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Fabio Cannavaro, il baluardo della difesa ultimo Pallone d'Oro italiano

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"Il fuoriclasse pensa prima che il pallone arrivi. Ecco, io cerco di leggere le giocate prima, per anticiparle. Anche questa è arte" - Fabio Cannavaro

È stato uno degli ultimi grandi difensori della scuola italiana, e sicuramente uno dei migliori. Forte fisicamente ma non particolarmente alto per gli standard moderni (un metro e 76 centimetri di altezza per 75 chilogrammi di peso forma), Fabio Cannavaro aveva rapidità, capacità di lettura dell'azione, senso dell'anticipo e abilità nella scivolata, oltre a qualità temperamentali uniche: in campo era infatti un leader estremamente coraggioso per i suoi compagni.

Le sue caratteristiche lo rendevano uno specialista della marcatura a uomo, nella quale eccelleva e sapeva esaltarsi, demolendo anche psicologicamente l'avversario di turno. Ma Fabio saprà 'riciclarsi' ottimamente anche nel gioco a zona, dimostrando discrete qualità tecniche e di impostazione del gioco, oltre a grande sapienza tattica.

Il suo ruolo naturale era quello di difensore centrale, posizione nella quale si toglierà le maggiori soddisfazioni, anche se talvolta è stato impiegato da alcuni allenatori, fra cui Carlo Ancelotti, Cesare Maldini ed Hector Cuper, anche come terzino sinistro e terzino destro.

Nella sua carriera veste in Italia le maglie del Napoli, la squadra della sua città che è costretto a lasciare per i problemi finanziari del club, il Parma, la società in cui milita di più (7 anni) e con cui vince una Coppa UEFA, 2 Coppe Italia e una Supercoppa italiana, l'Inter, compagine con cui attraversa gli anni più difficili e la Juventus, con cui gioca in 2 periodi diversi, e all'estero del Real Madrid, assicurandosi 2 campionati spagnoli e una Supercoppa di Spagna.

Ma è nella Nazionale italiana che dà il meglio di sé: dopo aver vinto 2 Europei Under 21 da giovane, è finalista ad Euro 2000 in quella che rappresenta la maggior delusione della sua carriera, e, soprattutto, capitano campione del Mondo nel 2006 in Germania, in una manifestazione che lo vede assoluto protagonista e che lo porterà, quinto e ultimo fra gli italiani, ad aggiudicarsi il Pallone d'Oro e il FIFA World Player nell'anno magico 2006.

DAI VICOLI DI NAPOLI ALLA SERIE A

Nato a Napoli il 13 settembre 1973, Fabio Cannavaro è il primogenito di mamma Gegè e di papà Pasquale.

"Quando sono nato - racconterà Fabio - mio padre giocava con il Banco di Roma (club scomparso nel 1983, ndr). Lo chiamavano 'La giraffa' perché di testa le prendeva tutte. Ma smise di giocare presto per crescere me e mio fratello Paolo, e temeva che il calcio potesse essere una distrazione sugli studi".

Il giovane Fabio però non è particolarmente portato per lo studio e sogna di diventare un calciatore professionista e di giocare in Serie A e vincere con la squadra della sua città. Dopo aver tirato i primi calci per strada con gli amici nei vicoli del rione La Loggetta, nel quartiere di Fuorigrotta dove vive, inizia il suo percorso calcistico nell'Italsider a Bagnoli, la squadra del grande complesso siderurgico. A portarlo agli allenamenti e alle partite è proprio papà Pasquale.

Ma quelli sono gli anni in cui nasce il Napoli più forte di sempre, con l'arrivo di Diego Armando Maradona. Impossibile non appassionarsi per un giovane adolescente come lui, ed è per ammirarne le prodezze da vicino che Fabio diventa raccattapalle allo Stadio San Paolo.

