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Ricardo Bochini, 'El Maestro': leggenda dell'Independiente e campione del Mondo con l'Argentina

"Sólo le pido a Dios que Bochini juegue para siempre, siempre para Independiente, para toda la alegría de la gente (A Dio chiedo soltanto che Bochini possa giocare per sempre, per sempre con l’Independiente, per la gioia di tutta la gente)".

Se fosse stato possibile, avrebbero voluto vederlo giocare in eterno. Con questa frase, ripetuta ossessivamente, i tifosi dell'Independiente, uno dei due club più importanti di Avellaneda (l'altro sono gli accerrimi rivali del Racing), mostravano il loro amore per Ricardo Enrique Bochini, il giocatore che mai, chi lo ha visto giocare alla 'Doble Visera' dimenticherà mai. 

Rifinitore eccezionale e geniale dribblatore, caso più unico che raro nella storia del calcio argentino, ha legato interamente la sua carriera calcistica ai 'Diablos Rojos', ottenendone in cambio l'immortalità del ricordo. Con 634 partite, condite da 97 goal e un'infinità di assist, detiene il primato di giocatore che ha disputato il maggior numero di gare nel campionato argentino con una sola squadra. 

Quando nel 1991, a 37 anni, è costretto a ritirarsi per un grave infortunio, il suo palmarés è sconfinato: 4 titoli argentini, 4 Coppe Libertadore (1973, 1974, 1975 e 1984), 3 Interamericane (1972, 1974 e 1975) e 2 Intercontinentali (1973 e 1983).

Snobbato a lungo dalla Nazionale argentina, anche per motivazioni politiche, nel 1986 è Diego Armando Maradona, che da lui trasse ispirazione, a volerlo con sé ai Mondiali di Messico '86 e a permettergli di laurearsi anche campione del Mondo con l'Albiceleste.

LE ORIGINI DEL MITO

Nato a Zárate, nella provincia argentina di Buenos Aires, il 25 gennaio 1954, nelle vene di Bochini scorreva anche sangue italiano: suo nonno era emigrato dalla Sicilia per cercare fortuna in Sudamerica. 

All'età di 10 anni 'El Bocha', come lo chiameranno i suoi tifosi, inizia a giocare a calcio, entrando nel Settore giovanile del Belgrano di Zárate, club della sua città natale. Cerca di entrare a far parte del Boca Juniors, ma non se ne farà nulla.

Ad approfittarne sarà l'Independiente, con Nito Veiga ed Ernesto Díaz che non se lo lasciano sfuggire. È il 1971 quando Bochini entra a far parte delle Giovanili dei Diavoli rossi d'Argentina. Ma già un anno dopo, nel 1972, l'allenatore Pedro Dellacha lo fa esordire in Prima divisione a 18 anni mandandolo in campo nel finale della sfida in trasferta al Monumentál contro il River Plate al posto di Hugo Saggiorato.

È un fantasista ma ha caratteristiche atipiche: la sua forza è la rapidità mentale con cui sa leggere con largo anticipo le azioni in campo. Grazie alla capacità di posizionarsi nel posto giusto al momento giusto, recupera molti palloni senza sprecare troppe energie. È come se giocasse con gli occhi dietro la testa, e in ogni momento della partita avesse un quadro preciso di cosa sta accadendo nelle varie zone del terreno di gioco.

È brutto e sgraziato nei movimenti, piccolino (un metro e 68 centimetri per 66 chilogrammi) e con le gambe magre e storte, eppure i suoi passaggi e i suoi goal sono come delle opere d'arte. Quando ha la palla fra i piedi, il suo movimento continuo e ancheggiante, quasi stesse eseguendo un ballo, manda in tilt le difese e apre spazi per gli inserimenti.

