento e mi ha insegnato tanto".

L'alchimia tra Mazzarri e Lavezzi produce risultati, sprazzi di spettacolo e picchi emozionali, vedi i goal alla Juve, quello a tempo scaduto di Cagliari (virale, negli anni napoletani del sudamericano, la pallonata ad Allegri in un match giocato in Sardegna), la magica notte col Chelsea agli ottavi di Champions e il trionfo in Coppa Italia del 2012 contro Madama.

Ezequiel Lavezzi Napoli Chelsea 2012 Champions LeagueGetty ImagesEzequiel Lavezzi Napoli Juventus 2012 Coppa ItaliaGetty Images

Lavezzi si congeda da Napoli con un trofeo, ciliegina ideale per coronare un rapporto basato su lampi, passione e fedeltà: il Pocho, sotto al Vesuvio, diventa beniamino incontrastato. Un albiceleste dall'animo partenopeo, che in quel periodo riporta alla mente il feeling con Diego. Un matrimonio pulito, privo di tradimenti nelle intenzioni e confermato dai fatti, come sottolineato da Ezequiel a Gianluca Di Marzio.

"Per fortuna mi vogliono bene e anche io ne voglio tanto a loro. È un rapporto che si è creato e ancora non si è perso. Sono molto legato. Sono sempre stato sincero con loro, è stata la mia prima esperienza e mi ha fatto crescere, mi ha dato tanto soprattutto come persona. Con Napoli c'è stato un rapporto genuino, è stato quello il segreto. Mi hanno trattato come un ragazzo della città. Non sarò mai napoletano, ma ho avuto il rispetto di una piazza che mi permetteva di essere felice giocando a calcio".

Nell'estate 2012, cinque anni, 188 presenze e 48 goal dopo il suo acquisto, Lavezzi (che nel frattempo si toglie soddisfazioni anche in Nazionale disputando Mondiali e Copa America) dice sì al PSG. La decisione di cambiare aria, paradossalmente, è legata all'amore di Napoli ormai difficile da gestire.

"Ci siamo messi d'accordo prima dell'ultimo anno, avevo bisogno di prendere un po' d'aria. Avevo mio figlio piccolo e ricordo che dovevo stare chiuso in casa con lui. Anche quando in Francia portavamo il cane a passeggio gli chiedevo se gli piaceva più Napoli e Parigi, lui mi rispondeva 'Napoli, però qui possiamo passeggiare'".

Il trasferimento Oltralpe non azzera però i sentimenti del popolo azzurro nei confronti del Pocho. Lo dimostra quanto accade nel 2014, quando il PSG sfida il Napoli di Benitez in amichevole a Fuorigrotta: per l'argentino, cori e applausi.

"Fu una sensazione bellissima. Sono tornato non sapendo cosa potesse accadere, ma la gente mi ha mostrato grande affetto".

PS Lavezzi-Napoli

Gratitudine reciproca, tanto che nel 2016 Lavezzi, al passo d'addio col Paris, non dimentica e rifiuta un ritorno in Italia.

"Quando sono andato via da Napoli ho detto che non avrei giocato in nessun'altra squadra, sono troppo legato a quella maglia e lì ho fatto la storia, non avrei mai potuto giocare in un altro club di Serie A. Alla Juventus non sarei mai andato. Inter? Ho scelto di non andare, ma di trasferirmi in Cina".

Gli anni all'Hebei rappresentano il sipario sul Lavezzi giocatore, ritiratosi nel 2019 e che ancora spera di congedarsi dal mondo del pallone nella città che lo ha adottato.

"La mia idea era di fare una partita d'addio a Napoli. Ora non c'è la gente, quindi vorrei farla con il pubblico. Non so cosa accadrà, ma quella era la mia volontà".

Detto fatto: il Comune accoglie l'input del Pocho e, attraverso le parole a 'Radio Kiss Kiss' dell'assessore allo Sport Ciro Borriello, ne asseconda il desiderio.

"Daremo senza problemi lo stadio 'Maradona' a Lavezzi per organizzare il suo addio al calcio giocato".

Per chi ha rialzato il Napoli, le porte sono spalancate.

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