Roberto PruzzoGetty Images

Roberto Pruzzo, 'O Rei de Crocefieschi': l'indimenticato bomber di Genoa e Roma

"Ricordo che si giocava Genoa-Lazio. Ad un certo punto Pruzzo fece un'azione così bella che mi scappò detto: 'Ma quello lì chi è? Mandrake?' " - Fulvio Bernardini, 1981

Le braccia alzate al cielo in segno di vittoria, il ghigno beffardo, sotto ai folti baffi, dopo aver sorpreso, ancora una volta, un difensore avversario, la corsa sfrenata sotto la Gradinata Nord o la Curva Sud. Momenti che, come un rito che si ripete, i tifosi di Genoa e Roma, hanno vissuto tante volte, esplodendo puntualmente in un boato, un tripudio di gioia e di festa.

Il protagonista da loro celebrato era sempre lo stesso: Roberto Pruzzo da Crocefieschi, paesino in provincia di Genova di poco più di 500 anime, professione bomber implacabile. Con la maglia giallorossa ha vinto lo storico Scudetto 1982/83 e ben 4 Coppe Italia, mentre il sogno della Coppa dei Campioni è svanito ai calci di rigore, e per tre volte (1980/81, 1981/82, 1985/86) si è laureato capocannoniere della Serie A e in un'occasione (1979/80) capocannoniere della Coppa Italia.

Con il Genoa, dove per le sue prodezze si guadagna il soprannome di 'O Rei di Crocefieschi', ha vinto un campionato di Serie B nel 1975/76, e nello stesso torneo si è laureato capocannoniere. Chiude la carriera con la Fiorentina, e in maglia viola decide uno storico spareggio UEFA contro la Roma, sua ex squadra.

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Poco fortunate le sue avventure in Nazionale, dove Bearzot gli preferirà giocatori più propensi al sacrificio per la squadra, e da allenatore.

GLI ANNI AL GENOA, FRA LACRIME E GIOIE

Nato a Crocefieschi il 1° aprile 1955 sotto il segno dell'Ariete, Roberto Pruzzo da bambino gioca a pallone per le strade del suo paese, talvolta anche scalzo, e ama tanto il dribbling.

"Dribblavo anche i pali della porta", dirà di quelli anni.

Già a 13 anni, nei tornei a sette organizzati dai Bar tra i paesi della provincia di Genova, le varie squadrette fanno a gara per ingaggiare il ragazzino. Suo zio ha un distributore di carburante a Quarto dei Mille, davanti al ristorante '7 nasi', dove va sempre a mangiare Renzo Fossati, il patron del Genoa. E ogni volta che vede il presidente rossoblù, gli rompe le scatole chiedendo che mandi qualcuno a visionare suo nipote.

Insisti oggi, insisti domani e Fossati cede e si decide a mandare Ermelindo 'Lino' Bonilauri, allenatore ed ex centrocampista del Genoa e dell’Atalanta negli anni ’30-’40. Quest'ultimo resta colpito dalle qualità del ragazzo e decide di ingaggiarlo per le Giovanili del Genoa. Pruzzo ha 15 anni.

Il suo primo maestro è un ex bomber, Riccardo Carappellese, che ne affina il tiro, insegnando al giovane Roberto a calciare di potenza nelle mini-porte. Pruzzo cresce con tutte le qualità del grande attaccante: ha un fisico ben strutturato (un metro e 80 centimetri per 77 chilogrammi di peso forma) e una grande elevazione che lo rende letale sui colpi di testa, è in possesso di una buona tecnica e impara a calciare in porta in ogni modo e da ogni posizione.

Inoltre sa farsi valere nell'uno contro uno come in acrobazia, e, soprattutto, ha un rapporto speciale con il goal. Come un segugio che fiuta la preda, Pruzzo sente in anticipo il profumo del goal. Tuttavia non crede molto in se stesso e vede il calcio come una semplice passione.

Nel 1973 il Genoa conquista la promozione in Serie A, e il presidente Fossati deve sudare le proverbiali sette camicie per convincere Roberto a firmare un accordo da giocatore professionista per aggregarsi alla Prima squadra ad appena 18 anni.