Lui dribbla, accelera, si ferma all'improvviso, e quando gli altri si aspettano che, ormai pressato, il pallone lo perda, 'El Bocha' spiazza tutti con un passaggio illuminante che manda in porta un suo compagno. Oppure tiene palla con incedere lento, attira su di sé i difensori, e con un passaggio filtrante e improvviso ottiene lo stesso risultato: gli altri se ne accorgono soltanto quando vedono la palla rotolare in fondo alla rete. È la sua tipica giocata, 'la Pausa': una goduria per i tifosi dell'Independiente, una beffa per gli avversari.

"Esistono, a mio modo di vedere, due modi di eseguire ‘la Pausa’, - dirà l'argentino in un'intervista al 'Guardian' nel 2014 - uno con la palla lenta, l’altro con la palla che viaggia veloce. Nulla di tutto ciò si impara, viene naturale. ‘La Pausa’ però funziona solo se hai dei compagni che amano le corse in verticale, altrimenti è solo un pallone fermo".

Ricardo Bochini Daniel Bertoni IndependienteWikipedia

DAL GOAL A ZOFF AL PRIMO TITOLO ARGENTINO

'El Bocha', seppure non sia ancora un giovane di belle speranze, inizia a dimostrare il suo valore ad alti livelli. L'Independiete dei primi anni Settanta è del resto quello che può essere definito uno squadrone, anche se snobba un po' i tornei nazionali per dare il meglio di sé nelle competizioni internazionali. Il portiere è Pepé Santoro, la difesa, nota come 'la difesa di ferro', era composta da Commisso, López, Sá e Pavoni. 

A centrocampo agivano solitamente tre possibili playmaker, Galván, Semenewicz e Raimondo, che ruotavano le loro posizioni e si aiutavano a vicenda. Davanti Percy Rojas e Bochini si alternavano alle spalle delle due punte, Daniel Bertoni, più uno fra Eduardo Maglioni e Augustin Balbuena. A volte però l'assetto variava e Bertoni partiva da posizione più arretrata sulla fascia, con Maglioni e Balbuena in campo contemporaneamente.

A settembre del 1972, Bochini, considerato ancora troppo giovane per simili palcoscenici, aveva assistito dalla tribuna all'assalto fallito dalla sua squadra a quella che poteva essere la terza Coppa Intercontinentale. A vincere il trofeo è infatti l'Ajax di Johan Cruijff. Gli olandesi impartiscono una severa lezione agli argentini al ritorno all''Olympiastadion', imponendosi 3-0, con acuto di Neeskens e doppietta di Rep dopo l’1-1 dell’andata al 'Doble Visera'.

'Il Profeta del Goal' della legge con il suo dinamismo e il calcio totale, e quando al giovane fantasista i giornalisti chiedono un parere sull'olandese, lui risponde:

"Corre mucho, pero juega bien! (Corre molto, però gioca bene!)”, come se le due cose fossero quasi in antitesi.

Realizza la sua prima rete da professionista ancora in una sconfitta, stavolta per 1-2, nel derby contro il Racing Club, al 48', giocata il 19 novembre 1972. Il 1973 è l'anno del riscatto per i Diavoli Rossi, che arrivano in finale di Copa Libertadores contro i cileni del Colo Colo. I due confronti terminano in pareggio (1-1 e 0-0) e per assegnare un vincitore è necessaria 'la bella'.

Qui la squadra di Ferreiro si impone 2-1 ai supplementari e alla vittoria partecipa anche il giovane Ricardo, subentrato a 20 minuti dalla fine. In Primavera gli argentini avevano vinto anche la Copa Interamericana, battendo gli honduregni dell'Olimpia Tegucigalpa. Ma 'El Bocha' vede i due match dalla panchina.

La grande occasione per mettersi in evidenza arriva per lui in Coppa Intercontinentale. La doppia sfida con la Juventus, che sostituisce l'Ajax, si gioca il 28 novembre in gara unica a Roma. Bochini stavolta parte titolare con il numero 10 sulle spalle. 

