GFX BierhoffGoal

Bierhoff-Inter, un amore mai sbocciato: dal prestito all'Ascoli allo Scudetto con il Milan

Nella storia della Serie A ci sono calciatori stranieri che portati in Italia da un club, avrebbero poi lasciato il segno con altre maglie senza mai indossare la casacca della società che li aveva inizialmente acquistati. Fra questi, uno dei casi più eclatanti è stato sicuramente quello di Oliver Bierhoff.

In molti lo ricorderanno per lo Scudetto conquistato con il Milan nel 1998/99 o per gli Europei vinti nel 1996 con la Germania, arrivata grazie ad una sua doppietta decisiva a Wembley per superare la Repubblica Ceca al Golden Goal. In pochi sapranno invece che a portare in Italia il centravanti tedesco nell'estate del 1991 era stata l' Inter di Ernesto Pellegrini.

Bierhoff però non indosserà mai la maglia nerazzurra, e, anzi, nella sua carriera in Italia regalerà alla squadra milanese diversi dispiaceri. 

L'articolo prosegue qui sotto

Oliver Bierhoff

GLI ESORDI E L'ITALIA NEL DESTINO

Nato a Karlsruhe il 1° maggio 1968, Oliver Bierhoff ha sempre avuto nella stazza fisica e nelle notevoli capacità di elevazione i suoi punti di forza. Cresciuto calcisticamente nell' SW Essen, formazione dell'allora Germania Ovest, viene acquistato nel 1985 dal Bayer Uerdingen, formazione di buon livello in quegli anni, con cui debutta a 18 anni in Bundesliga e nelle Coppe Europee. 

"Ero all'ultimo anno delle scuole superiori e gli ultimi mesi di scuola coincisero con i primi del servizio militare. Per qualche tempo feci la spola tra istituto, caserma e campo d’allenamento”.

Alla fine del 1987 il 'panzer' tedesco fa la sua prima conoscenza con il calcio italiano, sfidando nella finale dei Mondiali Militari gli Azzurri di Francesco Rocca, che si aggiudicano il torneo vincendo 2-0. Bierhoff comunque si consola realizzando complessivamente 4 reti con la Germania Ovest.

"Perdemmo 2-0, sapete chi fu a marcarmi? Ferrara".

Dopo 2 stagioni in cui realizza complessivamente 10 goal, anche per alcune incomprensioni con l'allenatore, Bierhoff passa all' Amburgo. La stagione 1988/89 non è delle più semplici, ma il centravanti contribuisce a salvare la squadra con 6 goal in Bundesliga e 7 complessivi.

L'avventura all'Amburgo finisce però dopo un'altra mezza stagione, con la cessione al Borussia Mönchengladbach nel gennaio del 1990. Qui le cose non vanno per il meglio, e per Bierhoff si profila una nuova cessione.

"Fu la parentesi più brutta della mia carriera: i titolari erano Belanov e Krinz, mi lasciai andare, non trovai la forza di reagire. Forse io non ero ancora pronto per fare il titolare, però è anche vero che non ho mai trovato un allenatore disposto a darmi fiducia, a lavorare su di me".

Bierhoff si trova così davanti a un bivio: o scendere in Zweite Liga o andare a giocare in Austria, con il tecnico tedesco Wiebach pronto ad accoglierlo al Salisburgo. Oliver riflette e opta per la seconda opzione, con quello che poteva essere un passo indietro nella sua carriera che si trasformò invece in una grande vetrina.

BIERHOFF ALL'INTER, MA L'AMORE NON SBOCCIA

A Salisburgo, dove arriva in prestito, Bierhoff esplode e segna 23 goal. A quel punto su di lui mettono gli occhi le big d'Europa, e ad aggiudicarsi il cartellino è l'Inter di Ernesto Pellegrini, che versa 750 milioni di Lire al Mönchengladbach. 

Il patron nerazzurro ha del resto una corsia preferenziale con la Germania, da cui ha prelevato negli anni scorsi Lothar Matthäus,  Andreas Brehme e Jurgen Klinsmann. Ai tempi però in Serie A potevano giocare solo 3 stranieri per squadra, e l'Inter, passata sotto la guida di Corrado Orrico, da quel punto era a posto con il trio della stagione precedente confermato.

Per Bierhoff, considerato peraltro ancora acerbo sotto il profilo tecnico, non c'è posto: meglio mandarlo in prestito a fare esperienza. Così se il Milan gira Boban al Bari, l'Inter manda Oliver a farsi le ossa con l' Ascoli. Il vulcanico patron dei marchigiani Costantino Rozzi si innamora di quel tedescone buono da un metro e 91 centimetri, che nelle sue intenzioni avrebbe dovuto raccogliere l'eredità di Walter Casagrande, ceduto in estate al Torino.

Con Bierhoff nelle Marche arrivano anche il belga Patrick Vervoort e l'argentino Pedro Troglio. L'obiettivo è la salvezza ma la stagione si rivela subito molto complicata per i bianconeri di De Sisti. L'ex regista di Roma e Fiorentina punta da subito su Bierhoff in coppia con Giordano, tuttavia l'adattamento del tedesco al calcio italiano è più lento del previsto.

