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La rivincita di Pioli: dallo 0-5 e Rangnick allo Scudetto, senza fretta ma senza sosta

La classe operaia va in paradiso. Sacrifici, sudore e tanto lavoro per scalare una montagna fino alla vetta. Oggi Stefano Pioli si gode meritatamente il panorama: è campione d’Italia.

Un percorso iniziato da lontano, esattamente il 9 ottobre 2019, quando il tecnico di Parma è subentrato a Marco Giampaolo sulla panchina del Milan.

"Come raggiungere un traguardo? Senza fretta ma senza sosta".

La massima di Johann Wolfgang Goethe sintetizza perfettamente i 31 mesi di Pioli alla guida del club rossonero. Arrivato tra il malcontento della piazza, che gli preferiva Luciano Spalletti nemmeno troppo velatamente con l'hashtag #Pioliout a popolare i social network, Pioli ha saputo ricompattare un ambiente lacerato da anni difficili sotto il profilo sportivo e societario - con un continuo viavai di dirigenti, allenatori e giocatori - e costruire il trionfo di oggi passo dopo passo.

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Prima la qualificazione in Europa League al termine della stagione 2019/2020; poi il ritorno in Champions League - dopo sette lunghi anni di attesa - in questa stagione grazie al secondo posto dell'ultimo campionato; infine lo Scudetto. Ora il Diavolo torna a sedersi sul trono d'Italia e guardare tutti dall'alto in basso: il diciannovesimo titolo della storia è realtà e porta la firma soprattutto di Stefano Pioli.

L’allenatore di Parma è riuscito a costruire pezzo dopo pezzo un traguardo che al momento del suo arrivo sembrava irraggiungibile. Nel percorso non sono mancate brusche cadute e momenti bui, che però non hanno scalfito le certezze di un tecnico che ha sempre portato avanti i suoi principi senza mai tradirli.

Dall'Atalanta all'Atalanta. Un segno del destino. Forse una casualità, probabilmente no. Il cerchio del Milan targato Pioli si è chiuso: dallo 0-5 al passo decisivo verso lo Scudetto, una settimana fa. Proprio contro i bergamaschi, i rossoneri hanno subito il 22 dicembre 2019 una delle sconfitte più pesanti della gestione Pioli e della storia ultracentenaria (l'ultima con lo stesso risultato è arrivata nel 1998 contro la Roma, 24 anni fa). Un match mai in discussione e un risultato che non ammette repliche.

"È tutta colpa nostra, l’Atalanta ha tanta qualità ma la sconfitta è anche figlia dei nostri demeriti, il Milan non può essere questo - aveva dichiarato l’allenatore al termine del match -. La partita andava gestita in maniera diversa, siamo entrati in campo con poca lucidità e in queste partite se sbagli l’approccio… e noi abbiamo sbagliato contro una squadra che per intensità e impeto non è seconda a nessuno. Insomma, la prestazione è stata gravemente insufficiente".

La partita del Gewiss Stadium ha fatto da spartiacque al Milan della gestione Pioli. Di lì a poche settimane, nel mercato di gennaio la squadra cambia pelle con l'arrivo di Kjaer, Saelemaekers e Ibrahimovic e gli addii di Suso e Piatek.

875 giorni dopo, il Milan ritrova l'Atalanta ma questa volta a festeggiare è il Diavolo. Undici anni dopo, i rossoneri tornano ad essere campioni d'Italia. Due momenti completamente opposti. Certamente il punto più basso e quello più alto sotto la guida dell'allenatore emiliano.

La rivincita personale di Stefano Pioli. Dalle parti di viale Aldo Rossi, il 56enne allenatore ha trovato l'ambiente ideale in cui poter lavorare e sviluppare le sue idee, oltre a un gruppo che ne ha apprezzato ed evidenziato fin dal suo arrivo le qualità umane. Sempre dalla sua parte, credendo nel suo lavoro e nei suoi principi.

Condizioni ideali che il tecnico di Parma non era riuscito a trovare nelle esperienze precedenti alla guida di Lazio, Inter e Fiorentina. All'ombra del Colosseo riporta i biancocelesti sul podio della Serie A e ai preliminari di Champions League ma un mercato molto deludente non lo aiuta: l'eliminazione contro il Bayer Leverkusen peserà, così come la finale di Coppa Italia persa l'anno prima contro la Juventus, fino all'esonero dopo un derby perso malamente. Chiamato dall'Inter nel novembre 2016 per sostituire Frank De Boer, Pioli risale la classifica e fa registrare una serie di nove vittorie di fila tra campionato, Europa League e Coppa Italia. In primavera, però, a pochi turni dal termine lo spogliatoio lo abbandona e costringe la società a esonerarlo. L'esperienza alla Fiorentina, invece, è segnata profondamente dalla scomparsa del capitano Davide Astori. Un momento - che il tecnico si è tatuato sulla sua pelle - in cui Pioli ha dimostrato il suo spessore umano e la sua personalità d'altissimo livello, prima dell'addio per dissapori con la società nella seconda stagione con le dimissioni del tecnico.

L'occasione chiamata Milan è di quelle da cogliere al volo per Pioli. Una chance da non fallire per consacrarsi definitivamente e dimostrare a chi non aveva avuto fiducia in lui di aver sbagliato.

Il Diavolo e il suo allenatore oggi si godono un trionfo meritato. Eppure meno di 24 mesi fa il matrimonio tra i rossoneri e Pioli sembrava essere giunto ai titoli di coda. L'arrivo sulla panchina del Milan di Ralf Rangnick nell'estate 2020 era molto più di un'ipotesi. Uno scenario concreto in via di realizzazione. Per l'addio di Pioli era solo una questione di tempo: sembrava tutto già deciso e studiato nei minimi dettagli.

