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Sodinha, il Mago con qualche kg in più: ritiro a 27 anni e ritorno

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Manca un giocatore per il calcetto. Tranquilli, non disperate. Chiamo un mio amico. Nome, cognome, codice fiscale, dettagli. Soprattutto fisici, quelli richiesti dal resto dei partecipanti. Foto su whatsapp, sovrappeso. Ok, però gioca con la squadra più forte. Ok. E poi, costantemente, continuamente, quel giocatore con i kg in più, dall'estetica diversa dalla ricercata, stupisce. Vi è mai capitato? Eccome se vi è capitato. A tutti. Certo, magari non vi ha inseguito nella vostra accelerata sulla fascia, ma con la palla tra i piedi è sinonimo di qualità, certezza di come la squadra che doveva avere un punto debole è diventata ancor più forte. Mancino, dribbling, precisione, fisico e il sorriso, umile, di chi passa dalla cassa delle scuse. Senza rancore, divertito dal calcio e da una visione diversa. Come quella di Sodinha.

Un giocatore sovrappeso, rispetto agli standard del professionismo, che genera archi di luce per abbagliare i miscredenti. Un giocatore che per anni è stato ridotto sempre a quello, un Mago con la pancia. Un bomber - definizione amata e odiata in egual misura - che si è goduto la bella vita, opposta a quella dell'infanzia, povera e senza futuro. A volte, purtroppo non spesso, può essere superato, scavalcato, dimenticato. La fortuna di Felipe Monteiro Diogo, 35enne brasiliano, è stato avere avuto in dono dalla genetica un mancino superbo. Scoperto per caso.

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Tanti nascono con un sinistro talmente brillante da illuminare il cielo, ma spesso rimangono ancorati a terra senza opportunità, fortuna o somma delle due. Sodinha ha avuto l'occasione a 18 anni, in un 2007 sempre più votato alla diffusione dei filmati, compresi quelli calcistici. Le giocate con quel mancino sono estasi per tanti nelle chat degli osservatori, compresi quelli dell'Udinese. E' Pozzo, patron bianconero, ad innamorarsi del ragazzo nato e cresciuto a Jundiaí, Stato di San Paolo.

L'Udinese lo acquista dal Paulista, lasciando in prestito ai rossoneri per qualche mese. E' la formazione bianconera che può contare su Di Natale, Pepe, Quagliarella. Il posto è limitato e nonostante le ottime impressioni della dirigenza, l'unica soluzione è il prestito. Al Bari, in Serie B. Una formazione che non rimarrà a lungo in cadetteria, promossa come vincitrice del campionato nella primavera del 2009 grazie alla guida di Antonio Conte. Il mister pugliese riconosce le qualità indiscusse del ragazzo, ma il ragazzo, a sua volta, ha piani diversi. Passare dalle favelas e da una vita dura al professionismo italiano? Un salto troppo grande ed improvviso, talmente elevato in termini di stipendio e possibilità che Sodinha si lascia andare. Troppo.

"A Bari ho fatto delle cazzate: quella più grave è stata quando a gennaio sono andato in vacanza in Brasile ma sono tornato con dieci giorni di ritardo e il mister mi ha mandato via" ha spesso confessato Sodinha riguardo il suo breve rapporto con Conte. Aveva ragione lui, dice costantemente in ogni intervista. Sodinha - che ha acquisito tale nome in virtù del soprannome del padre, amante della bibita gassata Soda - afferma anche che ora sarebbe diverso, decisamente. E' cambiato.

E' cambiato il suo modo di vedere la grande opportunità avuta ai tempi brasiliani, che lo hanno portato a giocare in Italia e conoscere diversi idoli del pallone mondiale. Allora non aveva ancora trovato il motivo per cui dedicarsi anima e corpo, senza esagerare con demoni interni ed esterni, alla vita da calciatore. La sua nuova famiglia, moglie e figlia, arriveranno per cambiare la vita di Sodinha, calciatore nei dilettanti lontano anni luce dalle vecchie possibilità di approdare in Serie A. Passate, non dimenticate.