"Non pensavo di diventare un calciatore - racconterà -, giocavo per divertimento e l’idea di firmare un contratto mi convinceva poco, il presidente Fossati faticò a convincermi. Poi tutto cominciò a correre, mi trovai in prima squadra e la passione diventò un lavoro".

I rossoblù sono allenati da 'Sandokan' Silvestri, tecnico navigato che aveva già guidato squadre come il Milan e il Cagliari di Riva. All'epoca il centravanti titolare del Genoa era Antonio Bordon, ma il mister non stravedeva per lui. Quando alla vigilia della sfida di campionato con il Cesena Bordon la fa più grossa del solito, Silvestri decide di escluderlo e di dare fiducia al giovane arrivato dalla Primavera.

Il 2 dicembre 1973 Pruzzo fa così il suo esordio in Serie A. Quel giorno la punta di Crocefieschi non segna, ma da come si muove in area di rigore si capisce subito che il ragazzo ha stoffa. Il Genoa pareggia quella gara 1-1 (goal di Mariolino Corso per i rossoblù, pareggio di Toschi per i romagnoli), me nel suo complesso quella stagione è avara di gioie per Pruzzo e il Genoa.

L'attaccante chiude con 19 presenze senza goal il suo primo anno fra i grandi. Ma il tempo è galantuomo e già nella seconda stagione Pruzzo va in doppia cifra, realizzando 12 reti nel campionato di Serie B. Nel 1975/76 il suo bottino realizzativo, sotto la guida di Gigi Simoni, sale a 18 reti, che li valgono anche il titolo di capocannoniere del campionato ex aequo con Giuliano Musiello.

Per tutti i tifosi del Genoa Roberto Pruzzo diventa così 'O Rei de Crocefieschi', il Pelé rossoblù, tale è l'impatto che ha sulla squadra. Riporta il Grifone in Serie A, il centravanti sembra non accusare minimamente il salto di categoria. Va a segno ancora 18 volte, laureandosi vicecapocannoniere alle spalle di Ciccio Graziani del Torino, e la stagione 1976/77 è quella della consacrazione personale.

La prima gioia nel massimo campionato arriva il 3 ottobre 1976, curiosamente contro la Roma, quando il baffuto attaccante insacca da distanza ravvicinata, finalizzando una bella azione dei rossoblù, per il provvisiorio 2-1 (la gara finrià dopo 2-2). Grande finalizzatore (segna più reti di Pulici, di Bettega e di Giordano) e apripista per i compagni con le sponde e gli uno-due, inizia a finire nel mirino delle grandi squadre, e in particolare della Juventus, che fiuta il grande colpo.

Il Genoa, grazie alle prodezze del suo bomber, chiude il campionato al 10° posto. Il 19 marzo 1977 un suo celebre goal di testa vale la vittoria per 2-1 nel Derby della Lanterna e contribuisce a mandare in Serie B i rivali della Sampdoria.

Resta in rossoblù anche nel 1977/78, anno in cui diventa il capitano della squadra, ma che si rivela avaro di soddisfazioni per il Grifone e per il suo centravanti. I rossoblù arrivano a giocarsi la loro permanenza in Serie A nelle ultime due giornate, in cui affrontano l'Inter in casa e la Fiorentina al Comunale.

Contro i nerazzurri i liguri hanno l'opportunità di piazzare lo sprint finale. Dopo il vantaggio iniziale con Castronaro al 20', i milanesi tuttavia pareggiano con Anastasi. Ma a 4 minuti dalla fine ecco l'occasione che tutti i tifosi genoani aspettano.

Bini stende in area Damiani e l'arbitro Mattei assegna un calcio di rigore per il Genoa. Sul dischetto va lui, 'O Rei de Crocefieschi'. Pruzzo ha sui suoi piedi il rigore che darebbe la vittoria, ma , incredibilmente, batte debole e centrale, e Bordon non fa fatica a bloccare in due tempi. Un errore, quello del 30 aprile del 1978, che il bomber non si perdonerà mai.

"Io credo che se quella domenica Oscar Damiani mi avesse preso il collo e avesse tirato il rigore al mio posto, la partita sarebbe finita diversamente - afferma nel marzo 2021 ai microfoni di Telenord' -. Quindi la colpa è di Oscar Damiani (ride ndr)".
"Ho pianto per il Genoa e lo confesso ora - rivela - perchè siamo tra amici, ma è l'unica volta che ho pianto nel calcio e rimarrà sempre nel mio cuore".

