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Tim Wiese, "The Machine" del ring: il portiere della Germania diventato wrestler

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Tra il 2000 e il 2010, il Werder Brema ha vissuto uno dei periodi più luminosi della sua storia, probabilmente secondo solo all’era Otto Rehhagel a cavallo tra la fine degli anni ’80 e la metà degli anni ’90. Grandi giocatori hanno giocato al Weserstadion nell’epoca del leggendario tecnico Thomas Schaaf: da Micoud a Klose e Ailton, da Özil a Frings e Borowski, fino a Diego, visto anche in Italia con la maglia della Juventus, o al campione del mondo 2014 Per Mertesacker. Giusto per citarne alcuni. A caratterizzare il calcio nella città dei musicanti c’è sempre stata la contrapposizione tra il talento dei campioni e gli alti e bassi di eroi da classe media e tante meteore. Anche se alcune di queste sono poi diventate, nei fatti, delle vere e proprie istituzioni.

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Tim Wiese, ad esempio, rientra nella seconda categoria. Non c’era nel 2004, quando la squadra ha ottenuto il double Bundesliga-Coppa di Germania. È arrivato nel 2005, dopo un anno nel Kaiserslautern, ma è rimasto a Brema per 7 anni ed è diventato un vero e proprio punto fermo tra i pali della squadra di Schaaf. Nonostante per molti fosse una specie di punto debole della squadra. Perché le sue papere erano piuttosto frequenti.

Una di queste la Juventus se la ricorda bene: negli ottavi di finale della Champions League 2005/06, una presa per niente sicura su un cross quasi disperato dalla destra nei minuti finali è diventato il migliore degli assist per Emerson, che stava rientrando a centrocampo finché ha notato il pallone sui suoi piedi. Effetto “saponetta”. Goal del 2-1 all’88’ e passaggio del turno per la squadra di Capello, con tanti ringraziamenti al portiere.

Quella partita, Wiese, non doveva nemmeno giocarla, almeno stando alle gerarchie del Werder. Aveva iniziato la stagione come terzo, dietro al titolare Andreas Reinke (il numero 1 del 2004) e anche a Christian Vander, altro nuovo acquisto che per anni sarebbe stato il secondo di Wiese, ma che all’inizio gli partiva davanti nelle gerarchie. Arrivava dal Kaiserslautern, dopo essere cresciuto nelle giovanili del Bayer Leverkusen e aver passato tre stagioni nel Fortuna Colonia. Era diventato titolare in Bundesliga, finché la rottura del crociato a fine 2004 lo ha dovuto fermare. E lo ha fatto ripartire dal Werder.

Tim Wiese 2009Getty Images

Da quando a febbraio 2006 ha preso il posto da titolare, nonostante tutto, non l’ha mai più mollato. È diventato una specie di idolo per le sue parate, ma soprattutto per il suo carisma. Che gli è valso paragoni con Oliver Kahn, non per le doti tecniche ma più che altro per la sua esplosività emotiva che gli è valsa anche qualche incidente quale un’entrata a forbice su Thomas Müller e soprattutto un piede in faccia a Ivica Olic nel Nordderby contro l’Amburgo. Un fallo che Franz Beckenbauer al tempo ha definito persino come un “tentato omicidio” e che gli è pure costato una denuncia penale (poi archiviata). Clamorosamente, in partita è stato solo ammonito.

Di Wiese si ricorda la carriera, che lo ha persino portato a disputare il Mondiale del 2010 e l’Europeo del 2012 senza però mai disputare un minuto: solo 6 gettoni, sempre in gare non ufficiali. Ma quello che lo ha reso noto davvero è successo nel post carriera. A partire da un ritiro che di fatto non è avvenuto in pompa magna, ma quasi in silenzio. A 31 anni appena compiuti, dopo aver scelto di mollare Brema e trasferirsi all’Hoffenheim, alla ricerca di nuove ambizioni in una squadra che puntava in alto. Lui, però, in alto non ci è proprio arrivato. Anzi.