"Ogni domenica cercavo di essere al San Paolo - rivelerà -. L'Italsider ci dava un tesserino per assistere alle gare nella Tribuna laterale del San Paolo, ma non mi accontentavo di vedere la partita e volevo stare a bordo campo. Così chiedevo ripetutamente a Scarpitti, mio professore di Educazione fisica e allenatore delle Giovanili azzurre, di poter fare il raccattapalle".
"Volevo vivere da vicino l’emozione delle partite di Maradona, Giordano, Carnevale, Bruscolotti, Ferrara. Mi sistemavo nei pressi delle bandierine degli angoli - ricorderà a 'Il Mattino' -, tra la Curva A e i Distinti o la Tribuna laterale, perché Maradona andava a battere gli angoli e io volevo fotografarlo. Mettevo nella tasca della tuta la macchinetta con il rullino e scattavo, scattavo... Ogni partita diventava una collezione per il mio album".

Fabio è a bordo campo come raccattapalle anche il 10 maggio 1987, quando vive una duplice emozione: non solo assiste da posizione privilegiata al primo titolo partenopeo, ma di fatto fa il suo esordio nelle Giovanili del Napoli.

"Dopo poche ore di sonno quella domenica misi la tuta sociale marchiata Nr e uscii presto di casa per raggiungere il San Paolo - ha raccontato a 'Il Mattino' -. Prima della sfida fra Napoli e Fiorentina era stata organizzata una partita fra formazioni della categoria Giovanissimi. Al Napoli mancava un giocatore e l'allenatore, Scarpitti, che mi conosceva bene perché era anche il mio insegnante di educazione fisica a scuola, mi aggregò alla squadra. Gli dissi che sapevo di dover fare soltanto il raccattapalle quel giorno e non avevo portato le scarpe da calcio. 'Fa niente - replicò lui - vai in campo lo stesso'. E fu così che giocai quella gara con le scarpe da ginnastica, le Superga".
"Avevo incrociato negli spogliatoi Maradona e Baggio ed era stata già un’emozione. Poi andammo in campo, c’erano novantamila tifosi che aspettavano soltanto l’inizio della festa. Fra i miei compagni c'erano fra gli altri Caruso, De Rosa, Troise e Rogazzo. Questi ultimi due sono con me da trent’anni e oggi fanno parte del mio staff tecnico. Finita la partitella mi sistemai nel solito angolo. E cercai di rispettare la raccomandazione del mister: 'Ragazzi, se il Napoli vince dovete andare piano'. Ma non ce ne fu bisogno, quei campioni erano concentratissimi".
"Non vedevo l'ora che l'arbitro fischiasse la fine, e quando quel fischio arrivò mi misi a inseguire Carnevale che faceva il giro di campo con il bandierone tricolore. Quella foto con noi raccattapalle dietro sarebbe poi stata affissa su un muro della foresteria del Centro Paradiso, a Soccavo. Fu una grande emozione quando anni dopo la vidi... Anche noi quella domenica ci sentimmo campioni. Tornai a casa tardissimo. Andai in giro con gli amici per Fuorigrotta. Una festa infinita e io sempre orgogliosamente con la tuta marchiata Nr, come quella dei grandi".

Nello stesso giorno in cui il Napoli vince lo Scudetto, Cannavaro, allora appena tredicenne, è anche intervistato.

"Un giornalista parlò con alcuni di noi sulla rampa del sottopassaggio mentre eravamo in attesa di raggiungere gli spogliatoi. Nome, cognome, età e ruolo, questa era la domanda. Ci chiese poi cosa provassimo a poche ore dalla partita che stava per consegnare il primo scudetto al Napoli. Ed io dissi: 'È un sogno'. Il video è spuntato di recente su Youtube".

All'indomani di quella giornata storica, per Fabio inizia la sua avventura con le Giovanili partenopee. Inizia da centrocampista, ma presto viene arretrato in difesa.

"Uno dei tecnici delle Giovanili si avvicinò a me e mi disse: 'Fabio, preferisco che tu giochi da difensore' - racconterà in un'intervista a 'Sky Sports' -. Senza darmi nessuna spiegazione, nessuna motivazione. Ero più basso della maggior parte degli altri ragazzi in campo, quindi non sembravo un difensore e di certo non un difensore centrale. Ma da quel momento in poi, quello sarebbe stato il mio ruolo. Fortunatamente per me, amavo giocare in difesa. E anche io ero abbastanza bravo".