A Firenze, infatti, il Genoa non va oltre lo 0-0 e in quello che rappresenta un vero e proprio spareggio ha la peggio, chiude al 14° posto e retrocede nuovamente in Serie B. Intanto le voci di una sua partenza si erano fatte sempre più forti.

"Sarei sciocco e bugiardo se le smentissi – dichiara intervistato da Enzo Tortora nel maggio del 1978 l'attaccante rossoblù – se così fosse spero d’andare in una squadra che lotta veramente per lo Scudetto".

Pruzzo colleziona 'solo' 9 reti nella sua ultima e sfortunata annata a Marassi, e nell'estate del 1978, dopo 68 goal in 163 presenze ufficiali, di cui 57 in 143 presenze in Serie A, saluta la squadra che gli ha permesso di affermarsi nel grande calcio.

Ancora oggi è 4° fra i bomber di ogni tempo del club rossoblù, alle spalle dei mitici Catto e Levratto e di Francioso, ma davanti a campioni come Tomas Skuhravy e Diego Milito.

LA ROMA: DALLE DIFFICOLTÀ ALLA CONSACRAZIONE

La corsa fra le big per il bomber di Crocefieschi vede la Juventus in vantaggio, ma alla fine a spuntarla è la Roma, che, grazie all'abilità del Direttore Sportivo Luciano Moggi, si aggiudica il centravanti per la cifra, considerevole per l'epoca, di 3 miliardi di Lire: un miliardo e 400 milioni cash, più il centrocampista Odorizzi e le comproprietà di Musiello e Bruno Conti.

Per i colori giallorossi il suo acquisto segna il passaggio fra due distinte epoche della storia del club: l'affare Pruzzo è infatti l'ultimo oneroso atto della presidenza di Gaetano Anzalone e di lì a poco inizierà l'era di Dino Viola.

Il centravanti di Crocefieschi è il primo tassello, la prima icona di una Roma diversa rispetto al recente passato, finalmente temuta e vincente. Baffuto, coi capelli ricci e castani che gli scendono fino alle spalle, e con lo sguardo inquieto, Pruzzo anche nella capitale resta l'antidivo burbero e brontolone degli anni genoani. Schivo e introverso, non ama gli allenamenti duri ma poi in campo dà sempre il massimo.

I primi mesi a Roma sono tutt'altro che semplici, nonostante il giocatore genovese realizzi una doppietta in Coppa Italia contro l'Ascoli nel giorno del suo debutto assoluto con la nuova maglia il 27 agosto 1978 (2-1 per la Lupa) e timbri anche l'esordio in campionato il 1° ottobre con la rete che vale il pareggio con il Verona (1-1).

Ma la squadra, guidata da Gustavo Giagnoni, fa però una grande fatica e dopo 7 giornate il tecnico sardo è rimpiazzato con Ferruccio Valcareggi. Il girone di andata vede i giallorossi chiudere al 12° posto, appena sopra la zona retrocessione. Dopo 6 mesi il nuovo acquisto chiede la cessione, vorrebbe tornare al Genoa.

Intanto però nel CdA del club sta assumendo sempre maggior peso Dino Viola, che promette al centravanti una squadra all'altezza delle sue aspettative. Bisogna però salvarsi, e a cavallo fra febbraio e marzo la squadra giallorossa rimedia tre pesanti sconfitte consecutive, fra cui quella nel derby con la Lazio, sfociato in rissa e incidenti sugli spalti.

Ma fra aprile e maggio Pruzzo, che fino a quel momento aveva realizzato appena 5 goal, si sblocca definitivamente e non si ferma più. Mette la sua firma sulle vittorie con Vicenza (3-0) e Inter (1-2 a San Siro) e realizza il goal della bandiera con la Juventus (4-1 per Madama).

Tutto si decide alla penultima giornata all'Olimpico contro l'Atalanta. In uno stadio stracolmo di tifosi, i giallorossi vanno in svantaggio per 2-1 dalla mezz’ora per effetto di un goal di Prandelli. Ma al 61', su cross di De Nadai, Pruzzo si eleva di testa sopra tutti gli avversari e insacca il pallone del 2-2, per poi lanciarsi in una sfrenata corsa sotto la Sud. La Roma resta in Serie A e il centravanti di Crocefieschi, che per tutti i tifosi diventa semplicemente 'Il Bomber', rimane nella Capitale.

