Florin RaducioiuGetty

Raducioiu, da protagonista assoluto di Mai dire Gol ad un super USA '94

Banner archivio storieGOAL

Bari, Verona, Brescia, Milan, Espanyol, West Ham, Stoccarda e Monaco. Tutte società molto diverse tra loro, con storie e blasone differenti, che però hanno una cosa in comune, o meglio un uomo: Florin Raducioiu.

La cosa potrebbe sembrare di per sé poco rilevante, ma la situazione cambia se si guarda il tutto da un’altra prospettiva: grazie alle esperienze in queste squadre, l’ex attaccante romeno è diventato il primo giocatore - sarà poi emulato da Stevan Jovetic - ad aver militato e segnato in tutti e cinque i principali campionati europei: Serie A, Primera Division, Premier League, Bundesliga e Ligue 1.

Un primato non da poco per un giocatore la cui carriera non è stata quella del semplice giramondo. La vita da calciatore ha infatti portato Raducioiu a toccare molte tappe, il tutto per un lungo saliscendi contraddistinto da qualche esperienza rivedibile, ma anche da punti che l’hanno portato a sfiorare, anche se non sempre da protagonista assoluto, le vette più alte.

Il primo ad intuire che Raducioiu potesse avere un qualcosa di speciale è colui che a conti fatti è semplicemente uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio: Mircea Lucescu.

E’ il 1986 e guida la Dinamo Bucarest quando decide di puntare sulle doti di quel ragazzino sedicenne. Lo promuove in prima squadra, lo fa esordire in campionato e gli prepara quel percorso che poi lo porterà ad essere considerato uno dei più precoci talenti del calcio dell’est.

“Quando arrivai mi resi conto che avevamo pochissimi giocatori del posto. Mi chiesi come fosse possibile tentare di migliorare senza avere calciatori nati e cresciuti da noi. Mi serviva questo tipo di gente per portare un certo tipo di spirito all’interno dello spogliatoio. Così ho iniziato a seguire gli allenamenti delle nostre giovanili, ho organizzato tornei per vedere i ragazzi all’opera e tra tutti quelli che ho osservato Raducioiu è stato insieme a Lupescu il primo che ho subito promosso in prima squadra. Fisicamente non era pronto, ma possedeva una velocità fantastica, sapeva attaccare gli spazi e colpiva molto bene il pallone”.

Raducioiu ripaga al meglio la fiducia che è stata riposta in lui e un paio di anni dopo è già titolare inamovibile di una squadra che riesce a spingersi fino ai quarti di finale di Coppa delle Coppe e che si piazza al secondo posto in campionato. L’anno della definitiva consacrazione è quella successivo: con i suoi goal, ben 14 in 24 partite, trascina la Dinamo alla conquista del titolo Nazionale, si guadagna le attenzioni di molti osservatori europei realizzando 4 reti in 8 partite di Coppe delle Coppe e suggella il tutto con una tripletta contro i rivali della Steaua che vale il trionfo in Coppa di Romania.

Questi exploit gli valgono, ad appena vent’anni, l’approdo in Nazionale maggiore ma anche il definitivo salto di qualità: per lui, che intanto in patria si è guadagnato il soprannome di ‘Van Basten romeno’ sono maturi i tempi per l’approdo nel calcio che conta.

Finisce nel mirino di diverse società, tra le quali il Bari che riesce a superare una folta concorrenza assicurandoselo a fronte di un esborso da circa quattro miliardi di lire. Quello che approda in Puglia è un giocatore che ha già un Mondiale alle spalle, ma che tuttavia deve ancora completare il suo percorso di crescita. Proprio in Italia prenderà la patente e sarà Vincenzo Matarrese, il presidente del club biancorosso, a regalargli la sua prima macchina: una Y10.

La sua prima stagione in Serie A è discreta: inserito in un reparto che prevede anche Joao Paulo (12 goal per lui in quel campionato) e Pietro Maiellaro, il giovane attaccante romeno contribuisce alla salvezza con 5 reti. La sensazione è quella che il Bari abbia tra le mani un talento sul quale ci sono i margini per lavorare, ma il club preferisce non insistere sul ‘progetto’ e al termine dell’annata lo cede al Verona.

