Di Matteo Chelsea Champions League 19052012Getty Images

Di Matteo e il fulmine Champions: la carriera lampo del tecnico italo-svizzero

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Ci sono allenatori che lottano un’intera carriera per poter arrivare ad alzare la coppa dalle grandi orecchie: per molti diventa un’ossessione, per altri un obiettivo raggiunto in scioltezza. Chiedete ad esempio a Zinedine Zidane, che ne ha vinte tre in nemmeno dieci anni di carriera da allenatore, oppure provate a parlarne con Massimiliano Allegri, a oggi ritenuto uno dei migliori allenatori in circolazione per la nostra scuola di tecnici, ma privo ancora della vittoria della Champions League. Poi, invece, ci sono allenatori che con la velocità di un lampo, con la rapidità di fulmine, riescono a inserirla nella propria bacheca e riescono a fare anche la storia di un club. Un esempio è Roberto Di Matteo, che quando nel 2012 si ritrovò a prendere le redini del Chelsea riuscì a trionfare nel cammino europeo più impervio e difficile, permettendo ai Blues di alzare la Champions League per la prima volta nella loro storia, in un’annata più magica che altro.

La carriera di Di Matteo, ex centrocampista di Lazio e Chelsea, passa dalla gloria ottenuta proprio da calciatore: dopo aver riscosso più successo all’estero che in patria, dove ha vestito la maglia della Lazio per tre anni, a Londra si è saputo guadagnare quel rispetto che viene riservato agli ex tesserati. Con sei anni di Chelsea sulle spalle, conditi da una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Uefa, due Coppe d’Inghilterra, una Coppa di lega e un Charity Shield, il 29 giugno 2011 viene scelto come assistente di André Villas-Boas sulla panchina proprio dei Blues. Il tecnico originario di Sciaffusa arrivava da una promozione in Football League Championship sfiorata con il Milton Keynes Dons, risultato che gli aveva garantito una chiamata per un anno al West Bromwich Albion, nella seconda divisione inglese: con i Throstles delle West Midlands, Di Matteo era riuscito a ottenere la promozione in Premier League, per poi essere esonerato a metà stagione, nonostante i risultati in linea con le aspettative del club.

Per qualcuno poteva sembrare un passo indietro, quello di accettare il ruolo di assistente di Villas-Boas, ma poter tornare al Chelsea, dove Di Matteo aveva giocato gli ultimi sei anni della propria carriera, per lui poteva essere letto come un premio. Che stava per trasformarsi in qualcosa di più. Il 4 marzo 2012, infatti, Roman Abramovich decide di esonerare il suo settimo allenatore in otto anni: il caso vuole che a fare da goccia che fa traboccare il famoso vaso sia la sconfitta contro il West Bromwich Albion, l’ex squadra di Di Matteo, che supera per 1-0 i Blues. Rassegnato dopo la sconfitta, il tecnico portoghese, in un momento cruciale della stagione, viene allontanato e la panchina viene assegnata a Roberto Di Matteo, chiamato a giocarsi la Champions League, la FA Cup e a rientrare tra i primi quattro posti della Premier League.

Nonostante la scelta chiara e diretta, le voci iniziano a rimbalzare in Inghilterra: per qualcuno il Chelsea sarebbe già in trattativa con Rafa Benitez, pronto a prendere la guida del Chelsea sin da subito. Il tecnico spagnolo, esonerato dall’Inter e fermo da più di dodici mesi, pretende però un anno e mezzo di contratto, ma Abramovich spinge per averlo solo come traghettatore in un momento difficile per i Blues. L’accordo non si trova: il patron russo vuole ricominciare la nuova stagione con Pep Guardiola, in caso di mancato rinnovo con il Barcellona, ma allo stesso tempo valuta il possibile ritorno di José Mourinho, avvistato nella capitale nei giorni precedenti e desiderio mai sopito del magnate. Nessuna delle trattative va in porto e alla fine Di Matteo riesce a conquistarsi la fiducia con il lavoro e i risultati.