Dino Viola porta a termine la sua ascesa in società assumendo nell'estate del 1979 la carica di nuovo presidente giallorosso. Le mosse vincenti sono riportare nella capitale Bruno Conti, che con Pruzzo aveva vissuto una bella stagione al Genoa nel 1975/76, culminata con la promozione in Serie A del Grifone, e ingaggiare lo svedese Nils Liedholm come allenatore.

I cross dell'ala di Nettuno esaltano le doti aeree e acrobatiche del centravanti genovese, che da quel momento in poi si impone come uno dei marcatori più prolifici del calcio italiano del Dopoguerra e diventa il terminale offensivo ideale del gioco del 'Barone'.

I suoi goal salgono a 12 nel 1979/80, stagione che vede i giallorossi risalire in 6ª posizione. Il 28 ottobre 1979 Pruzzo trova anche il suo primo goal nel Derby capitolino, mentre il 30 dicembre realizza allo Stadio Sant'Elia la sua prima doppietta in Serie con la maglia giallorossa a spese del Cagliari (1-3). Il 2 marzo 1980 va a segno di nuovo con la Lazio e festeggia la prima vittoria nella stracittadina.

A fine anno attraverso i calci di rigore (ma Pruzzo non calcia dal dischetto) arriva anche il primo trofeo, la Coppa Italia vinta a spese del Torino, e il titolo, a livello personale, di capocannoniere del torneo con 6 goal.

Il nuovo decennio si apre alla grande, con la vittoria del primo titolo di capocannoniere, grazie a 18 goal complessivi che gli permettono di precedere nella classifica marcatori Palanca e Altobelli, ed è segnato dall'acquisto da parte del club di un fuoriclasse assoluto come Paulo Roberto Falcão. La Roma lotta per il titolo ma, fra le polemiche per un goal annullato a Turone a Torino, deve accontentarsi del 2° posto ed è la Juventus a laurearsi campione d'Italia.

Fra le reti di Pruzzo memorabile è soprattutto la tripletta a San Siro contro l'Inter, che determina la vittoria in trasferta per 4-2 sui nerazzurri, dopo un periodo difficile con l'eliminazione in Coppa delle Coppe ad opera del Carl Zeiss Jena (4-0 al ritorno per i tedeschi orientali dopo il 3-0 per i giallorossi all'Olimpico) e il tracollo in campionato con il Napoli (sempre per 4-0). Poche settimane dopo 'Il Bomber' replica segnando altri 3 goal contro l'Udinese (3-1 all'Olimpico).

Splendida è poi, il 15 marzo 1981, la mezza girata col destro con cui fa goal all'Inter insaccando all'incrocio dei pali. È quello che Pruzzo definirà "il goal più bello" della sua carriera, ma che, con la conquista della seconda Coppa Italia consecutiva ( mitigherà solo in parte la delusione per lo Scudetto sfuggito sul più bello.

"Quando segnai quel goal all’Inter, negli ultimi minuti di una partita indimenticabile all’Olimpico, credevo proprio che nessuno avrebbe potuto impedirci di catturare lo Scudetto - dichiara a fine stagione -. È stato il più bel goal della mia carriera. E che m’importa, se da 40 anni la Roma non andava tanto bene? Siamo stati beffati".

Il centravanti ligure è ormai l'idolo indiscusso della Curva Sud, che dedica a lui alcuni cori rimasti nella storia del tifo giallorosso, come "Lode a te, Roberto Pruzzo" oppure "E dai Roberto facci un goal, la Curva Sud te lo chiede in coro, e dai Roberto facci un goal".

Roberto è ormai una macchina da goal inarrestabile: nel 1981/82 sono 15 le marcature del 'Bomber', che gli valgono il secondo titolo di capocannoniere della Serie A consecutivo. La Roma arriva invece terza alle spalle di Juventus e Fiorentina. Il titolo sembra una maledizione, e invece è il preludio di un'annata magica, quella del 1982/83, che porta ai giallorossi il secondo storico Scudetto.