La Juventus, pur priva di Furino e Capello, domina il primo tempo, nel quale colpisce due traverse con Bettega e Altafini, e nella ripresa ha l'occasione di sbloccare la gara. L'arbitro assegna un rigore, batte Cuccureddu ma il sardo calcia alto sopra la traversa. La partita sembra destinata ad andare ai supplementari, ma a 10' dalla fine ecco la giocata decisiva: Bochini salta netto Gentile sulla trequarti, triangola con Bertoni e si presenta in area davanti a Zoff.

Il portiere friulano gli si para davanti, ma Bochini tira fuori dal cilindro un pallonetto che si infila dolcemente in fondo alla rete. L'Independiente, che fino a quel momento non si era reso pericoloso, si ritrovava ora in vantaggio e lo amministra fino al fischio finale. I Diavoli Rossi sono campioni del Mondo e il diciannovenne Bochini è il nuovo fenomeno che li ha condotti al successo. 

"Il goal non è proprio la mia specialità. - spiegherà ai curiosi cronisti italiani, a fine partita - Ho origini italiane, mio nonno paterno era di Palermo. I miei genitori, però, sono argentini. Il mio idolo è Sivori, fin da quando ero bambino".

Bochini acquista di anno in anno sempre più spazio e i successi internazionali dell'Independiente si susseguono. Nel 1974 il fantasista è protagonista nella finale di ritorno di Libertadores contro il San Paolo al Doble Visera. L'andata al Pacaembu aveva visto imporsi 2-1 i brasiliani, ma nel match di ritorno il talento argentino suona la riscossa, finalizzando poco dopo la mezzora di gioco. Raddoppia Balbuena, tuttavia, per le regole del torneo, all'epoca non erano conteggiati i goal di differenza, e così si deve giocare 'la bella'.

A Santiago del Cile il 19 ottobre 1974 l'Independiente vince il terzo titolo consecutivo (già nel 1972 si era imposto sui peruviani dell'Universitario), allungando la striscia vincente grazie ad una rete di Pavoni al 37'. La stagione è la più prolifica della carriera di Bochini, che totalizza 18 goal in tutte le competizioni. I Diavoli Rossi si ritrovano a giocarsi la Coppa Intercontinentale: stavolta l'avversario è l'Atletico Madrid, dopo la rinuncia del Bayern Monaco, e il trofeo è assegnato con gare di andata e ritorno nella primavera del 1975. 

Stavolta però non c'è gloria per Bochini e compagni, visto che a trionfare sono i Colchoneros, capaci di imporsi 2-0 al Calderón dopo la sconfitta di misura rimediata ad Avellaneda (1-0 per gli argentini). L'Independiente può consolarsi con altre due Coppe Interamericane vinte nel 1974 sui guatemaltechi del CSD Municipal e sui messicani del Deportivo Español.

In Sudamerica i Diavoli Rossi continuano a dettar legge fino al 1976, anno in cui il River Plate sbarra loro la strada per la finale di Libertadores, vincendo allo spareggio. Ma il 26 maggio, Bochini aveva lasciato il segno con un goal da cineteca: 'El Maestro', come è ormai chiamato, raccolta la palla nell'insolita posizione di ala destra, fa fuori orizzontalmente lungo tutto l’arco dell’area di rigore ben 9 avversari, per poi trafiggere il portiere avversario con un letale diagonale di sinistro dal vertice opposto dell’area di rigore.

Fino ad allora Bochini era rimasto a digiuno di titoli nazionali. Il primo, dopo il 2° posto nel torneo Metropolitano alle spalle del River Plate, lo conquista nel 1977, al termine di un'autentica battaglia contro il Talleres di Cordoba. L’andata si disputa il 21 gennaio del 1978 ad Avellaneda, e la gara finisce 1-1; quattro giorni è in programma il match di ritorno a Cordoba, città capoluogo della provincia omonima, all’epoca governata da Luciano Benjamin Menendez, uno dei più efferati gerarchi della dittatura Videla.