L’annata è di quelle difficili da raddrizzare: il Chelsea si ritrova quinto in classifica, fuori dalla zona per la Champions League, competizione dalla quale sta, tra l’altro, per essere eliminato. Villas-Boas, infatti, ha riportato a casa ferite e un 3-1 contro il Napoli, subito al San Paolo, oggi Stadio Diego Armando Maradona. Difficile ribaltare il pronostico allo Stamford Bridge. Complessa anche la situazione in Coppa d’Inghilterra, con la sfida attesa con il Birmingham e un morale sotto i piedi. Nell’era Abramovich, i risultati fino a quel momento del Chelsea sono i peggiori di sempre, con il 48% di vittorie accumulate: nessun allenatore era riuscito a fare così male, oltre ad aver creato un clima molto teso con i veterani della squadra, da Lampard a Cole, da Torres a Drogba.

Due giorni dopo esser stato ufficializzato come nuovo tecnico, mentre Abramovich si domanda in che modo sarebbe continuata la stagione, Di Matteo affronta il Birmingham City in FA Cup e vince 2-0. Si va avanti. La settimana successiva in Premier League riesce a battere lo Stoke City 1-0, con il centesimo goal di Didier Drogba che ridà speranza ai Blues. L’ambiente sembra giovare del cambio di panchina e al giovanissimo Di Matteo viene accordata la fiducia, forse complice anche una Champions League sulla quale oramai era stata messa una pietra sopra.

Qualcuno ipotizza che le due vittorie consecutive siano un fuoco di paglia, ma poi il 14 marzo, all’esordio internazionale per l’allenatore italiano, arriva la conferma di una squadra rinvigorita. Walter Mazzarri arriva allo Stamford Bridge tronfio del suo 3-1 dell’andata e della sentenza del Tas di Losanna che gli permette di sedersi in panchina: ad affrontarlo ci sono Terry, Cole, Essien, Lampard e Drogba, tutti intenzionati a riprendersi il proprio posto dopo l’esonero di Villas-Boas. Hamsik, Lavezzi e Cavani provano a dare qualche grattacapo ai Blues, ma la squadra di casa ragiona e prepara l’offensiva con ordine, non attacca a testa bassa: Ramires crossa per Drogba che al 28’ di testa insacca l’1-0, il gol della speranza. Al Chelsea ne servono ancora due, ma si va negli spogliatoi con maggior serenità: la ripresa si apre proprio con il raddoppio di Terry, che spinge gli uomini di Mazzarri a ritrovare energia e grinta. Di Inler il goal che dona l’illusione, fino al 3-1 di Lampard, che al 32’ trasforma un calcio di rigore che vale i supplementari. Prima della lotteria dei rigori, ci pensa Ivanovic a trovare il quarto goal per i Blues, che infrange il sogno napoletano e confeziona un successo inaspettato per il Chelsea.

Chelsea 4 Napoli 1 2012Goalthailand

Ai quarti di finale Di Matteo incontra il Benfica, avversario molto più abbordabile delle altre prime otto d’Europa, tra cui spunta anche un inatteso APOEL. I portoghesi, che arrivano dalla vittoria contro lo Zenit San Pietroburgo, cedono il passo ai Blues, che vincono 1-0 all’andata e 2-1 al ritorno. In semifinale c’è quindi l’incontro con il possibile futuro del Chelsea, Pep Guardiola e il suo Barcellona. Mentre dall’altro lato il Bayern Monaco regola il Real Madrid ai calci di rigore, Di Matteo riesce ad avere la meglio all’andata per 1-0 sui blaugrana e al ritorno, grazie al 2-2 del Camp Nou, a ottenere l’accesso alla finale. Una partita al cardiopalma quella che confeziona il capolavoro dei Blues, perché a complicargli la vita ci pensa Terry, che dopo l’1-0 di Busquets colpisce a palla lontana Sanchez beccandosi un rosso diretto: con l’uomo in meno, Di Matteo riesce ad andare sul 2-1 negli spogliatoi, poi la fortuna gli arride e alla ripresa Messi colpisce la traversa su calcio di rigore. Drogba si sposta a fare l’esterno di destra, come l’Eto’o dei tempi andati di José Mourinho all’Inter, poi si sposta a sinistra quando entra Kalou: è un Chelsea operaio, è una squadra che non molla, e che al 91’ vede Torres farsi quaranta metri da solo, arrivare dinanzi a Valdes e superarlo per il 2-2 finale. Il tecnico italiano è così il dodicesimo della nostra nazione a disputare la finale della massima competizione continentale.

