Stadio Filadelfia TorinoGetty Images

Il mito del Filadelfia: lo stadio del Grande Torino, dal degrado alla rinascita nel 2017

"Perché il Filadelfia è così speciale per i tifosi del Toro? Perché è nato da un atto d’amore": Franco Ossola Jr. a 'MondoFutbol.com'.

Ci sono luoghi, nella storia del calcio, che quando li si visita continuano a trasmettere, nonostante l'incedere inesorabile del tempo, la ferma sensazione di essere in presenza di un qualcosa di mitico e leggendario. Fra questi c'è sicuramente il Filadelfia, lo Stadio del Grande Torino, legato indissolubilmente ai successi di quella squadra straordinaria, tragicamente scomparsa a Superga il 4 maggio del 1949 e diventato in seguito il luogo del cuore e della memoria granata.

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Nei suoi anni ruggenti l'impianto, soprannominato 'La Fossa dei Leoni', arrivava a contenere 30 mila spettatori e ospitava le gare interne del Torino, che in esso conquisterà 6 dei 7 Scudetti vinti nella sua lunga storia. Quando giocavano al 'Fila', Valentino Mazzola e compagni non potevano perdere, e mai, infatti, perderanno, stabilendo un'imbattibilità leggendaria di oltre sei anni senza sconfitte interne. "Solo il Fato li vinse", e dopo la tragedia non sarà più la stessa cosa.



Caduta l'imbattibilità interna il 6 novembre 1949, nel primo Derby della Mole post Superga (1-3 per la Juventus di Boniperti), anche lo stadio teatro delle imprese di quella squadra straordinaria, per alcuni la più grande di sempre, ammirata e ricordata ad ogni latitudine del pianeta, avrà una seconda vita complicata, venendo prima trasformato nella casa delle Giovanili granata, poi lasciato al degrado e infine abbandonato.



Solo negli anni Dieci del Duemila, grazie all'opera della Fondazione omonima in collaborazione con le istituzioni locali e il Torino, il mitico Filadelfia è stato parzialmente recuperato, iniziando la sua trasformazione nel Centro Sportivo del club, che è stato inaugurato nel 2017.

Stadio Filadelfia Grande TorinoGetty Images

L'INAUGURAZIONE, LA STRUTTURA E L'AMPLIAMENTO

L'idea di uno Stadio nel Borgo Filadelfia, parte meridionale della città di Torino, viene all'illuminato Conte Enrico Marone Cinzano, imprenditore e presidente del club granata negli anni Venti del XX secolo.

Nonostante il regime fascista non abbia in grande simpatia il Torino, il presidente riesce ad accumulare il denaro necessario per la realizzazione del suo progetto grazie alla costituzione della Società Civile Campo Torino, possibile a sua volta attraverso lo sforzo economico profuso dai soci del club e dai tifosi con sottoscrizioni a fondo perduto.

Recuperati i soldi necessari, il Conte Marone Cinzano il 24 marzo 1926 presenta richiesta di concessione edilizia presso il Comune e, dopo l'accettazione, il progetto è affidato all'ingegnere Miro Gamba, docente del Politecnico di Torino. Il terreno in cui sorgerà lo Stadio è scelto per il basso costo dell'area, mentre ad occuparsi dei lavori è il commendator Riccardo Filippa.

In soli 5 mesi è terminato il primo nucleo del nuovo impianto, in grado di ospitare 15 mila spettatori: 1300 in tribuna centrale, 9500 sulle gradinate, 4000 nel parterre, mentre il resto, incluse le tribune laterali, saranno costruiti con successivi lotti. Il costo dello stadio ammonta a circa 2 milioni e mezzo di vecchie Lire, in un'epoca in cui un litro di latte costa poco più di una Lira e un chilogrammo di pane poco meno di due. Traslando l'importo ai giorni nostri, secondo gli esperti, lo Stadio Filadelfia sarebbe costato attorno ai due milioni di euro, un capolavoro di economia.

In origine il Filadelfia si estendeva in un'area di 38 mila metri quadrati delimitati da un muro perimetrale, alto due metri e mezzo. Sotto la tribuna, realizzata in legno e ghisa e costruita in 'stile Liberty', si trovavano il 'parterre', disposto su 13 file, e le gradinate in cemento. Le poltroncine della tribuna erano in legno, tutte numerate. Per quanto riguarda invece l'area esterna, la facciata era composta da mattoni rossi con colonne e grandi finestre dotate di infissi bianchi. Le varie finestre erano poi collegate tra loro da un ballatoio con la ringhiera in ferro. La struttura portante dell'edificio era stata realizzata in cemento armato mentre quella delle tribune era composta da pilastri che sostenevano una rete longitudinale di capriate trasversali in legno, su cui erano sistemati pannelli di eternit.

