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'The Power of Love': Antonio Di Natale, uomo di cuore

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“Non lascerei mai l’Udinese, nemmeno se il Real Madrid bussasse alla mia porta. Voglio finire la mia carriera qui e arrivare a 150 goal in Serie A con la maglia bianconera”.

Nel 2012 Antonio Di Natale rispose così alle domande dei cronisti in merito ad un suo possibile trasferimento al Milan, ossia nel momento in cui l’allora trentaquattrenne attaccante napoletano era il più ricercato dei bomber, per così dire, a lunga conservazione. Il suo auspicio in merito al numero di reti, tuttavia, dovette essere ben presto rivisto al rialzo: il folletto napoletano avrebbe chiuso la sua carriera, rigorosamente in Friuli, nel 2016, ma con un bollettino aggiornato a 227 reti con la sola maglia delle “zebrette”, di cui 191 in Serie A, mentre sono 311 le segnature messe a referto in tutta la carriera comprendendo la Nazionale.

Di Natale è il sesto marcatore all-time del nostro massimo campionato ed è, forse, anche il più sottovalutato tra i nomi in top ten. Il motivo è probabilmente da ricercare nei gran rifiuti offerti con estrema cortesia alle corazzate, anche se questo non può essere visto come una macchia sul suo nome, quanto piuttosto come un raro fattore di costituzione morale che ha fatto della bandiera bianconera un giocatore talmente atipico da risultare fuor d’epoca.

La sua storia rimanda, infatti, alla Serie A degli anni ’80 e ‘90, quando i Zico, i Futre e i Souness calcavano i meno illuminati campi di provincia, nobilitandola e assurgendola a qualcosa di più rispetto al rimedio per una carriera scapestrata. Per Totò la provincia è stata culla, famiglia e trono, il luogo dove si nasce e si rimane per sempre, dove il cuore può palpitare tranquillo e non deragliare ai battiti del primo amore. "Sono stato quasi sempre assente anche giocandoci contro: fargli goal era come segnare a mio fratello. Quella maglia per me era troppo pesante e accettando di vestirla temevo di non fare ciò che invece ho fatto", disse del Napoli con il più puro trasporto partenopeo. La provincia, insomma, è stato dove per Antonio Di Natale tutto è iniziato e conchiuso.

Lontano da casa, da subito. È il 1990 e Totò, classe 1977, come ogni scugnizzo di talento di Pomigliano d’Arco spelacchia a forza di sogni l’erba del campo della scuola calcio “San Nicola” a Castello di Cisterna. È arrivato da poco, ma tanto è bastato per far stropicciare gli occhi a molti osservatori, dei quali il più lesto chiama Massimo Niccolini, responsabile del settore giovanile dell’Empoli, che sfrutta l’affiliazione tra il “San Nicola” e il club toscano per portare all’ombra della Collegiata di Sant’Andrea quel tredicenne così promettente.

Arrivato in azzurro, troverà un altro scugnizzo cui è accomunato dall’identico percorso, ovvero Vincenzo Montella, ormai in prima squadra e che darà al giovanissimo Di Natale l’apporto di cui solo un conterraneo può essere capace. “Non avere fretta”, si sarà sentito dire Antonio, “affronta la vita uno scalino dopo l’altro”.

Così sarà, perché dopo alcuni anni di scintillante tirocinio il giovane apprendista fa il suo esordio tra i professionisti a diciannove anni in occasione di Empoli-Cremonese di Serie B nel gennaio 1997. In squadra c’è un suo coetaneo che, come lui, ha imparato a fare le cose con calma: si chiama Luca Toni e in quell’inverno di fine secolo si sta già facendo le ossa a Fiorenzuola, in Emilia, dove presto capiterà anche Di Natale per vestire in prestito la maglia dell’Iperzola.

La stagione 1997-98 lo vede pertanto impegnato in Serie C2 a collezionare 6 reti che lo portano in C1 nell’annata successiva o, almeno, così sembra. A Varese, infatti, rimane solo tre mesi fino all’ottobre 1998, per poi di nuovo scendere di categoria - e geograficamente - con l’approdo al Viareggio, con i cui colori terrà la media di un goal ogni due partite. L’Empoli decide perciò che Totò è maturo per giocarsi il posto in azzurro e che la concorrenza con attaccanti come Maccarone, Tavano e Rocchi non potrà che fargli bene. La scommessa è azzeccata, perché nel 2001/02, stagione della promozione in Serie A per i toscani, Di Natale metterà in cascina 16 segnature di miliare importanza.

L’avventura empolese dell’avanti partenopeo coinciderà quasi per intero con la permanenza dell’allenatore Silvio Baldini, con cui stringerà un rapporto molto stretto, come vedremo più avanti. Lontano da casa, ancora di più, questa volta per trovarne una nuova. È il 2004, l’Empoli retrocede e i 18 goal refertati da Antonio in due campagne di Serie A stanno troppo stretti in cadetteria. È chiaro, oramai si parla di un attaccante di livello nazionale e, progressivamente, internazionale, in quanto il 18 febbraio dello stesso anno mette a segno la sua prima rete con gli Azzurri nell’amichevole contro la Repubblica Ceca.

