Joachim BjorklundGetty Images

Joachim Björklund, dal Vicenza al no alla Juventus: "Era moralmente scorretto"

Stoccolma, aprile 2020. I riflettori si accendono improvvisamente sugli allenamenti dell'Hammarby Idrottsförening, o più semplicemente Hammarby, club svedese di livello medio-basso che nel corso della propria storia ha vinto il campionato appena una volta. C'è un ospite illustre, Zlatan Ibrahimovic, che in attesa di capire l'evolversi dell'emergenza COVID-19 in Italia ha deciso di rimanere per qualche altra settimana in patria. Il club biancoverde, di cui è co-proprietario, gli ha dato ospitalità e un allenamento è stato addirittura trasmesso in streaming, giusto per far capire la portata (enorme) della sua presenza.

Non molti, tra gli appassionati italiani che hanno deciso di dare una sbirciata ai movimenti svedesi di Ibra, hanno notato un'altra figura piuttosto nota al nostro calcio, ma al contempo sepolta dalla polvere della modernità. Si chiama Joachim Björklund, vice di Stefan Billborn che oggi ha 53 anni e ha seguito lo stesso Billborn in Norvegia al Sarpsborg. Ma i più attenti lo ricorderanno in un'altra città e con un'altra maglia: quella bianca e rossa del Vicenza, indossata per una sola stagione (1995/96), sufficiente però per inserirlo nella storia recente del club veneto.

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Marcelo Otero, Gustavo Mendez e lui. Il trittico straniero delle meraviglie. Due arrivano dall'Uruguay, il terzo dal Brann, formazione norvegese in cui Björklund ha militato per un paio di stagioni. Funzionano tutti, in quella stagione. Funziona Otero, che diventa ben presto un beniamino locale (e non solo), ma funzionano anche gli altri due. Joachim viene pagato dal Vicenza meno di due miliardi delle vecchie lire, un bell'affare. Fa lo stopper e forma una coppia ben assortita con Giovanni Lopez, capitano storico. Non soffre l'impatto con la Serie A, si fa valere coi suoi modi ruvidi, colleziona 33 presenze e aiuta il Vicenza a chiudere al nono posto, da neopromossa, dopo aver addirittura accarezzato il sogno di entrare in UEFA.

A Vicenza, però, Björklund balla una sola stagione. Nel 1996 gli scozzesi dei Rangers arrivano e se lo portano via. Gli almanacchi raccontano che la carriera dello svedese si snoderà in seguito tra Liga (Valencia), Premier League (Sunderland e Wolves) e un'altra spruzzata di A, a Venezia nel 1999/2000, in panchina un giovane Luciano Spalletti: annata negativa, chiusa con la retrocessione in Serie B dopo le magie recobiane di un anno prima.

Joachim BjorklundGetty

Gli almanacchi, però, non raccontano che in quel '96 in cui Björklund lascia l'Italia per la Scozia, il suo destino potrebbe essere ben diverso: la Juventus, campione d'Europa in carica e destinata ben presto a salire sul tetto del Mondo a Tokyo, arriva a mettergli concretamente gli occhi addosso. I bianconeri si interessano a quel centralone di 24 anni. Ci parlano, provano a sedurlo. Ma lui, alla fine, rifiuta. Non senza un pizzico di risentimento nei confronti della Signora.

“Ero reduce da una stagione con il Vicenza. Nella mia prima annata in Serie A mi ero comportato abbastanza bene e ciò attirato l'interesse di molti club italiani. La Juve, in particolare, ci stava provando in maniera concreta. Mi fecero un'offerta, trovammo un accordo, poi però mi dissero che volevano che andassi in scadenza con il Vicenza per prendermi a parametro zero alla fine della stagione successiva. Non mi sembrava giusto. Era moralmente scorretto nei confronti del Vicenza, il club che mi aveva dato l'opportunità di giocare in Italia. Se fossi andato via, volevo che qualcosa entrasse nelle loro casse. E poi, anche se avevo un accordo con la Juventus, chi lo sa cosa sarebbe potuto accadere la stagione successiva? E se mi fossi infortunato? La Juventus mi avrebbe preso comunque?”.

Sta di fatto che l'affare sfuma sul più bello. Björklund dice di no alla Juventus e preferisce andarsene ai Rangers, che il Vicenza lo pagano, eccome: cinque miliardi, più del doppio di quanto speso un anno prima dai veneti. “E con quei soldi ci siamo presi in definitivo Ambrosetti e Sartor”, gongola all'epoca il direttore generale Sergio Gasparin. E a gongolare è anche lo svedese, che al suo primo – e unico – anno in Scozia vince il campionato.

Björklund riappare in A qualche anno dopo, come detto, a Venezia, ma in Laguna affonda assieme al resto della squadra. E torna a far parlare di sé una ventina d'anni più tardi, quando – da vice allenatore dell'Hammarby, appunto – dà la propria visione delle cose su un possibile ritorno in patria del centravanti svedese, prossimo alla conclusione del proprio contratto.

“Cosa potrebbe fare Ibra all'Hammarby? Di tutto. Ma non credo sia un'opzione al momento. So che ci sono molte persone che sognano di vederlo con questa maglia, ma la decisione sarà sua e solo sua. Se volesse venire qui sarebbe più che benvenuto”.

Come cantava Bobby Solo, è stato bello sognare. Ibrahimovic rinnova col Milan e l'illusione dell'Hammarby rimane tale. Lui, Björklund, dalla Svezia si è trasferito in Norvegia al Sarpsborg. Ma non ha mai dimenticato l'esperienza, breve ma zeppa di soddisfazioni, di Vicenza. Tanto che qualche anno fa si è fatto vedere in città assieme alla famiglia e al figlio Kalle, a cui ha comprato una maglia biancorossa in un negozio del centro. Tutto immortalato dalla stampa locale.

A proposito di Björklund junior (Kalle): è un calciatore come papà ed ora milita nel Vasalunds, dopo aver giocato proprio nell'Hammarby e un'esperienza all'IFK Stocksund e nelle giovanili del Valencia, città dov'è nato ai tempi dell'esperienza spagnola di Joachim. Compirà 25 anni a fine maggio ed è nel giro delle nazionali giovanili svedesi. Un possibile degno erede del centrale che ebbe il coraggio di dire di no alla magna Juve.

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