Mentre fa la sua trafila nelle Giovanili azzurre, Fabio conosce Daniela, colei che sarà la compagna di una vita, e che diventa la sua fidanzata. Le prime soddisfazioni arrivano nella stagione 1989/90, quando con gli Allievi del Napoli Fabio vince lo Scudetto di categoria.

In allenamento Fabio ha modo di affrontare anche la Prima squadra e i suoi idoli nelle partitelle del giovedì. Una sera, in una di queste amichevoli, Cannavaro osa entrare in scivolata su Maradona, beccandosi un rimprovero di un dirigente.

"Fabio, fai pianoo!", gli urla.

Ma Maradona, dopo avergli dato un buffetto sulla testa, lo rasserena.

"Tranquillo, va bene così - gli dice Diego - gioca normale. A fine allenamento si avvicinò da me e mi diede le sue scarpe sporche di fango. E lì ho imparato che per diventare un grande giocatore devi giocare contro i più grandi del Mondo".

A scuola, invece, le cose non vanno molto bene e si capisce che il futuro del ragazzo del rione La Loggetta sarà nel calcio.

"Quando un giorno ho portato a casa una pagella con tante insufficienze, papà si è arrabbiato a tal punto da buttare via il borsone e completino del Napoli Allievi, dove giocavo - racconterà Cannavaro -. Avevo un futuro scritto da barista accanto al San Paolo, lo stadio dei miei sogni. Mio suocero Antonio, padre di Daniela, poi diventata mia moglie, era titolare del bar 'Monnalisa' a Fuorigrotta, dietro la curva B e voleva che lavorassi con lui. Io invece, avevo in testa di fare solo il calciatore. Non ho mollato, faticavo a scuola e poi volavo agli allenamenti di Soccavo: un sogno stare lì, vicino alla prima squadra di Maradona e Careca".

Ciro Ferrara diventa presto il suo modello di riferimento, e Fabio cerca di carpirne tutti i segreti osservandolo in azione. Nella stagione 1992/93 è l'ex 'Pelé bianco', Angelo Benedicto Sormani, a segnalare Fabio a mister Ottavio Bianchi e quest'ultimo inizia a fargli assaggiare la Prima squadra.

Fabio Cannavaro Napoli

Il 7 marzo 1993, all'età di 19 anni, Fabio debutta in Serie A nella partita giocata a Torino contro la Juventus, e persa dal Napoli 4-3. Il giovane difensore gioca accanto al suo idolo Ciro Ferrara e a Giancarlo Corradini, due dei protagonisti dell'età dorata della squadra azzurra. L'avvio è shock, con i bianconeri che realizzano 2 goal con Di Canio e Möller, Zola poi accorcia le distanze al 51'. Cannavaro resta in campo per 60 minuti, prima di essere sostituito con Massimo Tarantino, e assisterà dal di fuori del rettangolo di gioco all'ultima rocambolesca mezzora di partita.

Fabio chiuderà quella stagione con la Primavera, disputando però l'intera gara dell'ultima giornata contro il Parma, pareggiata 1-1 dai partenopei. Per Fabio, che chiude con 2 presenze in Prima squadra la stagione, quella è la prima volta al San Paolo fra i grandi.

Nel 1993/94 il Napoli inizia ad accusare problemi finanziari. Partono Zola e Careca, arrivano Di Canio e Fonseca. Anche Cannavaro potrebbe essere ceduto.

"L'Acireale, neopromossa in serie B, mi voleva in prestito, era tutto fatto, poi a Napoli è arrivato un tecnico che ha bloccato tutto perché credeva molto in me. Quel tecnico era Marcello Lippi".

Il nuovo tecnico Marcello Lippi legge negli occhi di Fabio la fame di imporsi ad alti livelli e lo lancia titolare in Serie A a 20 anni. Mercoledì 8 settembre 1993 si gioca Napoli-Torino e il tecnico viareggino scommette sul giovane difensore.

"La vigilia della partita il mister è venuto da me e mi ha detto: 'Te la senti di giocare domani?' Gli dissi di sì, anche se le gambe erano durissime per via di un programma personalizzato di allenamento fatto da Ventrone. Nel tempo ho capito che quello era un test per saggiare il carattere. Ricordo che mi diceva sempre di giocare d'anticipo: 'Il difensore che fa rimbalzare il pallone per terra è un uomo morto', era la frase che ripeteva spesso".

