Scrivi Perugia e pensi a Luciano Gaucci. Alzi la mano chi non è stato rapito da quel Grifone, fatto di giocatori provenienti da ogni angolo del pianeta e capace di regalare stagioni adrenaliniche.
I Gaucci gestiscono il club dal 1991 al 2005, anno in cui ne viene decretato il fallimento: 14 stagioni tra alti, bassi, colpi ad effetto (vedi il tentativo di ingaggiare la tedesca Prinz) e un'ascesa lenta ma appassionante. Chi ama il calcio, non può esserne rimasto indifferente.
Luciano Gaucci - scomparso nel febbraio del 2020 - prova a trasmettere il proprio DNA vulcanico e verace (la lite con Matarrese nella pancia del 'Curi' al termine di un Perugia-Bari è storia), costruendo pezzo per pezzo il suo giocattolo. L'Associazione Calcio Perugia, rilevata dalle mani di Elvio Temperini dopo aver lasciato la vicepresidenza della Roma. Serie C, poi la B e l'approdo in A, fino ad uno storico trionfo in Intertoto propedeutico all'unica partecipazione in Coppa UEFA.
GoalL'era Gaucci registra i suoi momenti migliori ad inizio 2000, quando patron Luciano scommette su Serse Cosmi affidandogli la panchina: è nel suo ciclo che i biancorossi toccano l'apice, approdando in Europa e sfiorando una finale di Coppa Italia. Appena prima, con Carletto Mazzone alla guida, il goal di Calori nel diluvio del 'Curi' che toglie lo Scudetto alla Juve e lo consegna alla Lazio.
"Il giovedì andai negli spogliatoi, chiamai tutti i giocatori e dissi loro: ragazzi, io vivo e lavoro a Roma e non posso rischiare la pelle per colpa vostra - si legge in una vecchia intervista di Gaucci a 'Panorama' - Quindi dovete battere la Juve. Se non ci riuscite, vi porto a tutti per due mesi in tournée in Cina durante l'estate. Avevo già fatto fare i biglietti per la Cina. I giocatori erano atterriti".
"Nell'intervallo arriva il finimondo, un metro d'acqua. Vado dal designatore degli arbitri e gli faccio: se vi azzardate a sospendere la partita, io non faccio giocare domani i miei giocatori e con l'ordine pubblico succede un casino. Collina era l'arbitro e andò a testare il campo: era un disastro ma trovò un pezzetto dove il pallone rimbalzò e si riprese a giocare. La prospettiva di due mesi in Cina fece diventare i miei giocatori 11 leoni".
Getty ImagesQuella di Gaucci è una linea 'naif' e coraggiosa, voluta e battuta per l'intera gestione, caratterizzata da acquisti esotici e profili italiani in quel momento sconosciuti: ai Cristiano Lucarelli, agli Allegri, ai Marco Negri, ai Gattuso, Storari, ai Grosso, ai Materazzi, ai Di Loreto, ai Liverani e ai Baiocco, stagione dopo stagione - chi prima chi dopo - sono accorpati nomi improbabili pescati all'estero, spesso e volentieri per una manciata di euro. Qualcuno di loro si sa imporre, altri toppano venendo rispediti al mittente o bocciati seduta stante.
In tal senso, inutile dire come la 'stella' del Perugia di Gaucci non possa essere che Hidetoshi Nakata, giunto in Umbria tra curiosità e stupore generale nell'estate del '98 dopo aver giocato i Mondiali francesi col suo Giappone.
" Per me Gaucci con quel ragazzino ha fatto proprio un colpaccio. Questo non solo sa giocare al calcio, ma può diventare un autentico business - le parole di Mariano Borgognoni, allora presidente della Provincia, a 'Repubblica' - Noi il fenomeno Nakata dobbiamo ancora capirlo. Studiarne le implicazioni e possibilmente sfruttarlo meglio di quanto si sia fatto finora. Questo signore renderà un servizio enorme alla città di Perugia e a tutta la regione. Il turismo dall'Oriente è già abbastanza intenso, ma noi stimiamo che i flussi possano aumentare a dismisura".
Insomma, al 'Curi' calcio, interessi e folklore si intrecciano. E Nakata ne è l'emblema. Diciotto mesi e poi via verso la Roma giallorossa a peso d'oro, per la gioia delle casse societarie (40 miliardi delle vecchie lire). Un mood che piace ed intriga, anche perché nel frattempo la crescita continua e il campo regala gioie.