Quella scaligera è una compagine appena tornata in Serie A e, nelle intenzioni della dirigenza, l’obiettivo è quello di vivere un campionato da protagonisti. Le ambizioni sono elevate e l’idea è quella di puntare su un attacco che abbia in Raducioiu il suo uomo di punta, innescato tal talento geniale di Dragan Stojkovic.

Gli ingredienti sono potenzialmente quelli giusti, ma mentre il campione jugoslavo si ritroverà costretto a fare i conti con una lunga serie di problemi fisici, l’attaccante romeno incapperà in una stagione così complicata da far cambiare completamente i giudizi di tutti.

Florin Raducioiu VeronaGetty

Non solo infatti il suo bottino di reti in campionato sarà di appena 2 in 30 partite, ma mostrerà limiti sotto porta tali da diventare sinonimo stesso di ‘goal fallito’. Così mentre a Verona si guadagna il soprannome di ‘Radecio’, la Gialappa’s Band fa di lui uno dei protagonisti assoluti di una trasmissione televisiva, poi passata alla storia, che era incentrata proprio sugli errori dei calciatori: Mai dire Gol.

Mentre sul campo le cose non vanno bene, all’interno del noto programma Tv scala senza sosta la classifica del ‘Pippero’, ovvero quella dei giocatori con la peggior media voto, e le sue ‘gesta’ diventano serbatoio inesauribile per la rubrica ‘Questo lo segnavo anch’io’.

“Fu una stagione sfortunata quella. Se avessi segnato la metà dei goal sbagliati avremmo certamente avuto più possibilità di salvarci. E’ normale che in molti sia rimasto il ricordo dell’attaccante che sbagliava tante reti”.

La parentesi veronese si chiude nel più amaro dei modi, ma c’è un allenatore che crede in lui più di chiunque altro e che lo conosce come nessuno: Mircea Lucescu.

Ha appena riportato il Brescia in Serie A e per rafforzare il gruppo decide di puntare su una colonia di giocatori romeni. Arrivano quindi Sabau, Mateut, Raducioiu e soprattutto il ‘Maradona dei Carpazi’: Gheorghe Hagi.

Inserito nel giusto contesto e favorito dalle giocate del fuoriclasse prelevato dal Real Madrid, Raducioiu risponderà sul campo ai più critici. I goal in campionato saranno ben 13 in 29 partite, ma non basteranno ad evitare una retrocessione arrivata dopo la sconfitta nello spareggio contro l’Udinese. La delusione è enorme, ma intanto si è guadagnato la chiamata di quella che all’epoca era una delle squadre più forti del pianeta: il Milan.

“Senza Lucescu non sarei diventato un calciatore. E’ stato il mio mentore, colui che ha creduto in me e che mi ha dato delle possibilità. Mi ha insegnato a giocare, ma anche altre cose importanti nella vita. A Brescia sono rinato grazie a lui. Due o tre volte alla settimana mi faceva fare esercizi specifici dopo l’allenamento. In quella stagione sono cresciuto incredibilmente e poi è arrivata la firma col Milan”.

Raducioiu, che in carriera mai più riuscirà ad andare in doppia cifra in campionato, viene visto come l’elemento ideale per rafforzare un reparto che già comprende Papin, Massaro, Savicevic, Simone, Laudrup, Lentini ed un Marco Van Basten che in realtà non riuscirà mai a mettere piede in campo poiché infortunato. Ad attenderlo c’è quindi un ruolo di attaccante di scorta che deve farsi trovare pronto soprattutto in campionato, visto che in Europa deve scontare una squalifica di cinque turni comminatagli per aver dato uno schiaffo ad un arbitro ai tempi della Dinamo Bucarest. Fondamentalmente riuscirà a svolgere il ruolo per il quale era stato acquistato.

Al termine della stagione i goal in campionato saranno stati 2 in 7 presenze e ad essi ne andranno aggiunti un altro paio (uno in Champions League ed uno in Coppa Italia) che lo porteranno a quota 4 nelle 14 partite complessive in rossonero (tra le quali spicca quella da titolare nella sconfitta in Coppa Intercontinentale contro il San Paolo), ma soprattutto il suo palmares si sarà arricchito con una Supercoppa Italiana, uno Scudetto ed una Champions League.

