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Il ‘tradimento’ di Fabregas: dall’Arsenal al Chelsea nel segno di Mourinho

Quando si pensa al ciclo spagnolo che a cavallo degli ultimi due decenni ha dominato il calcio europeo, la mente ripesca subito Xavi, Busquets e Iniesta, cervelli del Barcellona, Casillas e Sergio Ramos, ossatura del Real Madrid. Più Xabi Alonso, Pedro, Villa. Non tutti si ricordano di Cesc Fabregas. Forse perché, paradossalmente, in una squadra con così tanto talento non riusciva ad essere un titolare inamovibile. A Euro 2008 ha giocato 90 minuti soltanto una volta, al Mondiale del 2010 non è mai partito titolare e in tre casi nemmeno è entrato, a Euro 2012 non ha mai giocato gli interi novanta minuti.

Sembra un paradosso. Perché Fabregas è stato uno dei migliori centrocampisti dell’ultimo ventennio e anche oggi, a 34 anni, con un chilometraggio decisamente sopra la media (oltre 800 partite da professionista), dà il suo contributo nel Monaco. In un ruolo diverso rispetto a una decina d’anni fa, quando era all’apice della sua carriera.

Il primo a credere nel talento del catalano è stato Arsène Wenger, che nel 2003 andò ad acquistare quel giovane sedicenne che provava a imporsi nel Barcellona senza trovare grande spazio. Il tecnico alsaziano ha sempre creduto che i giovani di talento andassero valorizzati da subito e fatti crescere già tra i grandi. Così, appena arrivato a Londra, il giovanissimo Fabregas si è trovato ad allenarsi con Patrick Vieira, Gilberto Silva, Henry e Bergkamp, Ljungberg e Pirès.

Una parata di stelle, di cui anche lui ha iniziato presto a fare parte, con l’esordio del 28 ottobre 2003 in League Cup contro il Rotherham. Il più giovane esordiente nella storia dei Gunners. Titolare per 85 minuti facendo coppia a centrocampo insieme a Edu, oggi direttore sportivo dell’Arsenal. Giocando insieme a Kanu e Wiltord.

Un mese dopo, il 2 dicembre, sarebbe arrivato anche il primo goal, un facile tap-in su iniziativa di Wiltord. Fabregas fece coppia con Vieira a centrocampo in quell’occasione. Per esordire in Premier League avrebbe dovuto aspettare la stagione seguente. Non riuscì a conquistare nemmeno un posto in panchina. D’altro canto erano solo cinque disponibili e quell’Arsenal è passato alla storia come quello degli Invincibles.

Cesc Fabregas Arsenal 2004Getty Images

Fabregas non ha ufficialmente quella Premier League in bacheca, visto che il suo debutto sarebbe diventato realtà soltanto nell’agosto del 2004. In realtà un ruolo nella storia degli invincibili lo ha comunque avuto, anche se non in campo. Il 24 ottobre 2004, dopo 49 partite di Premier senza sconfitte, l’Arsenal perse 2-0 contro il Manchester United in una partita tesissima.

Il match è ricordato anche per ciò che è successo in campo, ma soprattutto fuori. La ‘battaglia del buffet’ è passata alla storia per una fetta di pizza che ha colpito Sir Alex Ferguson in pieno viso. Per anni il colpevole è rimasto un mistero, fino a quando nel 2017 a ‘Sky Sports’ Fabregas ha fatto mea culpa.

"All'improvviso ho sentito dei rumori e mi sono chiesto: cosa sta succedendo? Sono uscito con il mio pezzo di pizza e ho visto Sol Campbell, Rio Ferdinand, Martin Keown che si spingevano l'un l'altro. Volevo partecipare alla rissa ma non sapevo come, allora ho lanciato la mia pizza. Poi mi sono accorto chi avevo colpito, ma non era quello che volevo. Ti chiedo scusa Sir Alex, davvero non avevo intenzione di colpirti”.

Fabregas ha concluso la sua seconda stagione all’Arsenal con 46 presenze, a 18 anni ancora da compiere. L’anno successivo ha raccolto l’eredità di Patrick Vieira, passato alla Juventus in estate. A 21, nell’estate 2008, è anche diventato capitano. Nel 2006 aveva firmato un contratto fino al 2012 con i Gunners. Era il futuro, ma anche il presente. 20 assist nella stagione 2007/08, 15 goal e altrettanti assist nell’annata 2009/10. Era di gran lunga il miglior giocatore della squadra, l’erede ideale di Thierry Henry in termini di talento.

