Valeri Bojinov BulgariaGetty

Ascesa e declino di Bojinov, lo straniero più giovane a esordire in Serie A

“Secondo alcuni ricordo Wayne Rooney, tutto quello che io posso dire è che me lo auguro. Sono un suo grande fan e credo che abbiamo la stessa età ed un fisico simile. E’ un qualcosa che non mi dispiace affatto, ma non sono io a dire che gioco come lui”.

A rileggere oggi queste parole, in un contesto totalmente diverso da quello nel quale sono state pronunciate, tutto assume un contorno quasi ‘beffardo’ ma sì, c’è stato un momento nel quale Valeri Bojinov è stato considerato un giocatore della stessa levatura di Rooney. Anzi secondo tanti era anche più forte.

Siamo ad inizio anni 2000 e mentre il gioiellino inglese inizia a far intravedere cose interessanti con la maglia dell’Everton, in Italia c’è un ragazzo bulgaro che ha già iniziato una scalata fulminea destinata, nei pronostici di tutti, a portarlo nell’Olimpo dei più forti giocatori della sua generazione.

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La storia poi dirà che Rooney diventerà uno degli attaccanti inglesi più forti di ogni tempo, mentre ‘The Bulgarian Rooney’ vivrà una carriera da giramondo del pallone, ma le caratteristiche tecniche erano effettivamente simili e quel paragone era allora tutt’altro che azzardato.

Bojinov all’epoca era considerato un talento sensazionale, uno di quelli da inserire, esattamente come fece ‘The Guardian’ nel 2004, tra i dieci prospetti più forti del pianeta: con lui c’erano Rooney appunto, Diego, Robinho, Adu, Oliech, Sneijder, van Persie e Gonzalo Rodriguez.

Molti dei talenti inseriti in questa ‘Top 10’ hanno poi effettivamente avuto grandi carriere e tra coloro che invece non hanno rispettato le aspettative, colui che ha lasciato dietro di sé più rimpianti è proprio Bojinov e questo per un motivo molto semplice: lui ha effettivamente dimostrato, e tra l’altro in una Serie A molto più competitiva di quella di oggi, di avere un qualcosa di speciale.

A portarlo in Italia appena quattordicenne è Pantaleo Corvino, un fenomeno nello scovare gioielli in giro per il mondo. Lo vede nel corso di un torneo a Malta, dove Bojinov si era trasferito dodicenne con la famiglia, e se ne innamora immediatamente. Si garantisce il suo cartellino per trenta milioni di lire (circa quindicimila euro) e lo porta al Lecce.

In Salento il ragazzo si alterna tra scuola e pallone, facendo di quell’angolo di Puglia la sua seconda casa. Studia, gioca, si diverte come tutti i quattordicenni, ma le lancette del suo orologio viaggiano al doppio della velocità rispetto a quelle dei suoi coetanei.

Sì perché uno come lui non può restare rinchiuso nei confini del calcio giovanile troppo a lungo ed infatti, il 27 gennaio 2002, all’età di quindici anni, undici mesi e dodici giorni, nel corso di un Lecce-Brescia, entrando in campo negli ultimi venti minuti di una partita che i salentini stanno perdendo 3-1, diventa il più giovane calciatore straniero ad esordire in Serie A.

Valeri Bojinov LecceGetty

A lanciarlo è Delio Rossi, che poi nella stagione successiva gli garantirà quindici presenze (condite dai primi due goal da professionista) in Serie B, seguite da altre ventotto (con tre goal) nella Serie A 2003-2004, ma a far cambiare realmente la percezione delle cose sarà l’incontro con un altro allenatore: Zdenek Zeman.

Inserito nel 4-3-3 iper offensivo del tecnico boemo, Bojinov, che con Pinardi gioca a supporto della punta centrale Bjelanovic, si scatena lasciando tutti a bocca aperta. Il 12 settembre 2004 segna alla prima di campionato sul campo dell’Atalanta, poi sigla una doppietta in casa contro il Brescia, mentre alla terza giornata trova la via del goal all’Olimpico contro la Roma. Quattro reti in tre giornate, la Serie A ha scoperto un nuovo fenomeno.

“Io con Zeman a Lecce ci discutevo sempre - ha ricordato ai microfoni di ‘Sky’ - Il giorno dopo quel goal alla Roma in riunione mi ha massacrato dicendo ‘Questo non è calcio’. Lui voleva che i goal arrivassero attraverso gli schemi, dovevano essere figli della tattica e non del prendere il pallone e tirare”.