In coppia con il suo idolo Ciro Ferrara, Cannavaro è protagonista di una grande stagione d'esordio in maglia azzurra: il Napoli di Lippi si piazza al 6° posto, è una delle sorprese del torneo e conquista la qualificazione alla Coppa UEFA. Lippi e Ferrara salutano nell'estate 1994, non Fabio, che diventa il leader della difesa azzurra a 21 anni nella stagione 1994/95.

La stagione è complicata, e dopo 6 giornate in panchina a Vincenzo Guerini subentra Vujadin Boskov. Il Napoli chiuderà al 7° posto, sfiorando nuovamente la qualificazione europea, e Cannavaro colleziona 29 presenze e il primo goal in Serie A, che arriva a San Siro, contro il Milan, l'8 gennaio 1995 (1-1). Lo stesso anno Fabio fa anche il suo debutto europeo, il 13 settembre 1994, nella vittoria interna nell'andata del Primo turno contro i lettoni dello Skonto Riga. In tutto colleziona 3 presenze in Coppa UEFA, competizione che vede il Napoli estromesso agli ottavi.

IL PARMA E L'ASSE DI FERRO CON THURAM E BUFFON

"Il mio unico sogno era indossare la maglia del Napoli e ripercorrere il cammino di difensori come Bruscolotti e Ferrara, che a vent’anni vinse il primo Scudetto nella squadra della sua città", dirà spesso Cannavaro.

Ma nonostante il suo amore smisurato per il Napoli, la sua avventura con la squadra della sua città si chiuderà proprio nel 1995 con 68 presenze e un goal.

La crisi finanziaria sempre più consistente porta infatti il rientrante presidente partenopeo, Corrado Ferlaino, a cederlo al Parma del patron Callisto Tanzi per 13 miliardi di Lire, una somma considerevole per l'epoca.

"Ho pianto quando sono andato via da Napoli - racconterà a 'DAZN' -, ma Ferlaino mi chiamò per dirmi che se non fossi andato al Parma la società sarebbe fallita e la colpa sarebbe stata mia. Allora decisi di andare, ma giocare e vincere a casa è il sogno di tutti i calciatori.

Fabio Cannavaro Parma Uefa CupGetty Images

Dopo un anno interlocutorio con Nevio Scala, la rivoluzione scatta nel 1996/97 con gli arrivi di Crespo, Thuram e Chiesa. Il nuovo mister Carlo Ancelotti inizialmente lo utilizza da terzino sinistro, ma presto si ravvedrà.

"Quando arrivò a Parma, io ero abbastanza giovane e si convinse che potevo rendere meglio come terzino sinistro - racconterà a 'La Gazzetta dello Sport' -. Credo sia stato uno dei pochi errori come allenatore... Infatti da persona intelligente poi spostò me e Thuram in mezzo e diventammo una grande difesa".

In gialloblù Cannavaro vivrà alcune delle pagine più belle della sua carriera da calciatore, vincendo tanto e andando a formare con il francese Lilian Thuram e il giovane portiere Gianluigi Buffon un autentico 'asse di ferro' difficile da superare per qualsiasi squadra.

Il Parma di Ancelotti chiude al 2° posto in campionato e ottiene la prima storica qualificazione alla Champions League. Sempre nel 1996 Fabio e Daniela convolano a nozze: la coppia avrà 3 figli, Christian, Martina e Andrea.

Fabio Cannavaro ParmaGetty Images

Il 1997/98 è l'anno dell'esordio di Cannavaro in Champions League: il difensore, dopo la vittoria nei preliminari con i polacchi del Widzew Lodz, il 17 settembre 1997 esordisce a Praga nella fase a gironi contro lo Sparta (gara terminata 0-0).

Il Parma non supera però lo scoglio del Primo turno, e in campionato le energie spese in Europa si fanno sentire e i ducali non vanno oltre il 6° posto finale. Per i primi successi di Cannavaro bisogna così attendere gli anni a cavallo fra la fine del millennio e l'inizio del nuovo.

