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Franco Baresi, il 'Piscinin' diventato 'Kaiser Franz': l'eterno capitano del Milan e della Nazionale

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"[Baresi] era il migliore quando non aveva la palla, perché riusciva a leggere il gioco, riusciva a capire quello che sarebbe successo, e non c'è stato mai nessun altro giocatore come lui che ha capito così bene fisicamente lo spazio come è capitato a lui" - Werner Herzog, regista austriaco

Chiudendo gli occhi, lo vediamo ancora lì, su un campo verde, a fermare in scivolata un attaccante, o, sollevato il braccio, con quel suo gesto divenuto quasi proverbiale, chiamare il fuorigioco. Oppure ancora, recuperata la sfera, lanciarsi in progressione verso il centrocampo e imbastire l'azione offensiva.

Con Franco Baresi siamo di fronte ad uno dei più grandi liberi che la storia del calcio abbia mai avuto, il più forte in Italia assieme a Gaetano Scirea, di cui sarà considerato il legittimo erede. Scartato dall'Inter, dopo aver vissuto gli anni bui della Serie B, scriverà con il Milan e la Nazionale azzurra, le uniche due squadre con cui gioca in carriera, pagine indelebili, sfiorando nel 1989 il Pallone d'Oro.

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I due soprannomi avuti in carriera, 'El Piscinin' da giovane e 'Kaiser Franz' in età matura, quando sarà accostato a Franz Beckenbauer, sono significativi del suo percorso. Al di là del suo sconfinato palmarès e delle vittorie, restano nell'immaginario collettivo il suo coraggio, la capacità di essere da esempio per tutti gettando il cuore oltre l'ostacolo, il carisma e la leadership silenziosa. E quella maglia numero 6, che ha portato tante volte sulle spalle ed è stata per sempre ritirata dal club.

L'INFANZIA DURA E IL 'NO' DELL'INTER

Franco Baresi, registrato all'anagrafe dai suoi genitori come Franchino, nasce a Travagliato, nella campagna bresciana, l'8 maggio 1960. L'infanzia, umile, è scandita dai ritmi della vita agricola. Franco, come i suoi fratelli Angelo e Beppe, di 2 anni più grande di lui, e sua sorella Lucia, conduce un'esistenza umile e di sacrifici, e da bambino si divide fra la scuola e l'oratorio, dove inizia a giocare a calcio.

A casa Baresi il bagno è all'esterno e l’acqua calda non c'è. Per lavarsi i bambini devono riscaldare la tinozza con il fuoco del camino. Intanto a Travagliato nasce l'U.S.O. (Unione Sportiva Oratorio), che diventa così la Prima squadra dei fratelli Baresi. Franco gioca da terzino o stopper.

"Io sono cresciuto in questo casale di campagna, umile, semplice - dirà -, c'era una solidarietà, c'era uno spirito di sacrificio, c'era una disponibilità, tutti principi che poi mi sono anche portato dietro per tutta la vita, credo che sia questo un po' il segreto della mia indole, quello che sono".

Ma il fato colpirà duramente: i fratelli Baresi perdono prima la madre Regina nel 1971 per una brutta malattia, quindi qualche anno dopo papà Terzo in un incidente con il trattore. Franco, a soli 14 anni, si ritrova così orfano di entrambi i genitori.

Ma nella tragedia del dolore, la loro fortuna è trovare sulla loro strada persone buone.

"Ho dovuto lottare duramente - racconterà -. Però ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste, a partire dal parroco del paese, don Piero Gabella: un costruttore di sogni. Aveva capito che spingere i ragazzi a coltivare la propria passione li avrebbe portati a un risultato. Il suo oratorio, a Travagliato, provincia di Brescia, era una fucina di talenti. In me aveva visto che c’era stoffa, e ha saputo spronarmi".

C'è poi Guido Settembrino, l'allenatore dell'Unione Sportiva Oratorio, che nel 1974, dopo la morte del papà, decide di portare anche Franco a fare un provino con l'Inter.

"Prima di morire - ricorderà a 'La Repubblica' - la signora Regina, la mamma di Franco e di Beppe, me li aveva raccomandati".

