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Claudio Ibrahim Branco, un sinistro atomico e le punizioni che facevano tremare i portieri

Era un maestro nel tiro con le tre dita, le ultime tre del suo piede sinistro, specialità brasiliana che consiste nel colpire il pallone sulla valvola e imprimere allo stesso una potenza impressionante e un effetto imprevedibile sui calci di punizione. Per questo, quando i portieri avversari si trovavano di fronte Claudio Ibrahim Vaz Leal, per tutti Branco, sapevano di avere di fronte un'autentica sentenza.

GLI ESORDI IN BRASILE

Nato a Bagé, città brasiliana dello Stato del Rio Grande do Sul, nell'estrema parte meridionale del Paese, sul confine con l'Argentina, il 4 aprile 1964, Branco si avvicina al pallone giocando da giovane come laterale di una squadra di Calcio a 5 in cui è l'unico bianco.

Passa quindi al Calcio a 11 con il Guarany de Bagé, formandosi nel settore giovanile, per poi entrare a far parte nella seconda metà degli anni Settanta delle Giovanili dell' Internacional de Porto Alegre, uno dei club più importanti del Sud del Brasile. È la svolta per lui, perché nel 1979 e per le successive due stagioni è aggregato alla Prima squadra del Colorado.

Tuttavia con 'i grandi' non gioca mai, e nel 1981 a 17 anni è ceduto al Fluminense, uno dei club più importanti di Rio de Janeiro. Il Tricolor carioca gli dà fiducia e lo fa debuttare come laterale mancino nella Serie A brasiliana nel 1983. Il 19 febbraio di quell'anno, contro il Tiradentes, segna il primo goal da professionista. Di temperamento piuttosto focoso, il 23 febbraio riceve il primo cartellino rosso di quella che sarà una lunga carriera.

Pur essendo molto giovane, Branco si ritaglia progressivamente il suo spazio e nel 1984 totalizza 21 presenze senza goal nell'allora campionato brasiliano, denominato Copa do Brasil. Il Fluminense conquista il titolo nazionale e l'esterno mancino di Bagé è in campo anche nella finale di ritorno contro il Vasco da Gama, pareggiata 0-0 dal Tricolor Carioca dopo la vittoria di misura nel match di andata (1-0) con rete di Romerito.

Fernando De Napoli Claudio Ibrahim Branco Brescia Napoli Serie A 1986/87Wikipedia

IL BIENNIO AL BRESCIA

Nel 1986, dopo essersi messo in luce in Nazionale ai Mondiali messicani, come tanti suoi connazionali guarda all'Italia come meta in cui completare la sua crescita calcistica. Il Fluminense lo cede in prestito al Brescia, neopromosso in Serie A, dove resta per due stagioni.

Branco è un titolare fisso nell'undici delle Rondinelle, guidate in panchina da Bruno Giorgi, nonché l'unico straniero di una rosa che ha nel capitano Stefano Bonometti, nel centravanti Tullio Gritti (autore di 7 reti), nell'esperto Evaristo Beccalossi e nel playmaker di centrocampo Daniele Zoratto i suoi punti di forza.

Pur combattendo, i lombardi mettono insieme appena 22 punti in tutta la stagione e retrocedono in Serie B. Branco colleziona 26 presenze e 3 goal nella stagione del suo debutto in Serie A. Il suo momento migliore lo vive nel dicembre 1986, quando trova le sue prime reti 'italiane' andando a segno consecutivamente contro l'Empoli e contro il Verona.

Branco è confermato anche nella stagione 1987/88 in Serie B, con la speranza di un pronto ritorno nel massimo campionato. La Leonessa tuttavia, ancora guidata da Giorgi, vive una stagione altalenante con un 8° posto finale che la costringe a militare ancora nel torneo cadetto.

Per l'esterno mancino brasiliano appena 21 presenze e una rete nel successo con il Parma, preludio ad un addio a fine stagione.

"Il Brescia è stato la mia prima squadra in Europa. - dirà in un'intervista a 'Tuttomercatoweb.com' del marzo 2020 - Ero giovane, la squadra non era fortissima ma fu un'esperienza importante e formativa per me. A Brescia ho imparato anche l'italiano. È stato comunque bello, ho incontrato persone simpatiche anche se faceva un po' troppo freddo". 

