Amoroso a GOAL: "In Serie A farei 44 goal, sfiorai il Barcellona ma presero Ronaldo"

"Abbiamo avuto questo dono di poter proseguire la storia degli Amoroso nel calcio": nell'immaginario collettivo, calcistico, "Amoroso" non sarà mai un cognome qualunque. In Brasile, in Italia: in Europa, nel mondo.

Merito di José, uno dei migliori centravanti brasiliani della storia (scomparso di recente), ma anche di suo nipote Marcio: "O Amoroso", come l'hanno chiamato nel corso degli anni. Sorride, quando ricorda il passato: lo fa anche quando parla del futuro del figlio, Matteo, oggi all'Internacional de Porto Alegre.

"Ogni tanto quando lui gioca gli rompo un po' le scatole perché gli dico, quando fa il mio stesso ruolo: 'Ma Dio buono, per piacere guarda le azioni che facevo io, come rientravo, come saltavo l'uomo e calciavo'. E' importante trasmettergli un po' della mia esperienza nel calcio internazionale".

Intervenuto a POPCAST, format di GOAL Italia su Twitch, Marcio Amoroso ha ripercorso alcune delle esperienze della sua carriera, partendo dall'inizio e da quella "sliding door" che poteva portarlo al Barcellona.

"E' vero: nel 1994, quando ho esordito con la maglia del Guaranì, ho fatto una stagione meravigliosa, conclusa con il Pallone d'Oro brasiliano, da capocannoniere e da rivelazione. Ho avuto tutti i premi disponibili in quell'anno, ma alla fine della stagione mi sono infortunato e ho perso l'opportunità di andare al Barcellona: al mio posto, visto che Romario stava tornando in Brasile, hanno preso Ronaldo. Sono riuscito a fare quello in cui Ronaldo non è riuscito: essere capocannoniere in Brasile, ma lui ha fatto molto altro".
Marcio Amoroso quotes 2GOAL

La sua storia passa anche dalla stagione 1998/99, conclusa da miglior marcatore della Serie A con la maglia dell'Udinese, davanti a giocatori come Batistuta, Bierhoff, Crespo e lo stesso Ronaldo. Amoroso riesce a trovare solo un nome che ricorda il suo passato da calciatore.

"Magari Rafael Leao, che è uno che gioca sulla fascia, che ha il colpo, ha il dribbling, sa segnare e fare gli assist. Anche per il fisico, è quello che mi somiglia di più tra quelli che giocano in Italia. Adesso in Serie A farei sicuramente il doppio dei goal della stagione 1998/99: sì, 44 reti (ride, ndr). L'Udinese era una squadra di provincia: era difficile trovare gli spazi e avere in partita 4-5 occasioni pulite, quindi dovevo approfittare di quelle che avevo. E' più difficile segnare giocando all'Udinese che farlo giocando all'Inter, alla Juventus o al Milan, perché lì gli attaccanti, vista la qualità dei giocatori, avevano più possibilità di far più goal. Essere stato capocannoniere del calcio italiano è una delle più grandi fonti d'orgoglio della mia carriera: tra l'altro sono ancora l'unico capocannoniere brasiliano della storia della Serie A", racconta a GOAL Italia.

Tra i tanti ricordi della carriera di Marcio Amoroso spicca quello della semifinale d'andata della Coppa UEFA 2001/02, caratterizzata dalla tripletta contro il Milan. Serata simbolica, visto il destino: anni dopo vestirà la maglia rossonera.

"Quella tra Borussia Dortmund e Milan è stata la partita della mia vita: nel primo tempo avevo segnato una tripletta, con il Milan fortissimo con Maldini, Pirlo, Gattuso, Inzaghi, Albertini. Era una squadra storica: fare la tripletta nel primo tempo... l'ho fatta vedere anche a mio figlio Matteo per dirgli come si fa. Al Milan ho avuto poco spazio con Carlo Ancelotti: era l'anno dei Mondiali in Germania, nel 2006, e arrivavo in rossonero da Campione del Mondo per club, dopo aver battuto il Liverpool con il Sao Paulo. Credevo di poter avere più possibilità, ma Ancelotti doveva dare spazio a Inzaghi e Gilardino che dovevano andare con l'Italia e non potevo giocare tanto. Poi sia Pippo che Gila sono ritornati Campioni del Mondo: è stato comunque un piacere vestire quella maglia".
Marcio Amoroso QuotesGOAL

Adesso a proseguire la storia degli Amoroso nel calcio c'è Matteo: classe 2003, giovane dell'Internacional, cresciuto nell'Udinese. Sognando suo papà.

"L'anno e mezzo a Udine, all'Udinese, gli è servito tantissimo, perché quello che impari nel calcio italiano serve sempre ovunque. Lo dico ancora: è il calcio più difficile al mondo. C'è molta tattica, è fisico: e chi riesce a giocar bene in Italia gioca bene ovunque. Matteo ha iniziato benissimo: sta facendo bene all'Internacional di Porto Alegre. Se arriva la chiamata della Nazionale italiana (Matteo ha doppio passaporto, ndr)? La decisione passa da lui. E' una scelta importante: sappiamo che ci sono tanti giocatori che non hanno avuto possibilità nel loro Paese e che poi hanno fatto bene con altre Nazionali, ma dipende da lui".

Ed è tempo di Mondiali: dei sogni di una Nazione, come il Brasile, che vuole riportare la Coppa del Mondo a casa dopo 20 anni: Marcio con la Seleçao ha scritto pagine importanti, come la Copa America vinta nel 1999, in coppia con Ronaldo.

"In Qatar non vedo tanto bene la Francia, ma vedo il Brasile favorito per vincere questo Mondiale, con giocatori che possono decidere le partite quando vogliono. L'importante è che il nostro allenatore faccia cose semplici, perché non deve inventare niente: se Neymar fa il Neymar del PSG sarà molto più maturo degli ultimi Mondiali, sia come persone che come giocatore. E il Brasile così avrà un'opportunità di portare la coppa da noi: Tite ha ragione su Bremer quando dice che lo hanno sottovalutato. Poteva essere utilizzato in Nazionale per avere già un difensore fisico importante, ma è arrivato nel momento giusto perché la transizione dietro sarà immediata. Sostituirà Thiago Silva tranquillamente. Vedo bene anche Argentina e Portogallo. La situazione di Cristiano Ronaldo paradossalmente può dar loro la cattiveria giusta per risolvere le partite", spiega a GOAL Italia.

Da José a Marcio, quindi Matteo: la storia degli Amoroso nel calcio non è ancora finita. Tra tinte verdeoro e sogni italiani: quelli di un ragazzo che cresce guardando i video dei goal del padre. In Serie A, in Europa e nel mondo.

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