GOALPer raccontare Jay Bothroyd un libro non sarebbe male. Talentuoso, fumantino, ma anche di vedute ampissime, quelle che a inizio anni 2000 lo portano in Italia: al Perugia.
È il Perugia di Luciano Gaucci,uno che con le scommesse andava a nozze: colpi low cost, nomi improbabili e un modo di fare calcio che lungo lo Stivale ha incuriosito e stupito producendo emozioni. Il compianto patron umbro, nel 2003/2004, si ritrova col Grifone in Europa per la prima volta nella storia e Serse Cosmi al timone. Campagna acquisti senza top player bensì pittoresca, in pieno stile Gaucci, nella quale è incluso anche Bothroyd.
GettyCentonovanta centimetri, ben strutturato, piede mancino: Bothroyd proviene dal nord di Londra, è 'british', ma un 'british' non raffinato. Jay cresce nelle difficoltà, nessuno gli regala nulla, è un po' testa calda: a 18 anni scende dal treno dei sogni mentre viaggia verso la gloria. L'Arsenal lo aveva alleva e lo forma, lui si guadagna l'Under 21 inglese, ma fresco maggiorenne i Gunners lo scaricano: motivo? Il ragazzo perde la ragione al momento di un cambio durante un match con le giovanili dei Gunners, si toglie la maglia e la scaglia verso la panchina. Croce nera.
"Piuttosto che vendermi avrebbero potuto gestire la cosa in modo diverso, ma ammetto che avevo una mentalità un po' aggressiva", afferma alla 'BBC'.
"Andavo in giro con piantagrane, persone che infrangevano la legge, derubavano persone, rubavano - spiega inoltre a 'The Score' - Gente che si beccava 15 anni di carcere per crimini: con loro ci andavo a scuola. Mi sono tenuto fuori da queste cose grazie al calcio, ero sempre al parco con mio padre ad allenarmi, ma possedevo questo tipo di amicizie. Dentro ero un tipo nervoso".
Il Coventry fiuta maretta e se lo assicura per un milione di sterline tenendoselo 3 stagioni, finchè non gli scade il contratto e si accasa a costo zero al Perugia. Dalle Midlands alle colline dell'Umbria: Bothroyd si unisce alla Cosmi 'band' e la conduce al trionfo in Intertoto.Una favola in piena regola, con goal decisivo al Wolfsburg nella finale d'andata. Jay diventa subito beniamino del 'Curi', le premesse per sfondare ci sono tutte: in Serie A a 21 anni, un incastro perfetto.
"Giocavo contro calciatori che usavo su Pro Evolution Soccer. Ogni singola squadra possedeva una leggenda. Ricordo di aver scambiato magliette ad ogni partita".
GettyL'annata di Bothroyd a Perugia, però, rappresenta l'emblema della sua carriera: tanto potenziale, ma poca linearità in termini di approccio e continuità. Risultato: 39 presenze, 7 goal, Grifone retrocesso in B e cessione. Tra l'altro, prima di Tammy Abraham, era stato l'ultimo inglese a segnare in casa in Serie A.
Un anno in prestito al Blackburn, poi il sì definitivo al Charlton dopo il fallimento degli umbri. Di cui, ad ogni modo, Jay conserva ricordi piacevoli e stravaganti.
"Ho sempre voluto giocare in Italia: guardavo la Serie A ogni domenica con mio padre - confida in un'intervista a 'Four Four Two' - ma quando sono arrivato a Perugia, nessuno parlava inglese. E’ stata dura, spendevo anche 7mila euro di telefono".
"Un giorno Gaucci per scherzare mi disse 'Jay, dirò ai giornali che acquisteremo la calciatrice svedese Hanna Ljungberg, così ti sentirai più a casa'... Giocare a Perugia è stato bello, un'esperienza fantastica. Gaucci ha fatto pazzie, ma era divertente".
A conferma dell'imprinting naif di quella rosa, la presenza in organico di Saadi Gheddafi, figlio dell'ex leader libico Muʿammar con cui Bothroyd stringe amicizia.
"Era scarso, non era bravo. Però aveva quote del club, gli piaceva il calcio e si allenava con noi. Era un biliardario e andava ammirato perché sudava con noi ogni giorno. E poi è stato grazie a lui che ho conosciuto mia moglie a un compleanno. Gheddafi era una persona corretta, gentile: chiedeva consigli sulle punizioni al telefono a Maradona e come personal trainer aveva Ben Johnson".
"Non è mai stato un tiranno. È stato sempre gentile. È venuto al mio matrimonio, ha pagato la mia luna di miele. Con lui ho vissuto molte belle esperienze".