Nonostante al suo arrivo gli sia stata assegnata la fascia di capitano, insieme ad un contratto di 4 anni, Wiese ha giocato la sua ultima partita il 26 gennaio 2013. Poi è finito fuori squadra, sempre più ai margini. Colpa di prestazioni inadeguate da parte sua e da parte della squadra, che avrebbe terminato l’anno al terzultimo posto con una salvezza in extremis allo spareggio con la terza della Zweite Bundesliga. Ma anche di un pasticcio combinato a febbraio, quando insieme al compagno Weis è andato ad una festa di Carnevale vestito peraltro da prigioniero. Messo fuori, del tutto. A 32 anni. Un nazionale tedesco. Dal tutto al niente. Tanto che, per ammissione del general manager Andreas Müller, “tutti i giocatori rimarranno sotto contratto anche in caso di retrocessione, eccetto Tim Wiese”. Comunque, retrocessione scampata.

Finita qui? Nemmeno per sogno. Perché il portiere nativo di Bergisch Gladbach, nei dintorni di Colonia, non ha intenzione di dire basta con lo sport. Si allena in palestra, continuamente, in modo quasi ossessivo. Lo stile di vita di un body builder, il fisico di un culturista. È arrivato a pesare oltre 117 kg. Si sta preparando per quella che è la sua seconda carriera, dopo quella da calciatore: quella nel wrestling.

Tim Wiese Werder BremenGetty
“Ho dovuto convivere con tanta negatività. E poi sollevare pesi mi ha sempre divertito”, ha detto alla ‘Bild’. “Non ho paura di farlo, perché dovrei dire di no a delle proposte?”

Se oggi cercate nel web il nome di Tim Wiese, non lo troverete più associato alla W di Werder, ma alla W di Wrestling. E ovviamente alla WWE, la World Wrestling Entertainment, una macchina da soldi made in USA, la “fiction per adulti” per eccellenza, come qualcuno ama definirla. Il suo fisico scultoreo, unito alla sua sfrontatezza, lo hanno reso una delle star del circuito internazionale. Con il nomignolo di “The Machine”. A proposito di macchine.

“In Germania quando si parla di Wrestling la gente sorride, ma negli Stati Uniti è veramente in hype, è uno dei principali sport per loro. Si guadagna tanti soldi ed è un grande show” ha detto a ‘Sport1’.
Tim Wiese WWEGetty Images
“Voglio essere imbattibile, farò male agli altri, e loro non mi faranno nulla. Penso che sarò il ‘bad guy’, va bene così, mi ci posso abituare. Da calciatore ero una brutta persona quando venivo insultato. Posso gestirlo, possono odiarmi tutti, senza vie di mezzo".

Il suo debutto è arrivato nel 2016, sul ring di Monaco, insieme a Cesaro e Sheamus, opposto a Primo, Epico e Bo Dallas. Tra il pubblico erano presenti anche i suoi compagni Per Mertesacker e Torsten Frings.

Wiese, comunque, nonostante abbia ammesso il suo totale disinteresse per il mondo del calcio non lo ha mai dimenticato, tanto che nel 2017 ha fatto una comparsata con la maglia dell’SSV Dillingen, ottava serie tedesca, calcio dilettantistico della Baviera, poco distante dalla Monaco dove ha esordito sul ring.

“Siamo amici da tempo, ha firmato la liberatoria per giocare al bar dell’hotel dopo il combattimento. Ma non si allenerà, è solo una questione di marketing” ha raccontato alla ‘Fupa’ Christoph Nowak, il presidente del club.
“Sempre calcio è, che si tratti di Bundesliga o di qualche serie minore, è sempre la stessa cosa. Ho giocato in nazionale, non ho certo paura di una serie così bassa”, ha invece affermato Wiese. “Cosa dico ai miei avversari? Che dovrebbero provare a dribblarmi, così posso prendere palla e avversario nella stessa situazione”.

Per la cronaca, la partita è finita 1-2 per l’Haunsheim.

“Fare il portiere è come andare in bicicletta: non disimpari mai. E penso he i muscoli che ho nelle gambe ora mi facciano saltare più in alto”.

Anche essere Tim Wiese, fino in fondo, è una cosa che non si disimpara mai.

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