Il 'parterre' era formato da setti trasversali in muratura ed il sostegno della bandiera, che si trovava all'entrata, era alto sei metri circa, mentre il suo basamento era coperto da bassorilievi raffiguranti greche in 'stile Art déco'. Il terreno di gioco era regolamentare (110 metri x 70) e in erba, ed era dotato di un sistema di drenaggio. Sotto le tribune erano stati realizzati anche l'appartamento del custode, quattordici camere per i giocatori e l'arbitro, l'infermeria, la direzione ed una sala per rinfreschi. I giocatori accedevano dagli spogliatoi al campo attraverso un sottopassaggio.

A fine agosto del 1926 il quotidiano 'La Stampa' annuncia l'inaugurazione del 'Campo Torino', come veniva denominato il Filadelfia:

"Ai primi del prossimo ottobre - si legge nel giornale - verrà inaugurato un nuovo campo per il gioco del calcio: il campo del Torino Football Club. La nota e battagliera associazione sportiva lascia definitivamente l’antica pelouse di corso Sebastopoli e si trasporta nel prato che ha per confini il corso Stupinigi e il grande fabbricato della Fiat-Lingotto".

Il 16 ottobre è 'La Gazzetta del Popolo' ad annunciare il giorno seguente la cerimonia di inaugurazione del nuovo impianto:

"Domani - si legge sul quotidiano - verrà inaugurato il nuovo campo del Torino F.C. La cerimonia, alla quale la presenza delle maggiori autorità cittadine conferirà un carattere di solennità, è considerata dalla vasta famiglia sociale di uno dei più popolari e gloriosi sodalizi sportivi italiani, come una festa intima, a coronamento di un lungo sogno e di un rapido lavoro di costruzione".

L'inaugurazione avviene in occasione della 3ª giornata di campionato, che vede i granata ospitare la Fortitudo Roma. La partita si gioca il primo pomeriggio alle 14.30, sotto la direzione di Trezzi di Milano. La Madrina del campo è la principessa Maria Adelaide, mentre l’arcivescovo Gamba benedice il nuovo impianto e a dare il calcio d’inizio è il Duca d’Aosta. In campo non c'è storia, e il Torino travolge gli avversari 4-0 con doppietta di Rossetti II e di Libonatti.

Il nuovo campo di gioco porta subito bene al Torino, che vince due Scudetti consecutivi nel 1926/27 e nel 1927/28, anche se il primo sarà poi revocato per il 'caso Allemandi'.

Nell'impianto giocherà fino al 1963 (fatta eccezione per la stagione 1958/59 e per un breve periodo dopo i danneggiamenti avvenuti nel corso della Seconda Guerra Mondiale) e si allenerà fino al 1989 la Prima squadra del Torino, e dove disputeranno le gare interne la Squadra Primavera e le altre formazioni giovanili granata dal 1926 al 1993.

IL MITO DEL FILADELFIA: LA CASA DEL GRANDE TORINO

Lo Stadio Filadelfia è oggetto negli anni successivi di un ampliamento: nel 1928 viene aggiunta la biglietteria, e nel 1932 la gradinata della tribuna viene ingrandita, portando la capacità complessiva a 30 mila persone.

Intanto nel 1936 i granata vincono la Coppa Italia, mentre gli anni Quaranta sono quelli che suggellano il mito del Filadelfia con i 5 Scudetti vinti dal Grande Torino, il primo nel 1942/43 con un'altra Coppa Italia, gli altri 4 nella ripresa post bellica, inframmezzati dalla Seconda Guerra Mondiale.

Il presidente Ferruccio Novo costruisce una squadra leggendaria, che ha in Valentino Mazzola il capitano e il leader carismatico.

Per 6 anni, 9 mesi e 20 giorni (dal 31 gennaio del 1943 al 23 ottobre del 1949) e un totale di 100 partite, di cui 3 giocate dai ragazzi della Primavera subito dopo la tragedia di Superga e 4 dalla nuova squadra nel campionato successivo, i granata non conoscono sconfitte casalinghe, riportando 89 vittorie e 11 pareggi con 363 goal realizzati e 80 incassati. Di queste partite, ben 88 sono giocate al Filadelfia.