Beppe era stato preso nel 1972 e aveva iniziato il suo percorso in nerazzurro, diverso il destino di Franco che a 14 anni è invece scartato. Non perché non sappia giocare, ma per il suo fisico esile e una statura (un metro e 64 centimetri) che non convince. Fra coloro che lo esaminano nel provino c'è anche Italo Galbiati.

"Devi crescere - gli dicono - magari torni il prossimo anno".

Per il giovane Franco, biondino con i capelli a caschetto e un carattere timido e chiuso, arriva un'altra delusione.

Hermanos BaresiInternet

'EL PISCININ' AL MILAN E LO SCUDETTO DELLA STELLA

Ma Settembrino vuole mantenere fede alla parola data alla signora Regina. Così non si arrende e, su invito di Italo Galbiati, passato nel frattempo a lavorare per il Settore giovanile del Milan dopo aver lasciato l'Inter, lo porta a fare dei provini con il Milan.

Anche qui però c'è diffidenza: Franco fa una partitella da terzino e viene scartato, un'altra da stopper e la sorte è identica. Il terzo provino è quello buono: Franco è provato da libero, e questa volta arriva l'agognato sì. A vederlo all'opera ci sono Nereo Rocco, Gianni Rivera e Giovanni Trapattoni.

Il club rossonero compra Franco dall'U.S.O. per un milione e mezzo di Lire e una clausola:

"Vi daremo un milione per ogni centimetro di crescita in più oltre il metro e settanta".

Nel 1974 inizia così un cammino lungo ben 23 anni, 20 in Prima squadra, con la maglia rossonera sulle spalle. Viene subito trasferito a vivere Milanello. Qui divide la stanza numero 4 con Gabriello Carotti, attaccante dai piedi buoni, dal carattere se possibile ancora più taciturno di Baresi.

Franco grazie anche alla giusta alimentazione e agli allenamenti si struttura fisicamente e cresce di altezza, intanto fa la trafila nelle Giovanili, giocando per gli Allievi A e gli Allievi B. Un giorno Pippo Marchioro, tecnico rossonero, chiede un giovane difensore per un'amichevole non ufficiale.

Gli mandano il giovanissimo Baresi, che durante la partita, quando ha la palla con i piedi, si lancia in progressione ad impostare l'azione offensiva. Al termine della gara, negli spogliatoi Marchioro si avvicina a Franco.

"Scusa giovanotto, ma io avevo chiesto un difensore...".

Ma Marchioro, cultore della zona, è un tecnico rivoluzionario per l'epoca e apprezza non poco la personalità dimostrata dal giovane libero.

"Bravo, bravo - gli dice -, tu continua così".

Per Franco sono parole paterne, che gli fanno acquisire fiducia in se stesso. Tornato negli Allievi, ritrova Italo Galbiati, che accompagnerà poi la sua carriera da professionista per oltre 20 anni. Intanto il massaggiatore Paolo Mariconti si affeziona a lui, e diventa per Franco un po' un secondo padre. È proprio lui a ribattezzarlo 'El Piscinin', ovvero 'Il Piccoletto' in dialetto milanese, quando vede che la maglia del Milan gli va di due taglie più grande.

Nel 1977/78 il libero passa nella Squadra Primavera, guidata da Francesco Zagatti. Disputa il Torneo di viareggio e le altre competizioni giovanili, percepisce uno stipendio di 20 mila Lire al mese e gli vengono assicurati vitto e all'alloggio a Milanello. Oltre ai duri allenamenti, frequenta l'Istituto per geometri a Milano. Quando però nel 1977 è aggregato alla Prima squadra di Nils Liedholm, deve lasciare gli studi.

Il suo primo ritiro lo fa a 17 anni a Vipiteno. È cresciuto, ora è alto un metro e 76 centimetri, e il peso è salito a 70 chilogrammi. Lega con Fulvio Collovatti, il più giovane del gruppo della Prima squadra, mentre i grandi, come Fabio Capello, gli danno poca confidenza. Il 31 agosto 1977, Liedholm lo lancia in amichevole al Rigamonti contro il Brescia (1-1).

