CINESINHO HDGOAL

"Cinesinho", il campione umile venuto dal Brasile: l'idolo del Cibali con uno Scudetto alla Juventus

"Il mio riflesso è il tempo impiegato per direzionare il pallone. Io, come Pelè e Garrincha, ho il riflesso molto veloce. Il mio compagno smarcato riceve subito il pallone" - Sidney Colonha Cunha, detto Cinesinho.

Il baricentro basso (era alto un metro e 68 centimetri per 67 chilogrammi di peso forma), l'innata visione di gioco e i notevoli mezzi tecnici e balistici lo rendevano uno dei migliori registi prodotti dal calcio brasiliano negli anni Cinquanta del XIX secolo.

I brasiliani lo chiamano 'Cinesinho' per gli occhi a mandorla che eredita dalla madre (il padre era stato per trent'anni funzionario del Governo inglese ad Honk Hong) e il viso paffuto, che gli donano lineamenti da cinese. Dopo aver vinto in patria 3 campionati statali e un titolo brasiliano con il Palmeiras, e aver indossato la maglia del Brasile, sbarca in Italia, che diventa la sua seconda casa.

Acquistato dall'Inter, gioca un anno in prestito al Modena, per poi diventare l'idolo dei tifosi etnei al Cibali con la maglia del Catania. Su di lui punta quindi la Juventus di Heriberto Herrera, dove approda come erede di Sivori, che trascina allo Scudetto nel 1966/67 dopo la Coppa Italia conquistata nel 1964/65. Dato ormai per finito, chiude la sua avventura nella penisola vivendo una seconda giovinezza nel Lanerossi Vicenza.

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Prima di appendere gli scarpini al chiodo a 39 anni compiuti, fa in tempo anche a fare una breve esperienza negli Stati Uniti con i Cosmos e a giocare una stagione con il Nacional di San Paolo. Da allenatore ha guidato in Italia Vicenza, Foggia, Forlì e i giovanissimi del Modena, in Brasile il Palmeiras.

GLI ANNI IN BRASILE E LA NAZIONALE

La storia di Chinesinho inizia subito con un giallo relativo alla sua data di nascita: la carta d'identità riportava infatti 28 giugno 1935, mentre la Panini, che così scriveva nel suo album di figurine, 1° gennaio, e il patentino da allenatore addirittura 13 gennaio. Un vero e proprio rebus.

Certi sono l'anno, il 1935, e il luogo di nascita, Rio Grande, città di quasi 200 mila abitanti nello Stato del Rio Grande do Sul. Di sicuro, poi, nel Brasile degli anni Trenta, conosce la povertà di un Paese all'epoca ancora estremamente arretrato. L'educazione che gli viene impartita gli trasmette valori importanti, fra questi anche l'umiltà, qualità che manterrà sempre nel corso della suo percorso calcistico.

A 19 anni inizia la sua carriera da calciatore professionista con il Renner, società calcistica di Rio Grande con la quale balza subito agli onori delle cronache: il club biancorosso, che sarà sciolto appena tre anni dopo, è il primo a vincere il Campionato statale gaucho.

L'anno seguente Chinesinho passa all'Internacional de Porto Alegre, e si aggiudica il secondo Torneo statale consecutivo. La sua stella inizia dunque a brillare precocemente, tanto da portarlo nel 1956 a vestire la maglia del Brasile ai Giochi Panamericani di Città del Messico.

Fa il suo esordio nella Seleçao l'8 marzo nel successo per 2-1 dei verdeoro sui padroni di casa, ma, soprattutto, alla sua seconda presenza dà spettacolo firmando una tripletta nel roboante 7-1 contro la Costa Rica. Il regista offensivo va a segno anche nel Superclasico contro l'Argentina (2-2) e si conferma giocatore di grande qualità.