Per questo motivo 'Il Campo Torino' diventa un luogo mitico, alla pari della squadra che ci giocava. Un fortino inespugnabile per chiunque. Il pubblico, attacco alle inferriate, incute timore agli avversari, che spesso scendono in campo già intimoriti e rassegnati alla sconfitta, che, quasi inevitabilmente, sarebbe per loro arrivata.

Cadono record su record: il 10-0 inflitto all'Alessandria nel 1948 rappresenta a tutt'oggi il maggior numero di goal segnati dalla squadra granata in una gara singola. C'è poi il maggior numero di goal totali segnati in campionato: 125 in 40 incontri, record in un torneo di A a 21 squadre, stabilito nel 1947/48, con una media impressionante di 3,1 goal a partita. Capitan Mazzola ci mette poi la sua firma, segnando la tripletta più veloce di sempre della storia del club (dal 29' al 31') in un Torino-Vicenza 6-0.

Tutti primati stabiliti al Filadelfia, che all'epoca accoglieva sovente sui suoi spalti 30 mila spettatori, e di conseguenza diventa un luogo mitico, oggetto di venerazione da parte dei tifosi del Toro. Ed è proprio al 'Fila' che nasce un altro mito, quello del 'Quarto d'ora granata', un periodo di 15-20 minuti all'interno della partita in cui il Grande Torino cambiava passo, demolendo l'avversario di turno e facendo esaltare i suoi tifosi.

A volte, nonostante fosse la squadra più forte, poteva succedere che il Grande Torino trotterellasse in campo e giocasse senza eccessivo furore agonistico e senza affondare i colpi sull'avversario di turno. Allora il pubblico che affollava gli spalti del Filadelfia cominciava a rumoreggiare. E a quel punto dagli spalti si prendeva la scena Oreste Bolmida, il capostazione di Porta Nuova, che con la sua trombetta, che usava abitualmente per far partire i treni, nel silenzio degli spalti suonava tre squilli per dare la carica ai giocatori granata. In quel momento capitan Mazzola si arrotolava le maniche della maglia e nell'arco di 15-20 minuti, il Grande Torino tornava ad essere la squadra di sempre e portava a casa la partita, rimontando inesorabilmente l'avversario.

Il 'Quarto d'ora granata' e l'arrembaggio forsennato dei giocatori del Toro si vedrà in diverse occasioni nei primi anni del Dopoguerra: la prima volta nella Primavera del 1946, per poi ripetersi in varie occasioni. In trasferta a Roma, sommersa con 7 goal dopo il suono della trombetta di Bolmida, in casa contro Milan, Bologna, Vicenza, Napoli, Andrea Doria e Livorno, tutte trafitte da almeno tre goal, fatta eccezione per i toscani, a cui i granata ne rifilarono addirittura quattro.

Ma la rimonta più clamorosa fu quella inferta alla Lazio il 30 maggio 1948: i Campioni d'Italia vanno incredibilmente sotto di tre goal al Filadelfia dopo appena 22 minuti di gioco. Dopo il goal di Castigliano, che accorcia le distanze, Bolmida suona la carica con la sua tromba, e pretende una reazione. Capitan Mazzola si arrotola le maniche della maglia, e inizia un'impresa leggendaria. Il Grande Torino fra la fine del primo tempo e l'inizio della ripresa segna ben 3 goal: vanno in goal Gabetto, ancora Castigliano e infine proprio Valentino, che manda in visibilio il pubblico con la rete del 4-3 granata.

Quello che ricevevano, i grandi campioni del Torino lo ridavano poi ai giovani del vivaio, che venivano da loro incentivati e motivati ad allenarsi seriamente per ripercorrere le loro orme.

Gli anni d'oro del Filadelfia e del Grande Torino terminano in una data precisa, il 4 maggio del 1949, il giorno della Tragedia di Superga, il disastro in cui perdono la vita Bacigalupo, Aldo e Dino Ballarin, Bongiorni, Castigliano, Fadini, Gabetto, Grava, Grezar, Loik, Maroso, Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Operto, Ossola, Rigamenti e Schubert, i 18 giocatori del Grande Torino che avevano preso parte alla trasferta di Lisbona contro il Benfica. Con loro muoiono il D.g. Agnisetta, il consigliere Civalleri, il Direttore Tecnico Egri Erbstein, l'allenatore Lievesley e il massaggiatore Cortina, i tre giornalisti al seguito, ovvero Casalbore, Cavallero e Tosatti, l'organizzatore Bonaiuti e i 4 membri dell'equipaggio, fra cui il comandante Meroni.

