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Da Berlino a Madrid: Morata e la Juve, un amore mai terminato

Alvaro Morata e la Juventus. Un amore mai davvero terminato. Una storia iniziata per volere di un allenatore che, per allenarlo, avrebbe dovuto aspettare tre anni. Un addio rimpianto, affievolito dall’aver soffiato il centravanti alla rivale nella corsa scudetto. Tanti ricordi, tanti incroci. La Champions League vissuta da rivali, dopo essere stati insieme in due cavalcate interrotte amaramente. Mai da rivali in Italia, però. Perché l’amore, appunto, non è terminato con l’addio del 2016.

Non c’è una fine, ma c’è un inizio. Estate 2014. Per volontà di chi, il 14 luglio, avrebbe poi lasciato la Juventus. Ovviamente, Antonio Conte. Allegri, il successore, aveva deciso di avvallare l’acquisto. Il 19 luglio quel giovane talento ventunenne che il Real Madrid voleva tenersi stretto, tanto da pretendere l’inserimento della clausola di riacquisto dopo due anni, era sbarcato a Torino firmando per i bianconeri. Trovò Pirlo, il cervello, all'ultimo anno in bianconero, che da domani diventerà il suo allenatore. Non trovò Conte, per quello avrebbe dovuto aspettare ancora tre anni, quando si sarebbe trasferito al Chelsea.

”Mi aveva preso per la Juve che poi lasciò per andare ad allenare l'Italia. Ho sempre voluto giocare per lui. Mi sento in debito con lui. Quando ho saputo che mi voleva, non ci ho pensato due volte”.

Allegri optò per un inserimento graduale, come graduale fu il passaggio dal 3-5-2 al 4-3-1-2 nella sua prima stagione bianconera. Chiusa, ça va sans dire, con la vittoria in scioltezza dello scudetto. Eppure non è stato in campionato che Morata ha fatto innamorare tutti i tifosi della Juventus. Sì, qualche goal, alcuni flash, prove di intesa con Tevez. Il suo magic momento però sarebbe arrivato da febbraio a giugno 2015, in Champions League. Il 2014 non è stato un anno memorabile. Anche perché al secondo allenamento con la Juve si era rotto il legamento collaterale mediale del ginocchio. Due mesi fuori. Ha fatto in tempo per studiare quello che oggi è il suo allenatore tirare le punizioni, ma senza emularlo.

"Quando Pirlo tira le punizioni mi metto dietro di lui per vedere come fa, ma poi non ho il coraggio d'imitarlo per non fare la figura del ridicolo".

Il 2015, invece, è stato quasi un sogno. Da Re Mida. Goal all’andata e al ritorno col Dortmund negli ottavi di finale, goal all’andata e al ritorno al Real Madrid in semifinale, goal nella finale di Berlino. L’unico che non è stato sufficiente per centrare l’obiettivo. Sul tiro di Tevez respinto da Ter Stegen, Morata era al posto giusto a momento giusto, come sempre. Come al Bernabéu tre settimane prima, allo Stadium un mese prima. In generale: col bianconero addosso. E con le sensazioni negative dei tifosi, la paura di perderlo per colpa di quel tanto rimpianto riacquisto in favore del Real.

Álvaro Morata Juventus Barcelona Champions League final 06062015Getty Images

Il secondo anno era iniziato come si era chiuso il primo. In barba alle voci. Quelle sono rimaste dietro. Prima di tutto i goal, in Champions League. Un sinistro a giro dal limite per stendere il Man City all’Etihad, poi il bis al Siviglia. Cinque goal in fila in Champions League: in questo decennio non ci è riuscito nessun altro bianconero, nemmeno Cristiano Ronaldo. Anche se quei due goal sono stati il preludio di un lento declino, una crisi lunga quattro mesi. Complice il ritorno al 3-5-2 e l’ottimo rendimento della coppia composta da Dybala e Mandzukic, lo spazio per Morata era ridotto e lui soffriva. Nessuna rete da inizio ottobre a fine gennaio, la preoccupazione di Allegri e dei compagni. Pesante, confessò, anche l'assenza di Pirlo.

"Prima di ogni partita mi parlava a lungo. Capisce di calcio meglio di chiunque altro e queste sono cose che possono risultare determinanti per la conquista di uno scudetto".

La ‘terza punta’ di quella Juve perdeva colpi. Almeno fino alla notte dell’Allianz Arena del 16 marzo 2016, una partita che è ancora negli occhi di tutti i tifosi. I bianconeri incerottati, privi di Chiellini, Marchisio e Dybala, con Mandzukic a meno di mezzo servizio, a dominare per 70 minuti il Bayern Monaco di Guardiola, ritenuta da molti in quel momento la squadra più forte d’Europa insieme al Barcellona. Morata in avanti con Pogba e Cuadrado per affettare la difesa a suon di ripartenze. Forse, la sua miglior prestazione con il bianconero addosso. Poi la rimonta del Bayern, la beffa, l’eliminazione. I tifosi, però, sorridevano: Alvaro è tornato. Anche se se ne sarebbe andato di lì a poco. Era nell’aria dopo la finale di Coppa Italia a Roma del 22 maggio, contro il Milan. Entrato al 108’, in goal al 110’. Decisivo per l’1-0 finale. E poi un urlo liberatorio, prima delle lacrime di addio con la coppa in mano.

L’ultima volta con la Juve, prima di tornare al Real. Recompra. esercitata. Destino: l’avrebbe ritrovata un anno dopo, a Cardiff. Da riserva del Real Madrid di Zidane. Avrebbe vinto lui. Doppio rimpianto bianconero. Poi, un’estate ad essere accostato al Milan, prima di finire al Chelsea. Scelta di cuore, non solo per Conte, ma anche per la Juve. Lo aveva spiegato Beppe Bozzo, agente FIFA, vicino all’entourage di Morata.

“Se ha deciso di non tornare in Italia per andare al Chelsea è anche per i tifosi della Juventus. A Cardiff è rimasto positivamente sorpreso dall'affetto dei supporter juventini e per questo ha preferito un'altra soluzione”.

A Londra sarebbe finita male, con il trasferimento all’Atlético dopo un anno e mezzo. E di nuovo, la Juventus in Champions League agli ottavi nel 2019. Un goal segnato, annullato. Con esultanza, prima che il Var cambiasse idea. I bianconeri se l’aspettavano: al ritorno Emre Can lo avrebbe marcato quasi a tutto campo, impedendogli di giocare tranquillo. Anche nei due match nella scorsa fase a gironi, non era riuscito a incidere. Troppo amore? Forse.

Alvaro Morata Leonardo Bonucci Atletico Madrid Juventus Champions League 20022019GABRIEL BOUYS

Lo stesso amore che, quando la Juventus lo ha richiamato, ha portato a decidere per il ‘sì’. Inevitabile. Con Alice, sua moglie, il ritorno in Italia sembrava tra i progetti. Gli accostamenti, anche ad altre squadre di A, erano continui in ogni sessione. Solo la Juve, però, è la Juve. A quattro anni, Morata è pronto a rivestirsi di bianconero. E riecheggiano le parole di Gigi Buffon, che lo riaccoglierà alla Continassa, prima della finale di Cardiff.

“Il suo passaggio al Real per me è stato un dispiacere, abbiamo perso un grande talento con un'età che gli avrebbe permesso di maturare definitivamente e di consacrarsi. Poteva diventare il miglior uomo della Juventus”.

È ancora in tempo.

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