La formazione allestita dal 'Barone' si rivela la più forte di tutte: con Tancredi in porta, Di Bartolomei e Vierchowod in copertura, Falcão e Prohaska a centrocampo, Bruno Conti a fare su e giù sulla fascia e 'Il Bomber' al centro dell’attacco, nemmeno la Juventus di Boniek e Platini può resistere ai giallorossi e deve arrendersi.

Pruzzo è ancora una volta il migliore realizzatore della squadra con 12 reti, ma soprattutto segna il goal che vale il titolo, l’8 maggio 1983, curiosamente contro il suo Genoa. Il pareggio per 1-1 significa la conquista matematica del Tricolore con una giornata di anticipo sulla fine del torneo dopo 41 anni di attesa. Una gioia grandissima per tutti i tifosi giallorossi, che ameranno per sempre quei campioni.

“La sensazione che avevamo noi in campo - dirà Pruzzo - era quella di essere amati. Oggi posso dire ancora che quella è stata la Roma più amata dai tifosi".
Roma 1983-84Wikipedia

Vinto lo Scudetto, Pruzzo medita l'addio ma è Liedholm a convincerlo a restare per tentare l'impresa più grande: vincere in Europa. Pruzzo è così regolarmente al centro dell'attacco giallorosso anche nella stagione successiva, nella quale fa coppia con l'esperto Ciccio Graziani.

La coppia offensiva giallorossa dà spettacolo, Pruzzo si conferma 'Il Bomber' che tutti i tifosi capitolini cononoscono e anche se in campionato le sue marcature sono 8, alcune sono davvero molto belle e quelle complessive che includono anche Coppa Italia e Coppa dei Campioni sono 15. Nella massima competizione europea, poi, il cammino della Roma e di Pruzzo sono esaltanti.

'Il Bomber' contribuisce con 4 goal a portare i giallorossi alla finalissima che si gioca proprio all'Olimpico: va a segno nel ritorno in Svezia contro IFK Göteborg (2-1 per gli scandinavi), nell'andata con la Dinamo Bucarest (3-0) ed è decisivo anche nel ritorno della semifinale con il Dundee United, con il 3-0 di Roma che ribalta il k.o. per 2-0 all'andata.

In finale contro il Liverpool, poi, il centravanti di Crocefieschi con la sua specialità, il colpo di testa, servito dal solito Bruno Conti, firma l'1-1 che porta la partita ai supplementari. La parità regge fino ai calci di rigore, che vedono i Reds imporsi per 5-3 e dare ai giallorossi la delusione più grande davanti ai propri tifosi.

A mitigare la grande amarezza arriva a fine giugno la terza personale Coppa Italia, vinta ai danni del Verona (1-1 al Bentegodi e vittoria per 1-0 all'Olimpico nella partita di ritorno). In campionato, invece, la rete più bella la firma a Torino contro la Juventus, con la spettacolare rovesciata al volo su cross di Chierico dalla destra, che su vale il 2-2 al 90’ il 4 dicembre 1983. 

Una prodezza da vedere e rivedere, che 'Il Bomber', intervistato a caldo da Giampiero Galeazzi per la 'Rai', dedicherà al compagno di squadra e amico Carlo Ancelotti, vittima di un grave infortunio al ginocchio.

"Pruzzo? È un grande attaccante - dice di lui Platini -, potente e acrobatico, capace di goal bellissimi. Roba da scriverci un libro".

Sfumato sul più bello il sogno europeo, nell'estate del 1984 Liedholm lascia la Lupa per accasarsi al Milan. 'Il Barone' vorrebbe portare con sé anche Pruzzo, oltre a Di Bartolomei, ma 'Il Bomber' dice "no grazie" e continua la sua avventura nella capitale anche con il nuovo tecnico Sven-Göran Eriksson.

I primi mesi sotto la nuova conduzione sono complicati per il centravanti, che, ormai arrivato ai 30 anni, soffre per il cambio di preparazione fisica e durante la stagione accusa i primi acciacchi. Colleziona solo 10 goal totali, di cui appena 8 in campionato, e in molti pensano che anche per lui sia sopraggiunto il viale del tramonto. Anche la Roma chiude lontana dai vertici della classifica, piazzandosi al 7° posto.

Ma guai a provocare nell'orgoglio 'Il Bomber'. Nell'estate 1985, infatti, decide di dimostrare al suo allenatore che in attacco può essere ancora il numero uno. Smette di fumare, lavora duro negli allenamenti, segue i consigli del massaggiatore Smith, che lo aiuta a smaltire bene i carichi.

