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L'eclissi di Schöne: da stella dell'Ajax ai margini del Genoa

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Strana materia il pallone. Raccolta sterminata di aspettative puntualmente non ripagate, di promesse disattese, e perché no, di storie che sarebbero dovute andare diversamente. Ce n'è per tutti i gusti, insomma, e non sempre una cosa va come ce la saremmo immaginata.

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Tra i tanti esempi applicabili al calcio nostrano, è una lampante dimostrazione di ciò il brevissimo percorso nostrano di Lasse Schøne che soltanto tre anni fa varcava i cancelli della nostra Serie A.

Una doverosa premessa, però, va fatta e ci porta dritti all'estate del 2012. L'Ajax campione d'Olanda strappa l'accordo con il regista danese che ha appena messo a referto la sua quinta e migliore stagione in Eredivisie con la maglia del NEC, manco a dirlo sua attuale squadra.

Il nero su bianco con la squadra della capitale è soltanto il primo passo lungo un viatico che lo porterà a diventare uno dei leader del club di Amsterdam. In sette anni vince tutto quello che si può vincere al di qua dei confini olandesi: tre campionati, due coppe nazionali e una Supercoppa. In quelle stagioni, sulla panchina dei Lancieri si succedono diversi allenatori: Frank de Boer - con cui vince i primi trofei - Peter Bosz, Marcel Keizer e Michael Reiziger.

Il vero punto di svolta, però, ha una data ed un nome ben precisi. Nell'estate del 2017, al timone del club arriva Erik ten Hag e, sotto i dettami del nuovo tecnico del Manchester United, Schone vive il biennio della definitiva consacrazione. L'impianto tattico dell'allenatore olandese è un abito su misura e il play scandinavo inscena le due migliori stagioni della carriera: nell'annata 2017-2018, pur senza trofei tra le mani, segna 10 goal in campionato e pone le basi per l'anno successivo, ossia l'ultimo in riva all'Amstel.

Dopo un anno di apprendistato, il progetto ten Hag raggiunge il suo apice. L'Ajax è una macchina che rasenta la perfezione: in patria fa incetta di titoli e per gli avversari ci sono soltanto le briciole. E a dire il vero manco quelle. E' però sul palcoscenico della Champions League che Schone e compagni scrivono una pagina di storia indelebile: i Lancieri pescano il Real Madrid agli ottavi e - dopo l'1-1 della Johan Cruijff Arena - si impongono con un clamoroso 4-1 al Bernabeu. Un poker che estromette dalla corsa i campioni d'Europa in carica. Schone quella sera si trova al suo posto congeniale, tessendo trame senza soluzione di continuità. Al 72', sullo 0-3, è proprio lui a disegnare da posizione defiliatissima un calcio di punizione magistrale che supera Courtois e si insacca all'incrocio dei pali. Una gemma che ammutolisce il Bernabeu e che vale il pass per i quarti.

Nel turno seguente, il sorteggio sfocia nel doppio confronto contro la Juventus di Cristiano Ronaldo. Il portoghese illude i bianconeri sia all'andata che al ritorno quando, davanti all'incredulo pubblico dell'Allianz Stadium, l'Ajax inscena un secondo tempo spaziale per ritmi e qualità di gioco espresso: sul parziale di 1-1 - con l'ipotesi supplementari sempre più concreta - Schøne pennella dalla bandierina un pallone con il contagiri per il colpo di testa di de Ligt che infilza ed elimina i suoi futuri compagni di squadra. In quel di Amsterdam, si inizia ad accarezzare il sogno di riportare a casa la coppa dalle grandi orecchie, ma nella semifinale di ritorno contro il Tottenham la tripletta di Lucas Moura beffa i padroni di casa al 96'. Il percorso si chiude dunque ad una manciata di minuti dall'atto finale del torneo, ma l'avventura rimane comunque da incorniciare.

A fine stagione, come da copione, parte la caccia ai gioielli della casa che hanno fatto tremare l'Europa intera: De Jong finisce al Barcellona, mentre De Ligt si accasa alla Juventus. E Schøne? Ad anni 33 intuisce che un ciclo è giunto alla sua naturale conclusione e, sulla scia dell'ormai ex compagno di squadra, sceglie il banco di prova della Serie A firmando un biennale con il Genoa. Saluta l'Ajax dopo 286 presenze. Lo straniero con più presenze nella storia del club. In parole povere, una leggenda.