I SUCCESSI E IL BOOM CON IL PORTO

La successiva tappa della carriera di Branco lo vede protagonista in Portogallo con il Porto, che acquista il cartellino dal Fluminense. A 25 anni il ragazzo di Bagé, anche grazie alla difficile prima esperienza italiana, è un terzino mancino completo: all'innata capacità di rilanciare l'azione offensiva ed effettuare lanci e cross per i suoi compagni, abbina ora insospettabili doti da marcatore in fase difensiva.

Sviluppa inoltre con i Dragoni la sua abilità sui calci piazzati. 

"Mi allenavo parecchio, - rivelerà anni dopo - ho rubato qualche segreto a Eder (lo statuario attaccante dei Mondiali 1982)".

E arrivano per lui i grandi successi: un campionato lusitano nel 1989/90 e, sempre nel 1990, anche una Supercoppa del Portogallo. Rimane in Portogallo per poco più di due anni, totalizzando 60 presenze e 7 goal in Primeira Divisão e debuttando anche in Coppa dei Campioni.

IL GENOA E LE IMPRESE IN ROSSOBLÙ

Nel novembre del 1990 il presidente rossoblù Aldo Spinelli decide di riportare Branco in Italia e completare con lui un trio di stranieri di tutto rispetto, che vedeva all'ombra della Lanterna, oltre al brasiliano, l'uruguayano 'Pato' Aguilera e il gigante allora cecoslovacco Thomas Skuhravy.

Branco non ha stavolta problemi di ambientamento, e si rivelerà uno dei migliori acquisti di quella stagione. Il suo primo anno in rossoblù è monstre, con 26 presenze, di cui 24 in Serie A, e 6 goal, dei quali 4 arrivano con la sua specialità, il calcio di punizione.

Ma il repertorio che il brasiliano sfoggia in Liguria è completo: grandi discese sulla fascia mancina, dribbling e tanti cross per i compagni e in particolare per l'ariete Skuhravy. E il Genoa di Bagnoli vola, conquistando a fine anno uno storico 4° posto, miglior risultato dal lontano 1941/42, e si qualifica per la Coppa UEFA.

Fra le prodezze di Branco, alcune restano scolpite nella memoria dei tifosi genoani e non solo: il primo goal nel combattuto derby con la Sampdoria del 25 novembre del 1990, un capolavoro di potenza e tecnica, con cui da distanza siderale, piega le mani all'incredulo Pagliuca e fissa il punteggio finale sul 3-2 per i rossoblù.

"Con la Samp era la mia terza partita, - ricorderà in un'intervista al 'Secolo XIX' - stavamo andando male e quel successo fu la svolta. Erano anni che il Genoa non batteva il Doria, a fine gara negli spogliatoi piangevano tutti. Gli dissi 'Mica è morto qualcuno!  Dai che ne vinceremo altri di Derby'. Dalle lacrime dei compagni e dalla gioia dei tifosi capii quanto valeva il derby. Ero nella storia...".

I tifosi genoani, a mo' di sfottò, confezionarono persino delle cartoline natalizie con impressa l'immagine del goal del brasiliano. 

"Di quell'anno - rivelerà a 'Tuttomercatoweb.com' -  ci sono altre 2 reti su punizione a cui sono affezionato. Quella a Taffarel contro il Parma dopo il derby e un'altra contro la Juve all'ultima giornata, quando conquistammo matematicamente l'ingresso in UEFA ai danni proprio dei bianconeri".

Carlos Aguilera Thomas Skuhravy Branco GenoaWikipedia

E a Branco, che diventa naturalmente uno dei beniamini, è dedicato anche un simpatico coro:

"Al doriano alla partita gli sembrava di sognar quando vide Luca Vialli il rigore trasformar / non sapeva che nel Genoa c'è un brasiliano che tira bombe da lontano e gioca meglio di Pelé / Claudio Branco alé alé, Claudio Branco alé alé...".

La seconda annata in rossoblù è quella che vede la squadra genovese protagonista di una straordinaria cavalcata in Coppa UEFA fino alle semifinali. Branco contribuisce con 8 presenze e 2 goal. Il primo di questi è una girata sotto misura su sponda aerea di Skuhravy nel 3-1 casalingo dei sedicesimi di finale contro la Dinamo Bucarest, il secondo un'autentica sassata su punizione al Ferraris nella gara di andata dei quarti di finale contro il Liverpool. 

"Quella fu un'altra grande punizione", commenterà.