Anche Mariconti passa in Prima squadra e presto il giovane libero diventa per tutti 'El Piscinin'. L'allenatore svedese punta molto sui giovani e non si fa problemi ad utilizzarli quando l'occasione lo richiede.

Così accade anche per Franco Baresi. Nella primavera del 1978, quando il libero titolare 'Ramon' Turone è squalificato, Liedholm se lo prende in disparte e gli dice:

"Domenica giochi tu".

Il 23 aprile 1978, ancora diciassettenne, Baresi esordisce in Serie A al Bentegodi contro il Verona.

"Albertosi non si fidava. Mi diceva sempre: 'Che fai, stai attento!' - ricorderà -. Ero confuso, avrei voluto rispondergli anche male. Ma come potevo?".

Con Baresi in campo, il Milan supera 2-1 in rimonta il Verona con i goal di Bigon e di Buriani su rigore nel secondo tempo. Il giovane libero mette subito in mostra il temperamento e una personalità non comuni per uno così giovane. Negli spogliatoi si imbatte in Nereo Rocco, che lo squadra e gli dice:

"Ciò, mona, te ga zogà anca ti?", ovvero "Ehi, sciocco, adesso fanno giocare anche te?".

Baresi arrossisce, e mentre i suoi compagni più grandi ridono, va a nascondersi sotto la doccia per l'imbarazzo. Intanto Rivera lo promuove e ai microfoni dei cronisti profetizza:

"Questo ragazzo farà strada".

Il giorno dopo i giornali gli danno un bel 7 in pagella, lo stesso voto dato proprio all'ex Pallone d'Oro. È l'inizio di una lunga storia fra Franco Baresi e i colori rossoneri.

In quella stagione colleziona soltanto altre 2 presenze in Coppa Italia nelle vittorie con il Taranto per 2-0 e con la Juventus per 4-2. Ma è chiaro a tutti che il futuro è suo.

"È il libero del futuro", sentenzia il Direttore sportivo Sandro Vitali.

Liedholm però non vuole bruciarlo, così per la stagione 1978/79 per il ruolo di libero sperimenta anche l'esperto Albertino Bigon. Nelle amichevoli estive quest'ultimo gioca il primo tempo e Franco il secondo, ma Baresi è quello che dimostra il miglior rendimento fra i due e alla fine 'Il Barone' promuove 'El Piscinin'.

"Tu quest'anno sarai il libero titolare".

Il 15 agosto 1978 per il 'Torneo Città di Milano' si gioca a San Siro la sfida Milan-Flamengo. Baresi è titolare con il numero 4, e ad un certo punto, quando vede capitan Rivera portare troppo palla gli grida:

"Allora, me la passi?".

E ai giornalisti nel dopo gara assicura:

"Il ragazzino ha un buon carattere".

Fatto sta che a 18 anni Baresi diventa dunque titolare in Serie A. Il 12 novembre 1978 affronta per la prima volta sua fratello Beppe da avversario nel Derby della Madonnina. Vince il Milan 1-0 (goal di Maldera). Di sfide fratricide ne seguiranno altre 27, sempre all'insegna del sano confronto e della lealtà.

Gianni Rivera, Franco Baresi, AC MilanGetty

Con la sua freschezza giovanile e la personalità Franco dà un contributo importante per la vittoria dello Scudetto della stella, con 30 presenze cui somma 4 apparizioni in Coppa Italia e 6 in Coppa UEFA. È ufficialmente sbocciato in rossonero un grande talento.

Baresi ha in quel momento un contratto da 20 milioni di Lire all'anno, ed è proprio Rivera a chiedere e pretendere che al libero fosse dato un premio Scudetto da 50 milioni. Franco, neopatentato, li investe nell'acquisto di una golf grigia.

"Il presidente Felice Colombo pagava bene - racconterà nel suo libro 'Un amore chiamato Milan' -, la comprai per nove milioni. Ero felice perchè avevo appena preso la patente".

DAGLI ANNI BUI DELLA 'B' A SACCHI

Baresi si ritaglia sempre più un ruolo da protagonista nel Milan dopo l'addio dei grandi vecchi, ma nel 1980 l'arrivo di Massimo Giacomini al posto di Liedholm coincide con risultati deludenti per la squadra, che esce al Primo turno di Coppa dei Campioni contro il Porto.

