Jonatan BinottoGetty Images

Il dramma di Binotto: la chance all'Inter e il grave infortunio

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La carriera di un calciatore ha, di per sé, una durata oggettivamente breve: i più 'fortunati' riescono a collezionare fino a 20 anni di attività, poi ci sono dei casi isolatissimi - come quello di Paolo Maldini - in cui il momento di appendere gli scarpini al chiodo arriva dopo la bellezza di 25 anni. Questa fortuna non l'ha di certo avuta Jonatan Binotto, probabilmente uno dei rimpianti maggiori prodotti dal nostro calcio a cavallo tra gli anni '90 e i primi del '00, quando una convocazione in Nazionale era considerata più di un semplice premio, ma piuttosto una consacrazione in un movimento che all'epoca era giustamente ritenuto il migliore d'Europa per la mole di campioni - italiani e stranieri - che calcavano i campi nostrani ogni benedetta domenica.

In questo clima di totale eccellenza riuscì a farsi notare anche lo smilzo Binotto, ala destra dalla notevole propensione offensiva che entrò a far parte delle giovanili della Juventus nel 1991, a 16 anni: che le qualità ci fossero era innegabile, certificate dai successi con la Primavera che, nella grandiosa stagione 1993/1994 per i colori bianconeri, conquistò il Double formato da campionato di categoria e Torneo di Viareggio. Un doppio trionfo per Binotto, che rimarrà anche l'unico se si esclude la medaglia d'oro ai Giochi del Mediterraneo con l'Italia nel 1997, probabilmente il culmine fisico e mentale prima dell'inesorabile discesa verso gli inferi del pallone.

Nel 1994 ha inizio una serie di prestiti utili per una maturazione mai definitivamente completata: prima all'Ascoli, poi al Cesena e infine al Verona. È in Veneto che Binotto trova la sua dimensione ideale, nonostante il campionato in questione sia quello di Serie B: la stagione 1997/1998 lo vede segnare 5 reti e, sebbene gli scaligeri non riescano ad ottenere la promozione, lui ce la fa, venendo acquistato dal Bologna allenato da Carletto Mazzone. Finalmente la grande opportunità che si fa viva, accompagnata dall'impressione netta di strapotere sulla fascia destra, arata come pochi interpreti: l'esterno di Montebelluna si mette in bella mostra anche nella vetrina europea della Coppa UEFA, aiutando la squadra a raggiungere la semifinale e a sfiorare l'ultimo atto, sfumato contro il Marsiglia per la crudele regola dei goal realizzati in trasferta che premiano i francesi.

Brechet Binotto Bologna LioneGetty

Alla fine di quella annata saranno ben 7 le reti messe a referto, preludio però ai primi frequenti problemi fisici che ne limiteranno il rendimento nel 1999/2000, per poi ritrovare maggiore confidenza col terreno di gioco nel 2000/2001. E' in questo contesto che, nell'estate del 2001, l'Inter decide di puntare su di lui seguendo l'indicazione del nuovo tecnico Hector Cuper, letteralmente innamorato di Binotto: il classe 1975 è considerato perfetto dall'argentino per il suo stile di gioco improntato all'attacco, che sollecita maggiormente gli esterni come Sergio Conceiçao, altro rinforzo importante di quella sessione di calciomercato. Nello scambio alla pari col Bologna finisce Fabio Macellari, il difensore voluto fortemente a Milano da Marcello Lippi un anno prima.

Ma l'avventura in nerazzurro di Binotto si limiterà al solo ritiro estivo e a qualche sgambata in amichevole contro avversari di dubbia caratura tecnica: colpa di un infortunio da cui non si riprenderà mai completamente, che induce l'Inter a cederlo subito in prestito al Chievo. La speranza dei dirigenti è che l'aria di casa possa far bene al ragazzo, i cui problemi fisici si rivelano però più forti della voglia di tornare quello di un tempo: riesce a trovare una discreta continuità nel finale di stagione quando, i suoi precedenti compagni, diventano protagonisti in negativo in quel famoso 5 maggio 2002, perdendo a Roma contro la Lazio e consegnando lo Scudetto nelle mani della Juventus. Binotto, quel giorno, è seduto in panchina nella vittoria per 3-0 sul Bologna del Brescia, dove è approdato a gennaio sempre con la formula del prestito.