Purtroppo per il Genoa il brasiliano non riuscirà a ripetersi contro l'Ajax di Van Gaal, che eliminerà i rossoblù in semifinale: successo di misura dei Lancieri al Ferraris per 3-2 e 1-1 ad Amsterdam. L'avventura in Coppa UEFA rappresenterà anche il punto più alto dell'avventura genoana dell'ex Fluminense.

"La squadra, il gruppo era forte e unito. Tutti ci accolsero bene a noi stranieri. - racconta - Eravamo io, Skhuravy e Aguilera. Bellissimo ambiente, io vivevo a Quinto davanti alla spiaggia. Mi piacevano molto i mandilli al pesto, una specie di lasagne, un piatto molto tipico. Ricordo che con Toninho Cerezo almeno una volta al mese andavamo a Portofino per mangiare l'astice e un buon vino bianco freddo". 

Allegro ma schivo, uomo che preferisce i fatti alle parole, dopo un'altra stagione in Italia, piuttosto travagliata per la squadra, che si salva ma cambia tre allenatori, nel 1993 Branco saluta i colori rossoblù con un bilancio di 86 presenze e 11 goal in 3 anni.

"Quel goal sotto la Nord è rimasto nella testa e nel cuore di tutti i genoani. - dirà al 'Secolo XIX' -  Ho pure un quadro con la stessa immagine". 

"Sono stati tre anni in rossoblù bellissimi - afferma a 'Tuttomercatoweb.com' -  di cui due con un allenatore, Osvaldo Bagnoli, che mi ha insegnato che il calcio è semplice. Oggi ci sono tanti professori che inventano chissà cosa e invece lui non inventava ma faceva andare forte la squadra. Era ed è una persona obiettiva, che dava fiducia a tutti. Con lui ho capito che il calcio è più facile di quel che si pensi". 

Branco Romário Dunga Copa do Mundo 1994Getty Images

CAMPIONE DEL MONDO CON IL BRASILE

Anche la Seleçao si accorge presto delle qualità del laterale mancino di Bagé. L'esordio arriva a 21 anni nell'aprile del 1985 nella vittoriosa amichevole contro la Colombia. Telé Santana lo convoca stabilmente e lo porta con sé a Messico '86. Qui Branco gioca i primi Mondiali della sua carriera.

Il Brasile parte come al solito con grandi aspettative, ma complice un sorteggio non favorevole, che abbina i verdeoro alla Francia nei quarti di finale, i sudamericani escono ancora una volta anzitempo ai calci di rigore, dopo l'amara delusione di Spagna '82.

Branco gioca da titolare tutte e 5 le gare e trasforma anche uno dei tiri di rigore per i suoi, ma non basterà per qualificarsi in semifinale, al cospetto degli errori decisivi di Julio Cesar e Socrates e dell'unico penalty fallito dai Galletti con Platini.

Per il primo trofeo vinto con la Seleçao bisogna allora aspettare l'anno 1989, che vede il Brasile trionfare in Copa America, precedendo l'Uruguay nel girone finale. Il Ct. Sebastião Lazaroni conferma l'esterno mancino anche per l'avventura di Italia '90, che saranno i suoi secondi Mondiali.

Nella fase a gironi è fra i più positivi, e nella sfida di Torino contro la Scozia dà sfoggio della sua proverbiale potenza sui calci di punizione: colpisce in testa Murdo MacLeod,  giocatore avversario sistemato in barriera, e quest'ultimo crolla a terra e deve essere sostituito. Settimane dopo si renderanno necessari degli esami celebrali per scongiurare un trauma cerebrale.

Sul piano dei risultati le cose per Branco e compagni andranno ancora peggio di 4 anni prima: i verdeoro, che giocano con un modulo inedito, un 5-3-2 che punta tanto sulle qualità dei due esterni, perdono nel Superclasico contro l'Argentina di Maradona ed escono agli ottavi di finale.

Questo, ma si scoprirà solo anni dopo, anche a causa di una borraccia avvelenata passata dagli argentini al povero Claudio Ibrahim, che vagherà per minuti in stato di semi-incoscienza per il campo facilitando il compito dell'Albiceleste.