Il girone di andata, tuttavia, lo vede ancora sofferente e poco prolifico: sono appena 2 i goal da lui realizzati nelle prime 15 giornate. La società lavora in segreto alla sua sostituzione per la stagione successiva, tutti lo danno ormai per bollito. Ma 'O Rei de Crocefieschi' parla chiaro ad Eriksson:

"Se non segno è solo perché i compagni non mi passano la palla".

Il tecnico giallorossa lavora sulla manovra della squadra, la affina e gli sforzi di Pruzzo vengono ampiamente ripagati nel girone di ritorno. 'Il Bomber' dimostra di essere ancora il dominatore delle aree di rigore e segna qualcosa come 17 goal in 14 partite, che lo portano a 31 anni per la terza volta in carriera sul trono dei capocannonieri della Serie A con 19 goal totali in sole 24 gare.

Un pomeriggio è più di tutti gli altri memorabile: quello del 16 febbraio 1986, quando abbatte con una grandine di 5 goal il malcapitato Avellino, travolto 5-1 all'Olimpico. Grazie all'exploit Pruzzo eguaglia il primato di marcature plurime nei campionati di Serie A a 16 squadre appartenente a Giuseppe Meazza (5 reti il 9 gennaio 1938 in Inter-Bari 9-2) e a Guglielmo Gabetto (5 goal il 17 dicembre 1939 in Juventus-Bari 6-2).

"Ero già stato scaricato - sosterrà a fine stagione -, preparavano in gran segreto la successione, telefonavano ripetutamente ad Elkjaer . Siamo ammalati di esterofilia, un goal straniero ne vale sempre tre nostrani. Ma ho costretto i dirigenti giallorossi e il signor Eriksson a rivedere i piani: segnavo ad occhi chiusi, ci avevo preso gusto, avevo il radar, scoperchiavo le difese. Quel girone di ritorno da 'Attila' non è riuscito a nessun re del goal. I periodi migliori della Roma hanno sempre coinciso con il mio risveglio".

Il grande centravanti si guadagna così la conferma per altre due stagioni, che segnano tuttavia la sua relegazione a bomber di scorta. Questo non gli impedisce di diventare l'11 gennaio 1987, grazie ad una rete firmata nel 3-0 interno ancora rifilato all'Avellino, il miglior goleador in Serie A della storia della Roma, superando con 104 reti il record che 'Sciabbolone' Volk deteneva da oltre 40 anni.

Roberto Pruzzo Roma

Pruzzo, dopo 10 anni di militanza, chiuderà la lunga esperienza in giallorosso al termine della stagione 1987/88, con un bilancio complessivo di 138 goal segnati in 314 presenze in gare ufficiali con la maglia della Roma, di cui 106 in 240 gare in Serie A.

Il giorno della sua ultima partita in giallorosso, il il 15 maggio 1988, la Curva Sud lo saluta con una coreografia da brividi: prima di Roma-Verona, infatti, viene srotolato uno striscione con la scritta "106 volte grazie". Intorno altri piccoli striscioni con inciso il nome del 'Bomber'.

Soltanto nella 18° giornata della stagione 2004/05 Francesco Totti lo supererà firmando il secondo goal nella vittoria per 5-1 contro il Parma che gli permette di portarsi a quota 107 reti in Serie A. Successivamente sempre Totti diventerà il miglior bomber di sempre della Roma, arrivando a 317 goal complessivi in tutte le competizioni. Pruzzo è ancora oggi il 2° miglior marcatore all-time del club capitolino.

"Sono l’antidivo - disse di sé Pruzzo al 'Guerin Sportivo' nell'ottobre 1986 - non frequento pranzi ufficiali, non vado a mettermi in mostra alle inaugurazioni, la mano si stanca a firmare autografi. Resto provinciale indolente, un po’ grasso di lombi, senza sacri furori. La città è caos, meglio rintanarsi a casa, chiudere la porta a doppia mandata. Spesso in campo giro a vuoto, ho bisogno di arrabbiarmi. Sono il più lento del mondo che sa trasformarsi con un raptus nel più veloce. Testone e tartarugone, con istinti da Mennea".