Ai Diavoli Rossi, guidati dal 'Pato' Pastoriza, occorre una vittoria o un pareggio con 2 o più goal per aggiudicarsi il trofeo. I sospetti di una possibile ingerenza politica troveranno riscontro sul campo: I Diavoli rossi, in maglia bianca, passano a condurre con un preciso colpo di testa di Outes, ma si ritrovano sotto per 2-1 per effetto di un rigore ‘generoso’ assegnato dall'arbitro Roberto Barreiro ai padroni di casa e di un goal segnato palesemente di pugno da Angelo Bocanelli.

Lo hanno visto tutti, tranne il direttore di gara. In campo nasce una rissa, di cui a fare le spese sono tre giocatori ospiti, Galvan, Trossero e Larrosa, tutti cacciati anticipatamente da Barreiro a quindici minuti dal 90'. La gara riparte in 11 contro 8, e per la vittoria del campionato del Talleres sembra ormai fatta.

Ma la T e Menendez non hanno fatto i conti con Bochini e sull'intesa fra lui e Daniel Bertoni. Proprio il futuro giocatore di Napoli e Fiorentina con una penetrazione centrale semina il panico nella difesa avversaria e scarica per Bochini, che vista con la coda dell'occhio l'uscita di Rubén Guibaudo, lo castiga mettendo sotto la traversa: 2-2. È il trionfo del 'Maestro' e dell'Independiente, che vincono il Campionato nazionale, il primo nella bacheca del fantasista di Zárate, ormai diventato una leggenda del calcio argentino.

Pagherà con l'esclusione, decisa dal regime, dai Mondiali del 1978. Nello stesso anno per l'Independiente arriva il bis nel Campionato nazionale: stavolta la vittima dei Diavoli Rossi in finale è il River Plate. Si gioca a inizio gennaio e ci pensa ancora una volta 'El Maestro', che nel ritorno con una doppietta piega 2-0 i Millonarios. 

Ricardo BochiniGetty

GLI ANNI '80 E LA SECONDA INTERCONTINENTALE

I grandi trionfi per l'Independiente continuano all'inizio degli anni '80. I Diavoli Rossi vivono una stagione magica nel 1983, quando riescono a vincere il Campionato metropolitano con un punto di vantaggio sul San Lorenzo de Almagro. In virtù di questa affermazione l'Independiente si guadagna la qualificazione alla Copa Libertadores del 1984. 

Con Bertoni ormai approdato in Serie A, Bochini fa coppia ormai con altri calciatori argentin, in particolare Jorge Burruchaga. Per la settima volta nella sua storia il club di Avellaneda raggiunge la finale di Copa Libertadores, in cui affronta i brasiliani del Gremio nella doppia finale. Per aggiudicarsela, gli basta vincere 1-0 all'andata a Porto Alegre (goal proprio di Burruchaga) e poi gestire il vantaggio con un pareggio per 0-0 nel ritono in casa. 

Nel 1983 è nominato per la prima volta nella sua carriera 'Calciatore argentino dell'anno', mentre l'anno seguente si piazza al terzo posto nella classifica del Pallone d'Oro sudamericano, vinto da Enzo Francescoli. Il 9 dicembre 1984 a Tokyo, in gara unica, l'Independiente torna a disputare la Coppa Intercontinentale. Stavolta, di fronte, c'è il Liverpool, la prima squadra inglese affrontata da una formazion argentina dopo la Guerra delle Malvinas che i due Paesi combatterono l'un contro l'altro appena 2 anni prima. 

La gara è decisa da un goal di Percudiani, nei primi minuti di gioco, che consegnerà la Coppa agli argentini. A 30 anni Bochini torna torna a laurearsi campione del Mondo di club, arricchendo ulteriormente un palmarès importante.