"C'era Maradona a terra (ma molto probabilmente era Giusti, ndr) e accanto a lui il massaggiatore con le borracce. - racconterà il laterale mancino del Brasile ai media italiani - Chiesi a Diego il permesso di bere e loro, non ricordo se Diego o il massaggiatore, mi porsero un contenitore. Quell'acqua aveva un sapore amaro, però non ci badai. In pochi minuti avvertii un malessere. Mi girava la testa, le gambe erano strane: a tratti mi sentivo un leone, a tratti ero sul punto di svenire. All'intervallo domandai la sostituzione, ma Lazaroni mi intimò di tenere duro".

"Non so quale veleno mettessero dentro l'acqua, ma so che lo mettevano e questa è una cosa inaccettabile, antisportiva, per niente etica. Se quel giorno a Torino fossi stato sorteggiato per l'antidoping, avrei fatto la figura del drogato e la mia carriera sarebbe stata rovinata".

Il riscatto per Branco e il Brasile arriverà quattro anni dopo negli Stati Uniti. L'esterno sinistro, ai suoi terzi Mondiali in carriera, dopo un 2° posto nella Copa America del 1991, parte come riserva di Leonardo nella formazione del Ct. Carlos Alberto Parreira. Ma agli ottavi di finale, nel match contro gli Stati Uniti, il futuro milanista commette un brutto fallo di reazione su Ramos e viene espulso e squalificato per 4 giornate.

Scatta così l'ora di Branco, che si fa trovare pronto. Con lui in campo il Brasile guadagna in equilibrio e solidità difensiva. E il debutto è da urlo: con uno dei suoi calci di punizione con le tre dita piega le mani del portiere dell'Olanda De Goeij, che intuisce la direzione del tiro, ma non riesce a fermarlo. I verdeoro si impongono 3-2 e vanno in semifinale.

Eliminata anche la Svezia, a Pasadena il 17 luglio, dopo lo 0-0 che regge anche nei supplementari, contro l'Italia sono decisivi i calci di rigore.  È la seconda volta nella sua carriera che Branco si trova a calciare un tiro di rigore, e ancora una volta lo segna, battendo Pagliuca. L'unico errore per la Seleçao è di Marcio Santos, mentre gli azzurri falliscono con Massaro e Roberto Baggio. Finisce 3-2 dal dischetto, risultato che consegna la quarta Coppa del Mondo al Brasile.

Dopo quella finale, Branco disputa altre due amichevoli, per poi terminare la sua decennale avventura con la Nazionale nel febbraio del 1995 con uno scorer personale di 9 goal in 72 presenze.

Branco Brazil World Cup 1994Getty Images

GLI ULTIMI ANNI DI CARRIERA E L'ESPERIENZA DA ALLENATORE

Lasciato il Genoa, Branco milita per un breve periodo con il Gremio, per poi far ritorno al Fluminense, la squadra nella quale si era imposto da giovane. Fa ulteriori esperienze in patria con il Flamengo e il Corinthians, prima di tornare in Europa nel 1995. 

Lo acquistano infatti gli inglesi del Middlesbrough, dove gioca anche con i due italiani Fabrizio Ravanelli e Gianluca Festa per 2 stagioni, la prima in Premier League, la seconda in Championship.

Nel 1997 fa ritorno in Brasile, e indossa la maglia del Mogi Mirim. L'esperienza è tuttavia molto breve, perché i New York Metrostars (attuali Red Bulls) lo vogliono con loro in MLS. Branco si lascia sedurre e gioca il campionato nordamericano, totalizzando 11 presenze e un goal, prima di chiudere la sua carriera da calciatore nel 1998, all'età di  34 anni,  ancora con la maglia del Fluminense.

A metà degli anni Duemila diventa coordinatore tecnico del club di Rio de Janeiro per 4 anni, fino al 2009. Intraprende quindi alcune esperienze in panchina e allena Figueirense, Sobradinho e Guaraní. Attualmente lavora per la Federazione brasiliana.

"Sono il coordinatore tecnico di tutte le Nazionali giovanili, dall'Under 16 alla 20, e anche dell'Olimpica".

Chi lo ha visto giocare non può dimenticare le sue prodezze su punizione. Lo stesso Roberto Carlos lo prenderà come riferimento per le sue prodezze balistiche.

"Più forte io o Roberto Carlos? Lui ha giocato con me - dice - e imparato da me. È stato lui stesso a dirlo".

Per quanto ha fatto per il Genoa, tutti i tifosi rossoblù, cui ha scaldato il cuore, considerano Claudio Ibrahim Branco  una leggenda da tramandare di generazione in generazione.

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