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Angelo Caroli, il giornalista che ha vinto uno Scudetto con la Juventus

"Non può scrivere davvero di calcio chi non abbia calciato almeno un corner in serie A", ripeteva spesso Giampiero Boniperti.

Angelo Caroli, nato con il nome di Angelo Carota, prima di diventare un affermato giornalista sportivo aveva fatto molto di più giocando proprio accanto a Boniperti e vincendo addirittura uno Scudetto con la maglia della Juventus (il numero dodici della storia bianconera) oltre a togliersi la soddisfazione di segnare un goal in Serie A al debutto assoluto e appena maggiorenne.

A metà degli anni '50, la Juventus attraversa uno dei momenti meno ruggenti della sua ultracentenaria storia. Sulla panchina della squadra bianconera siede Sandro Puppo, allenatore che in carriera ha guidato anche la Nazionale della Turchia, il Besiktas (con cui vincerà due campionati) e il Barcellona dove lancia un giovanissimo Luisito Suarez.

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Dal cognome di Puppo viene allora coniato il termine 'puppanti' con un evidente gioco di parole per un gruppo composto soprattutto da giovani di belle speranze. Uno di loro, appunto, è Angelo Caroli che una domenica del gennaio 1956 viene schierato a sorpresa dal tecnico e firma il goal che permette alla Juventus di espugnare Bologna, tornando alla vittoria dopo un digiuno che in trasferta durava da quasi due anni.

La rete di Caroli, insomma, resta a suo modo nella storia e verrà raccontata anche dall'indimenticato Vittorio Pozzo, CT bicampione del mondo con l'Italia nel 1934 e nel 1938, su 'Stampa Sera'.

"Impadronitosi della palla la mezz’ala juventina Bartolini scopriva un corridoio trasversale sulla sua sinistra al quale stava accorrendo il compagno di centro Caroli. Il passaggio rasoterra partiva pronto e preciso. Caroli, il diciottenne esordiente, non si faceva pregare: partiva deciso, inseguito da un paio di avversari li batteva in velocità, penetrava in area e giunto a distanza adeguata spediva con calma e precisione nella rete sguarnita. Tutto frutto del lavoro dei due novellini inseriti nella squadra bianconera per darle l’apporto di un po’ di sangue giovane, questa rete che doveva decidere delle sorti della giornata. Bartolini aveva iniziato l’azione con prontezza di percezione, Caroli l’aveva completata con la punta di velocità, caratteristica dei giovani. Una mossa riuscita. Combi ha dichiarato: “L’esperimento dei giovani può ritenersi riuscito… Non dico che tutto sia andato alla perfezione, ma possiamo essere soddisfatti. Perciò bisognerà insistere su Caroli".

Nato a L'Aquila nel 1937, Caroli è un vero atleta fin da ragazzo. Già primatista italiano juniores di salto in lungo a 16 anni, decide di dedicarsi al calcio: inizialmente gioca come difensore nella squadra della sua città, poi il centravanti si fa male e Caroli si trasforma in attaccante segnando a raffica: 12 goal in 8 partite.

A notarlo è la Juventus, che lo porta a Torino dove continua gli studi frequentando il Liceo Classico 'Massimo 'D'Azeglio', ovvero la scuola dei fondatori del club bianconero per cui fa il tifo da sempre.

"Mi ricordo che una volta piansi anche per la Juve: il giorno dell’1-7 col Milan, quando Parola fu espulso".

Il giorno dopo il debutto con goal in Serie A, Caroli torna dietro i banchi per affrontare una versione di greco. Il voto, come rivelato qualche tempo dopo ad 'Abruzzo Web', non sarà altissimo.

"Non ricordo com’è andato quel compito, ma credo non tanto bene: non ero una cima in greco, preferivo molto di più il latino".

Mentre quel goal resterà il primo e l'ultimo, ma poco importa. La gioia è grandissima, come raccontato a 'Hurrà Juventus' parecchi anni fa.

"Bologna mi ha sempre portato bene. Ci avevo già vinto, a 17 anni il mio primo titolo italiano di salto in lungo esordienti. Quel giorno, prima di scendere in campo tremavo come una foglia. Boniperti lo avevo addirittura conosciuto in treno, durante il viaggio verso Bologna. Al ritorno voleva farmi pagare lo champagne. Avrei voluto farlo, ma non mi sarebbe bastato tutto lo stipendio – ventimila lire al mese – per dare da bere a tutta la squadra".

Caroli resta alla Juventus altri due anni senza particolari squilli, poi una serie di prestiti tra Catania, Lucca e Pordenone dove conosce la moglie Marilù e il tecnico Varglien II gli cambia ancora ruolo: da attaccante a terzino, con ottimi risultati.

