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2017-04-14-inter-pioli(C)Getty Images

Quando Pioli allenava l'Inter: un sogno senza lieto fine

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Il trionfo di Stefano Pioli. Un interista che trionfa col Milan, che salta coi tifosi, convertito al 100% alla fede rossonera. Così come è stato convertito chi non credeva in lui, nelle sue capacità di guidare una grande. La gente voleva Luciano Spalletti, il #Pioliout spopolava sui social, pareva l'ennesima scelta al buio. Allenatore di secondo piano, lo definivano. E pure nerazzurro, come se non bastasse.

Meglio precisare: se la prima osservazione è da considerarsi naturalmente soggettiva, la seconda trova ampi riscontri nella realtà. Perché Pioli l'Inter l'ha amata davvero. E l'ha pure allenata, un'esperienza breve ma intensa. 2016/17, dopo Frank de Boer e prima dello stesso Spalletti. Un sogno realizzato, come dichiarava all'epoca l'attuale condottiero del Milan.

"Sì, è vero. Sono cresciuto con i colori nerazzurri, con quel coro: 'con Beccalossi e Pasinato vinceremo il campionato'. Anche se poi la mia professione mi ha portato da altre parti, la fede rimane. E anche la mia famiglia è interista".

Il Pioli versione Inter viene ufficializzato l'8 novembre del 2016. I nerazzurri languono nella parte medio-bassa della classifica dopo il ko in casa della Sampdoria, costato il posto a de Boer, e il faticosissimo 3-0 contro il Crotone, piegato solo nel finale con Stefano Vecchi tecnico ad interim. Nel mezzo un'altra delusione, stavolta in Europa, per mano del Southampton, vincente in rimonta anche grazie a una rete di Virgil van Dijk.

L'esordio è proprio contro il Milan, nel derby. Come dire che, quando il destino ne ha voglia, riesce a disegnare storie discretamente bizzarre. Finisce 2-2, con Perisic che proprio agli sgoccioli cancella la doppietta di Suso. La prima è salva. E Pioli, cravatta nerazzurra seminascosta sotto un elegante maglioncino e l'entusiasmo di un ragazzino al luna park, al fischio finale fa festa come se avesse vinto la Champions League. Ne ha ben donde.

Stefano Pioli, Gabigol, Inter, Serie A, 11/20/2016Getty Images

Trovare la retta via non è semplice, però. E l'Inter se ne accorge pochi giorni dopo, quando incappa in una delle più grosse figuracce della propria storia recente: da 2-0 a 2-3 contro gli israeliani dell'Hapoel Be'er Sheva in Europa League. Nonostante uno 0-3 incassato a Napoli, le cose pian piano si sistemano grazie alla serenità del tecnico parmense e a qualche modifica tattica, come il passaggio dal 4-3-3 di de Boer al 4-2-3-1.

Dall'8 dicembre 2016 al 28 gennaio 2017, l'Inter le vince tutte. 7 di fila in campionato, 9 comprendendo anche la Coppa Italia e l'Europa League. Il terzo posto, una chimera dopo il pessimo avvio di campionato con de Boer, torna a essere possibile. Tanto che a febbraio, giusto per far capire l'aria che tira, Pioli fa appiccicare sui vetri della palestra di Appiano Gentile un cartello formato tabella in vista del rush finale:"Champions? 15 partite, 13 vittorie. Per noi nulla è impossibile!".

Inter tabellaInter.it

"Se Pioli fosse arrivato prima forse avremmo qualche punto in più in classifica - raccontava ai tempi Samir Handanovic alla 'Gazzetta dello Sport' - Il mister è arrivato subito molto carico. Si capiva che conosceva già bene ogni caratteristica dei giocatori che avrebbe allenato. D’incanto abbiamo iniziato a ragionare con una sola testa e lì è cambiato l’atteggiamento generale. Abbiamo lavorato meglio e di più. Il mister è convinto di avere in mano un’ottima squadra che finora ha fatto poco rispetto al reale valore".

In realtà, anche se nessuno può ancora sospettarlo, è in quel momento che l'Inter comincia inesorabilmente a sfaldarsi. I progetti di Pioli e l'entusiasmo di Handanovic iniziano a crollare, settimana dopo settimana, domenica dopo domenica, fino a lasciare solo macerie. La prima picconata la infligge uno strepitoso Radja Nainggolan, autore di una doppietta nel 3-1 della Roma a San Siro. C'è ancora spazio per un debordante 7-1 all'Atalanta a metà marzo, con triplette di Icardi e Banega. Poi, all'improvviso, cala il buio.

Quella contro la Dea è la quarta delle 13 vittorie calcolate da Pioli, ma per un bel pezzo rimarrà anche l'ultima. Fino alla terzultima di campionato, l'Inter non vince più. Ne pareggia un paio, si fa dolorosamente raggiungere da Zapata nel celeberrimo derby agguantato dal Milan al 97', e in mezzo perde un po' contro chiunque: Sampdoria, Crotone, Fiorentina, Napoli, Genoa, Sassuolo. Una débâcle.

Troppo anche per la dirigenza dell'Inter, che il 10 maggio, tre giorni dopo il ko contro il Genoa e a tre giornate dalla conclusione del campionato, decide sorprendentemente di sollevare Pioli dall'incarico. "L'Inter ringrazia Stefano ed i suoi collaboratori per la dedizione ed il duro lavoro svolto per il club durante gli ultimi sei mesi di quella che si è rivelata una stagione difficile", recita il comunicato nerazzurro. In tanti storcono il naso, reputando Pioli il meno colpevole tra i colpevoli, ma tant'è: la decisione è presa.

Ancora con Vecchi in panchina l'Inter chiude settima, un punto sotto il Milan, per poi consegnarsi tra le braccia di Spalletti. Pioli, invece, trova immediatamente un'altra squadra: la Fiorentina. E alla prima giornata della stagione successiva, quando torna da avversario a San Siro, riceve un lungo applauso dal tifo interista, che evidentemente non ha dimenticato il suo impegno e i suoi sforzi. Con tanto di lungo striscione esposto in Curva Nord:

"Grazie mister Pioli, unico vero interista della scorsa stagione".

L'interista che oggi trionfa sulla panchina del Milan, evidentemente, ha altri piani e altri progetti. La fede si potrà anche non scordare, ma ormai il passato ha lasciato il posto e al presente. I colori nerazzurri sono stati sostituiti da quelli rossoneri. E l'immagine di Pioli che salta assieme ai tifosi al Mapei Stadium, e che ai tifosi disegna un cuoricino con le mani, è la più adeguata per raccontare la trasformazione.

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