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Renato Curi, dal goal alla Juventus che diede lo Scudetto al Torino alla tragica morte in campo

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"Scusa Roma, qui è Perugia. Il Perugia è passato in vantaggio. Rete di Curi su cross da destra di Novellino, niente da fare per Zoff..."

È il 55' minuto di Perugia-Juventus, match clou della penultima giornata della Serie A 1976/77. Sedici maggio del 1976. Sandro Ciotti, con il suo inconfondibile timbro, ha appena preso la linea nello storico programma di Rai Radio Uno, 'Tutto il Calcio minuto per minuto', per annunciare il vantaggio degli umbri sui bianconeri, che si stanno giocando lo Scudetto con i cugini del Torino, impegnati in casa contro il Cesena. 

Terminato l'intervento di Ciotti, prende la linea Enrico Ameri:

"Scusa Ciotti, questo è l'urlo del Comunale di Torino, che ha appena appreso la notizia che tu hai dato. Ecco l'urlo del Comunale di Torino, sventolio di bandiere del Torino. La linea a Dalla Noce".

Quel goal, realizzato con un bel diagonale al volo su assist dalla destra di Novellino, lo firma il giovane regista biancorosso Renato Curi, fra le rivelazioni del torneo con il 'Perugia dei Miracoli' di Ilario Castagner, e determina l'esito del campionato: la Juve perde 1-0 all'allora Comunale di Pian di Massiano, mentre i granata, pareggiando in casa 1-1 con il Cesena, diventano Campioni d'Italia per la 7ª volta nella loro storia, 27 anni dopo la tragedia di Superga.

È la terza rete di Curi nella sua prima stagione in Serie A: il primo goal il centrocampista l'aveva realizzata proprio contro il Torino il 15 febbraio, avviando la rimonta dei suoi sui futuri Campioni d'Italia. Per il regista, che chiude con 25 presenze e 3 goal il suo primo anno nel massimo campionato, e porta sulle spalle l'amato numero 8, sembra profilarsi una carriera di grande livello e un futuro nella Nazionale azzurra.

Anche perché il Perugia stupisce tutti: 8° posto il primo anno, 6° posto e qualificazione alla Coppa UEFA sfiorata il secondo, che vede Curi ancora protagonista con 28 presenze. 

Renato Curi Perugia 1977Goal

Nel 1977/78, terzo anno degli umbri in Serie A, le aspettative di tifosi e critica crescono, e il regista tascabile Curi (è il più piccolo nella rosa del Perugia con un metro e 65 centimetri per 62 chilogrammi) dà un apporto determinante alla squadra fin dalle prime battute del torneo. Alla 5ª giornata, battendo 3-2 in trasferta il Bologna, il Perugia si porta in vetta alla classifica a pari merito con Genoa, Juventus e Milan.

I tifosi perugini sono entusiasti e sognano lo Scudetto. Castagner schiera la squadra con una sorta di 4-3-1-2. In porta c'è Grassi, davanti a lui Zecchini e Nappi sono i due terzini, Ceccarini lo stopper e Frosio il libero. A centrocampo Curi è il regista, con Amenta e Dal Fiume mezzali. Davanti Novellino è il trequartista, con Bagni ala destra e Speggiorin centravanti.

Il calendario offre alla squadra umbra la possibilità di misurare subito le proprie ambizioni: per la 6ª giornata al Comunale di Pian di Massiano è infatti di scena la Juventus di Giovanni Trapattoni, Campione d'Italia uscente e fortemente determinata a 'vendicare' il doloroso k.o. di due stagioni prima. Il Perugia gioca con Grassi, Nappi, Dall'Oro, Frosio, Zecchini, Amenta, Bagni, Curi, Novellino, Vannini e Speggiorin. La Juventus risponde con Zoff, Cuccureddu, Gentile, Furino, Morini, Scirea, Causio, Tardelli, Boninsegna, Benetti e Bettega.

La partita è combattuta e il risultato nella prima frazione di gioco non si sblocca, con il punteggio ancorato sullo 0-0. Nessuno può immaginare in quel momento quanto sarebbe accaduto a inizio ripresa. Le due squadre si fronteggiano su un campo reso particolarmente pesante dalle incessanti piogge. Curi, che aveva saltato la trasferta di Bologna per un leggero infortunio, è fra i più brillanti grazie alla capacità di gestire il possesso palla, anche se rimedia una botta in uno scontro con Causio.