Nella stagione 1960/61 allora la Juventus lo riporta alla base. Il club bianconero, guidato da Umberto Agnelli, intanto è diventato un Dream Team in cui brillano tra le altre le stelle di John Charles e Omar Sivori. Proprio all'argentino Caroli servirà un assist decisivo nel derby contro il Torino riguadagnandosi un posto da titolare. Ma solo per poco.

"Ritiro a Sestriere, una ragazza mi chiede di uscire. Ci vado la sera, con questa bella genovese, ma senza farci nulla. Il problema è che ci vado in giacchetta, risultato: faringite. La domenica dopo al mio posto in campo c’è Mazzia e io me ne torno nell’ombra".

Caroli giocherà con la Juventus anche in Coppa dei Campioni, un'esperienza a dire il vero non troppo fortunata.

"Ho giocato contro il Panathinaikos ad Atene. Ci fu il cross di un greco, l’ho respinto di testa ma verso il centro, come non bisognerebbe mai fare. C’era la mezzala che ha calciato al volo e l’ha messa lì, nel sette. È finita 1-1, quell’errore me l’hanno fatto pesare per mesi. Quella dello Scudetto fu una grande soddisfazione, ero già stato campione italiano nell’atletica ma ricevere questo riconoscimento nel calcio era tutta un’altra cosa".

A fine stagione, dopo aver conquistato il tricolore, si trasferisce a Lecco e di fatto chiude la carriera da calciatore a soli 26 anni per iniziarne un'altra.

"Vissi un’esperienza tristissima, quell’anno. Ormai avevo assimilato tutto quello che non avevo potuto imparare, calcisticamente, da bambino, nella mia L’Aquila. Certe situazioni, certe prese di posizione, certe imposizioni però non mi sentivo più di sopportarle: e allora rifiutai il trasferimento a Palermo e praticamente rinunciai a continuare la carriera. Mi ero sempre sforzato di assumere un atteggiamento molto distaccato nei confronti di questa professione così atipica. Mi accorgevo di essere un calciatore solo nel momento della resa dei conti, dei bilanci. E allora certe cose non mi andavano più, non le consideravo giuste".

Lascia la Facoltà di Legge e si iscrive all'ISEF con l'idea di diventare insegnante di educazione fisica ma qualcuno nota la sua abilità con la penna. Diventa giornalista, lavorando prima per 'Tuttosport' e poi per 'Stampa Sera'. Segue soprattutto la Juventus ma anche la Nazionale e ben tre edizioni dei Mondiali (1977, 1978 e 1986).

"Mi è sempre piaciuto scrivere, anche se non ero un grandissimo lettore e a scuola nei temi non ero granché, prendevo la sufficienza. Mi ha intrigato sempre l’altro, tutto quello che c’è al di là di me. Così ho scritto 25 libri, sette di poesie. La scrittura è una fatica ma anche una via di fuga, che quando trova la dirittura d’arrivo dà grandissime soddisfazioni. Scrivere dà risultati nell’età della maturità, ha un significato più profondo che non uno Scudetto o i 100 metri o un salto in lungo vinti. Ho avuto soddisfazioni in entrambi i settori, l’esultanza del pubblico è più esaltante mentre il successo per libri e poesie più lento, graduale e razionale".

Il calcio, infatti, non sarà la sua unica passione. Caroli come detto si dedica anche alla stesura di poesie e libri, ben ventiquattro, tra cui 'Il fuoco e la vendetta', 'I baci del diavolo', 'Il grido', 'Il mare dei pianeti', 'Il marchio', 'Evaso all'orizzonte', 'Scacco sotto la Mole' e 'La donna nel pallone'. In quest'ultimo, edito nel 2000, ripercorre la storia del calcio femminile tramite i racconti di varie protagoniste.

Non mancano, ovviamente, gli scritti dedicati al suo mondo e in particolare alla Juventus come "Fischia il Trap. Vittorie e tormenti di un re della panchina" e "Ho conosciuto la Signora. Juventus intima".

Angelo Caroli si spegne a Torino, sua città adottiva, il 17 novembre del 2020 lasciando un profondo vuoto nel mondo del giornalismo e della cultura italiana. Evocativo, in tal senso, il il testo pubblicato dopo la sua morte su 'Tuttosport'.

"Ha fatto e ha raccontato. Ha corso, saltato, segnato goal. Ha imparato il greco antico e ha insegnato educazione fisica. Ha viaggiato. Ha letto. E ha scritto.

Ha vissuto, insomma, Angelo Caroli. Forse perché ha quasi sempre lasciato che fosse la vita a decidere le traiettorie. E queste si sono intersecate in modo curioso, nascondendo dietro ogni snodo una storia".

Come la storia dell'unico giornalista professionista ad aver vinto uno Scudetto.

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