Zeman lo forgia con i suoi allenamenti massacranti e cambia anche le sue abitudini a tavola. Bojinov macina chilometri di corsa durante la settimana e va avanti a patate lesse, zuppe ed insalata, ma i sacrifici si trasformano in autentici exploit.

Grazie anche alle sue undici reti in venti partite (alle quali vanno aggiunte altre tre in altrettante gare di Coppa Italia), il Lecce si garantisce un’annata all’insegna della tranquillità e del bel calcio, ma proprio mentre in Salento si inizia a sognare un qualcosa di più, irrompe la sessione invernale di calciomercato.

Bojinov è tra i gioielli più contesi in assoluto e a riuscire ad aggiudicarsi il suo cartellino è la Fiorentina. La squadra viola, appena tornata in Serie A, sta patendo le pene dell’inferno e sta lottando per non retrocedere, ma la società è ambiziosa e sborsa qualcosa come quindici milioni di euro pur di garantirsi quell’attaccante che, per qualità e caratteristiche tecniche, ha tutto per diventare l’uomo destinato a cambiare le sorti di un’annata nata male.

Da quindici mila euro a quindici milioni nel giro di cinque anni: Bojinov non ha ancora compiuto vent’anni, ma ha già il calcio che conta ai suoi piedi.

Valeri BojinovGetty Images

La Fiorentina deve rappresentare lo step successivo, ma proprio nel momento in cui c’è da fare il definitivo salto di qualità, qualcosa si inceppa. Il ‘rivale di Rooney’ si rivede costretto a fare i conti con alcuni problemi fisici che lo rallentano e soprattutto mostra a tutti un lato della sua personalità rimasto fin lì nascosto: il ragazzo è forte… molto forte, ma ha anche un carattere che non lo aiuta.

“Nella vita si commettono degli errori, soprattutto quando sei giovane - ha ammesso anni dopo a ‘Teleradiostereo’ - Forse la mia crescita è stata troppo veloce e la popolarità è arrivata troppo presto. A diciotto anni guadagnavo tanti soldi e non ascoltavo i consigli che mi venivano dati. Vorrei poter tornare indietro e rivivere quei momenti con la testa che ho adesso”.

Di fatto la Fiorentina rappresenterà lo spartiacque della carriera di Bojinov, il momento in cui si bloccherà un’ascesa che sembrava inarrestabile ed inizierà una lenta discesa che darà alla sua carriera un volto diverso da quello che avrebbe potuto avere.

In riva all’Arno segna poco e solo a tratti riesce a mettere in mostra quelle che sono le sue qualità. Il feeling con la città non si è venuto a creare e lo spazio in campo è sempre meno a causa di una concorrenza sempre più nutrita.

Quello che doveva essere il suo posto nel cuore dei tifosi gigliati viene preso da Luca Toni, che intanto ha iniziato a tartassare le difese avversarie, e nella testa di Bojinov si fa largo una sola convinzione: è il momento di cambiare aria.

Nel gennaio del 2006 la via d’uscita assume la fisionomia dell’Inter. Marco Branca lo chiama, gli dice che il suo trasferimento in nerazzurro può essere solo questione di tempo, ma anche che deve restare tranquillo.

“Quel weekend era in programma Fiorentina-Chievo a Perugia - racconterà a ‘Il Posticipo’ - Branca mi aveva raccomandato di non fare casino e di stare tranquillo perché a fine partita avremmo concluso il mio passaggio all'Inter”.

Bojinov non deve far altro che lasciare che le cose vadano come devono, ma quando viene a sapere che non verrà schierato titolare contro il Chievo, va su tutte le furie. La Fiorentina vince, Andrea Della Valle scende negli spogliatoi per congratularsi per tutti, ma si trova davanti proprio l’attaccante bulgaro che, senza giri di parole, gli comunica la decisione di voler andare via. Il presidente gigliato gli spiega che per la società è incedibile e la situazione degenera, tanto che vola una spinta di troppo.