Nella ripresa il numero 8 biancorosso torna regolarmente in campo. Sono le 15.33, e si gioca il 50' minuto di Perugia-Juventus quando corre verso il centrocampo lontano dalla palla accanto all'avversario Furino. Mentre Vannini si accinge a rimettere in gioco il pallone, uscito in fallo laterale, effettuando la rimessa con le mani, Curi rallenta di colpo e si accascia pesantemente a terra. 

Sono attimi concitati di grande paura. Furino è il primo ad accorgersi della gravità della situazione e invoca a gran voce l'ingresso in campo della barella, seguito da Benetti, Bettega e Scirea. Anche l'arbitro Gianfranco Menegali di Roma, accortosi che in mezzo al campo era accaduto qualcosa, corre verso il centro del terreno di gioco. Attorno a Curi si forma un capannello di uomini: non si sono visti contrasti e nessuno lì per lì è consapevole di cosa sia realmente accaduto.

Curi, esanime, viene caricato su una barella e portato fuori dal campo: prima di uscire dal terreno di gioco rantola e gli si rovesciano gli occhi. La situazione è drammatica. I medici del Perugia gli praticano due iniezioni, il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca: tutto inutile. Il giocatore è paonazzo, il suo battito cardiaco non riparte. Caricato in tutta fretta su un'ambulanza, viene allora trasportato a sirene spiegate al Policlinico di Perugia.

Vi arriva alle ore 15.50 e il medico di guardia prova in tutti i modi a far ripartire il battito di Renato. Ma dopo 40 minuti di vani tentativi, alle ore 16.30, in lugubre contemporaneità con la fine della partita - che nel frattempo è continuata, restando inchiodata sullo 0-0 - Renato Curi è dichiarato clinicamente morto. La sua corsa era finita.

A 'Tutto il calcio minuto per minuto' Ciotti reclama con urgenza la linea.

"Scusa Ameri, qui è Perugia…".

Ameri gliela cede, pensando a un qualcosa di simile a quanto accaduto un anno e mezzo prima. "Ho già capito tutto, Ciotti, e ti passo la linea".

Stavolta però l'annuncio dello storico telecronista non è di gioia, ma di grande dolore.

 "Il cen­trocampista Curi del Perugia è morto", riesce a dire il radiocronista romano, dando la notizia nella sua essenzialità.

In quel momento stesso, tutti i tifosi italiani, incollati alle radioline, apprendono della tragica morte del numero 8 biancorosso a soli 24 anni. A Clelia, la moglie di Curi - che nel frattempo il presidente del club umbro, Franco D'Attoma, aveva provveduto ad accompagnare a casa, dalla figlia di 3 anni, Sabrina - la notizia è data dai medici del nosocomio.

Scoprirà solo dopo esser rimasta vedova di essere incinta di un altro figlio, cui poi avrebbe dato lo stesso nome di suo papà. 

"Ricordo tutto, come se fosse ieri. - dirà Clelia in un'intervista a 'Il Centro' nel trentennale della tragedia - Seguivo con lo sguardo mio marito. L’ho visto accasciarsi a terra. Inizialmente non mi resi conto della gravità dell'accaduto. Ma mi precipitai negli spogliatoi. Lui era già stato trasportato in ospedale. Quando sono arrivata lì mi hanno comunicato la notizia".

"Mi hanno detto che ha ceduto il cuore, ma lui non aveva problemi, era nel pieno della salute. Non si era mai lamentato di nulla. Io ero incinta di nuovo quando è morto mio marito. Ma non lo sapevo. Ho partorito otto mesi dopo".

Renato Curi Perugia Serie A

Una tragedia l'aveva privata per sempre dell'amore di suo marito, togliendo a suo figlio Renato Curi Junior la possibilità di conoscere suo padre. Renato era nato a Montefiore dell'Aso, in provincia di Ascoli Piceno, il 20 settembre 1953. Ma a pochi anni si era trasferito a Pescara con la famiglia a causa del lavoro del padre. 

Cresciuto calcisticamente nella Marconi di Pescara, nel 1969 approda al Giulianova. Con i giallorossi diventa titolare in Serie D a 17 anni, e nella stagione 1970/71 conquista la promozione in Serie C. Capelli ricci e baffetti, con un look tipico degli anni Settanta del secolo scorso, con i giuliani Curi disputa due stagioni in Serie C, imponendosi come centrocampista inesauribile sotto il profilo del dinamismo ma anche abile nel palleggio e nella costruzione del gioco. 