Nel 1998/99 il Parma, guidato da Alberto Malesani, con la sua difesa di ferro, vince la Coppa UEFA battendo a Mosca l'Olympique Marsiglia 3-0. I gialloblù bissano il successo imponendosi anche nella doppia finale di Coppa Italia contro la Fiorentina (1-1 in casa e 2-2 in trasferta) e completano un'avvincente tris di successi in estate alzando anche la Supercoppa italiana grazie al 2-1 sul Milan.

Seguono altre stagioni comunque positive in Emilia, con i gialloblù sempre protagonisti in Italia e in Europa e la soddisfazione di giocare anche assieme al fratello Paolo. Quando nel 2001 Buffon e Thuram lasciano per accasarsi alla Juventus, Cannavaro, privo dei suoi storici compagni di reparto, è chiamato ad un super lavoro. A fine stagione 2001/02 si aggiudica comunque la seconda Coppa Italia della sua carriera, benché non disputi la doppia finale in cui i gialloblù si impongono sulla Juventus.

IL BIENNIO SOFFERTO ALL'INTER

Nel 2002 Cannavaro passa all'Inter per 23 milioni di euro, con i nerazzurri che la spuntano sui rivali del Milan e il Parma che ha ormai intrapreso un deciso smantellamento per la crisi finanziaria della Parmalat.

Chiusa l'avventura settennale con i ducali con 291 presenze totali e 5 goal, in nerazzurro il difensore napoletano, tormentato dai guai fisici, non riuscirà a rendere sempre come lui vorrebbe. Il primo anno, nonostante venga spesso schierato dal tecnico argentino Hector Cuper come terzino destro, e un'espulsione al debutto in Champions League con il Rosenborg con la nuova maglia, è comunque positivo.

"Non posso mai dimenticare quando sono entrato a San Siro con la maglia nerazzurra per la prima volta. Il giorno non giocai titolare, Cuper mi fece entrare dopo. Quando entrai ci fu un boato pazzesco. Alla fine della partita Moratti venne da me e mi disse: 'Fabio, un boato così l’ho sentito solo con Ronaldo'...".

La squadra milanese arriva 2ª in Serie A dietro alla Juventus e in Europa raggiunge le semifinali di Champions, miglior risultato in carriera per Cannavaro nel torneo, eliminata dal Milan con 2 pareggi.

"Fu una buona stagione - dirà Cannavaro -, arrivammo secondi in Campionato e in semifinale di Champions League contro il Milan, caratterizzata da un ambiente pazzesco, indimenticabile, peccato per l'eliminazione".
Fabio Cannavaro Inter MailandGetty Images

Molto più deludente è il secondo anno, quando dopo l'esonero autunnale di Cuper, la squadra è affidata ad Alberto Zaccheroni e Fabio è uno dei tre centrali difensivi nel 3-4-3 del tecnico romagnolo.

In Europa, nonostante un successo per 3-1 ad Highbury con l'Arsenal, a San Siro i nerazzurri sono travolti 1-5 dai londinesi e sono eliminati nella fase a Gironi. In campionato i milanesi si piazzano al 4° posto, ed una delle poche gioie per Fabio è il bel goal realizzato contro la Reggina il 22 novembre 2003.

"Il ricordo più bello resta il goal dai 30 metri contro i calabresi, oltre all'emozione per le semifinali Champions dell'anno prima - dirà a 'Sky Sport' -. La gente stupida pensava: 'Non voleva giocare e lo faceva apposta, c'era Moggi che lo chiamava alla Juve'. Tutte cazzate. Ho fatto l'errore di non fermarmi: ho giocato con una frattura da stress alla tibia per un anno e mezzo che mi ha fatto soffrire tanto, ma la gente credeva che non volessi scendere in campo per favorire il passaggio alla Juventus".

La Juventus, attraverso il Direttore generale Luciano Moggi, inizia a fargli effettivamente una corte serrata, e alla fine in estate si concretizzerà una clamorosa operazione di calciomercato: Cannavaro, archiviata con 74 presenze e 3 goal l'avventura interista, nell'estate 2004 passa alla Juventus in cambio del giovane portiere Fabián Carini più 11 milioni di euro.