Baresi fa quel che può, ma lo spogliatoio non è più unito come un tempo e quando scoppia lo scandalo del Totonero la squadra rossonero è coinvolta. Il Milan da terzo viene declassato all'ultimo posto con la Lazio per delibera della C.A.F. e al termine della stagione 1979/80 retrocede per la prima volta nella sua storia in Serie B.

In panchina è confermato Giacomini, sostituito a fine anno con Galbiati, e i rossoneri vincono il torneo cadetto e risalgono prontamente nella massima Serie. Nel 1981/82 la squadra, affidata a Gigi Radice, è motivata a far bene ma dopo le prime gare Franco avverte qualcosa che non va.

Un giorno, con una smorfia evidente di dolore sul volto, deve lasciare Milanello su una sedia a rotelle. Nell'ambiente c'è naturalmente grande preoccupazione. Una malattia misteriosa lo aveva buttato giù, impedendogli persino di camminare. Si parla di pubalgia, di un'infezione, di un'infiammazione, di possibili reumatismi. Il libero peggiora e non riesce a rimettersi in piedi.

Si teme persino un cancro che possa costringerlo ad appendere prematuramente gli scarpini al chiodo, mentre la squadra, che lui aveva lasciato al 7° posto, precipita in classifica e viene affidata di nuovo a Italo Galbiati.

Invece dopo tre mesi e mezzo di inattività totale, arriva il miracolo: Baresi si ripresenta a Milanello sulle sue gambe e con la faccia dura di quando vinceva un contrasto importante con un attaccante avversario. Torna ad allenarsi e si scopre che la causa di tutto sarebbe stato un virus del sangue piuttosto raro. Baresi, ancora una volta, era uscito palla al piede da una situazione molto difficile.

Il libero rivede il campo in Serie A dopo 4 mesi il 31 gennaio 1982 nella sconfitta esterna con la Fiorentina (0-1). Il 4 aprile 1982, a San Siro, contro la Roma, il libero segna anche il primo goal in carriera in Serie A contro la Roma, che si impone 2-1.

Il suo ritorno non basterà ad evitare una retrocessione, la seconda in tre anni, questa volta arrivata per demeriti sportivi.Nell'ultima giornata i rossoneri superano 2-3 il Cesena, tuttavia il Genoa pareggia all'ultimo minuto contro il Napoli e spedisce il Diavolo nuovamente all'inferno della Serie B.

La conquista della Mitropa Cup il 12 maggio 1982, grazie al 3-0 in finale sugli cecoslovacchi del Viktovice, non mitiga l'amarezza. Per Baresi, che segna su calcio di rigore il primo dei tre goal rossoneri, il trofeo è comunque di fatto il primo vinto in carriera a livello internazionale.

Giussy Farina, subentrato a Colombo, perché quest'ultimo era stato squalificato nell'ambito dello scandalo scommesse, decide di puntare sui giovani e di affidare la squadra a Ilario Castagner. Se i big vanno via e anche Collovati è ceduto all'Inter, Franco Baresi, che ormai fa parte anche lui della Nazionale, rimane.

Non cede alle lusinghe della Sampdoria, con il presidente Paolo Mantovani disposto a offrire miliardi per lui. Anzi, addirittura è promosso capitano della squadra, a soli 22 anni. Diventa così il più giovane a indossare la fascia al braccio nel calcio professionistico italiano.

"Il Milan è la mia vita", afferma Franco. E sarà così.

Il giovane capitano guida la squadra alla pronta risalita in Serie A e si afferma stabilmente fra i migliori liberi del panorama nazionale. Nel massimo campionato i rossoneri risalgono lentamente la china, finché, dopo l'addio di Farina e il rischio fallimento, nel 1986 Silvio Berlusconi non rileva la proprietà della società e ne diventa presidente.

È la svolta anche per la carriera di Baresi. Il Cavaliere nel 1987 affida la panchina all'emergente tecnico Arrigo Sacchi e inizia la leggenda del Grande Milan, che vedrà Baresi, ribattezzato di lì a poco 'Kaiser Franz', per l'accostamento con Franz Beckenbauer, fra gli elementi chiave.