Benché non venga convocato per i Mondiali del 1958, continuerà a giocare in Nazionale fino al 1961, disputando accanto al giovane astro nascente Pelé la Copa America del 1959 (2° posto dietro l'Argentina degli 'Angeli dalla faccia sporca'), e collezionando in tutto 17 presenze e 7 goal.

Le sue prestazioni di alto profilo con il Colorado e il Brasile lo portano nel 1958, all'età di 23 anni, a spostarsi a San Paolo per entrare a far parte del forte Palmeiras, squadra dove approda con i compagni di squadra Valdir e Andrade e in cui giocano campioni come Djalma Santos, Zequinha e Julinho.

Con questi ultimi Chineshino, che conferma le sue abilità di regista avanzato, conquista nel 1959 il Campionato Paulista, terzo torneo statale della sua carriera, battendo dopo tre incontri di finale il Santos del giovanissimo Pelé, e l'anno seguente la Taça Brasil, in italiano Coppa Brasile, valida come Campionato brasiliano.

Il Palmeiras ha la meglio in semifinale sul Fluminense (0-0 in casa e 0-1 in trasferta) e in finale sconfigge nettamente il Fortaleza: successo per 3-1 nella gara di andata in trasferta, e vittoria travolgente 8-2 nel match di ritorno giocato al Pacaembu di San Paolo. Chineshino è grande protagonista di quest'ultima partita, nella quale, oltre a dettare i ritmi di gioco, si toglie la soddisfazione di firmare anche una doppietta.

L'ITALIA E LE ESPERIENZE CON MODENA E CATANIA

A 25 anni la sua popolarità in patria è sicuramente ai massimi livelli. Ma nel 1962 per la seconda volta in carriera è escluso dai convocati per i Mondiali che si disputano in Cile, e gli viene preferito Mengálvio, più giovane di lui di tre anni.

Per rilanciarsi Chineshino inizia così a guardare all'Europa come possibile approdo, e in particolare all'Italia, Paese con cui il Palmeiras ha un rapporto privilegiato e che ha già visto emigrare tanti suoi connazionali. Il Verdão fiuta l'affare e raggiunge un accordo con l'Inter di Angelo Moratti.

Il presidente del club di San Paolo, Arnaldo Tirone, ricorderà al sito ufficiale della società che "con i soldi della vendita di Cinesinho il Palmeiras acquistò 15 giocatori formando così la prima Academia", ovvero il proprio Settore giovanile.

L'idolo dei tifosi del Palmeiras, dopo 55 goal in 237 partite, attraversa dunque l'Oceano Atlantico e approda in Italia nell'estate del 1962, ma i nerazzurri hanno sotto contratto altri tre stranieri, ovvero Suarez, Jair e Hitchens, oltre all'oriundo Maschio, e decidono così di girare in prestito al Modena il nuovo arrivato. L'impatto con un calcio molto fisico come quello italiano inizialmente è problematico per il regista brasiliano, che deve saltare diverse partite per infortunio.

Ma basta una partita perché i tifosi dei Canarini lo eleggano a loro idolo: il 23 settembre 1962, infatti, Chineshino debutta in Serie A al Braglia contro il Genoa e firma il goal del pareggio della squadra guidata da Annibale Frossi allo scadere del primo tempo, dopo il vantaggio iniziale dei rossoblù con Bean. Dopo esser stato costretto a star fuori due mesi, da febbraio a marzo del 1963, il brasiliano dà un contributo fondamentale nella conquista della salvezza.

Il 5 maggio segna il suo secondo goal stagionale nel successo casalingo per 2-0 contro il Palermo e il 19, in virtù del pareggio per 0-0 a San Siro contro l'Inter, fresca campione d'Italia, gli emiliani ottengono la permanenza matematica in Serie A chiudendo poi la stagione in 11ª posizione.

A fine stagione il campione brasiliano torna all'Inter, ma è chiaro che sarà messo di nuovo sul calciomercato. 'Il Mago' cerca un centrocampista e alla fine opta per Horst Szymaniak: i milanesi lo pagano 30 milioni di Lire più il cartellino di Chinesinho, che si trasferisce dunque a titolo definitivo agli etnei.