Conte lo spedisce in prestito alla Paganese, in una carriera che proseguirà sempre in Serie C (allora Lega Pro Prima Divisione) con la casacca del Portogruaro e dunque in B con la Triestina. Sei mesi da una parte, sei mesi dall'altra. Continuità zero, tradotta nelle sole 17 presenze durante il primo triennio italiano. La vita sregolata fuori dal campo e i problemi costanti alle ginocchia lo limiteranno, costantemente. Torna in Brasile al Ceará, ma la situazione non cambia. Il saldo in banca scende drasticamente, soprattutto durante le vacanze in patria, oltre il periodo a Fortaleza in cui arriverà il primo goal dopo cinque anni. Di cui più di uno passato senza squadra, a spendere e spandere, cercando di togliersi ogni desiderio avuto nell'adolescenza, scoprendone di nuovi, sfruttando i guadagni dei suoi italici anni.

Nel 2012, la svolta. Dieci anni fa, Brescia. Una squadra in cui la classe è costanza e non solo moda passeggera. Pirlo, Guardiola, Baggio, Corini, Tonali. Sodinha per la prima volta, a 24 anni, ha un minimo di continuità, in cui gioca e fa giocare. Si diverte e fa divertire non solo per le storie di cui si parla in città. C'è chi dice che sia stato con dieci donne a serata e chi racconta di averlo visto intrattenere la folla tra birra e cocktail. I racconti si mischiano e generano mito e leggenda. Lui non smentirà mai il suo rapporto con l'alcol, come raccontato a 'Novantesimo':

“Sono stati anni bellissimi. Avevo trovato la mia dimensione perfetta: la città era bellissima, i tifosi mi volevano bene ed in campo mi divertivo. Il problema è che mi divertivo anche fuori dal campo e alla lunga, con gli infortuni, ho iniziato ad allontanarmi dalla vita da professionista".

E qui arriviamo al motivo per cui Sodinha è maggiormente famoso: il peso. Su Google, uno dei primi suggerimenti riguardo il brasiliano è proprio il suo peso. 80, 82, 86 a volte più di 90 su un fisico di circa 175 cm da dover sostenere. Troppi per essere scelto dal grande calcio, ligio e serio nelle regole del professionismo. Regole spazzate via dalla vita esterna di Sodinha.

“Non c’è mai stata nessuna tendenza a ingrassare. Mi allenavo tutti i giorni. Non ero grasso, ero gonfio. Non mangiavo di nascosto, bevevo la sera fuori con gli amici. Questo mi ha penalizzato molto".

In questo modo Sodinha può brillare solo fino ad un certo punto a Brescia, rimanendoci tre anni, giocando persino i playoff verso quella Serie A che durante la sua carriera non riuscirà mai a raggiungere. Nessun trucco o inganno: nelle Rondinelle mister figlio di Soda mostra tutto. Pregi e difetti che convincono anche un Trapani anch'esso militante in B a mettere da parte le vecchie storie del 27enne per accogliere un ragazzo indubbiamente capace di cambiare la gara e allo stesso tempo gettare nello sconforto la dirigenza. Prendere o lasciare. Prende, il club. Lascia, dopo pochi mesi, Felipe.

Non è quella sensazione costante di gonfiore e ad ingrassare a far dire basta, ma quelle maledette ginocchia. Torturate e colpite, colpite e torturate.

"È arrivato il momento di fare quello che mai avrei voluto fare, dire basta, dire addio, addio ad un sogno, un sogno che ho sempre portato nel cuore da quando ho cominciato a camminare. La vita ti mette davanti a tanti ostacoli, diverse volte li ho superati, ma questa volta mi tocca gettare la spugna. Nella mia vita ho dovuto affrontare cose che non auguro a nessuno, le critiche che ho ricevuto diverse volte da persone che non hanno la minima idea della sofferenze che ho avuto, mi hanno sì ferito in un primo momento, ma mi hanno anche fatto diventare più forte, ma non è bastato. È con grande dispiacere che lascio il calcio giocato. Con tanti rimpianti, ma allo stesso tempo felice per le grandi soddisfazioni che questa avventura mi ha regalato. Ringrazio di cuore tutti i miei tifosi e fans, da Udine a Bari, passando per Pagani, Portogruaro, Brescia e nonostante i soli sei mesi Trapani. Un grande abbraccio a tutti, che Dio vi benedica".