Oliver non ingrana e quando un problema muscolare lo tiene lontano dai campi per diverse settimane, il 'taglio' a novembre sembra all'orizzonte. I tifosi infatti, quando torna a disposizione, lo contestano e chiedono a Rozzi la sua cessione. Il presidentissimo dell'Ascoli, tuttavia, tiene duro, e Bierhoff, nonostante la retrocessione della sua squadra, lascia intravedere qualche sprazzo del suo potenziale nella seconda parte della stagione sotto la guida di Massimo Cacciatori, con i primi 2 goal 'italiani' realizzati al Foggia l'8 marzo e proprio all'Inter, protagonista di un'annata assai deludente, il 5 aprile.

A Milano Bierhoff potrebbe arrivare, pur in ritardo, nell'estate del 1992, ma così non sarà: nonostante la possibilità di tesserare più stranieri, il club meneghino lo cede formalmente a titolo definitivo all'Ascoli, con Pellegrini che preferisce puntare per il proprio reparto offensivo su Darko Pancev piuttosto che sul tedesco, sul quale si nutrono molti dubbi. I nerazzurri si tengono comunque un'opzione per l'anno successivo.

La scelta non si rivelerà affatto azzeccata: Bierhoff, infatti, per la 2ª volta nella sua carriera, riesce a 'risorgere' e ripaga la fiducia di Rozzi diventando uno dei bomber più letali del campionato cadetto: nel 1992/93 segna 20 goal e conquista il titolo di capocannoniere. In estate si parla così nuovamente di un possibile passaggio in nerazzurro. A far spegnere sul nascere questa possibilità è però il premio di valorizzazione 'salato' chiesto da Rozzi, con i milanesi che a quel punto scelgono di percorre altre strade. 

Scaricato di fatto dall'Inter, nel 1993/94 il centravanti tedesco si conferma, segnando 17 reti. I club che pensano a lui in Serie A non mancano, ma Oliver, che il primo anno i tifosi bianconeri accusavano di scarso coraggio, sceglie di restare nella barca che affonda e di onorare fino alla fine il debito d'onore con il suo presidente.

Il 1994/95 è una stagione travagliata per i bianconeri. Bierhoff si ferma a 9 goal, che non bastano ad evitare la discesa in Serie C. Il tedesco non può seguire l'Ascoli in Serie C, e l'interesse nei suoi confronti è alto: alla fine, anche grazie alla mediazione dell'Inter, in virtù di un patto siglato 2 anni prima in occasione della cessione ai nerazzurri di Francesco Dell'Anno, ad aggiudicarsi il suo cartellino è l'Udinese di Pozzo, che lo pagherà 2,5 miliardi.

Bierhoff germany 1996Getty

EURO '96 E LA RINASCITA

Dall'arrivo all'Udinese in avanti, la carriera di Bierhoff decolla verso risultati mai raggiunti in precedenza dal tedesco. Gli anni in Friuli sotto la sapiente guida di Alberto Zaccheroni gli permettono di affermarsi come uno dei centravanti più forti della Serie A. Segna 17 goal il primo anno, che gli valgono la convocazione del Ct tedesco Bert Vogts ad Euro '96. 

L'epilogo del torneo sarà da incorniciare per il centravanti dell'Udinese: entrato in campo al 75', prima porta la finale con la Repubblica Ceca ai supplementari pareggiando il goal iniziale dei cechi con Berger, quindi sferra il colpo del k.o. realizzando anche il golden goal che assegna il titolo alla Germania nei tempi supplementari.

Quello sarà il picco assoluto della carriera di Bierhoff a livello internazionale. Anche in Serie A il tedesco saprà riconfermarsi, diventando la punta centrale dello spettacolare tridente con Marcio Amoroso e Paolino Poggi. Nel 1996/97 segna 13 goal, ma l'anno della consacrazione definitiva per lui sarà il 1998/99.

Oliver Bierhoff Udinese CalcioGetty

LA VENDETTA E LO SCUDETTO CON IL MILAN

L'Udinese di Zaccheroni è ormai una realtà del calcio italiano e l'Inter, passata da qualche anno sotto la presidenza di Massimo Moratti è ormai un ricordo lontano per Bierhoff, che a 30 anni, nel 1998 si laurea capocannoniere della Serie A con 27 goal in 32 presenze davanti addirittura al 'Fenomeno' Ronaldo.

Il tedesco si prende la sua personale 'vendetta' sportiva il 21 dicembre 1997, quando segna in Zona Cesarini la rete della vittoria per l'Udinese sui nerazzurri di Simoni. Un goal pesantissimo, per i friulani di Zaccheroni, che chiuderanno la stagione al 3° posto, ma anche per gli equilibri della lotta Scudetto, che vedrà i nerazzurri soccombere fra le polemiche alla Juventus di Lippi.

La rivincita del centravanti di Karlsruhe si completa nel 1998/99, quando Bierhoff segue il suo maestro Zaccheroni al Milan . I rossoneri, dopo una partenza soft, anche grazie alla formidabile vena realizzativa del tedesco, autore di 19 goal in campionato (di cui 15 di testa), coronano un'emozionante rimonta sulla Lazio con la conquista del 16° Scudetto.

Prima di chiudere la carriera con le esperienze al Monaco e al Chievo, il centravanti tedesco resta in rossonero altre 2 stagioni, segnando altre 11 reti in Serie A nel 1999/00 e 6 goal il terzo anno, facendo in tempo a togliersi pure lo sfizio di segnare per la prima volta nel Derby della Madonnina il 7 gennaio 2001. Un vero e proprio smacco nei confronti dell'Inter, che dopo averlo preso non ha mai creduto veramente in lui. 

Pubblicità