Superate alcune difficoltà iniziali, con la maglia numero 10 rossazzurra Chinesinho si esalta e disputa due ottime stagioni, confermandosi come uno dei registi offensivi più forti della Serie A. Il suo cognome è spesso italianizzato in in 'Cinesinho' e per brevità e in tono confidenziale i tifosi, che lo eleggono a loro idolo, iniziano a chiamarlo 'Cina'.

Guidata in panchina dal tecnico Carmelo Di Bella, e in campo dal campione brasiliano, la squadra etnea si piazza per due anni consecutivi all'8° posto in classifica in Serie A. 'Cinesinho' totalizza 59 presenze e 4 goal in campionato, inoltre fornisce un grande contributo nel portare la squadra in finale di Coppa delle Alpi nel 1964, torneo che viene disputato a fine stagione.

Fra le sue vittime preferite ci sono le squadre romane: il primo goal con il Catania lo segna in Serie A alla Lazio il 5 aprile 1964 e vale un successo casalingo per 1-0. Nell'ultima giornata si ripete con una doppietta nel 4-4 in trasferta con la Roma. I giallorossi sono da lui puniti successivamente anche nella gara del Girone della Coppa delle Alpi, in cui il brasiliano realizza addirittura una tripletta (4-2 per gli etnei sui giallorossi).

Vincitore del Gruppo 1, con 2 punti in più dei giallorossi, il Catania sfida in finale il 1° luglio, allo Stadio Wankdorf, il Genoa. I liguri hanno la meglio e si impongono per 2-0. Anche nella seconda stagione siciliana l'unica rete arriva nel rotondo 4-0 del Cibali contro la Roma.

GLI ANNI D'ORO CON LA JUVENTUS DI HH2

Da eroe di provincia, il brasiliano si ritrova all'improvviso catapultato nuovamente in una big. Nell'estate del 1965 Chinesinho passa infatti alla Juventus, che nel primo calciomercato a frontiere chiuse, punta su di lui per indossare la maglia numero 10 che era stata di Omar Sivori, trasferitosi al Napoli.

Lui fa le valigie e ormai trentenne si trasferisce a Torino, affrontando la nuova avventura con lo stesso spirito di sempre, senza farsi prendere dalla paura di dover essere l'erede dell'argentino o dalla frenesia di dover dimostrare il suo valore.

"Il centrocampista - diceva - deve lasciare i nervi a casa, nel cassetto della tavola, un centrocampista nervoso non serve alla squadra, non può ragionare".

Sulla panchina bianconera siede però un duro come il tecnico paraguayano Heriberto Herrera, il fautore del 'movimiento', stile di gioco che si basa sull'atletismo estremo dei suoi interpreti. Così, quando vede per la prima volta Chinesinho, pur apprezzandone tocco di palla e visione di gioco, lo avverte: lui che ha la tendenza a prender peso dovrà dimagrire e sottoporsi a duri allenamenti.

"Nei primi tempi con la Juventus - confesserà - uscivo dall'allenamento piangendo dalla stanchezza".

Ma la cura di HH2, come veniva chiamato confidenzialmente l'allenatore bianconero dagli addetti ai lavori, per distinguerlo da Helenio Herrera, 'Il Mago' della Grande Inter, produce i suoi effetti. Il brasiliano, portato al top della condizione atletica, sale in cattedra e dipinge calcio. Il suo impatto sulla squadra è positivo fin dalla prima stagione, il 1965/66.

Il debutto assoluto avviene nella finale di Coppa Italia della stagione precedente, che si disputa il 29 agosto 1965. I bianconeri di HH2 battono 1-0 i nerazzurri Campioni del Mondo in carica e Chinesinho conquista il suo primo trofeo italiano.