Sulla sponda rossoblù di Genova tira aria di rivoluzione e l'avvento in panchina di Aurelio Andreazzoli punta a ricostruire le ambizioni di una squadra reduce da un periodo storico altalenante. Il tecnico romano ha in mente un'idea di calcio fondata su principi ben definiti e su un cambo di mentalità che spinga il Grifone a cercare, sempre e comunque, di fare la partita.

Una squadra di palleggio e di possesso, per farla breve. E in tal senso, l'acquisto di Schøne rappresenta una dichiarazione di intenti decisamente importante. Tuttavia i buoni propositi non trovano riscontro fedele sul campo e il Genoa va a picco: Andreazzoli salta dopo otto giornate, il subentrato Thiago Motta resiste soltanto una gara in più, prima che Davide Nicola salvi la baracca centrando una faticosa salvezza all'ultima giornata.

Per Schøne è un anno da cestinare senza esitazione: nonostante 32 presenze ufficiali e 3 goal, nel giro di una manciata di mesi passa dal giocarsi una Champions League all'incubo della retrocessione all'interno di una squadra che fatica a trovare certezze. Il suo genio calcistico ne esce visibilmente ridimensionamento e spiccati problemi d'ambientamento aggravano il quadro generale.

Il rapporto con la piazza genoana è già in discussione e un binomio a dir poco intrigante si tramuta ben presto in una convivenza forzata. Un sodalizio già ai minimi storici, intriso di silenzi, di malumori nemmeno troppo velati e di diverse panchine nello spicchio finale di stagione. A fare rumore è soprattutto quella all'ultima giornata contro il Verona. Partita in cui liguri centrano la salvezza all'ultimo respiro.

Con tali premesse, non è una sorpresa che già nel corso dell'estate successiva, il club genoano provi a più riprese a liberarsene. Gli acquisti di Badelj e Radovanovic in quella zona del campo sono qualcosa di più di due semplici indizi, oltre alla volontà di volere puntare forte su un giovane di belle speranze come Rovella. Il tempo però passa senza grosse novità all'orizzone, il mercato chiude e la separazione non avviene. Per il momento.

lasse schone genoaGetty Images

Ai nastri di partenza del nuovo campionato, il Genoa si presenta con l'ennesima novità in panchina: Rolando Maran. Ma per il mediano scandinavo la musica non cambia: il primo 'intoppo' è la positività al Coronavirus che lo estromette dal debutto in campionato. Poi, ecco servita la 'mazzata' finale: Schøne viene ufficialmente escluso dalla lista dei 25 calciatori schierabili in Serie A. La rottura è totale:

"Abbiamo scoperto che Schone non sarebbe stato in elenco leggendo la lista - la spiegazione a 'Sky Sport' dell'agente del calciatore, Revien Kanhai - è uno scandalo che non ci abbiano informato della sua assenza dalla lista prima della fine del mercato. Avremmo risolto il contratto e scelto un nuovo club, c'erano diverse possibilità. Il modo in cui il club si è comportato con lui è tremendo. Nella scorsa stagione ha giocato 34 gare l'ultima stagione, ha avuto tre allenatori ed è riuscito a evitare la retrocessione di una squadra pessima. E ora questa scelta. Ma non finisce qui".

Da fiore all'occhiello del progetto ad epurato nel giro di un anno. La storia si chiude così. Nel peggior modo possibile e a gennaio la risoluzione del contratto tra due parti che non si possono letteralmente più vedere è pura e logica conseguenza:

"Il Genoa Cfc comunica che, recepite le volontà del giocatore e nell’interesse di entrambe le parti, è stato deciso di rescindere consensualmente il contratto che legava il centrocampista Lasse Schone alla Società rossoblù".

È il sipario sull'avventura in terra nostrana dopo sole 34 apparizioni ufficiali. Un flop in piena regola.

Il suo futuro sarà nuovamente in Olanda, prima all'Heerenveen e poi di nuovo al NEC dove già aveva giocato dal 2008 al 2012 prima di passare all'Ajax. Sullo sfondo, il pallido di ricordo di un'esperienza italiana da dimenticare in fretta.

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