Nell’attesa dell’atto finale contro il Bayern Monaco, Di Matteo il 5 maggio 2012 riesce a sollevare anche la FA Cup, vincendo per 2-1 contro il Liverpool in finale: si tratta del suo primo trofeo da allenatore, in attesa della coppa più importante. In Baviera, i Blues si presentano senza Terry, Raul Meireles e Ramires, tutti e tre squalificati per l’appuntamento più importante della stagione, se non della storia. L’avversario è un Bayern che tiene il campo per tutta la partita, non riuscendo però a capitolare prima dell’83’ quando Thomas Muller riesce a superare Cech su un traversone di Toni Kroos. La partita sembra ormai finita, proprio come accaduto contro il Barcellona al ritorno, ma Didier Drogba all’88’, cinque minuti dopo lo svantaggio, sfrutta un cross di Juan Manuel Mata e supera Manuel Neuer: si va ai supplementari. Al 97’ Cech para un rigore ad Arjen Robben e Di Matteo inizia a sentire odore di impresa. Poi ci prova anche Ivica Olic, ma la palla sfiora il palo. Il Bayern si prepara ai rigori, forte di aver già superato il Real alla lotteria degli undici metri: Mata sbaglia il primo per il Chelsea, Lahm non si fa spaventare. Poi la squadra di Di Matteo non sbaglia più, mentre Olic e Schweinsteiger si lasciano spaventare da Cech. Drogba non sbaglia il rigore decisivo e Londra si colora di blu, perché per la prima volta una squadra della capitale inglese si laurea campione d’Europa. Per la prima volta dopo 15 anni la Champions League viene vinta da una squadra che non l’aveva mai ancora alzata.

L’estate di festa spinge Abramovich a confermare Di Matteo alla guida del Chelsea anche per l’anno successivo, incapace di poter soddisfare i propri desideri sull’arrivo di Guardiola e sulla possibilità Benitez: la riconoscenza ha la meglio, così come la volontà di far disputare al tecnico sin dall’inizio la sua Champions League, guadagnata anche in campionato rientrando tra i primi quattro della graduatoria. Purtroppo proprio la competizione europea lo condanna, il 21 novembre, all’esonero: ad appena due mesi dall’inizio della stagione, infatti, la sconfitta per 3-0 contro la Juventus nelle fase a gironi della competizione che vede il Chelsea giocare da campioni in carica, arriva la separazione con i Blues. Al suo posto Rafael Benitez, per soddisfare il mai sopito sogno di Abramovich, che intanto, per un fortuito caso, era riuscito a trovare l’alchimia giusta per vincere la tanto agognata e desiderata Champions League.

A Di Matteo, dopo quella gloriosa impresa, sono rimasti un’annata allo Schalke 04, nemmeno completa e terminata con le dimissioni, oltre ad appena pochi mesi con l’Aston Villa, nel 2016, terminati con un esonero da parte della società. Da sei anni esatti per il tecnico di Sciaffusa non ci sono più panchine. Resta però la storia di Londra, che di quel successo, inatteso persino per Abramovich che ci aveva rinunciato in tutti i modi, non potrà mai dimenticarsi.

Dopo essere finito nel dimenticatoio, all'imbocco del 2023 Roberto Di Matteo ha dato il la alla sua nuova avventura: è ripartito dalla Corea del Sud, in qualità di consulente tecnico dello Jeonbuk.

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