Il 6 settembre 1965, a Torino, fa invece il suo esordio in Serie A con la maglia bianconera (vittoria 1-0 sul Foggia). Il brasiliano guida la squadra con esemplare disciplina tattica e quando si proietta in avanti riesce anche a farsi valere in fase di rifinitura, in un'annata che è di riavvicinamento alle posizioni di vertice per la Vecchia Signora.

Il primo goal bianconero lo segna a San Siro, il 19 dicembre, contro il Milan. La sua è la rete del provvisorio vantaggio ospite. Finché resta in campo, la Juve vince, poi però rimedia uno stiramento e deve lasciare il campo e star fermo due giornate, e arriva la rimonta rossonera per 2-1.

La Juventus, che mette insieme una serie di 12 partite consecutive senza sconfitta, arriva quinta e si qualifica per la Coppa delle Fiere, mentre 'Cina' colleziona 31 presenze e 4 goal in campionato (va a segno anche col Bologna, nuovamente col Milan e contro la Sampdoria, gare tutte coincidenti con un successo dei bianconeri) e 2 presenze nella nuova edizione della Coppa Italia.

Nel 1966/67 è confermato numero 10 titolare della squadra torinese. Chinesinho parte subito forte, e c'è anche la sua firma sulla vittoria a Bergamo contro l'Atalanta il 18 settembre 1966. Il brasiliano, oltre alla rete dell'1-0 ospite, serve l'assist per il raddoppio di Leoncini ed è il direttore d'orchestra della squadra.

Il suo pregio è fare bene le cose semplici, come a Firenze, nella terza giornata, partita che lo vede nuovamente nei panni del mattatore (1-2 per la Vecchia Signora). Il resto del campionato lo vede fornire sempre un alto rendimento. Il numero 10 si consacra come regista di valore assoluto e uomo dell'anno del campionato italiano.

Grazie alla sua classe, che lo rende capace di sapienti geometrie ma anche di far scoccare all'improvviso la scintilla offensiva, unita all'esperienza del suo compagno di reparto Del Sol, la Juventus il 1° giugno 1967 battendo 2-1 a Roma la Lazio si laurea campione d'Italia per la decima volta, ed è la seconda squadra, dopo l'Inter, superata nel rush finale, a potergi fregiare della stella sulle maglie.

Heriberto Herrera è fiero di quel ragazzo dall'aria umile, che non ha smanie da prima donna ma si mette sempre al servizio della squadra. E anche il brasiliano esprime gratitudine per il severo allenatore:

"A Heriberto debbo molto, mi ha ridato la voglia di vincere e la giovinezza. Peso meno di quando giocavo nel Palmeiras e avevo ventiquattro anni, l’allenamento che cura lui è il migliore. La Juventus gioca un bel calcio, faccio presto a mettere il pallone dove voglio, c’è sempre un compagno smarcato pronto a riceverlo".

Per Chinesinho sono 31 le presenze nel campionato dello Scudetto, con un goal, più 5 gare in Coppa Italia e 8 con 2 reti in Coppa delle Fiere. Anche in Europa il piccolo brasiliano dà spettacolo e l'8 febbraio realizza una doppietta nel 3-0 interno contro gli scozzesi del Dundee United, gara di andata degli ottavi.

Il cammino della Juventus si arresta però ai quarti, quando, fra marzo e aprile, la squadra piemontese ha la peggio nel doppio match con la Dinamo Zagabria (2-2 a Torino e k.o. per 3-0 in Jugoslavia).

Nell'estate del 1967 i tifosi juventini chiedono alla società uno sforzo economico per acquistare giocatori che consentano di puntare alla Coppa dei Campioni, ma arrivano soltanto giovani (Gigi Simoni) e rincalzi, mentre per motivi diversi fallisce l'assalto a Gigi Riva e a Gigi Meroni.

