Paulo Roberto Falcao, l'8° Re di Roma che lasciò la Capitale tra le polemiche

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Paulo Roberto Falcao è sicuramente il brasiliano che più di ogni altro è rimasto impresso a ferro e fuoco nella memoria della Roma e dei tifosi giallorossi. Eppure la sua avventura in Italia, nella Capitale, ha sempre diviso la massa.

Tra chi lo ha amato incondizionatamente e chi invece ha sempre avuto dei dubbi sulla sua reale caratura. La divisione nasce già in partenza, ancor prima di sbarcare a Roma. Perché Paulo Roberto Falcao era un giocatore brasiliano atipico.

Poca scena, pochi tunnel, nessun dribbling giusto per il sapore di farlo; ma tanta sostanza, eleganza con la palla tra i piedi che a tratti lo faceva essere più europeo che brasiliano. Giocava a centrocampo ed aveva più goduria a mandare in porta i compagni che a segnare.

Alla Roma arriva la mattina del 10 agosto 1980, dopo che la società aveva pagato un milione e mezzo di dollari per strapparlo dall'Internacional. Tanto scetticismo si diffuse tra i tifosi e tra alcuni addetti del movimento: ma chi è questo brasiliano che costa così tanto?

Ed in effetti in quel momento tutti impazzivano per Zico, che era sulla bocca di tutti e che la Roma aveva provato a prendere, senza riuscirci. Così ecco Falcao, che viene accolto da una marea di tifosi all'aeroporto, come recentemente ha ricordato lui stesso in un'intervista.

"Arrivai pensando che in Europa sarebbe stato diverso, mi aspettavo meno calore del Brasile. All’aeroporto pensavo di trovare qualche dirigente, due o tre giornalisti. E invece c’era un fiume di gente, tutta lì per abbracciarmi. Non perché era arrivato Falcao, ma la speranza di poter cambiare ".

Eppure continua lo scetticismo. La prima stagione non decolla al 100% e soltanto dalla seconda in poi comincia a far breccia nel cuore dei tifosi. Inutile elencare goal e assist, basta ricordare che sotto la sua guida a centrocampo, la Roma vinse il suo secondo Scudetto della storia e ben due Coppe Italia.

Nils Liedholm, suo allenatore a Roma in quegli anni, una volta ha pronunciato una frase che spiega alla perfezione che tipo di giocatore fosse Falcao.

"È Falcao che dirige l’orchestra in campo . Io, al massimo, qualche volta gli scrivo la musica o arrangio lo spartito seguendo certe idee"

Ma dopo cinque anni di grandi successi e di lampi di classe, nel 1985 si cominciano ad inclinare i rapporti con la società. E così il 1º agosto del 1985 lascia la Capitale tramite rescissione del contratto. Una fine a sorpresa per un'avventura del genere, ma che ha una spiegazione.

La sua ultima partita la disputa il 16 dicembre 1984 contro il Napoli, segnando peraltro la rete decisiva. Comincia, come detto, però ad avere problemi con il presidente Dino Viola per questioni contrattuali, e pensare che nell'ultima stagione lo stipendio di Falcao era il più alto di tutto il campionato italiano, oltre un miliardo di lire all'anno.

Ma come se non bastasse, il giocatore si era già rifiutato di sottoporsi a una visita medica da parte della società, dopo un lungo infortunio al ginocchio, parte del corpo che poi ben presto segnerà la sua fine con il mondo del calcio.

Finirà male con la Roma tra diffide, lettere di avvocati, visite fiscali e la rescissione del contratto ottenuta dalla Lega per inadempienza. Falcao tornerà in Brasile, al San Paolo, ma ormai il ginocchio non gli dava tregua e al termine di quella stagione staccò con il calcio giocato.

E questa brutta fine di rapporti con la Roma, non fu l'unico "caso" della sua esperienza in Italia. L'altro episodio che tutti ricordano ancora adesso risale alla stagione 1983-84, quando la Roma arriva alla finale della Coppa dei Campioni, allo Stadio Olimpico, perdendo ai rigori contro il Liverpool.

Falcao, in condizioni fisiche non ottimali, rinuncia a battere un rigore, e viene pesantemente criticato. In realtà lui ha sempre ammesso che era pronto a battere il quinto rigore della serie, l'ultimo, ma al Liverpool bastarono quattro rigori per vincere quella coppa. Alcuni tifosi videro videro questo guesto come una mancanza di carattere.

L'ottavo Re di Roma, o "Il Divino", è comunque sempre e per sempre legato alla Roma, tanto che dal 2012 fa parte della "Hall of Fame" del club.

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