"Il nuovo allenatore, Roberto Mancini, probabilmente si sentiva coperto in difesa con Materazzi e Cordoba, forse non era sicuro di me per via degli infortuni. Gabriele Oriali, con cui avevo un ottimo rapporto, mi disse: 'So che stiamo facendo una cavolata, ma ti devo vendere'. E fine dell'avventura...".
Fabio CannavaroGetty

LA JUVE E GLI SCUDETTI NEGATI

Fabio, rimessosi a posto fisicamente, vivrà all'ombra della Mole due ottime stagioni. Sotto la guida di Fabio Capello si ricompone infatti a Torino l'asse di ferro con Buffon e Thuram. I bianconeri, che annoverano fra le loro fila altri campioni come Ibrahimovic, Emerson, Del Piero, Nedved, Camoranesi, Trezeguet e Zambrotta, dominano sul campo i campionati 2004/05 2005/06, ma l'esplosione di Calciopoli nella primavera 2006 cambierà tutto.

Il titolo 2004/05 viene revocato, mentre quello 2005/06 sarà assegnato all'Inter dopo la declassificazione all'ultimo posto dei bianconeri con retrocessione in Serie B. Il sogno di vincere uno Scudetto in Italia, per Fabio, resterà dunque tale.

"Il rammarico è che è successo tutto quel casino dopo due anni in cui ho fatto delle prestazioni paurose - ha commentato Cannavaro in una recente diretta Instagram del 2020 -. Il rammarico è quello, di non poter godermi due Scudetti sudati sul campo. Abbiamo dato il massimo, sul campo abbiamo sofferto e gioito. Era una squadra talmente forte che dopo quando venne fuori tutto il casino nessuno ci voleva credere, io per primo. Dicevo 'Non è possibile'. E invece successe...".
Fabio Cannavaro Juventus Serie A 30082009Getty

DAI SUCCESSI CON L'UNDER 21 AL CAPOLAVORO MONDIALE

"Arriva il pallone, lo mette fuori Cannavaro! Poi ancora insiste Podolski... Cannavaro! Cannavaro! Via il contropiede con Totti, dentro il pallone per Gilardino... Gilardino la può tenere anche vicino alla bandierina, cerca l'uno contro uno, Gilardino, dentro Del Piero, Del Piero... Goal! Aleeeex Deeel Piero! Chiudete le valigie! Andiamo a Berlino! Andiamo a Berlino! Andiamo a prenderci la coppa! Andiamo a Berlino!" - Fabio Caressa, telecronaca Francia-Italia 2006

Se a livello di club Cannavaro ha cambiato diverse maglie, una costante, quasi una seconda pelle per il difensore napoletano, è stata invece la casacca azzurra dell'Italia. Fin da giovane Fabio è stato protagonista in azzurro di imprese memorabili: con Cesare Maldini Ct., conquista per due volte consecutive gli Europei di categoria nel 1994 e nel 1998, vinti rispettivamente battendo in finale il Portogallo e la Spagna (ai calci di rigore).

Il difensore napoletano gioca anche con la Nazionale militare, per poi fare il debutto nella Nazionale maggiore il 22 gennaio 1997, all'età di 23 anni, entrando in campo al posto di Costacurta nel secondo tempo della partita amichevole Italia-Irlanda del Nord, vinta 2-0.

Ci giocherà per ben 13 anni, indossando la fascia da capitano della squadra per 8 anni, dal 2002 al 2010. In azzurro gioca 2 Europei (salta quelli del 2008 per infortunio), raggiungendo la finale nel 2000, persa al golden goal contro la Francia, e 4 Mondiali, il primo nel 1998 in Francia, l'ultimo nel 2010 in Sudafrica, con la grande soddisfazione del titolo nel 2006.

Fabio Cannavaro RonaldoGetty Images

In Germania Cannavaro è protagonista assoluto, con un rendimento elevatissimo. In coppia con Materazzi (Nesta si infortuna nella terza gara del Girone con la Repubblica Ceca) trascina la squadra di Lippi fino alla finale. Epica è soprattutto la sua prestazione nella semifinale contro la Germania, padrone di casa. Cannavaro sembra un indemoniato, arriva su tutti i palloni, anticipando tutti gli avversari.