Il libero compone infatti con Tassotti, inizialmente Filippo Galli, poi Alessandro Costacurta, e Paolo Maldini, una difesa molto forte che lui guida con il carisma del leader. Le immagini simbolo di quelli anni sono lui che con il braccio alzato chiama il fuorigioco prima che l'arbitro lo fischi e la maglia numero 6 rigorosamente fuori dai calzoncini.

Franco Baresi MilanGetty Images

I rossoneri vincono subito lo Scudetto 1987/88 superando in rimonta il Napoli di Maradona, e Baresi può festeggiare il secondo Tricolore 9 anni dopo il primo.

"Sacchi - dirà Baresi - Ti imponeva il divertimento di fare pressing, il divertimento di rubare la palla all’avversario. Tutte cose che dovevano esaltarci, non avvilirci".

Con la zona il gioco di Baresi è esaltato, il capitano è il leader e la bandiera, l'ultimo baluardo e il primo regista della squadra.

"Per me è stato il più grande difensore italiano - dirà di lui Arrigo Sacchi a 'Il Giornale' - e gli sarò per sempre molto riconoscente per quello che mi ha dato come atleta e come uomo. Aveva una grinta incredibile, era un esempio straordinario per tutto il gruppo. Parlava poco ma pesava tanto nello spogliatoio".

Con i tre olandesi, i titoli iniziano ad arrivare a grappoli: Baresi partecipa da protagonista a tutti i grandi trionfi dell'era Sacchi: arricchiscono il suo palmarès una Supercoppa Italiana, 2 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali e 2 Supercoppe europee.

"Il ricordo più bello è la prima coppa dei Campioni vinta a Barcellona il 24 maggio 1989 - dirà a 'La Gazzetta dello Spor't - . Per tanti anni avevo guardato i successi degli altri e mi chiedevo sempre se un giorno avrei provato anch'io quella gioia. Quando ho sollevato quella coppa, mi sembrava di sognare".

Franco Baresi AC Milan Champions LeagueGetty Images

Nel 1989 sfiora il Pallone d'Oro, piazzandosi 2° nella classifica finale alle spalle del suo compagno di squadra Marco Van Basten e davanti ad un altro compagno, Frank Rijkaard.

"Ci sono andato vicino - dichiarerà 'Kaiser Franz' a 'Il Corriere dello Sport' - ma davanti a me arrivò un campione come Marco Van Basten, quindi non ho rimpianti".

Negli anni di Sacchi allenatore Franco si dimostra anche un abile rigorista. Nella stagione 1989/90, con 3 rigori trasformati nel rotondo 6-0 sul Messina, entra nella storia eguagliando il record di goal in una sola gara di Coppa Italia, che Altafini aveva stabilito nel 1966. Tutt'oggi non superato.

Grazie al penalty trasformato nella partita successiva con l'Atalanta, inoltre, Baresi diventa anche Capocannoniere della Coppa Italia 1989/90. Ma quel goal, segnato dopo che il Milan non restituì una rimessa laterale, lui non lo ricorda con particolare piacere.

"Mi arrabbio ancora tutte le volte che mi accusano di aver segnato quel rigore a Bergamo contro l' Atalanta, in Coppa Italia, quando il Milan non restituì una rimessa laterale - spiegherà a 'La Gazzetta dello Sport' -. La verità è che io ero dietro e non mi accorsi di nulla. Nessuno mi fece capire che cosa era successo, prima che io calciassi il rigore. Soltanto dopo mi spiegarono tutto quando ormai avevo segnato. Ma se lo avessi saputo prima, non avrei segnato. E comunque, se posso, chiedo scusa ancora adesso".

BARESI IN NAZIONALE: DA SPAGNA '82 AL RIGORE DI PASADENA

L'unica altra maglia indossata da Franco Baresi nella sua carriera calcistica oltre a quella del Milan, è stata quella azzurra della Nazionale italiana.

L'avventura in azzurro per Baresi è precoce e le prime partite il libero rossonero le gioca nell'Italia Under 21 guidata da Azeglio Vicini. Proprio quest'ultimo il 29 aprile 1980 fa un esperimento che stupisce tutti: Baresi come centrocampista contro l'URSS nel ritorno dei quarti di finale dell'Europeo di categoria.