L'ossatura della squadra del 1967/68 resta pertanto la stessa dell'anno dello Scudetto. La Vecchia Signora, con Chinesinho al centro del gioco, parte bene, ed elimina Olympiacos e Rapid Bucarest. In campionato, benché non ripeta il cammino dell'anno precedente, i bianconeri si mantengono comunque nella parte alta della graduatoria, anche se non mancano i passi falsi.

A gennaio la Juve avanza in Europa superando in tre partite anche i tedeschi dell'Eintracht Braunschweig. Ma le 4 sconfitte accumulate fra febbraio e marzo in Serie A mettono in discussione tutto e i tifosi iniziano a contestare i giocatori, fra cui anche lo stesso Chinesinho, ormai trentatreenne. In Primavera però arriva la riscossa: con 6 vittorie nelle ultime 8 gare, infatti, la squadra di Heriberto Herrera chiude al 3° posto finale.

Il numero 10 brasiliano, che aveva realizzato già 2 goal nelle vittorie con Vicenza e Atalanta a dicembre e gennaio, segna probabilmente la rete più bella della sua carriera il 31 marzo 1968 contro il Napoli. Nel primo tempo l'ex Palmeiras è un difensore aggiunto, con gli azzurri intenti ad attaccare.

Ma nella ripresa Depaoli infila la retroguardia partenopea in contropiede, e segna lo 0-1. Chinesinho avanza il suo raggio d'azione e segna un goal da cineteca a Dino Zoff, calciando dai pressi della bandierina del calcio d'angolo. La traiettoria, imprendibile, si infila alle spalle del futuro capitano della Nazionale italiana, regalando lo 0-2 ai bianconeri.

In Coppa dei Campioni, invece, senza 'Il Cina', infortunato, la Juve esce nelle semifinali, eliminata dal Benfica. Sulla Vecchia Signora soffiano venti di rivoluzione, che puntualmente si realizzeranno nell'estate del 1968: anche l'avventura di Chinesinho con la Juventus si conclude dopo tre anni, con 2 titoli conquistati e un bilancio di 10 goal in 111 gare complessive, di cui 8 in 75 presenze in Serie A.

IL VICENZA E LA SECONDA GIOVINEZZA

A 33 anni molti danno per finito il regista di Rio Grande. Non così Giussi Farina, giovane e rampante presidente del Lanerossi Vicenza, che stacca un assegno da 56 milioni di Lire alla Juventus per assicurarsi il cartellino del brasiliano.

"La nostra era una strategia precisa - rivelerà il patron biancorosso - quella di prendere vecchi campioni dati per finiti, come Vinicio o Sormani, per poi rigenerarli. Quella volta toccò a Chinesinho. E, come sempre, andò benissimo".

Il brasiliano, a dispetto dell'età, è il motore della squadra veneta per 4 stagioni, di cui 3 da titolare e una come rincalzo. Il Lanerossi ottiene due ottavi e due dodicesimi posti, disputando anche la Mitropa Cup, mentre il regista di Rio Grande colleziona 105 presenze e 10 goal, dimostrando sempre di possedere la visione di gioco e la classe che lo aveva contraddistinto fin dagli anni della gioventù.

"Chinesinho - racconterà Farina - era uno a cui era impossibile non voler bene, un ragazzo d'oro. Aiutava gli altri, non era una prima donna, un vero uomo squadra e di spogliatoio. E poi non bisogna dimenticare che col pallone tra i piedi di sapeva fare. Non gli mancava neanche il senso dell'umorismo. Ricordo cosa mi disse dopo una partita persa 5-0: 'Presidente, siamo stati bravi, volevano farci il sesto ma abbiamo resistito...'. Adesso mi viene da ridere, allora la presi meno bene".

Il 1971/72 è la sua ultima stagione in Italia, ed è anche l'ultima in cui le figurine Panini si attaccano con la colla o con la cellina. Le sue presenze si riducono a 12 in campionato e 3 in Coppa Italia. Il Campione di Rio Grande ha ormai 37 anni quando è frenato dagli acciacchi di una lunga carriera. Il 28 maggio 1972 disputa la sua ultima gara di Serie A, casualmente a Torino contro la Juventus, che vince 2-0.