Decisivo, nei minuti finali dei supplementari, un duplice intervento in tackle a fermare possibile azioni pericolose dei tedeschi. Dal secondo su Podolski nasce il contropiede che conduce al 2-0 di Del Piero che chiude praticamente i giochi in uno stadio pieno di tifosi che fanno il tifo per la Germania.

"Mentalmente eravamo forti, sapevamo che ci giocavamo la finale - commenterà Cannavaro alla 'Rai' - quindi potevamo giocare contro 40 giocatori e quella sera saremmo riusciti a portare a casa il risultato".
"Cannavaro non avrebbe fatto passare nemmeno sua mamma o suo papà", dirà scherzando il Ct. Lippi.

In finale va, a sorpresa, l'Italia, che poi il 9 luglio si ripete sulla Francia, conquistando il trofeo ai calci di rigore dopo una partita equilibrata e combattuta. Cannavaro è il capitano e il simbolo di quel trionfo, e alla fine di quell'edizione dei Mondiali, è premiato con il Pallone d'argento alle spalle di Zidane.

Fabio Cannavaro - Italy 2006Getty Images
"A Berlino, con la Coppa del Mondo alzata al cielo, dopo i festeggiamenti Lippi mi ha detto: 'Ci avevo visto bene quel giorno a tenerti con me a Napoli; eri un ragazzino di belle speranze. Ora ti sei fatto uomo e insieme siamo diventati campioni del mondo'...".
"Quando all’alba del 10 luglio, tocco il letto della mia camera nel ritiro di Duisburg, insieme a mio figlio maggiore Christian, c’era la 'bambina'. Quella bambina era la Coppa del Mondo, coccolata per tutta la notte come se fosse il mio quarto figlio".
"Prima di partire per i Mondiali il segretario FIGC Vladovich mi diede una lettera scrivendomi le parole di Papa Wojtyla, che poi mi sono tatuato: 'Mi raccomando, non abbiate paura di avere coraggio'. È stata la chiave del nostro successo".

La parabola in azzurro di Cannavaro, dopo l'infortunio ai legamenti della caviglia sinistra (procurato in uno scontro in allenamento con Chiellini) che lo priva di Euro 2008, vive gli ultimi luccichii nella Confederations Cup 2009 e nei Mondiali 2010, con prestazioni non all'altezza del suo anno magico che vedono, in entrambi i casi, l'Italia eliminata al Primo turno. Il suo ultimo match con la Nazionale è la sconfitta per 3-2 con la Slovacchia del 24 giugno 2010, k.o. che segna l'eliminazione azzurra in Sudafrica.

Per lui, che ha ormai 36 anni, è la 136ª partita in Nazionale, di cui 79 come capitano, con all'attivo anche 2 goal, segnati entrambi in gare amichevoli con la Tunisia e il Portogallo. Numeri che in quel momento lo collocano al 1° posto per numero di presenze (nell'agosto 2009 aveva superato Maldini, fermo a 126 partite) e numero di presenze da capitano nella storia dell'Italia, e che oggi gli valgono in entrambe le graduatorie la 2ª piazza alle spalle del recordman Buffon.

Fabio Cannavaro Getty Images

L'ULTIMO PALLONE D'ORO ITALIANO

Il super 2006 di Cannavaro lo porterà a livello individuale ad ottenere riconoscimenti individuali che raramente altri campioni nel suo ruolo hanno ottenuto. A fine anno, ormai trasferitosi al Real Madrid, si aggiudica infatti il Pallone d'Oro, terzo difensore della storia dopo i tedeschi Beckenbauer e Sammer, e quinto e ultimo giocatore italiano a riuscirci dopo l'oriundo Enrique Omar Sivori, Gianni Rivera, Paolo Rossi e Roberto Baggio.

"Tutti riconducono il Pallone d’Oro solo al Mondiale - dirà Fabio -, ma la verità è che ero reduce da una stagione stratosferica alla Juventus. In quei due anni giocai benissimo e rivedendo le partite mi accorgo di aver fatto delle grandi prestazioni".