Fra i segreti di quella squadra c'è l'intesa speciale fra 'El Maestro' e Jorge Burruchaga. I due in campo si capiscono molto bene, con l'attaccante che sa leggere alla perfezione 'la Pausa', la giocata tipica del rifinitore argentino. Che continua anche a segnare goal pesanti: se negli anni Settanta la sua vittima preferita erano stati gli acerrimi rivali del Racing, ora diventa il Boca Juniors.

Cambia in modo radicale anche il suo look: i capelli lunghi della gioventù lasciano spazio ad una stempiatura sempre più consistente. Ciò che resta immutato è l'amore dei suoi tifosi per il loro idolo.

Ricardo Enrique Bochini IndependienteWikipedia

DAL "NO" DI VIDELA A CAMPIONE DEL MONDO

Se la storia di Bochini con l'Independiete è costellata di grandi successi, il rapporto fra 'El Bocha' e la Nazionale argentina non è mai decollato veramente. Sulla carta il giocatore simbolo dei Diavoli Rossi avrebbe potuto giocare 4 Mondiali, invece scenderà in campo per una manciata di minuti soltanto in uno e ad un'età ormai avanzata. Ma andiamo con ordine.

L'esordio di Bochini con l'Argentina arriva il 23 settembre 1973: a 19 anni fa parte della cosiddetta 'Squadra fantasma' che in un clima di nervosismo e angoscia, dopo la mancata partecipazione a Messico '70, lavora in altitudine, in Bolivia, in vista delle qualificazioni ai Mondiali 1974. La 'Squadra fantasma', guidata dall'idolo del 'Bocha', Omar Sivori, era dunque una sorta di formazione alternativa a quella composta dai campioni già affermati, che rimase invece ad allenarsi a Buenos Aires.

In una situazione di grave disorganizzazione dell'AFA, tale da costringere gli stessi calciatori a pagarsi vitto e allogio, i giovani argentini, che annoverano nelle loro fila, fra gli altri, anche Mario Alberto Kempes, disputa amichevoli non ufficiali e ottiene la qualificazione al Campionato del Mondo superando 1-0 la Nazionale boliviana. 'El Bocha' debutta ufficialmente 

Alla fine, benché Bochini sia una delle promesse più grandi del calcio argentino, non viene convocato dal Ct. Vladislao Cap, che in terra tedesca porta il blocco dell'Huracán formato da grandi giocatori come Brindisi, Houseman, Babington, Carrascosa. La sconfitta in amichevole con la Selezione rosarina prima della partenza per l'Europa, tuttavia, e la partecipazione tutt'altro che memorabile dell'Albiceleste, fa pensare che forse un posto per il giovane fantasista poteva esserci.

Se nel 1974 l'assenza del 'Bocha' è frutto di una scelta del Ct., nel 1978 non sembrano esserci dubbi sulla partecipazione del campione dell'Independiente ai Mondiali casalinghi. Bochini, del resto, disputa ben 5 partite nel percorso di avvicinamento, andando in campo nelle gare amichevoli con Brasile, URSS (affrontate entrambe due volte), Germania e Inghilterra. Ma salta le qualificazioni, nelle quali il Ct. Menotti gli preferisce José Daniel Valencia, Norberto Alonso e Ricardo Julio Villa, e al momento di stilare l'elenco dei convocati il suo nome non appare nemmeno stavolta.

La scelta in questo caso è politica: sono gli anni della spietata dittatura di Videla, e il Generale Carlos Alberto Lacoste, tifosissimo del River, vuole 'El Beto' Alonso nei 22 che parteciperanno ai Mondiali. A farne le spese è proprio Bochini, fortemente osteggiato dalla 'Hyena', il generale Luciano Benjamín Menéndez, cui pochi mesi prima aveva spento il sogno di vedere il suo Talleres laurearsi campione d'Argentina.

