Cristiano Ronaldo Andrea Pirlo Juventus Benevento 21032021Getty Images

Juventus: soliti errori e solite giustificazioni

Alle volte si ha la netta impressione che Andrea Pirlo parli ancora da calciatore e non da tecnico. Sentore che assume una valenza totale dopo le dichiarazioni rilasciate dal condottiero juventino al termine dell'umiliante sconfitta contro il Benevento: "Ci sono errori individuali, un allenatore può fare poco, non può entrare nella loro testa".

Obiezione: non funziona proprio così. Anzi, intervenire sulla preparazione mentale dei giocatori dovrebbe rappresentare una priorità. E, invece, il 41enne di Flero non sembrerebbe aver maturato questa corrente di pensiero. Chiaro segnale, quindi, di come i ragionamenti alla Continassa vertano esclusivamente sull'aspetto tecnico-tattico.

La Juve è una squadra apatica, priva di mordente e anima, contrassegnata da un centrocampo mediocre. Chiaramente non tutti i problemi si possono attribuire alla modestia dei metodisti, ma il cuore del campo - da sempre - richiede due ingredienti imprescindibili: quantità e qualità. Ecco, la Signora non ha né l'una né l'altra.

Vivacchia trascinata dagli eventi. Una volta Rabiot su di tono, un'altra in versione impalpabile. Arthur ad accendere la luce, poi l'erroraccio degli erroracci. E così via, senza certezze, e con un monte ingaggi al limite del grottesco per profili normali, piatti e invendibili.

Nell'ultimo biennio, pur spendendo soldoni, Madama s'è trascinata evidenti limiti strutturali. C'è Sua maestà Cristiano Ronaldo, ma è assente la coralità necessaria affinché il portoghese rappresenti un valore aggiunto e non un lusso.

Ci sono diversi elementi da 7 milioni netti annui, approssimando per difetto, che ai tempi del Covid cozzano contro i concetti di sostenibilità e progettualità. E ci sono, soprattutto, troppi interrogativi circa un futuro nebuloso.

Dall'obiettivo - dichiarato - del decimo scudetto di fila, passando per un posto in zona Champions. La stagione juventina, con il trascorrere dei mesi, è cambiata diametralmente e drammaticamente.

Un cammino impronosticabile a inizio stagione, diventato realtà a suon di battute a vuoto. Basti pensare all'eliminazione rimediata agli ottavi dell'Europa che conta contro un Porto tutto fuorché trascendentale, basti pensare (bis) al game over tricolore a marzo. Imperdonabile, a maggior ragione analizzando il costo della rosa; con annessi 200 milioni investiti.

La Juve è un insieme di (troppe) cose che non funzionano, che non si limitano solamente all'approccio e all'atteggiamento. Dunque, è giunto il momento delle scelte: magari impopolari, ma nette. Che non dovrebbero rappresentare un problema per una società che fa del decisionismo un autentico punto di forza. L'ibrido, insomma, non va più di moda. 

In tutto ciò, per evitare che il sotto esame diventi sotto processo, Pirlo è chiamato a cambiare il corso degli eventi. Al rientro dalla sosta nazionali gli impegni contro Torino e Napoli segneranno indelebilmente il destino dell'annata juventina e, probabilmente, anche quello del bresciano. Due prove da non sbagliare, per evitare che la crisi sfoci nella catastrofe. Perché a quel punto parlare di superstiti avrebbe persino del delittuoso. 

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