Nella classifica finale Fabio ottiene 173 preferenze e precede il compagno di Nazionale, Gigi Buffon, e il francese Thierry Henry. Sempre nel magico 2006, Cannavaro si aggiudica anche il FIFA World Player, unico difensore nella storia del premio a riuscirci, precedendo Zidane e Ronaldinho. Il riconoscimento ha un valore particolare perché assegnato con i voti di tecnici e colleghi.

Di Stefano v Fabio Cannavaro v Ballond'Orrealmadrid.com

IL TRIENNIO SPAGNOLO AL REAL MADRID

Dopo la retrocessione in Serie B decretata da Calciopoli, Cannavaro decide di non scendere in B con la maglia bianconera e si accorda con il Real Madrid, trasferendosi in Spagna per 7 milioni di euro, fortemente voluto da Fabio Capello.

"Ci fu l’offerta del Real Madrid - spiegherà in una diretta su Youtube l'ex difensore -. Non volevo andare via a tutti i costi. In quel momento lì la Juve doveva vendere, liberarsi di alcuni stipendi importanti. Così vendettero me ed Emerson al Real Madrid e Thuram e Zambrotta al Barcellona".

In terra iberica Cannavaro vince due volte consecutivamente il campionato, nel 2006/07 e nel 2007/08, e una Supercoppa di Spagna nel 2008 battendo il Valencia nella doppia finale. Il suo rendimento è buono, anche se non raggiungerà più i livelli del 2006. Disputa l'ultima gara con la camiseta blanca il 24 maggio 2009 contro il Maiorca allo Stadio Santiago Bernabeu. Quando lascia il campo al 55' il pubblico gli tributa una standing ovation.

Fabio Cannavaro Real MadridGetty Images

IL RITORNO ALLA JUVE E L'AL-AHLI

Chiusa l'avventura spagnola con un bilancio di 118 presenze e un goal con i Blancos, Cannavaro torna alla Juventus a parametro zero nell'estate 2009, chiamato dal suo amico ed ex compagno di squadra Ciro Ferrara. La Vecchia Signora parte bene ma il proseguo di stagione sarà avaro di soddisfazioni, con l'avvicendamento in panchina fra l'ex difensore del Napoli e Alberto Zaccheroni.

Il campione del Mondo è spesso criticato dai tifosi, che non gli perdonano l'aver lasciato la squadra quando è stata retrocessa in Serie B, e la Juventus non va oltre il 7° posto in campionato, l'eliminazione ai Gironi in Champions League e la sconfitta agli ottavi di finale di Europa League contro il Fulham.

Cannavaro chiude definitivamente il suo ciclo bianconero con 7 reti realizzate in 128 partite giocate, senza riuscire a cogliere in Italia quei successi che sperava fortemente di ottenere. Svincolato dai bianconeri, si accorda nel giugno 2010 con l'Al-Ahli, squadra di Dubai.

Firma un biennale per chiudere la carriera negli Emirati Arabi Uniti. Riveste i gradi di capitano della squadra, ma dopo 16 presenze e 2 goal, il 9 luglio 2011, all'età di 37 anni e a cinque anni esatti dalla vittoria della Coppa del Mondo a Berlino, colui che è stato uno dei più forti difensori centrali di sempre della storia del calcio italiano annuncia il proprio ritiro dal calcio giocato per alcuni problemi al ginocchio.

Dopo una breve esperienza da dirigente del club arabo, Fabio prenderà il patentino a Covercino e deciderà di intraprendere la carriera da allenatore. Nel 2014 il suo nome è stato inserito nella Hall of Fame del calcio italiano.

"Non ho mai visto un altro giocatore come Fabio per tempismo, scelta di tempo e senso dell'anticipo - dirà di lui il suo ex compagno di squadra nel Parma, Antonio Benarrivo -... Fabio aveva grande elevazione, ma la sua forza era la scelta di tempo, sapeva andare a prendere il pallone nella parte più alta dello slancio. Poi anticipava l'avversario con grande semplicità: sapeva dove l'avversario e il pallone sarebbero finiti. Riusciva a fare 8-9 anticipi a partita. Un fenomeno".
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