A 27 anni, Sodinha diventa procuratore sportivo, chiudendo la carriera da professionista. The End. O forse no. No, decisamente no. Dopo pochi mesi passati in Brasile, che descriverà come un periodo buio, capisce di avere ancora tanto da dare, da fare, da provare. Non quelle esperienze racchiuse nei libri del 1000cose+1 da fare prima di morire, ma quelle calcistiche, le giocate col mancino in mezzo al campo. Il matrimonio cambierà il suo modo di vedere il mondo e camminare al suo interno, così come l'incontro con la fede e la nascita della figlia. Un nuovo Felipe, in forma, ingaggiato dal Mantova.

La terza serie, di nuovo, con la speranza di quella Serie A che a 35 anni, oramai utopia, è stata spesso accarezzata, prima di venire bruscamente allontanata dalla vecchia sregolata vita senza limiti, dovuta ad una crescita e frenata dalla mancata guida nel mondo del denaro sonante. Dal mancato ritiro, al Mestre e al Rezzato, in cui ha messo insieme il suo record di reti (8) in Serie D, prima di firmare con il Modena, un anno prima della promozione canarina in B, e dunque con lo Sporting Franciacorta, in provincia di Brescia.

Voleva rimanere vicino alla famiglia, stabilitasi a Brescia. Uno con i suoi piedi non si era mai visto allo Stadio Comunale, poche volte in Serie D. Con rammarico e rimpianto, di quelli che arrivano davanti ad una vecchia storia o un'opera d'arte che genera emozioni. La consapevolezza della nuova vita, regolare, sostituisce entrambi, rapidamente:

 "Prima di tutto ho tolto la mia famiglia dalla povertà. Quello era il mio sogno principale ed è stato bellissimo. Poi diventare calciatore e avere una bambina in salute e ce l’ho. Quindi posso dire di avere realizzato tutti i miei sogni".

A proposito di sogni, ha forse realizzato anche quello che Serse Cosmi, suo allenatore al Trapani, non pensava di avere. Pensate a chi ha allenato futuri Campioni d'Europa e del mondo, scrittori di pagine eterne. Talmente colpito dal 'finto' ritiro di Sodinha dal voler scrivere qualche riga per lui:

"Il problema vero è che i mediocri hanno sempre detestato il talento, magari pensando che fosse un dono che avrebbero meritato solo loro. Magari perché hanno studiato tanto, si sono laureati col massimo dei voti, oppure hanno incarichi in società di calcio importanti dopo aver frequentato per anni i sottoscala più putridi del calcio nostrano. Con me hai giocato 213 minuti. Ti giuro, sono stati molto più belli di campionati interi giocati da altri. Un abbraccio Felipe ed un consiglio: evita tour nazionali per salutare persone che oggi, solo oggi che hai detto basta, fanno finta di essere dispiaciuti. La maggior parte, non tutti per fortuna, sono gli stessi che ti hanno voltato le spalle ed ironizzavano (loro sì) sui tuoi 90 e passa kg. Cerca, se puoi, di regalare a tanti bambini la tua immensa classe, cercando di insegnargli qualche giocata delle tue... ed i mediocri torneranno a trovare un nuovo Sodinha su cui accanirsi e, magari così, a vincere le loro frustrazioni. Felipe sicuramente ha fatto degli errori, anche grandi, ma solo la sfortuna, intesa come infortuni seri (cinque operazioni), gli ha impedito di esprimere quello che avrebbe fatto felice non solo i suoi tifosi, ma tutti i veri amanti del calcio vero, quello della classe pura, della tecnica unica, di una fantasia disarmante".

Basterebbero queste parole per descrivere tutto il mondo di Sodinha (che ha da poco firmato con l'Ospitaletto, in Eccellenza lombarda), oltre la sfera della banalità, del giocatore con la pancia, dei folli racconti attira-click con Ronaldinho. L'alcol, le donne, le macchine, festa e denaro, soldi e potere. Visualizzazioni. Il sorriso di chi ha lasciato perdere il suo vecchio, sregolato mondo? Tira poco. Tira poco. Ah già.

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