Kulusevski JuventusGetty Images

Kulusevski e la Juventus: un patrimonio tecnico da valorizzare

Quanto è difficile saper aspettare nel mondo del calcio? Un esercizio apparentemente semplice, ma ad alto coefficiente di difficoltà. I tifosi, chi più chi meno, vogliono tutto e subito. Dunque, non c'è pazienza. Nemmeno dopo nove scudetti di fila e svariati trofei nostrani.

Certo, chi tifa Juventus è abituato a competere annualmente per i titoli che vanno per la maggiore, ma l'attualità impone nuove riflessioni. Da associare a una politica di ringiovanimento, atto coraggioso ai tempi del Covid, caratterizzata dall'inserimento in organico di diversi giovani chiamati a costruire i successi del domani. Senza snobbare l'oggi, tra speranza e fede calcistica.

Dejan Kulusevski, certamente, è molto più di una speranza. A maggior ragione constatando quanto proposto nella passata stagione al Parma, autore di un campionato mostruoso.

E, al primo anno in bianconero, qualcosa di interessante s'è visto. Luci e ombre, sì, ma con la netta sensazione che il ragazzone di Stoccolma - con cittadinanza macedone - possa esplodere da un momento all'altro. A patto, però, che trovi la zona di campo a lui più congeniale.

Qui, fondamentalmente, si gioca la partita. Perché in tono originario, acquistato in piena era Sarri, Kulusevski avrebbe dovuto iniziare la sua avventura torinese fungendo da esterno d'attacco in un canonico 4-3-3.

Simultaneamente si sarebbero dovuti allargare gli orizzonti tattici: operando - in maniera atipica - tra le linee. Insomma, partire da una posizione defilata per poi accentrarsi e sprigionare il doppio binomio qualità-velocità. Proprio come andato in scena alla corte di D'Aversa tra le fila gialloblù.

Con Andrea Pirlo, invece, è cambiato il percorso. Esordio, in qualità di seconda punta, con la Sampdoria: goal. Testato a tutta fascia nella trasferta capitolina contro i giallorossi: flop. Provato, qua e là, da atipica pedina a supporto degli attaccanti: non bene. Dopodiché, a causa dell'indisponibilità di Dybala, cammino puro da centravanti. D'altro canto, i numeri non mentono: 35 presenze, 5 reti e 4 assist. 

Quello che sarebbe dovuto diventare un percorso in pieno stile apprendistato, invece, s'è rivelato - a causa degli eventi - qualcosa di più netto.

Con annessa e inevitabile pressione, forse eccessiva per un giocatore che ha sì le spalle larghe ma anche 20 anni. La gradualità, mai come in questo caso, avrebbe dovuto rappresentare la prassi. Invece, complice la scelta voluta di snobbare il mercato di gennaio, Kulusevski s'è ritrovato a dover dividere il peso dell'attacco con Cristiano Ronaldo. 

Comunque andrà a fine, comunque, sarà stata un'annata calcistica formativa. In primo luogo perché Kulusevski, rapidamente, ha compreso cosa significhi indossare la maglia della Juve. E poi perché la Signora ha capito di avere tra le mani un diamante da sgrezzare. Ma guai a creare equivoci tattici.

Il confine, da questo punto di vista, è molto sottile. Imparare a saper fare tante cose e bene rappresenta sicuramente un pregio, tuttavia può rivelarsi pure un limite. Meglio - in fase embrionale - fotografare coerentemente la situazione. Meglio portare Dejan a specializzarsi in un ruolo. Che, senza giri di parole, non può essere quello di seconda punta. Così come un eventuale futuro da centrocampista, ora, non sembrerebbe scaldare oltremisura gli umori della Continassa. 

Occhi puntati, inoltre, agli Europei. Mettendo da parte i dissapori con il ct della Svezia Janne Andersson, che nelle ultime ore ha voluto tendere la mano al 44 bianconero:

"Le parole al veleno su Kulusevski dei mesi scorsi? Rivangare i vecchi rancori non serve a niente. Abbiamo risolto ciò che era da risolvere e abbiamo trovato un modo per andare avanti".

Pubblicità