La portata dell'affare Nakata non fa però finire in soffitta altri innesti ad effetto, vedi l'attaccante croato Milan Rapaic (l'uomo del goal di mano al Napoli con tanto di '1' in pagella) o il bomber - almeno nelle attese - venuto dall'Ecuador Ivan Kaviedes. Entrambi punte come Ahn Jung-hwan, passato da oggetto misterioso a 'nemico' dell'Italia ai Mondiali del 2002, in cui la Nazionale del Trap viene sbattuta fuori proprio dalla Corea del Sud del perugino con gli occhi a mandorla autore del golden goal decisivo. Un qualcosa che al ragazzo costa caro...
"Sono indignato! Lui si è messo a fare il fenomeno soltanto quando si è trattato di giocare contro l'Italia - tuona Gaucci alla 'Gazzetta dello Sport' dopo la partita - Io sono nazionalista e questo comportamento lo considero non soltanto una comprensibile ferita al mio orgoglio di italiano, ma anche un'offesa ad un Paese che due anni fa gli aveva spalancato le porte".
"Da noi si è sempre comportato da modesto comprimario e poi torna a casa e si mette a fare l'extraterrestre. Mi pento anche come presidente: noi lo abbiamo fatto crescere nel nostro calcio e alla fine ci accorgiamo che ci siamo rovinati con le nostre stesse mani. Io non intendo più pagare lo stipendio a uno che è stato la rovina del calcio italiano".
Ad Ahn va malissimo, ma di certo non va meglio a Ma Mingyu (l'ilarità, nel pronunciarlo, si spreca): il primo cinese del campionato italiano dura un paio di partite, non si ambienta e viene scaricato. Postilla fondamentale: il Perugia lo confonde e compra il calciatore sbagliato.
"Su Ma ci fu un errore - rivela Cosmi a 'Calcio Totale' - Quando andarono a vederlo, lui aveva il numero quattro ed era un nazionale. In realtà il giocatore visionato fu Li Tie che poi andò in Premier. Quando arrivò a Perugia noi eravamo convinti che Ma fosse Li Tie. Facemmo l’amichevole a Grosseto e lì mi vennero un po' di dubbi. Giocatore discreto ma non quello che avevo visto. Alessandro Gaucci se ne accorse e mi disse sorridendo: Mister, abbiamo sbagliato".
I Gaucci in Asia pescano a piene mani: nel 2001 dall'Iran ecco Ali Samereh, professione cecchino, in patria 'Mister Goal'. Parte col botto e viene paragonato ad Inzaghi: morale? Presenze sette, reti zero.
Getty ImagesE il figlio di Gheddafi?
"Con lui ero amico personale - spiegò Gaucci sempre a 'Panorama' - Per far togliere l’embargo alla Libia il colonnello voleva incontrare un membro della famiglia Bush. Attraverso Frank Stella riuscimmo a combinare un incontro col fratello di Bush padre e la cosa andò benissimo. Sono andato nella sua tenda varie volte e una di queste il figlio mi chiede di venire a giocare nel Perugia. Costava niente, era un bell’investimento di immagine e quindi, perché no? Era simpatico. Come calciatore? Un bravo ragazzo, ha anche giocato un quarto d’ora in serie A".
Scommesse fallite, ma anche vinte: Coly, Diamoutene, Rezaei e Dellas in difesa ne sono un esempio, così come Christian Obodo e Nicolas Cordova a centrocampo o il gigante australiano Kalac tra i pali. Bothroyd fa sognare ma si spegne alla distanza, Zisis Vryzas vive un triennio di tutto rispetto guadagnandosi la Fiorentina a suon di goal, Zé Maria è quello che ha meno bisogno di presentazioni.
Inoltre, tra un Miccoli, un Ravanelli, un Ibou Ba e un Oscar Cordoba - portierone colombiano preso dal Boca - nel Perugia di Gaucci transitano anche i vari Rudi, Kocic, Docabo, Versavel, Emmers, Hilario, Lehkosuo, Tapia, Guiñazú, Spann, Maury, Dasoul, Alioui e Loumpoutis. Una squadra 'mondiale', è proprio il caso di dirlo.
Quattordici anni sull'ottovolante, coi Gaucci al comando: nel 2004 - con la discesa in B certificata dallo spareggio contro la Fiorentina - Luciano lascia le redini al figlio Alessandro, che in cadetteria (amara la doppia finale playoff persa col Torino) vive da presidente l'ultima stagione prima che il tribunale sancisca il fallimento dell'AC Perugia.
E' il capolinea di un maxi-ciclo all'insegna di gioie, dolori e passione: a prescindere, una storia che ha acceso il calcio italiano.