“Era un periodo difficile per me. Quando scesi nello spogliatoio ero arrabbiatissimo, mi ero riscaldato per un tempo interminabile senza entrare in campo - svelerà a ‘La Nazione’ - Ero veramente furibondo, incrociai e il presidente e gli chiesi subito di essere ceduto, lui mi rispose di no, mi disse che aveva speso un sacco di soldi per me, voleva che mi affermassi a Firenze. Ci fu un contatto e mi dispiace, io non sono uno che fa queste cose, credo nel rispetto, nell’educazione, nella lealtà. I rapporti con il presidente si raffreddarono lì. A distanza di tanto tempo dico che mi dispiace davvero tanto”.

Bojinov finisce fuori rosa ed il possibile trasferimento all’Inter salta definitivamente. Quando verrà reintegrato in squadra, sarà già chiaro a tutti che la sua avventura in viola è giunta al capolinea. Colui che doveva essere l’attaccante del futuro saluta Firenze con tanti rimpianti e lo fa per trasferirsi a Torino alla Juventus.

Valeri BojinovGetty

E’ il luglio del 2006 quando accetta con entusiasmo il trasferimento a Torino. Quella nella quale approda è una Juventus ancora zeppa di campioni, ma che intanto è finita in Serie B poiché travolta dai fatti di Calciopoli. Uno come lui in serie cadetta dovrebbe fare fuoco e fiamme, ma c’è un problema: Deschamps non lo vede e gli preferisce Trezeguet, Del Piero e Palladino.

“La squadra era finita in B per Calciopoli, ma non mi importava: la Juve è la Juve - ha ricordato a ‘Il Posticipo’ - Sarei stato il primo bulgaro a giocare coi bianconeri. Ricordo il mio primo giorno: basta entrare dentro quegli spogliatoi per sentire un'aria speciale. Alla Juve conta solo vincere, si parlava solo di questo vedendo le foto coi trofei e tutti quegli scudetti”.

Il primo bulgaro nella storia della Juventus, contribuisce alla promozione in Serie A con cinque reti in diciotto partite. Troppo poco per essere riconfermato.

Bojinov torna dunque alla Fiorentina, che gli trova subito una sistemazione in un Manchester City che non è ancora quello super ambizioso degli sceicchi.

E’ in questo momento che si torna a parlare del paragone con Rooney, che intanto ha già iniziato a fare il fenomeno dall’altra parte di Manchester, allo United, ma mentre l’inglese continua il suo cammino verso un posto nella storia, Bojinov si lesiona prima i legamenti del ginocchio sinistro (il destino vuole proprio contro il Manchester United) e poi si rompe il tendine d’Achille.

Undici partite in tutto in due anni con un solo goal all’attivo: sarà questo il bilancio della sua avventura inglese.

Il City rappresenterà l’ultima occasione persa, prima dell’inizio di un lungo girovagare. Ripartirà dal Parma, dove resterà un paio di anni, poi giocherà con Sporting Lisbona, Lecce (un ritorno senza gloria), Verona, Vicenza, Levski Sofia, Ternana, Partizan Belgrado, Meizhou Hakka (“Nella Serie B cinese ci sono andato per i soldi, ma ho resistito cinque mesi”), Losanna, Rijeka, Levski Sofia, Botev Vraca, Pescara, ancora Levski Sofia (per la terza volta) e infine Septemvri Sofia.

Un giro del mondo senza acuti, se si esclude l’avventura al Partizan (“Segnai tanto, ma il campionato era di basso livello”) che servirà più a cambiare il volto della carriera di Nikola Milenkovic e Dusan Vlahovic, piuttosto che la sua.

“Giocavo nel Partizan e mi chiamò Corvino chiedendomi di Milenkovic e Vlahovic - ha svelato a ‘Radio Bruno’ - Gli ho detto che erano due ragazzi che potevano diventare grandi acquisti. Ama i giovani talenti e li prese entrambi”.

Valeri Bojinov ha appeso gli scarpini al chiodo nel 2022. In venti anni di carriera ha giocato in nove Paesi diversi e vestito qualcosa come diciannove maglie: un’enormità.

Aveva tutto (o quasi) per consacrarsi ad alti livelli, ma il destino gli ha riservato altro. Della sua lunga avventura da calciatore resteranno soprattutto quei primi exploit che avevano fatto pensare a lui come ad un fenomeno… una sorta di Rooney… o anche di più.

“La vita dà e si riprende, forse avevo avuto troppo e tutto insieme. Ma non ho mai mollato”.
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