Ma per Chinesinho quella gara è il palcoscenico ideale per congedarsi dal calcio italiano. Di lui si racconta che sapesse fare 500 palleggi con una pallina da tennis, e che prese la decisione di dire basta quando si rese conto che non riusciva più a correre dietro ai calciatori più giovani.

Di lui si innamora calcisticamente anche il piccolo Roberto Baggio, quando Il suo addio segna un po' la fine di un'era, quella romantica del calcio italiano.

"Mio padre disse che mi avrebbe portato, per la prima volta, in uno stadio di calcio - ricorderà Roberto - . Era lo stadio Menti, a Vicenza, e faceva molto freddo. Era inverno. Un inverno così rigido da vietare a un bambino di uscire di casa. Ma per questo bambino è stato un sogno poter vedere giocare il suo idolo, l'asso Chinesinho".

L'ESPERIENZA IN PANCHINA E LA MORTE NEL 2011

Tornato in Brasile, tenta un'avventura imprenditoriale che tuttavia non ha successo. Decide allora di rimettersi gli scarpini e fa una breve apparizione nella NASL, indossando la maglia dei Cosmos di New York, che qualche anno più tardi saranno di Pelé, e vince il titolo Nordamericano.

L'anno successivo gioca ancora in patria con il Nacional, squadra di San Paolo. A 39 anni si ritira, appendendendo definitivamente gli scarpini al chiodo per intraprendere la carriera da allenatore. Torna così in Italia, chiedendo aiuto al suo vecchio presidente.

Farina gli fa fare esperienza da vice-allenatore, per poi lanciarlo in panchina nel 1975/76 quando la squadra con Scopigno alla guida si ritrova nei bassifondi della Serie B. Chinesinho gli subentra alla 21ª giornata, ma la formazione biancorossa riesce a salvarsi soltanto in extremis, cogliendo una sofferta salvezza, che arriva grazie a due goal del veterano Sormani.

"Ricordo quante parolacce mi disse alla fine del primo tempo, dopo un gol beccato da lontano contro la Sampdoria - racconta Adriano Bardin, suo ex compagno di squadra e poi suo giocatore -. Alla fine riuscimmo a rimontare e lui venne a spiegarsi: 'L'ho fatto solo per caricarti, sei stato un grande' ".

Il brasiliano allena successivamente il Foggia (1978/79) ma con i pugliesi retrocede in Serie C, mentre l'anno seguente passa sulla panchina del Forlì. Alla guida dei romagnoli fa una prima bella stagione, in cui sfiora la promozione in Serie B, e una seconda stagione negativa, che culmina con l'esonero. Tornato di nuovo in Brasile, allena nel 1985 il Palmeiras per 14 partite.

Fa nuovamente ritorno in Italia fra i Dilettanti, e guida il Bassano in Veneto. Negli anni Novanta gli viene dato l'incarico di insegnare calcio nelle Giovanili del Modena. Fra coloro che allena, nella categoria Giovanissimi, c'è anche il futuro campione del Mondo Luca Toni.

L'Italia resta sempre nel suo cuore, tanto che anche il figlio ci giocherà, senza riuscire a raggiungere mai le vette del papà. Colpito dal morbo di Alzheimer, dopo aver a lungo lottato con la malattia, Chinesinho, il campione silenzioso e umile, si spegne il 16 aprile 2011, all'età di 75 o 76 anni a seconda della data di nascita presa in considerazione. Il giorno seguente, allo Stadio Massimino di Catania, per la gara Catania-Lazio è osservato un minuto di raccoglimento in sua memoria.

Il 18 aprile si celebrano i funerali a San Leopoldo, nello Stato brasiliano di Rio Grande do Sul, e il suo corpo viene cremato. Chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare o di conoscerlo ancora oggi lo ricorda con affetto.

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