A Menotti è dunque imposto di non convocarlo: 'El Flaco', che non nutre certo simpatie per la Dittatura, è costretto ad ingoiare il boccone amaro ma si vendica, consegnando la 10 non ad Alonso, bensì a Mario Alberto Kempes, l'attaccante che diventerà il trascinatore dell'Argentina in quei Mondiali.

Ricardo Bochini LibertadoresWeb Independiente

L'anno dopo i Mondiali partecipa alla Copa America 1979, scendendo in campo contro il Brasile, e nel 1982 potrebbe finalmente essere inserito nell'elenco dei convocati per i Mondiali di Spagna, anche perché è nel pieno della sua carriera. Invece, in una squadra ricca di grandi nomi, è lui ancora una volta ad essere sacrificato. Così, per vedere Ricardo Bochini scendere in campo in un Mondiale, bisogna aspettare l'edizione di Messico 1986.

Maradona, che non faceva mistero di essersi ispirato anche a lui, chiede la sua convocazione al nuovo Commissario tecnico Carlos Alberto Bilardo, che non può non accontentare il Pibe de Oro. Il momento di gloria atteso una vita per Bochini arriva nella semifinale contro il Belgio, che, curiosamente, come l'Independiente, sono soprannominati 'I Diavoli Rossi'.

'El Diez' ha già imposto la sua legge, segnando una doppietta, e la finale è ormai alle porte quando, a 10 minuti dalla fine, Diego inizia a guardare con insistenza verso la panchina. Non ha problemi fisici e inizialmente non si capisce perché lo faccia. Tutto è più chiaro quando Bilardo invita Bochini, che ha sulle spalle l'inedito numero 3, a scaldarsi e poi lo manda in campo all'84'. 

'El Bocha' subentra al compagno di squadra Burruchaga e con visibile emozione fa il suo esordio ai Mondiali. Maradona lo accoglie regalmente:

"Benvenuto Maestro, - gli dice - la stavamo aspettando".

A fine partita, il fuoriclasse argentino dichiarerà ai giornalisti: 

"Quando ho visto entrare Bochini mi è sembrato di toccare il cielo con le mani, quindi la cosa che ho fatto è stato cercare lo scambio con lui. In quel momento ho sentito che stavo triangolando con Dio".

In finale il passaggio filtrante e improvviso con cui Maradona lancia Burruchaga nell'azione del 3-2 è un evidente omaggio a 'la Pausa' di Bochini. Anche lui il 29 giugno 1986 a Città del Messico è campione del Mondo, ma i 6 minuti finali di Argentina-Belgio resteranno gli unici giocati ai Mondiali dal 'Maestro', che chiuderà così, a 32 anni, con 12 presenze in gare ufficiali, la sua avventura controversa con la Selección.

"Ho giocato così pochi minuti che non posso sentirmi campione. - dichiara al 'Grafico' dopo il ritorno in patria - Felice? Quando sono entrato dalla panchina contro il Belgio, sì. Prima no, perché più passava il tempo più diminuivano le possibilità di giocare. Bilardo ha puntato su altri giocatori e, bene, bisogna accettarlo. Maradona? Non siamo amici, però parliamo… È un buon 'Pibe'".

Calle Bochini in Avellaneda

L'INFORTUNIO E IL RITIRO

Chiuso il capitolo Nazionale, con l'Independiente Bochini continua a giocare ad alti livelli fino agli anni Novanta. Nel 1988/89, superati i primi screzi con il club di una vita, vince la Primera División argentina. È il suo quarto e ultimo titolo nazionale. Ancora nel 1990 è protagonista di buone prestazioni in Copa Libertadores, torneo che vede l'Independiente eliminato nei quarti di finale dal River Plate dopo aver ottenuto con i venezuelani del Pepeganga la vittoria più larga della propria storia nella competizione (6-0).