Una data nefasta per i colori nerazzurri, vissuta dall'esterno e senza la pressione che, invece, diventerà una costante negativa del prosieguo della carriera, proseguita con l'ennesimo prestito al Como nel 2002/2003: questa è l'ultima stagione in cui Binotto matura una certa continuità di impiego, al netto del disastroso campionato disputato dai lariani che terminano al penultimo posto e vengono retrocessi in Serie B. Così, Binotto, si ritrova costretto a ripartire nuovamente da zero ed è forse per cercare di cancellare ogni dubbio che accetta di tornare nel 'suo' Bologna, il lido che più di altri lo ha visto protagonista ad alti livelli: stavolta, però, la fascia destra rimane una chimera a causa dei soliti problemi di natura fisica, fino all'epilogo più amaro consumatosi al termine del 2004/2005.

Binotto Martins Inter BolognaGetty

Il Bologna naviga in cattive acque e alla fine delle 38 giornate si rende necessario uno spareggio per determinare chi tra i felsinei e il Parma sarà retrocesso: Binotto non è presente nemmeno tra i convocati e assiste da spettatore esterno allo 0-2 dei suoi compagni nel match di ritorno, dopo che l'andata si era conclusa sullo 0-1 in favore dei rossoblù. Binotto si trova a fare i conti con il canto del cigno a soli 30 anni, accettando la discesa in Serie C alla Pistoiese: altro giro e altra parentesi negativa, prolungatasi nella seconda metà dell'annata in B tra le fila della Triestina, dove gioca soltanto 36 minuti contro la Cremonese.

Ormai tutti si sono dimenticati di lui e non resta altro da fare se non concedersi un ultimo contratto con i dilettanti del Casalecchio, con cui nel 2007 mette fine alle ostilità ad appena 32 anni. Troppo grande la rabbia per non aver potuto dimostrare il proprio valore in condizioni normali, quelle che anni prima lo avevano reso uno dei giovani più interessanti del panorama calcistico italiano, fino a strappare due convocazioni in Nazionale nel 1998, all'apice dell'esuberanza di un fisico trasformatosi in arma a doppio taglio, letale nel suo particolare caso.

Dopo il precoce ritiro, Binotto ha subito intrapreso la strada della panchina allenando il Sasso Marconi, prima dei ragazzi della SPAL e del Bologna. Nel 2018 la chiamata del Casalecchio, poi a dicembre 2022 il salto in prima squadra come vice di Marco Banchini con il Montevarchi, formazione che milita nel campionato di Serie C.

"Ho il patentino UEFA A per allenare, il patentino da osservatore e quello necessario per lavorare da direttore sportivo. Ho preso queste decisioni per un motivo ben preciso, voglio valutare la figura del tecnico da più punti di vista. Il mio desiderio è stare in panchina, soltanto che non avendo trovato squadra in questi anni ho preferito studiare. Ho voluto capire cosa pensa un direttore sportivo di un allenatore e con che occhio un osservatore assiste all'allenamento di una squadra: insomma, ho deciso di crescere e di documentarmi il più possibile in merito alla figura del tecnico".

L'intenzione di Binotto è chiara: recuperare il tempo perso a causa degli infortuni facendosi un nome in altra veste, per provare a raggiungere ciò che la sfortuna gli ha negato nei dodici anni trascorsi tra i professionisti. Decisamente troppo pochi per le aspettative che il suo grande talento aveva contribuito - giustamente - a creare. 

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