Quanto fatto gli basterà per guadagnarsi una convocazione per il suo secondo Mondiale, ma non per una riconferma al Milan. Anni dopo sarà il suo mentore, Lucescu, a svelare perché il club decise di cedere l’attaccante.

“Parlai con Capello di Raducioiu e gli spiegai quali erano le sue qualità. Per me era un motivo d’orgoglio professionale vederlo al Milan. A Brescia aveva segnato molto e non era facile arrivare a certe cifre in Italia, ma la sua carriera in rossonero è durata poco. Giocò e segnò contro il Belgio in Nazionale, ma quando il giorno dopo Capello gli disse che lui avrebbe giocato titolare la domenica, rispose che aveva male alla caviglia. Capello gli chiese ‘Il mercoledì giochi con la Nazionale senza dolore e adesso ti fa male la caviglia?’. Raducioiu era come un bambino, andava coccolato, mentre Capello lo trattava come un professionista quando lui non era pronto”.

Ancora una volta quindi Raducioiu si riscopre costretto a ripartire da zero e da una nuova squadra, ma intanto quello che non può sapere è che ad attenderlo c’è il vero picco della sua carriera.

Quella che affronterà la spedizione ad USA ’94 sarà infatti la migliore Romania di sempre e lui, all’interno di un gruppo composto tra gli altri da Petrescu, Popescu, Monteanu, Dumitrescu e la stella Hagi, reciterà un ruolo da protagonista assoluto.

Titolare inamovibile in attacco, segnerà due goal all’esordio contro la Colombia e altri due in un quarto di finale contro la Svezia che poi vide la Romania sconfitta ai rigori. Quattro reti in cinque partite ed un posto tra i migliori marcatori del torneo. Paradossalmente, il momento più alto della sua vita da calciatore, si trasformerà poi anche nel suo più grande rimpianto.

“Chiunque ha dei rimpianti a questo mondo, io ne ho sia a livello professionale che a livello personale. Sul profilo professionale il più grande è legato alla mancata qualificazione alle semifinali di USA ’94. In tanti sono felici di ricordare quei momenti, ma io continuo a pensare da allora a quella partita con la Svezia. Non siamo riusciti a gestire alcuni minuti di quella gara e la cosa si è rivelata fatale”.

Raducioiu ripartirà poi dall’Espanyol, club nel quale riuscirà finalmente a giocare per due anni di fila, e poi inizierà quel lungo girovagare che lo ricondurrà anche in Italia, ancora al Brescia, e che lo porterà ad essere il primo calciatore a giocare e segnare in tutti i maggiori campionati Europei.

Dal punto di vista realizzativo non toccherà mai grandi vette e non metterà più in bacheca altri titoli, ma si toglierà la soddisfazione di partecipare ad un ultimo grande evento: gli Europei del 1996.

“Mi dispiace aver rinunciato alla Nazionale troppo presto, ad appena 26 anni. Gli Europei furono disastrosi per noi ed io mi feci da parte a causa di problemi con Iordanescu ed il suo staff. A distanza di anni ho capito che avrei dovuto lottare di più, anche se sentivo che stavo perdendo il mio posto in quella squadra. Ho lasciato nel pieno dei miei anni migliori. Forse se avessi continuato oggi sarei il miglior realizzatore della storia della Romania”.

Ha realizzato 21 goal in 40 partite con la maglia della Romania, quindici in meno di Hagi e Mutu che però di presenze ne hanno totalizzate 125 e 77. Vista la sua media realizzativa forse avrebbe potuto realmente farcela, ma la cosa non avrebbe probabilmente cambiato la storia.

Raducioiu, in Italia almeno, viene ricordato come un attaccante dalla buona tecnica e dai movimenti giusti al quale però al momento di concludere capitava sempre qualcosa. Viene insomma ricordato più per i goal che ha sbagliato, piuttosto che per quelli che ha segnato.

Pubblicità