Un scossa per dare internazionalità al progetto di Elliott e una scommessa da fare per portare un nuovo metodo di lavoro - già collaudato - in Italia. Per lo stato maggiore rossonero Rangnick era il nome giusto per rilanciare il Diavolo.

Ma in una calda sera d'estate, nel bel mezzo di una sfida al 'Mapei Stadium' di Reggio Emilia contro il Sassuolo, arrivano come un fulmine al ciel sereno le dichiarazioni ai media tedeschi del consulente dell'allenatore, Marc Kosicke, che annuncia il mancato arrivo all'ombra della Madonnina.

"AC Milan e Ralf Rangnick hanno concordato che non è il momento giusto per una collaborazione. Per questo motivo, e tenuto conto dello sviluppo positivo e dei risultati ottenuti con Pioli, si è deciso insieme che Ralf Rangnick non assumerà alcuna funzione nell'AC Milan".

La formazione rossonera conquista tre punti con il successo per 2-1 e al termine del match arriva la nota ufficiale del club, che comunica la permanenza di Pioli:

"AC Milan annuncia di aver raggiunto un accordo con Stefano Pioli per l’estensione di due anni del suo contratto come allenatore della prima squadra maschile, che pertanto scadrà a fine giugno 2022. Stefano è approdato alla guida tecnica del Milan nell’ottobre 2019 con un accordo fino al termine della stagione. Ha saputo gestire brillantemente sia il blocco dovuto alla pandemia da Covid-19 che il riavvio della stagione in corso, con un approccio concreto e positivo, facendo crescere tutta la squadra".

Obiettivo raggiunto per Stefano Pioli, che grazie al lavoro e alla coesione dello spogliatoio riesce a guadagnarsi la fiducia e la conferma della proprietà.

"Stefano Pioli è diventato il nostro allenatore in un momento molto difficile - ha dichiarato Paolo Maldini, direttore dell'area tecnica -. Abbiamo sempre sostenuto che ci sarebbe voluto del tempo per vedere i risultati del suo lavoro e abbiamo avuto la conferma che la qualità e la professionalità pagano sempre. Stefano è l'uomo giusto per guidarla squadra che vogliamo: una squadra di successo, giovane e affamata di vittorie".

Fanno eco quelle d'amministratore delegato Ivan Gazidis.

"Non è una decisione basata sulle recenti vittorie, ma sul modo in cui Stefano ha costruito spirito di squadra e unità di intenti, il modo in cui ha migliorato le prestazioni dei singoli giocatori e del collettivo, il modo in cui ha fatto sua la nostra visione, e su come trasferisce la sua personalità e i valori del nostro club. Sono molto felice per questo accordo. Stefano ha dimostrato di essere in grado di offrire quella visione del calcio che pensiamo e vogliamo per il nostro club, un calcio entusiasmante, moderno e appassionato".

Per uno strano scherzo del destino, Pioli ha conquistato lo Scudetto proprio al 'Mapei Stadium' di Reggio Emilia, 670 giorni dopo quel 21 luglio 2020 in cui la sua strada e quella del Milan erano destinate a dividersi prima di un improvviso dietrofront. Una scelta che ha pagato la società, che oggi si gode i frutti del lavoro dell'allenatore emiliano.

La conferma dello straordinario lavoro di Stefano Pioli sta nei numeri. Il 56enne di Parma sta viaggiando a un ritmo impressionante da quando è alla guida del Milan, scalzando mostri sacri del club rossonero come Nereo Rocco, Arrigo Sacchi e Carlo Ancelotti. Tecnici che hanno scritto la storia del Diavolo a suon di trofei conquistati.

Con 1.97, Pioli ha la seconda media punti più alta di sempre, dietro solo a Fabio Capello. Un dato incredibile che testimonia il percorso eccellente in questi 31 mesi alla guida dei rossoneri.

Il tecnico di Parma ha creato la giusta alchimia all’interno dello spogliatoio. Un gruppo plasmato grazie a una gestione perfetta dei singoli nei momenti di difficoltà, come nel caso di Kessié o l'alternanza Ibrahimovic-Giroud, tenendoli sulla corda e riproponendoli al momento giusto, oltre ad isolarli rispetto all'umore della piazza.

Tra i meriti di Pioli c'è senza dubbio quello di aver costruito una squadra capace di adattare e cambiare in corsa, oltre ad avere calciatori in grado di giocare in vari ruoli.

In alcune occasione, l'allenatore rossonero ha variato il suo 4-2-3-1, trasformandolo in 4-3-3 per rinforzare il centrocampo e aumentare la densità nella parte nevralgica, come nel caso della sfida vinta al ‘Maradona’ di Napoli. Pioli ha dimostrato, inoltre, di non aver paura nel fare esperimenti tattici, che molto spesso lo hanno ripagato: dai lanci di Maignan, riscoperto regista arretrato, ai tagli dei terzini verso l'interno del campo, come nel caso di Theo Hernandez, fino a Krunic e Kessié trequartisti (l'ivoriano decisivo a Empoli) o l'ultima intuizione di Tonali mezzala, con l'ex Brescia decisivo nelle sfide delicatissime contro Lazio e Verona.

"Pioli is on fire".

I tifosi lo esaltano, l'allenatore di Parma può esultare e godersi il suo primo trofeo in panchina. Dall’Atalanta all’Atalanta, da Reggio Emilia a Reggio Emilia. Il cerchio si è chiuso con lo Scudetto, il giusto premio per chi ha lavorato sempre in silenzio ma con un obiettivo ben fissato. Senza fretta ma senza sosta.

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