Franco fa il suo, l'Italia gioca bene ma è eliminata dalla forte Unione Sovietica, che all'andata si era imposta 3-1. Il giocatore del Milan, a 20 anni è fra i convocati di Enzo Bearzot per gli Europei del 1980.

Vede i suoi compagni piazzarsi quarti dopo una lotteria dei rigori infinita con la Cecoslovacchia. Superato il brutto virus che lo aveva messo k.o. nel 1981, Bearzot lo inserisce anche nella lista dei 22 convocati per i Mondiali di Spagna '82.

Franco anche qui è in vesti di turista, non gioca mai ma può fregiarsi come tutti i componenti della spedizione del titolo di Campione del Mondo. Quasi un risarcimento del destino, come vedremo.

Per l'esordio in campo bisogna invece attendere il 4 dicembre 1982. A Firenze scende in campo ancora come centrocampista nella gara pareggiata 0-0 con la Romania e valida per le qualificazioni ad Euro '84. Alla lunga l'impiego in un ruolo che non sente suo, porta Franco a sbottare contro Bearzot, che dal canto suo voleva farlo coesistere con Gaetano Scirea.

La rottura è insanabile e Baresi viene escluso dai convocati per Messico '86. Torna in Nazionale subito dopo, quando l'erede di Bearzot, Azeglio Vicini, proprio colui che lo aveva sperimentato in mezzo al campo, lo promuove come libero titolare della sua Nazionale.

Young Franco Baresi ItalyGetty Images

Baresi diventa così in azzurro l'erede di Scirea e in queste vesti partecipa ad Euro '88 e ai Mondiali di Italia '90, i primi da protagonista. Entrambe le manifestazioni sono però poco fortunate per i colori italiani: in Germania gli Azzurri escono in semifinale con l'URSS, mentre in casa propria è l'Argentina di Maradona ad eliminarli in semifinale. Battendo l'Inghilterra arriverà un 3° posto che lascia grande delusione. Il libero azzurro figura comunque nella top 11 del Mondiale.

Il 3 novembre 1990, contro l'URSS, Baresi diventa il nuovo capitano dell'Italia, ereditando la fascia da Beppe Bergomi. Nell'ottobre del 1992 annuncia il suo addio alla Nazionale, ma la Federazione riesce a convincerlo a tornare sui suoi passi.

Torna e mantiene il suo ruolo da capitano anche nella gestione di Arrigo Sacchi, con il quale partecipa ai Mondiali di USA '94. Nella seconda gara del girone contro la Norvegia, però, il capitano azzurro si rompe il menisco. Va sotto i ferri e inizia subito il recupero. In altri tempi il trauma avrebbe significato addio al torneo, Baresi invece torna in campo 25 giorni dopo, il 17 luglio 1994, contro il Brasile nella finalissima di Pasadena.

"Il mister dopo l'operazione mi venne a trovare in camera e mi disse: 'Franco, se vuoi rimanere, rimani, noi siamo felici. Però sappi che dobbiamo arrivare fino in fondo, nel caso tu potresti giocare ancora' - racconterà -. E allora decisi di rimanere, ma mai avrei pensato di giocare una partita".

Invece gioca una partita da applausi, fermando a più riprese il temutissimo Romario. Ma non basta, dà disponibilità a Sacchi per battere uno dei rigori finali che decideranno chi è campione del Mondo. A Baresi il Profeta di Fusignano affida il primo. Fosse stato qualche anno prima, probabilmente, avrebbe trasformato con facilità.

Franco però, che è un generoso, non li calcia più un rigore da qualche anno. Dopo la rincorsa ha il corpo all'indietro e colpisce così il pallone, che finisce altissimo sopra la traversa. Resosi conto dell'errore, il capitano azzurro si inginocchia ed è stravolto. L'immagine resta impressa nella storia dei Mondiali.