Il 20 settembre 2012 il suo nome è inserito fra i primi 11 calciatori che entrano a far parte dell'hall of fame del club giallorosso.

IL RAPPORTO DIFFICILE CON LA NAZIONALE

In una carriera stellare, l'unica grande pecca per Roberto Pruzzo resta quella di non esser riuscito a ritagliarsi il suo spazio nella Nazionale maggiore. Dopo aver disputato 5 gare e segnato 2 reti nella Nazionale 'B' Under 23, infatti, il bomber di Crocefieschi è approdato nell'Italia di Enzo Bearzot dopo i Mondiali di Argentina, quando è da poco approdato nella capitale.

L'esordio lo vede il 23 settembre 1978 subentrare nel secondo tempo al posto di Graziani nell'amichevole di Firenze contro la Turchia. Nel 1980 è inserito nella rosa azzurra per gli Europei casalinghi, ma non gioca nemmeno un minuto del torneo concluso al 4° posto.

Dopo un intervallo di tre anni, nel 1981 Pruzzo, viste le squalifiche di Paolo Rossi e Bruno Giordano, torna a vestire la maglia azzurra nel Mundialito che si disputa in Uruguay e successivamente nelle gare di qualificazione a Spagna '82 contro Grecia e Lussemburgo.

Al di fuori del contesto giallorosso non riesce a incidere, e in quelle gare in cui si veste d'azzurro non trova mai il goal, anche per un gioco a lui non congeniale. Così, quando tutti nel 1982 e nel 1986 si aspettano una sua convocazione ai Mondiali, Bearzot farà scelte diverse, chiamando in Spagna Franco Selvaggi del Cagliari (per non mettere pressioni eccessive su Pablito) e in Messico Paolo Rossi (ormai a fine carriera) e Aldo Serena.

"L'esclusione del 1982? È bene che sia andata così - ha commentato di recente in un'intervista a 'La Nazione' - Paolo era un attaccante straordinario che sotto porta aveva pochi eguali. Se lo perdevi dalla marcatura, anche solo per un attimo, non ti lasciava scampo. E quando l'Italia ha vinto in finale ho esultato anch'io".

LA FIORENTINA E IL DISCUSSO GOAL DELL'EX

Dopo l'addio alla Roma, Pruzzo, rimasto senza squadra, si accasa alla Fiorentina del suo ex allenatore Sven-Göran Eriksson che pensa possa essere l'uomo giusto alle spalle della cosiddetta "B2", il tandem d'attacco titolare formato da Roberto Baggio e Stefano Borgonovo.

Chiuso dai due giovani talenti, il bomber di Crocefieschi durante la stagione regolare disputa appena 13 spezzoni di gara in campionato, fra cui uno contro la Roma al Comunale, e 2 in Coppa Italia. Ma i viola, complice un calo nel finale, chiudono in 7ª posizione con 34 punti, a pari merito con la Roma di Liedholm. Per decidere chi giocherà in Coppa UEFA fra le due squadre nella stagione successiva occorre così uno spareggio.

Borgonovo è squalificato, quindi il 30 maggio 1989, nel neutro del Renato Curi di Perugia, in un pomeriggio torrido d'estate, Eriksson affida a lui, 'Il Bomber' per antonomasia per tutti i tifosi giallorossi, la maglia numero 9. È il degno palcoscenico per chi ha fatto la storia del calcio italiano a suon di goal.

E il destino ha voluto che fosse proprio il centravanti trentaquattrenne di Crocefieschi a decidere una gara particolarmente combattuta e caratterizzata dall'agonismo più che dal bel gioco. È il 12', quando Di Chiara si invola sulla sinistra ma, invece di crossare, arrivato sul fondo appoggia all'indietro per Baggio.

Il numero 10 viola effettua un cross a rientrare sul secondo palo, Tancredi è insicuro nell'uscita, mentre Pruzzo, che ha letto come al solito la traiettoria meglio di tutti, si avventa su quel pallone per l'ultimo stacco, l'ultimo colpo di testa vincente di una carriera straordinaria. La sua è una frustata che si infila in porta e lascia sconsolato il portiere e tutti i tifosi giallorossi, puniti dal loro ex bomber.

Come se non bastasse, Pruzzo si lancia in un'esultanza sfrenata. La sua non vuol essere mancanza di rispetto, ma la gioia liberatoria per quell'ultimo guizzo, il goal numero 206 da professionista.