Nel 1973/74 passa al Como, in Serie B, e in riva al Lago completa la sua maturazione calcistica. A 20 anni gioca un buon campionato (24 presenze) con il numero 10 sulle spalle,  e viene notato da Ilario Castagner, che lo vuole come motore del suo Perugia. L'anno seguente passa così in forza al Grifone, dove indossa il numero 8, e nel 1974/75 con 23 presenze e 4 goal e fra i protagonisti della promozione degli umbri in Serie A. Gioca anche una partita con la maglia della Lega Nazionale Serie B Under 23 contro la Lega Belga. 

Solo la morte, assurda e improvvisa, in quel pomeriggio di fine ottobre, aveva fermato il suo moto perpetuo. Il 1° novembre 1977 all'interno dello Stadio di Pian di Massiano, una folla di 5 mila persone assiste ai suoi funerali. Successivamene la salma del calciatore è sepolta nel Cimitero di San Silvestro a Pescara. 

Emergono alcune frasi di Curi che fanno riflettere.

"Non so dire come mai corro tanto. Ho pol­moni come gli altri, una certa vo­cazione per la corsa, da ragazzo ero buon mezzofondista, 800, 1500, 3000 metri. E poi ho un cuore matto, capriccioso. Dice­vano che ero malato, pensate un pò. Dal Giulianova al Como eb­bi un intoppo. E mi mandarono al Centro Tecnico di Coverciano perché il cuore aveva battiti irregolari. Però è un cuore di atleta, si assesta appena compio degli sforzi. Quando corro, quando mi affatico, i battiti diventano per­fetti. Come capitava a Bitossi, il campione ciclista che chiamava­no appunto Cuore matto".

L'opinione pubblica si divide sul 'cuore matto' del giocatore. E inevitabili sorgono le polemiche: Curi poteva essere fermato in tempo o era giusto lasciargli correre un rischio che ben conosceva? Il Tribunale di Perugia apre un'inchiesta penale. 

Il 2 maggio del 1979, lo stesso Tribunale assolverà con formula piena e con insufficienza di prove il cardiologo della Federcalcio Giancarlo Branzi, per insufficienza di prove il medico del Perugia Mario Tomassini e quello della Federcalcio Fino Fini. In appello, tuttavia, questi ultimi due riceveranno una lieve condanna a un anno di reclusione con i benefici di legge.

L'esame necroscopico chiarirà che la morte del calciatore è stata causata da un'anomalia cronica del cuore. Diversi anni dopo un destino altrettanto tragico, pur con dinamiche differenti, toccherà allo spagnolo Puerta, a Piermario Morosini e a Davide Astori. 

Dalla gara della 7ª giornata di campionato contro il Napoli, la maglia numero 8 del Perugia sarà indossata dal giovane Mario Goretti. Non sarà mai ritirata dal club umbro, nonostante gli appelli arrivati in tal senso da più parti, fra cui dall'allora D.s. del Grifone, Silvano Ramaccioni.

Lo Stadio di Pian di Massiano il successivo 26 novembre sarà invece intitolato al centrocampista ascolano. La squadra dei suoi esordi, la Marconi di Pescara, si trasforma in suo onore in Renato Curi. La squadra di Castagner concluderà al 7° posto quel campionato, completando poi il suo ciclo d'oro l'anno seguente con uno storico 2° posto e uno Scudetto sfiorato.

Ogni anno la città di Perugia ricorda l'indimenticato centrocampista con una celebrazione sempre molto partecipata. Per i 40 anni della sua scomparsa è stata anche organizzata una mostra che ripercorreva la sua carriera.

Suo figlio Renato Curi Junior, inoltre, ha dedicato a suo padre un libro, 'Renato Curi - Una Storia', con il numero 8 che campeggia sulla copertina assieme ad una foto di papà, quasi a ricordare il simbolo di infinito. Come l'amore che li ha sempre legati, nonostante un crudele destino li abbia impedito di conoscersi.

"La cosa più bella che mi hanno raccontato di papà è il modo con cui affrontava la vita. Sempre disponibile e gioioso con tutti - dichiara nel 2017 a 'Il Centro' - Io sono cresciuto cercando le sue tracce. A casa le ho trovate attraverso le foto. Ogni foto raccontava qualcosa. E poi chiedendo agli amici di Perugia, in particolare a Vannini e Frosio facevo tante domande. È sempre stata la gente a mantenere vivo il ricordo di mio padre".

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