Franco Baresi Brazil Italy World Cup 1994Getty Images

I successivi errori di Massaro e Baggio, e la vittoria del Brasile, lo fanno esplodere poi in un pianto a dirotto. Baresi è inconsolabile, pienamente consapevole che un'altra occasione così non ricapiterà. Una cicatrice che non si riemarginerà mai.

"Io non cancello nulla, nemmeno i due anni in serie B e le partite per la Mitropa Cup - dirà a 'La Gazzetta dello Sport' - . Ma di quella finale mondiale persa contro il Brasile preferisco ricordare che quel giorno giocai la mia migliore partita in Nazionale".

Disputa ancora una partita, il 7 settembre 1994 a Maribor contro la Slovenia, gara valida per le Qualificazioni ad Euro '96 (1-1), poi lascia definitivamente la Nazionale dopo 81 presenze e un solo goal, segnato all'URSS in amichevole il 20 febbraio 1988 (4-1 per l'Italia). Sono invece 16 con 2 reti le apparizioni fra Italia Under 21 e Nazionale Olimpica.

IL MILAN DI CAPELLO: LE VITTORIE E IL RITIRO

Conclusa l'era Sacchi nel 1991, dopo anche il triste epilogo delle luci di Marsiglia, che costeranno al club una squalifica di un anno a livello internazionale, Berlusconi affida la panchina rossonera a Fabio Capello. Con il friulano alla guida, i rossoneri rinascono e chi dava Baresi e compagni come "finiti" dovrà ricredersi.

I rossoneri vincono 3 Scudetti di fila (1991/92, 1992/93 e 1993/94) e nel 1991/92 senza mai perdere nemmeno una gara. Nasce il mito degli 'Invincibili'. Arrivano altre 3 Supercoppe italiane e, sebbene Franco non possa giocare la finale perché squalificato, la terza Coppa dei Campioni/Champions League della sua carriera, conquistata ad Atene contro il Barcellona.

Un anno prima una nuova grande amarezza, la sconfitta in finale a Monaco di Baviera contro l'Olympique Marsiglia, dopo una cavalcata trionfale.

"È il ricordo più brutto che conservo - dirà a 'La Gazzetta dello Sport' -, perché avevamo vinto tutte le partite prima di quella ed eravamo nettamente più forti".

Sempre nel 1994 il Milan di Capello conquista contro il Parma anche la sua terza Supercoppa europea. Baresi, ormai simbolo del calcio italiano e del Milan, dopo le delusioni di USA '94, gioca in rossonero le sue ultime tre stagioni, caratterizzate da alti e bassi, e da un nuovo ruolo, non più da libero ma da centrale difensivo.

Fa in tempo a vincere il suo 6° Scudetto, sempre con Capello alla guida, nel 1994/95. Il 27 agosto 1995 allo Stadio Euganeo segna contro il Padova su assist di Weah il suo 33° e ultimo goal della sua carriera. Di questi ultimi ben 21 li ha segnati dal dischetto.

Franco Baresi - MilanGetty

Per il capitano scatta l'era dei record: il 17 ottobre 1995 raggiunge Rivera per presenze complessive nel Milan (655), mentre il 6 aprile 1996 eguaglia l'ex numero 10 per numero di presenze in campionato (501). Successivamente sarà a sua volta superato da Paolo Maldini.

Dopo lo Scudetto 1995/96, per i rossoneri arrivano anni difficili. L'ultimo anno in campo, il 20°, è sofferto, e il grande capitano deve convivere con due infortuni che ne limitano l'impiego, il primo in Coppa Italia, il 2° in campionato. Alla fine colleziona comunque 30 presenze totali, e il 1º giugno 1997, all'età di 37 anni, disputa la sua ultima partita in maglia rossonera, Milan-Cagliari 0-1.

'Kaiser Franz' chiude una straordinaria carriera in rossonero con 719 presenze ufficiali con la maglia del Milan e 33 goal. Sono 8 invece gli autogoal, un record anche questo, in coabitazione con l'interista Riccardo Ferri.

Il palmarès imponente recita invece 6 scudetti, 3 Coppe dei Campioni, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe Europee e 4 Supercoppe italiane.