Il 6 maggio 1949, durante i funerali di quella che per molti è stata la squadra più forte di tutti i tempi, per l'ultima volta il capostazione Oreste Bolmida suona la sua tromba per Valentino Mazzola e i suoi compagni.

Stadio Filadelfia Torino viewGetty Images

LA CESSIONE ALLA FIGC E IL DECLINO

Lo shock per la scomparsa del Grande Torino è notevole, e dopo la tragedia la storia della società granata e dello stesso Filadelfia non sarà più la stessa. L'impianto diventa per alcuni, fra cui il presidente Novo, il ricordo insostenibile di una ferita mai chiusa completamente, e, al contrario, per i giovani della Primavera e per i tifosi quasi un luogo di culto, dove ritrovare l'anima e l'essenza di quella squadra unica e irripetibile.

Novo, che durante il conflitto mondiale si era occupato della riparazione dei danneggiamenti causati dai bombardamenti americani, pensa addirittura alla possibile demolizione, ma poi cede in garanzia il Filadelfia alla Federazione Italiana Giuoco Calcio. Nel 1958/59 la Prima squadra, ribattezzata Talmone Torino per la sponsorizzazione, lascia provvisoriamente il Filadelfia per giocare le gare interne al Comunale, e curiosamente, ma non casualmente, retrocede per la prima volta nella sua gloriosa storia in Serie B. L'area attorno allo Stadio diventa residenziale e c'è un progetto di abbattimento per costruire nuovi edifici, ma il nuovo piano regolatore del 1959, dichiarando l'area 'verde pubblico', scongiura la distruzione dello storico impianto.

Così nel 1959/60 la squadra torna a giocare al Filadelfia, conquistando l'immediata promozione in Serie A. L'impianto del borgo omonimo resterà la casa del Torino fino al 1963/64, quando sarà definitivamente abbandonato per il Comunale.

L'ultima partita ufficiale nell'impianto si disputa il 19 giugno 1963 ed è la semifinale di ritorno della Mitropa Cup fra Torino e Vasas. I granata vincono 2-1, ma il successo è inutile ai fini del passaggio del turno per via della vittoria per 5-1 degli ungheresi nella gara d'andata. Precedentemente a segnare l'ultimo goal granata in Serie A al 'Fila' era stato Enzo Bearzot.

Dopo aver lasciato il Filadelfia, la Prima squadra del Torino ci giocherà successivamente appena 2 gare ufficiali. La prima l'11 dicembre 1963 contro il Varese, gara valida per il secondo turno di Coppa Italia e vinta anch'essa 2-1 dai piemontesi, la seconda e ultima il 14 giugno 1986 per la sfida del Torneo estivo contro il Pisa, che vedrà il successo dei toscani per 2-1.

A segnare l'ultima rete di un giocatore del Torino in gara ufficiale al Filadelfia sarà Giancarlo Corradini, prodotto del vivaio, che poi avrebbe vinto uno Scudetto con il Napoli di Maradona.

IL 'FILA' CASA DELLE GIOVANILI GRANATA

Abbandonato per le gare ufficiali dalla Prima squadra, che tuttavia continuerà ad allenarsi lì fino al 1989, e andrà a festeggiare lì il settimo Scudetto della sua storia, vinto nel 1975/76, il Filadelfia diventa dal 1963/64 la casa della squadra Primavera e delle Giovanili, il luogo in cui è trasmesso il DNA granata.

Ai giovani calciatori del Torino viene insegnato ad amare quel luogo intriso di storia e di leggenda, e si trasmette lo spirito e l'anima granata.

"Oggi giocate sul campo dove giocava il Grande Torino - dicono gli allenatori alle giovani promesse - , vi cambierete dove si cambiavano Maroso e Castigliano, oggi pesterete le stesse zolle pestate da Valentino Mazzola e Gabetto, c’è moltissima gente a guardarvi, è già tutto pieno, fatevi onore!".

Il culto del Grande Torino e del Filadelfia continuerà così ad essere tramandato per decenni, nonostante le condizioni strutturali dell'impianto vadano progressivamente peggiorando. Nel 1976 entra nel Settore giovanile granata il tecnico Sergio Vatta, e sotto la sua illuminata gestione, il Torino vince al Filadelfia 2 campionati Berretti, 2 campionati Primavera e 7 Coppe Italia Primavera, oltre a quattro Tornei di Viareggio conquistati nella città toscana, confermando la sua nomea di impianto portafortuna.