L’Arsenal, però, non riusciva a centrare gli obiettivi. Le vittorie non arrivavano, i trofei nemmeno. Ultimo nel 2005. Fabregas ha iniziato a sentire un po’ di insofferenza, alla quale si è aggiunta la telefonata del Barcellona nell’estate 2011. Se ne parlava da tempo. Poi è arrivato l’affondo. E un addio che i tifosi Gunners non hanno mai digerito particolarmente.

“Ho sempre avuto la sensazione che dovessimo competere con tutto il mondo - ha raccontato Fabregas al canale YouTube di Rio Ferdinand nel maggio scorso - C’erano United, Chelsea, a volte Liverpool. Parlavo coi miei amici spagnoli delle altre squadre, dicevano che odiavano giocare contro i noi. Gli rispondevo ‘sì, voi lo odiavate, ma noi perdevamo sempre’. Mi sentivo frustrato. Ero giovane, affamato, volevo vincere. Sentivo di non poter vincere con l’Arsenal. Sembrava potessimo comprare grandi giocatori, alla fine invece non succedeva mai”.

Nei suoi tre anni a Barcellona, Fabregas ha giocato spesso anche nei tre d’attacco, spesso anche come falso ‘nove’. Altre volte a centrocampo. Non è riuscito a centrare l’obiettivo di vincere la Champions League, trofeo che ancora non ha a palmares. Si è aggiudicato la Liga nel 2013. Poi, nel 2014, è stato contattato dal Chelsea.

Un’icona dell’Arsenal ai Blues? Le voci si facevano inesistenti, aumentavano insieme al malcontento dell’ambiente dei Gunners, già sentitosi tradito una volta da quello che era il beniamino. O forse qualcosa in più, visto che nella sponda rossa del Nord di Londra ci era nato calcisticamente e anche cresciuto.

“La prima volta che ci siamo incontrasti mi ha detto che gli servivano due giocatori. Diego Costa che stava praticamente già firmando e me. Ha disegnato la squadra sul foglio e ha detto ‘così vinceremo il titolo’”.

Cesc Fabregas & Jose Mourinho, ChelseaGetty

Con Mourinho il feeling fu immediato, seppur inaspettato. La prima scelta di Fabregas era l’Arsenal, un ritorno a casa ma in una settimana “nessuno diede risposta”, ha raccontato ad ‘Arsecast’. E alla fine ha scelto Mourinho, sebbene non pensava potesse funzionare. Al primo anno, subito il titolo. Non gli furono risparmiati fischi per la sua scelta quando tornò all’Emirates, ma Fabregas ha ribadito a più riprese come quella decisione lo ha reso felice.

“Non pensavo succedesse, visto che sono un ‘Arsenal man’ - ha raccontato al Telegraph nel luglio 2020 - ma andare al Chelsea è stata la più grande opportunità della mia carriera. Non lo rimpiangerò mai. Andarci è stata la migliore decisione che abbia mai preso”.

Tra lui e il Chelsea non è stato tutto rose e fiori, soprattutto sotto la gestione di Antonio Conte. Al suo arrivo nel 2016 il tecnico aveva di fatto messo ai margini lo spagnolo, gli aveva fatto capire con le parole e con le scelte (87 minuti nelle prime 13 giornate di Premier League) che lo considerava una seconda scelta dietro Kanté e Matic, la sua coppia ideale.

Poi però il 3 dicembre l’assenza del serbo ha permesso a Fabregas di giocare 90 minuti contro il Manchester City. Risultato finale: 1-3 per i Blues, Fabregas tra i migliori in campo. Da quel momento in poi, il catalano non ha saltato nemmeno una partita. Alcune volte titolare, altre entrando dalla panchina. Sempre e comunque protagonista. Uomo chiave per la conquista della Premier League.

“A parte i trofei, far cambiare idea a Conte è il momento della mia carriera in cui mi sono sentito più orgoglioso. Conte mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto ‘scusami, avevi ragione’. Nella nostra prima discussione gli avevo risposto. Non con arroganza, ma gli avevo risposto. Mi guardava e diceva ‘dì quello che vuoi, non giocherai’. Dimostrargli che si sbagliava è stato motivo d’orgoglio per me”.

È rimasto a Londra fino al gennaio 2019, quando ha scelto Monaco e il principato per iniziare l’ultima fase della sua carriera. Nonostante il poco spazio, ha stretto un ottimo rapporto con Maurizio Sarri. Il loro abbraccio nel giorno dell’addio di Cesc a Stamford Bridge è rimasto un’immagine iconica. Alcuni tifosi dell’Arsenal intanto lo hanno perdonato, altri meno. In ogni caso, pochi giocatori sono riusciti a rappresentare a fondo quanto lui due realtà della stessa città. Anche questo è un talento. Nel caso di Cesc, uno dei tanti.

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