Joe MontemurroGetty Images

Australia, Svizzera e Italia: le tappe di Montemurro da calciatore

Gli ex giocatori sono i migliori allenatori? Un ritornello ricorrente nel mondo del calcio ma non solo. Il quesito è anche il titolo della tesi con cui Joe Montemurro ha ottenuto il patentino da allenatore ‘UEFA Pro’. L’attuale tecnico della Juventus Women, infatti, prima di intraprendere una pluridecorata carriera da coach - che lo ha visto eccellere anche sulle panchine di Melbourne City e Arsenal - è stato calciatore seppur per un breve periodo e senza risultati altisonanti.

Nato a Melbourne nel 1969, Joseph Adrian Montemurro porta in dote evidenti origini italiane, più precisamente lucane. I genitori, infatti, sono nati entrambi a Grumento Nova, una piccola cittadina in provincia di Potenza prima di emigrare dal Belpaese, in seguito agli strascichi della Seconda Guerra Mondiale, per stabilirsi a Melbourne dove verranno alla luce sia Joe che i suoi fratelli. 

Il calcio diventa da subito il tessuto connettivo della sua vita. Montemurro vi si avvicina all'età di sette anni sviluppando una certa attrazione nei confronti dell'Arsenal - squadra che in futuro conoscerà molto da vicino - della quale riceve in regalo dal fratello la replica del kit ufficiale da gioco.

La scintilla vera e propria, però, scocca nel 1978, precisamente durante l'estate dei Mondiali in Argentina:

"Il mio amore per il calcio risale ai Mondiali del 1978. Ero solo un bambino di otto anni che, a Melbourne, guardava le partite in bianco e nero in televisione. Il torneo si disputava in Argentina e, date le mie origini, facevo ovviamente il tifo per l'Italia ma sopratutto fu proprio in quell'occasione che mi innamorai definitivamente del gioco". Ha dichiarato nel 2018 al sito ufficiale dell'Arsenal.

Gioco diventa ben presto presente e futuro. Joe decide di lanciarsi in questa nuova avventura e muove i primi passi con il pallone tra i piedi vestendo la maglia del Brunswick Juventus, un club di Melbourne fondato nel 1948 nel quale militavano i figli di tutte quelle famiglie che verso la fine degli anni quaranta hanno lasciato un'Italia devastata dalla guerra per trasferirsi in Australia alla ricerca di quella serenità e di quella stabilità ormai venute irrimediabilmente meno tra i confini nazionali.

Il nome è già di per sè un indizio. Il Brunswick Juventus, infatti, si ispira dichiaratamente al ben più celebre club piemontese e, non a caso, i giocatori scendono in campo con una casacca a strisce bianconere con tanto di zebra in bella vista sul logo.

Per la famiglia quel gioco così popolare rappresenta una novità assoluta. In tal senso, infatti, Joe è il precursore di casa Montemurro. Nè i suoi genitori nè i suoi fratelli hanno mai giocato nemmeno a livello amatoriale e di conseguenza tocca a lui gestire ogni aspetto della sua nuova vita da calciatore.

La passione, in questi casi, è puro carburante. Tra grande applicazione e sacrifici - come ad esempio uscire di casa al mattino con il pullman e fare rientro soltanto in tarda serata - riesce a superare tutti gli step necessari che lo conducono sino all'esordio tra i professionisti all'età di 16 anni.

Debutta nella vecchia National Soccer League australiana collezionando una manciata di presenze in maglia zebrata ma è in qualità di centrocampista della formazione giovanile - la nostra Primavera, per intenderci - a togliersi le maggiori soddisfazioni: gioca con continuità nella Victorian Premier League vincendola in due occasioni tra il 1986 e il 1988.

In assenza di materiale che misuri il livello delle sue performance lungo il rettangolo verde, per capire che tipo di giocatore sia stato Joe Montemurro bisogna chiederlo direttamente a lui:

"Immagino che vi starete chiedendo che tipo di giocatore fossi, e questo è il tipo di domanda in cui devo bilanciare l'essere egoista e l'essere umile. Ero un centrocampista ma probabilmente non uno dei giocatori più aggressivi, ero praticamente il regista, quello che prendeva la palla da dietro per poi impostare il gioco. Penso che giocare in quella posizione mi abbia aiutato a capire un po' di più il gioco". La sua spiegazione ad 'arsenal.com'.

In quegli anni gli viene persino offerta una borsa di studio all'Australian Institute of Sport, uno dei college più prestigiosi dell'intero paese situato a Bruce, una cittadina a nord di Canberra. Un'offerta allettante ma non sufficiente per allontanarlo da quel sogno intrapreso e coltivato contando solamente sulle proprie forze.

Joe ringrazia ma declina, sceglie nuovamente il campo e nell'estate del 1988 arriva la chiamata che stava realmente aspettando: quella dell'Europa. A bussare alla sua porta c'è la formazione svizzera del Neuchatel Xamax. Gli elvetici gli offrono la possibilità di prendere le misure con il calcio del 'Vecchio Continente' e dopo sei mesi spesi all'interno del settore giovanile si materializza il primo incontro con l'Italia, conosciuta a sprazzi e perlopiù per questioni familiari.

Nel 1989 sbarca nel luogo dove la sua famiglia ha messo le radici e firma con il Potenza, in Serie C2. Quella in terra potentina, però, sarà soltanto un'apparizione quasi del tutto incolore (giocherà soltanto nelle giovanili) perché nel 1991 non cambia categoria ma si sposta ottocento chilometri più a nord per difendere i colori del Treviso.

In Veneto rimarrà per quattro stagioni dal 1991 al 1995 senza lasciare segni indelebili del suo passaggio italiano. A 28 anni decide che è giunto il momento di dire basta. Lascia il calcio giocato e fa ritorno in Australia, terreno fertile per dare forma alla sua nuova ambizione:

"Avevo 28 anni quando ho deciso di appendere le scarpe al chiodo, un'età molto giovane per un calciatore. Non era a causa di un infortunio o qualcosa del genere, volevo solo ricominciare la mia vita in Australia e sapevo che avrei dovuto fare quel salto in giovane età se volevo intraprendere il mio percorso da allenatore. Sono tornato al mio vecchio club, il Brunswick Juventus, e ho iniziato come allenatore 'junior'".

Il resto è storia e fa rima con Green Gully, Melbourne Knights, South Melbourne, Sunshine George Cross, Coburg United e Port Moresby, ossia le sue prime esperienze da tecnico. Poi, nel 2015, l'inizio della sua avventura nel calcio femminile dove si afferma come uno dei migliori timonieri su scala internazionale: Melbourne Victory, Melbourne City, Arsenal ed infine Juventus.

Di nuovo il bianco e il nero nel suo destino. Come quei Mondiali visti in tv nel 1978, come la maglia del Brunswick. Dove tutto è cominciato.

Pubblicità