Nelle Giovanili del Torino e nel Filadelfia saranno formati campioni come Dino Baggio, Benito Carbone, Sandro Cois, Roberto Cravero, Diego Fuser, Gianluigi Lentini, Andrea Mandorlini, Giuseppe Pancaro, Roberto Rambaudi e Christian Vieri.

IL DISINTERESSE, IL DEGRADO E L'ABBANDONO DEFINITIVO

Già negli anni Settanta, sotto la gestione del club del presidente Orfeo Pianelli, iniziano a svilupparsi progetti per recuperare e riqualificare il vecchio impianto, ma cadranno progressivamente tutti nel vuoto.

Negli anni Ottanta il disinteresse verso la storica struttura e l'incuria portano ad un degrado sempre più accentuato della stessa, finché nel 1989, anno in cui torna sotto la proprietà del club, venendo ceduto dal presidente Federale Antonio Matarrese a quello granata Mario Gerbi dietro un simbolico pagamento di 20 milioni di Lire, lo Stadio Filadelfia cade in avanzato stato di degrado per effetto della cattiva manutenzione ed è abbandonato definitivamente dalla Prima squadra che successivamente trasferirà gli allenamenti ad Orbassano.

Ospiterà ancora per qualche anno la Primavera e le Giovanili granata, fino alla dichiarazione di inagibilità del 1993, che porrà fine al mito dello Stadio del Grande Torino, addirittura parzialmente demolito nel 1997 per il rischio di crolli.

LA RINASCITA NEL NUOVO MILLENNIO

Contemporaneamente alla fine del vecchio impianto, si susseguono però vari progetti di recupero e rinascita della struttura. Dopo diversi tentativi caduti nel vuoto, e svariati passaggi di proprietà dell'area, soprattutto grazie alla spinta dei tifosi del Torino che tengono vivo il ricordo della gloriosa struttura diventata un rudere, nel 2006 arriva la prima svolta: parte infatti il lungo iter che sfocerà nella costituzione della nuova Fondazione Stadio Filadelfia, il 28 marzo 2011 e che vedrà come attori il Comune, la Regione, il Torino Fc e le associazioni di tifosi da anni in lotta per il recupero del 'Fila'.

Quattro anni più tardi, il 2 giugno 2015 l’appalto dei lavori, suddivisi secondo il progetto in tre lotti, è assegnato alla ditta astigiana C.S. Costruzioni. Il 17 ottobre 2015, nella ricorrenza degli 89 anni dall’inaugurazione dell'impianto, il presidente della Fondazione, Cesare Salvadori, assieme al presidente granata, Urbano Cairo, e alla bandiera del Toro, Paolo Pulici, con la benedizione di don Riccardo Robella, posano la prima pietra del futuro centro sportivo.

Il progetto prevede tre fasi. La prima comprende la realizzazione di 2 campi in erba naturale riscaldati, di 5 gradinate da 2 mila posti complessivi e di una tribuna coperta da 2 000 posti, di un garage sotterraneo e degli spogliatoi per la prima squadra, la formazione primavera e gli arbitri; della palestra, della sala stampa e della foresteria per i giovani (costruiti al rustico), nonché il restauro della biglietteria storica.

Il secondo lotto prevede invece il restauro dei monconi delle curve, il completamento della sala stampa, della foresteria, del punto ristoro, delle sedi del Torino F.C. e dei 5 spogliatoi mancanti. Il terzo e ultimo lotto, infine, prevede la realizzazione del museo del Grande Torino, attualmente ubicato a Grugliasco, su via Giordano Bruno.

Il 25 maggio 2017, dopo la realizzazione dei lavori del primo lotto, c'è il taglio del nastro e la festa di oltre 50 mila visitatori, che con grande emozione partecipano alla rinascita del cuore pulsante dell'anima del Torino. La Prima squadra ha successivamente ripreso ad allenarsi in un luogo il cui valore sconfina nel mito e nella leggenda.

Anche se i problemi non mancano, e le parti successive del progetto non hanno visto per il momento ancora la loro realizzazione, il che ha comportato spesso 'l'esilio' della Primavera in altre strutture, i tifosi del Torino hanno ritrovato il luogo dove risiederà per sempre l'anima granata.

"Del vecchio 'Fila', oltre ai resti delle curve, sono rimasti la collocazione e il Toro. - ha detto Franco Ossola Jr. a 'MondoFutbol.com' - I tifosi e i giocatori dovranno ridare l’anima al Filadelfia, perché i luoghi, se abitati e vissuti, sono vivi".
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