Ma la morte del padre lo rende riflessivo e si rende conto che a 36 anni il suo fisico non è più quello dei tempi migliori e ormai fatica a schivare i colpi degli avversari. Continua comunque a deliziare i suoi tifosi con le sue giocate fino ad un triste 5 maggio 1991. I Diavoli Rossi giocano in casa contro l'Estudiantes, e Bochini, ricevuta palla sulla trequarti, si lancia verso la porta avversaria come era solito fare. Ma il difensore Pablo Erbín, con un'entrata killer all'altezza del ginocchio, lo mette k.o.

La preoccupazione assale tutti i tifosi dell'Independiente, 'El Maestro' è portato fuori dal campo in barella e la sua carriera è praticamente finita lì, dopo 19 anni in Prima squadra, con un totale di 714 partite, 108 goal, 4 tornei nazionali e 10 coppe internazionali.

Il 19 dicembre 1991 organizza la gara di addio al calcio giocato per salutare i tifosi di una vita, che non si capacitano come il loro idolo non possa più giocare. Dopo il suo ritiro, nel 2005 l'Independiente ha voluto omaggiare il suo campione con una statua bronzea davanti alla sede del club, mentre l'anno seguente gli è stata addirittura dedicata una via di Avellaneda. Sempre nel 2007 il suo nome è stato inserito nella Hall of Fame della Federcalcio argentina e nel 2008 gli è stato persino intitolato lo Stadio del Club Atlético Famaillá, che sorge nell'omonima città della Provincia di Tucumán e ha una capienza di 4 mila spettatori.

Nella vita privata è sposato dal 1997 con l'avvocatessa Graciela Suñé, e ha avuto da lei due figli, Ricardo Simón Bochini Suñé e Manuel Enrique Bochini Suñé.

Ancora oggi, quando i tifosi dei Diablos Rojos lo incontrano in giro per la città di Avellaneda, spesso lo salutano con il coro a lui dedicato: "Olelé olalá, Bochini es lo más grande del fútbol nacional (Bochini è il più grande del calcio nazionale)!" o "Bo-Bo-chini!".

Daniel Bertoni Ricardo Bochini Diego Maradona Miguel Santoro Ricardo Pavoni 02222020Getty Images

Il leggendario fantasista, dopo il ritiro, è stato anche protagonista di due ritorni in campo in età avanzata: il 25 febbraio 2007, a 53 anni Bochini ha nuovamente partecipato a una partita ufficiale, giocando nella Quinta divisione argentina per 42 minuti in forza al Barracas Bolívar. La sua squadra ha vinto 2-1 e si è qualificata al turno successivo del torneo. A 55 anni ha poi indossato nuovamente la maglia dell'Independiente nel torneo master Super 8, nella gara persa dalla Rappresentativa dei Diavoli Rossi contro il Boca Juniors. 

Uno come lui, dalle parti di Avellaneda, non lo vedranno mai più.

"Come spiegarvi chi era Bochini? - scriverà di lui Jorge Valdano, rivolgendosi ai più giovani che non lo hanno visto in azione - Era Woody Allen che giocava a calcio. Aveva un corpo insufficiente per qualsiasi cosa, la faccia tipica di un perdente, un talento pungente, veloce, immenso. Era come un ladro che ausculta una cassaforte inespugnabile mentre le sue dita cercano il segreto della combinazione; fino a quando all'improvviso… clic. Sì, un pallone giocato da lui apriva tutti i catenacci difensivi. Gli bastava un tocco: clic".

"Non abbiate fretta di giudicarlo: era un genio che usava la testa per pensare miracoli, il piede destro per realizzarli e il corpo per raccontare bugie gli avversari. - aggiungerà l'ex attaccante - Anche così, capisco che è difficile spiegare la sua grandezza a un europeo. Era la sintesi di tutti i vizi e di tutte le qualità più caratteristiche del giocatore argentino; ha saputo condensare una filosofia popolare che privilegia la tecnica e la creatività mentre condanna il sacrificio".

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