Antonio Di Natale Udinese 2010Antonio Di Natale Iker Casillas Italy Spain Euro 2012Getty Images

La chiamata decisiva arriva da Udine: Di Natale non ci pensa molto, anche perché la dirigenza gli promette la maglia numero 10, appena sfilata dalle spalle di Martin Jørgensen, ceduto alla Fiorentina. In Friuli, poi, non si gioca solo la Serie A, bensì anche la Coppa UEFA, così la carriera del nativo di Pomigliano d’Arco entra in una dimensione assolutamente nuova. La squadra è degna di nota, potendo contare su elementi quali Iaquinta, Sensini, Muntari e Di Michele, così come la panchina, sulla quale siede Luciano Spalletti. L’esito di maggio conferma le buone sensazioni iniziali, dal momento che arriva un inedito quarto posto, vale a dire qualificazione in Champions League, la prima nella storia dei bianconeri.

I due anni successivi, tuttavia, vedranno l’avvicendamento di quattro allenatori e conseguenti risultati altalenanti fino all’arrivo di Pasquale Marino, che resterà in Friuli fino alla fine del 2009. Si tratta di un anno centrale nelle vicende di Di Natale, vittima il 28 marzo di una parziale lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro, proprio nel momento in cui sta viaggiando alla media di più di un goal a partita. Non è che un’ulteriore punto d’ascesa di una crescita costante, fatta di reti spettacolari (in cui si specializzerà con sempre maggiore raffinatezza) e di un’indomita e squisita intesa con i compagni di reparto Quagliarella, Floro Flores e Sanchez, assistiti nelle vesti di attaccante esterno.

È un dettaglio, quest’utlimo, non trascurabile, perché al ritorno dall’infortunio, complice la cessione di Quagliarella al Napoli nell’estate del 2009, Totò giocherà soprattutto da centravanti. Questa mossa, perfezionata da Guidolin fin dal suo arrivo sulla panchina zebretta nel 2010, risulterà micidiale per i portieri della Serie A, impegnati per quattro anni di fila, fino alla stagione 2012/13, a raccogliere dal fondo del sacco i palloni calciati dallo scugnizzo per più di venti volte ad annata. È, infatti, proprio in questo periodo che egli esprime il meglio della propria arte calcistica, sfoggiata nelle sue declinazioni più tipiche e variegate.

Di Natale, infatti, si contraddistingue per una velocità di pensiero, di predisposizione all’atto decisivo unica, con una tecnica acutissima e bruciante adatta ad ogni tipo di soluzione balistica (tiro secco, al volo, a giro, pallonetto) e resa peculiare da un baricentro basso in grado di donargli stabilità anche nelle torsioni più precarie e negli scatti più improvvisi. Sarà, dunque, spettacolare capocannoniere del massimo campionato nelle campagne 2009/10 – battendo l’hombre del triplete Diego Milito – e 2010/11, consolidandosi perciò come uno dei migliori attaccanti a livello europeo. Lo vuole la Juve, che farebbe carte false per lui, ma Di Natale è risoluto nel respingere le avances della Vecchia Signora: “Le mie scelte sono sempre state di cuore e di testa, mai di soldi. Alla Juve ne avrei avuti tanti, ma la priorità era la mia famiglia”, avrebbe detto anni dopo.

Totò nel 2012 riesce anche a riconquistare la Nazionale a 34 anni inoltrati dopo un subdolo ostracismo durato esattamente ventiquattro mesi e patito dopo la disastrosa spedizione dei Mondiali di Sudafrica 2010, nel cui contesto aveva anche messo a segno un goal in occasione del nefasto Slovacchia-Italia di Johannesburg. Nel 2012, come abbiamo visto, inizia per l’attaccante l’ultima stagione con un ruolino da attaccante di primo rango (23 reti), conclusa con quello che è probabilmente la segnatura più preziosa della sua carriera, ovvero il sinistro al volo da posizione defilata nella vittoria casalinga per 3 a 1 contro il Chievo. Successivamente, il pallottoliere necessiterà gradualmente di meno bussolotti per segnalare i goal del pomiglianese, 17 nel 2013/14 e 14 nel 2014/15.

L’annata 2015/16, conclusiva della sua esperienza in bianconero e della sua carriera, lo vedrà gioire soltanto due volte, l’ultima delle quali su rigore nel giorno del suo addio, datato 15 maggio 2016. Nonostante la sconfitta contro il Carpi, l’atmosfera allo “Stadio del Friuli” è di malinconica gioia, ravvivata dai continui sorrisi di un ragazzo che, lasciata casa ventisei anni prima, ne aveva trovata una nuova a centinaia di chilometri di distanza. Lo testimonia la continuità di certe presenze, una su tutte quella di Silvio Baldini, tra i pochi cui Di Natale, raggiunta la tribuna e attorniato da migliaia di astanti muti in calcistico cordoglio, desidera concedere la parola nel corso della serata.

Lo scugnizzo di Pomigliano d’Arco è tornato recentemente in Toscana, una delle sue tre case, per allenare la Carrarese, lasciatagli in eredità – i giochi del destino! – proprio da Baldini. Quella di Di Natale è più che mai, quindi, una storia di famiglia, prima abbandonata per forza di vita e ritrovata poi sotto nuove fisionomie, una storia che, lungi da pretese pedagogiche, insegna però che i successi possono avere un gusto più ricco se accompagnati dalla fedeltà. Il rapporto con la Carrarese si è interrotto a luglio 2022, per poi dare spazio all'avventura nella veste di vicepresidente dell'Orvietana, club di Serie D.

Ora il Donatello Calcio, Academy friulana dove Totò in estate ha annunciato il suo rientro, ma che lo vedrà protagonista come dirigente.

"Continueremo il nostro lavoro per far crescere, ancora di più, questa storica società. Cercheremo, ove possibile, di portare delle migliorie e dei servizi in più per i nostri bambini, soprattutto in questo delicato e difficile momento per lo sport dilettantistico, con continui cambi di regole e normative".

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