Di Francesco CagliariGetty Images

L'avventura di Di Francesco al Cagliari: dalla luce al buio in 6 mesi

Quando Eusebio Di Francesco arriva a Cagliari, la città è un mare di luce. Una folla di tifosi è lì ad aspettarlo al terminal degli arrivi. Sono i primi giorni di agosto, i mesi più duri sembrano alle spalle e l’estate profuma di novità e speranza. Sbarca con la solita eleganza che l’ha contraddistinto in questi anni in panchina. Il suo completo antracite risalta sotto i flash di tifosi e giornalisti. Le emozioni balbettano. Si nasconde dietro un paio di occhiali scuri e una mascherina del club con le sue iniziali ricamate. Esce dal terminal e sparisce su una macchina inghiottita nel caldo della città.

Certe volte è difficile credere che il sole sia lo stesso sole in tutte le parti del pianeta. Pensate per un’isola. A Cagliari le ombre di febbraio hanno nascosto la luce di agosto. E dire che la linea dell’orizzonte appariva così limpida.

Nell’era di Tommaso Giulini Eusebio Di Francesco è il nome che forse più di tutti ha acceso un’idea, scaldato una visione e elettrizato gli umori. Un tecnico schivo, riflessivo, razionale, che ha la grande dote di saper apprezzare il presente e saper stare ovunque. Di respirare la tranquillità e il profumo della provincia emiliana, ma di ballare e scatenarsi negli eccessi di Roma. Uno che, terminata la carriera da calciatore, si era ritirato a Pescara e viveva gestendo uno stabilimento balneare. Un personaggio più da romanzo che da serie Netflix.

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Dopo i tre mesi sfortunati a Genova con la Samp, ecco che Cagliari era un gratta vinci troppo importante da strofinare e riscuotere. Una città che urla con i silenzi e ti setta su un fuso orario tutto suo. Con quei colori che in certe giornate di ottobre non hanno bisogno di filtri o saturazioni. La profondità buca lo schermo.

Di Francesco sembrava quindi la scelta più logica per aprire un nuovo corso rossoblù. Un allenatore che si è conquistato la Serie A e poi l’Europa con le sue idee e i suoi principi. Senza scendere a compromessi, ma rafforzando le proprie convinzioni. Quel 4-3-3 da leggere così tutto attaccato senza colpi di fiato che ha incuriosito e incantato il primo ciclo Sassuolo. Dagli inserimenti delle mezze ali ai tagli continui e ripetuti degli esterni. Quel calcio propositivo e moderno, che oggi va così di moda. Un laboratorio creativo di provincia, da esportare anche nell’isola.

Hitchcock diceva che c’è qualcosa di più importante della logica: è l’immaginazione. Nessuno avrebbe mai immaginato di vedere la squadra sarda al terz’ultimo posto dopo il girone d’andata. Così come nessuno – o la maggior parte – avrebbe pensato a un dietrofront del presidente Giulini dopo il rinnovo di poche settimane fa.

Un solo punto raccolto quattro partite dopo la sconfitta di Genova ha rimesso tutto in discussione. La matematica ha azzerato la filosofia e i numeri hanno divorato le parole. La Serie A non è film di Hitchcock. La realtà e la logica pesano ancora più dell’immaginazione.

Cragno CagliariGetty Images

Oggi che Eusebio Di Francesco saluta la Sardegna resta più delusione che rabbia tra i tifosi. Quell’illusione di cosa sarebbe potuto essere il Cagliari ma non è stato. Quelle aspettative spazzate via dal maestrale che fischia forte sull’isola. Un’idea incompiuta che avvolge e offusca il giudizio. Forse sono davvero i nostri progetti più ambiziosi a tradire maggiormente il grado della nostra insicurezza. E dire che le premesse sembravano ottime.

Un tecnico con esperienza internazionale, abituato a valorizzare i giovani, con il desiderio di rilanciarsi in una società pronta per il grande salto. Una rosa di qualità irrorata dalla leadership di Godin e le conferme di Cragno, Joao Pedro e Nandez.

Neanche il ritorno di Radja Nainggolan sembra aver scosso un gruppo ancora anestetizzato. Quel calcio così rapido, fluido, memorico voluto e chiesto si è visto a singhiozzi. L’idea è rimasta solo una bozza. I dubbi hanno masticato le certezze. Il Cagliari ha cambiato spesso moduli, girando gli interpreti ma senza mai dare davvero l’impressione di aver trovato un undici definitivo. A cominciare dalla punta. Dopo un avvio di stagione prepotente con aspirazioni anche da grande club il Cholito si è spento e si è intristito. L’allenatore rossoblù l’ha poi preferito per un breve periodo a Pavoletti, reduce da un lungo infortunio. Due buoni calciatori, ma con caratteristiche e adattamenti completamente diversi. Così come la collocazione tattica del suo capitano Joao Pedro. La fase offensiva è centrale nell’idea di calcio di Di Francesco: come svilupparla allora se non è chiara la scelta lì davanti?

In una stagione così compressa gli infortuni di Godin e Rog hanno responsabilizzato e fatto emergere Walukiewicz e Marin. Due giovani con grandi qualità e aspettative ma forse non ancora pronti per guidare la difesa e il centrocampo rossoblù. Nella crisi di risultati e identità ci sono state però delle note positive. La crescita di Zappa e Sottil è merito di Di Francesco che li ha voluti e lanciati senza paura. Il terzino ex Pescara è una delle rivelazioni di questa stagione: i numeri sono lì a testimoniare un futuro tutto da scrivere. Così come quello di Cragno: ormai stabilmente tra i migliori portieri italiani in circolazione.

Eppure tutto questo non è bastato. Il Cagliari annaspa nelle ultime posizioni. Preoccupano i risultati ma soprattutto l’identità di una squadra ancora indecifrabile. Toccherà ora a Leonardo Semplici provare a mettere un po’ di ordine e risollevare un ambiente sfiduciato.

Dicono che le domande più impegnative sono quelle che ti costringono a mentire. Chissà allora cosa avrà pensato in queste ultime settimane Eusebio Di Francesco. Se si darà dato delle risposte. O dei giudizi. Venerdì sera al 93’ all’ennesimo pallone lanciato lungo per una spizzata di Pavoletti o Cerri, ha allargato le braccia quasi sconsolato. Voleva che si provasse a giocare, anche se mancava poco, anche se il destino pareva segnato e l’esito quasi scontato. Con quella solitudine nello sguardo che lo avvolgeva mentre si agitava negli ultimi istanti sulla panchina rossoblù. Forse aveva già visto tutto. E da uomo razionale e intelligente qual è aveva capito.

Quando arrivò ad agosto quella luce di novità illuminava tutta la città. Oggi, sei mesi dopo, il cielo sopra Cagliari è nero come il fondale del suo mare.

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