"Baresi II - scriveva di lui Gianni Brera - è dotato di uno stile unico, prepotente, imperioso, talora spietato. Si getta sul pallone come una belva: e se per un caso dannato non lo coglie, salvi il buon Dio chi ne è in possesso!".
"Esce dopo un anticipo atteggiandosi a mosse di virile bellezza gladiatoria. Stacca bene, comanda meglio in regia: avanza in una sequenza di falcate non meno piacenti che energiche: avesse anche la legnata del goal, sarebbe il massimo mai visto sulla terra con il brasiliano Mauro, battitore libero del Santos e della nazionale brasiliana 1962".

Franco riceve offerte dall'estero ma decide di appendere definitivamente gli scarpini al chiodo senza ripensamenti. Il 23 giugno il Milan ritira per sempre la sua maglia numero 6 su autorizzazione della Lega Calcio.

Il 28 ottobre 1997 a San Siro dà l'addio al calcio in una partita cui partecipano i compagni di sempre e diversi dei grandi avversari che ha affrontato nella sua lunga avventura calcistica.

IL PERCORSO DA DIRIGENTE E ALLENATORE

Smessi i panni del capitano di mille battaglie, Franco Baresi passa nei quadri dirigenziali del club, diventando Vicepresidente e Responsabile del Settore giovanile, che sotto la sua gestione torna ad ottenere risultati che non conseguiva da tempo.

Ricopre questo ruolo per 5 anni, dal 1997 al 2002, poi fa una breve esperienza in Inghilterra con il Fulham, durata appena 81 giorni, come Direttore tecnico, e torna in rossonero. Conseguito il patentino da allenatore, guida infatti la Primavera per 2 stagioni, dal 2002 al 2004.

Dal 2006 al 2008 allena la Berretti, e nel 2008 entra nella direzione marketing del club. Quando termina l'era Berlusconi, il suo ruolo il 18 maggio 2017 diventa quello di brand ambassador della società. In più occasioni ha anche giocato con la Squadra delle Leggende rossonere.

Quando il Gruppo Elliott ha rilevato la società milanese, infine, il 28 ottobre 2020 Baresi è stato nominato vicepresidente onorario del Milan, carica che ricopre tutt'oggi.

Franco Baresi in esclusiva a GoalGoal

Sposato con sua moglie Maura Lari, ha avuto da lei un figlio, Edoardo, nato nel 1991 dopo una gravidanza difficile, mentre nel 1997 la coppia ha adottato un altro bambino, che ha chiamato Giannandrea.

Sempre impegnato in opere di solidarietà per i più bisognosi, di recente il suo nome è tornato alla ribalta per una bella iniziativa: l'ex capitano rossonero ha infatti deciso di entrare nel Metaverso, la realtà virtuale condivisa, attraverso una collezione di sette opere sulle sue gesta sportive.

Un’operazione, sotto forma di Not Fungible Token, realizzata con l’aiuto dell’artista Panenous e che ha come finalità "ispirare i giovani e creare un modello per loro anche nel saper affrontare e superare le avversità della vita".

Franco Baresi ha anche deciso di raccontare la sua storia nell'autobiografia 'Libero di sognare', edita da Feltrinelli.

Per lui sono arrivati negli anni importanti riconoscimenti personali: l'eterno capitano è stato inserito da Pelé nel FIFA 100 nel 2004 e nel 2012 fra le Leggende del calcio del 'Golden Foot'. Dal 2013 il suo nome figura anche nella Hall of Fame del calcio italiano. In precedenza nel 1989/90 Baresi aveva anche vinto un Guerin d'Oro, nel 1994 a lui era andato il Premio Scirea per la sua carriera esemplare e nel 1999 i tifosi lo hanno eletto 'Milanista del secolo', a riprova dell'amore che hanno sempre nutrito per lui.

Quando giocava avversario gli ha dato più filo da torcere di tutti.

"Mancini - dirà - perché non si capiva mai dove andava".

Riguardando il suo passato calcistico nel Milan, invece, il capitano ha un unico rimpianto.

"Quello di avere giocato soltanto 10 anni nel Milan di Berlusconi - dice a 'La Gazzetta dello Sport' -. Se fossi nato qualche anno più tardi , avrei vinto il doppio come Maldini. In questo senso, Paolo è stato più fortunato di me".
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