"Purtroppo è la legge dell’ex, che anche oggi ha voluto la sua parte", commenta il bomber di Crocefieschi dopo il fischio finale che sancisce la vittoria della Fiorentina. Per poi appendere per sempre quelle scarpette che lo hanno reso un grande protagonista degli anni più belli del calcio italiano.

Roberto PruzzoGetty

LE MILLE VITE DOPO IL RITIRO

Dopo il ritiro, Pruzzo affronta esperienze disparate: intraprende la carriera da allenatore ma non disdegna il ruolo di dirigente e di opinionista in tv e in radio. Da maggio del 2016, si lancia in un’iniziativa imprenditoriale, e con gli ex compagni di squadra della Roma, Antonio Di Carlo e Paolo Alberto Faccini gestisce un ristorante, 'Osteria il 9', come il numero di maglia del 'Bomber', nella capitale.

Già quando giocava, inoltre, diventa un personaggio molto popolare attraverso la partecipazione a due pellicole cinematografiche molto popolari: nel 1983, infatti, assieme a Carlo Ancelotti e Luciano Spinosi, recita nella parte finale del film 'Don Camillo', di e con con Terence Hill. Pruzzo e i suoi compagni, in particolare, giocano una partita contro la formazione dove milita un altro grande campione degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, Roberto Boninsegna.

Non solo: nel 1984 assieme a Ciccio Graziani, Odoacre Chierico e il solito Carlo Ancelotti, il bomber di Crocefieschi prende parte anche al celebre 'L'allenatore nel pallone'. Con l'attore Lino Banfi è protagonista di un celebre sketch nel passaggio nel tunnel per la sfida fra la Roma e la Longobarda.

"Ciao mister", dice Pruzzo, facendo un gesto con la mano.
"Bomber, anche tu mi fai questi gesti, eh... Da te non me l'aspettavo. Tu mi dai una botta al cuore, degli altri non me ne frega niente, ma che tu mi vieni a fare 'Ciao mister' no... Io ti ho visto nascere a te, eri pulcino nella mia squadra, facevi ancora pio pio..."
E Pruzzo: "Ancora..."
Al che Banfi conclude: "Eh ancora...".

La scenetta diventa tanto popolare che l'ex bomber si rivede anche nel seguito, datato 2008.

Il 29 febbraio 2004 il grande centravanti prende parte poi alla mezza maratona Roma-Ostia, e la conclude in meno di due ore a quasi 49 anni. Da allenatore guida il Viareggio e il Teramo in C2, fa due distinte esperienze all'Alessandria senza molta fortuna in C1, quindi passa da Palermo in Serie B grazie a Franco Sensi ma dura appena 4 giorni, ovvero fin quando Zamparini rileva la presidenza del club. Dopo un periodo da vice di Giuseppe Giannini al Foggia e alla Sambenedettese, l'ultima esperienza da primo allenatore è con i marchigiani del Centobuchi in Serie D fra il 2008 e il 2009.

Da dirigente negli anni Dieci del Duemila lavora per il Don Bosco Genzano Roma, poi con il Savona, club per il quale ottiene la promozione in Lega Pro nella stagione 2012-2013 e l'anno successivo manca per poco il passaggio in Serie B l'anno seguente. Diventa poi D.s. del Como e resta in carica fino al 2018.

Nella vita privata Pruzzo è sposato dall'età di 20 anni con sua moglie Brunella Picchi e ha una figlia, Roberta, nata il 7 agosto 1979. Nel 2014, con Susanna Marcellini, ha scritto la sua autobiografia: 'Bomber - La storia di un numero nove normale (o quasi)', dove, nonostante le tante reti segnate, rivela di soffrire ancora per quelle fallite e per le sconfitte più amare.

"Cosa mi resta della mia carriera da centravanti? - si chiede Pruzzo - I goal sbagliati e le sconfitte. Delle vittorie ho goduto poco, perché sono subito volate via. Le sconfitte no, sono rimaste qui. E ancora ci combatto. La retrocessione in B del Genoa causata anche da un mio rigore sbagliato e la finale di Coppa Campioni persa con il Liverpool (nonostante il mio goal...) ancora mi vengono a trovare ogni tanto".
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