Bothroyd saluta Perugia dopo appena una stagione calando nel rendimento parallelamente alla discesa in B della squadra, ma spunta un retroscena: al giro di boa del campionato, l'impatto super dei primi mesi gli vale l'interesse dell'Inter!
"Era gennaio del 2004, l'Inter aveva tanti infortunati e in quel momento chiesero di me - rivela l'inglese a 'The Italian Football Podcast - Gaucci sparò un prezzo ridicolo e la trattativa si arenò subito. All'epoca ero davvero incazzato perché si trattava dell'Inter, ma anche il presidente me la pose in modo scherzoso, del tipo: 'Ahah, abbiamo appena rifiutato un'offerta', e ricordo di aver pensato 'Cosa? Hai appena rifiutato un'offerta dell'Inter?!". Gaucci volle tenermi a Perugia".
Lo chiamano The Snake (Il Serpente) perchè a dispetto della stazza sa sgusciare dalle marcature avversarie, tra i vari tattoo presenti sul corpo anche la scritta 'LOVE' disegnata con un fucile e una granata a mo' di lettere: valori ma un'indole ribelle, Bothroyd può essere sintetizzato così.
GettyAl pari di Gaucci, anche Capello viene colpito dalle qualità del ragazzo: nel 2010, quando Don Fabio è ct dell'Inghilterra, nonostante Jay militi in Championship premia i suoi goal col Cardiff convocandolo in Nazionale. Quella da subentrato in un'amichevole con la Francia, resterà l'unica apparizione coi 'Tre Leoni'.
"Se fossi stato in forma e senza tutti gli infortuni di quel periodo, ci sarebbe stata la possibilità di giocarci ancora. Ma i tempi erano sbagliati".
Il carattere caldo migliora in Asia, dove dopo altre stagioni in patria tra Wolves, Stoke, QPR e Sheffield Wednesday, Jay sceglie di trasferirsi. E dove fino a un anno fa - oggi ha 40 primavere - Bothroyd indossa gli scarpini. Prima una tappa in Thailandia, poi il Giappone, l'attuale habitat di Jay.
"I soldi che mi avevano offerto erano tanti e questo mi ha aiutato a prendere la mia decisione, ma dopo il precampionato, quando ho giocato contro alcune squadre, ho capito che il livello era scarso. E' difficile essere motivati quando lo standard è così basso, il campionato era disorganizzato".
In Oriente però il calcio è in fase di sviluppo, gli investimenti si sprecano e il 'Nippon' lo strega: un anno allo Jubilo Iwata, dal 2017 all'Hokkaido Consadole di Sapporo, club nel quale decide di stabilizzarsi diventando idolo dei tifosi e bomber della squadra. E con cui trova un equilibrio emotivo, fino all'addio ad inizio 2022 con la decisione di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo.
"Andare in Giappone mi ha calmato - dichiara a 'The Athletic - Soprattutto nei miei anni più giovani ero famoso per avere un carattere nervoso e problemi di atteggiamento, mentre venire qui mi ha insegnato a mordermi la lingua. Mi sono addolcito".
Durante il suo percorso da calciatore, oltre a dover scacciare il passato difficile, Bothroyd deve combattere anche i demoni dell'epilessia.
"In campo ho avuto solo una crisi: nel 2017 in Giappone, durante un allenamento, ma non ha influenzato la mia carriera. Prima di quell'episodio nessuno sapeva che ne soffrissi, poi un sacco di gente ha iniziato a dirmi che non avrebbe permesso ai propri figli epilettici di fare sport, ma vedermi in campo ha dato loro la convinzione di poter cambiare idea".
"Non voglio che venga considerata una malattia. Puoi realizzare tutti i tuoi sogni. Devi essere responsabile, ma puoi ottenere tutto ciò che vuoi. Voglio aiutare le persone a capirlo e ad aumentare la loro consapevolezza".
A Sapporo, Bothroyd si è trovato a meraviglia.
"Avevo offerte per andare in Cina per più soldi, avevo proposte per tornare in Inghilterra: non ho voluto. Mi piace la vita qui, mi piace giocare a calcio qui. Il livello è buono, il calcio è molto tecnico e gli stadi e le strutture sono davvero belle".
Il talento messo in mostra da adolescente prometteva ben altro percorso, ma Jay è felice lo stesso.
"Per le capacità che ho e che avevo quando ero più giovane, se il mio atteggiamento fosse stato migliore, ovviamente sarei potuto anche restare all'Arsenal. Ma non ho rimpianti, perchè in quel caso non avrei incontrato mia moglie in Italia e non sarei venuto in Giappone".
"Da piccolo al parco ripetevo che volevo giocare per il mio Paese ed elencavo i calciatori che volevo incontrare, contro cui alla fine ho giocato. Ho fatto tutto ciò che desideravo".
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