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Paul Gascoigne, un talento enorme tutto genio e sregolatezza

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“Se c’è un giocatore che rimpiango di non aver allenato? Dico senza dubbio Paul Gascoigne. E’ stato il miglior calciatore inglese dai tempi di Bobby Charlton. Era fantastico, ma purtroppo non riuscimmo a prenderlo ed io credo che lui abbia fatto un grosso errore a non venire da noi. Nel nostro club c’erano persone che si sarebbero prese cura di lui”.

Parole queste non di un allenatore come tutti gli altri, ma di un’autentica leggenda del calcio mondiale. Un tecnico che nel corso della sua carriera ha avuto modo di guidare alcuni tra i migliori giocatori del pianeta, ma al quale è rimasto il rammarico di non aver potuto lavorare su quello che è stato semplicemente uno dei più grandi talenti che si siano mai visti su un campo di calcio. L’allenatore in questione è sir Alex Ferguson.

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Paul Gascoigne è stato molto più che un grande giocatore. È stato un campione folle, nel senso più puro del termine, un fuoriclasse che sul rettangolo verde riusciva a ritrovare quella gioia che raramente lo accompagnava nella vita di tutti i giorni. Un ragazzo il cui calcio era allegria e spensieratezza, due ingredienti fondamentali, ma che se miscelati in dosi sbagliate possono anche cambiare il volto di una carriera in negativo.

Per ‘Gazza’, come sempre l’hanno chiamato gli amici, il pallone è stato oltre che un fedele compagno di giochi, anche una medicina. Lo ha aiutato ad emergere e soprattutto a mettersi alle spalle un’infanzia difficile, fatta di pochi agi, qualche bravata, le prime terapie per alcuni comportamenti che in casa destavano preoccupazione (“Ho iniziato presto con gli psichiatri”, dirà anni dopo) e un evento che lo segnerà per sempre.

Ha appena dieci anni quando vede il fratellino del suo migliore amico venire investito da un’auto. E’ il primo a soccorrerlo e a rendersi conto della gravità dell’accaduto. Proverà a scuoterlo, ma senza risultato: il piccolo Steven morirà tra le sue braccia e lui proverà un dolore enorme, un qualcosa che non aveva mai avvertito prima. Sarà il primo di una lunga serie di brutti colpi che la vita gli riserverà.

Il pallone si rivelerà l’amico capace di fargli dimenticare, almeno per qualche ora al giorno, quella tragedia. Il piccolo Paul ci gioca dalla mattina alla sera e lo fa con la speranza di poter un giorno giocare in quello stadio che dista appena dodici chilometri da casa sua e che ogni settimana ospita le partite del suo Newcastle.

A Gateshead però si parla più delle sue bravate piuttosto che del suo talento ed anzi, nessuno lo considera il migliore della sua squadra. Quando è in giornata fa vincere le partite da solo, ma il più delle volte preferisce semplicemente far divertire chi lo è andato a vedere. Ha insomma le qualità per fare ciò che vuole con la palla, ma non ragiona da calciatore.

A fargli cambiare il modo di vedere le cose, sarà la realtà di tutti i giorni e in un certo senso la voglia di riscatto. Capisce infatti che giocando bene a calcio potrebbe aiutare i suoi genitori e le sue due sorelle a vivere una vita migliore. Ha quindici anni quando decide che è arrivato il momento di guadagnare abbastanza per portare avanti la famiglia. Appena un anno dopo entrerà nel settore giovanile del Newcastle.

Il primo passo è stato fatto, il secondo è il più difficile. Il talento, per quanto enorme, da solo non basta e Gascoigne non riesce a stare al passo con i compagni. Gioca meglio di loro, ma solo per pochi minuti a partita prima di eclissarsi e la cosa si traduce inevitabilmente in lunghi fine settimana passati in panchina.

Quando ormai pare chiaro a tutti, e probabilmente a lui per primo, che difficilmente ad attenderlo ci sarà un futuro radioso nel mondo del calcio, Gascoigne incontra l’uomo che gli cambierà per sempre la vita.

È Jack Charlton ed è una leggenda del calcio inglese. E’ uno degli eroi dell’Inghilterra che ha vinto i Mondiali del 1966 e nel corso degli anni ha imparato a riconoscere un talento a miglia di distanza. Quando nel 1984 diventa l’allenatore del Newcastle e vede per la prima volta ‘Gazza’ con un pallone tra i piedi, capisce subito che quel ragazzo è diverso dagli altri. E’ uno di quelli con il ‘dono’, ma è anche dannatamente fuori condizione.

“Nelle giovanili non giocavo mai, tornavo a casa e mi riempivo di bibite gasate e fish and chips. Fu lui a chiedermi se potevamo parlare. Mi disse ‘Non puoi avere la pancia a diciassette anni, hai due settimane per perdere peso’. Mi faceva pesare ogni giorno. In un mese sono passato dalla panchina all’essere il capitano della squadra. Un giorno poi mi chiese quali programmi avessi per il sabato ed io gli risposi che sarei rimasto a casa. Lui mi guardò e disse ‘No, tu sabato prossimo giochi in prima squadra’. E’ così che è iniziato tutto”.

Young Paul Gascoigne NewcastleGetty Images

Gascoigne si ritrova da un giorno all’altro a guardare dal campo quella curva che per tanto tempo ha frequentato e a sentire il suo nome urlato da quelle stesse persone con le quali solo poco tempo prima incitava la squadra della sua città. E’ una sensazione unica e lui ripaga la fiducia che gli viene data con prestazioni da sogno. Al suo primo vero anno in prima squadra segnerà nove goal in campionato in trentuno partite. Nove gemme che inizieranno a far parlare di lui come un potenziale fuoriclasse.

Al Newcastle ha tutto ciò che può desiderare. E’ un idolo assoluto per i tifosi, gioca a due passi da casa e frequenta gli stessi amici di sempre, ma ormai è diventato una stella e il suo club, che versa in precarie condizioni finanziarie, non più permettersi di tenerlo con sé. La sua cessione vorrebbe dire ossigeno per le casse.

E’ l’estate del 1988 quando il Tottenham decide di tentare l’affondo. ‘Gazza’ viene individuato come il gioiello che potrebbe far fare il tanto sperato salto di qualità, ma su giocatore si fionda anche il Manchester United. Sir Alex Ferguson decide di parlargli in prima persona e convince il ragazzo ad unirsi ai Red Devils. Quando il tecnico scozzese parte per le sue vacanze a Malta è convinto che l’affare sia chiuso, ma gli Spurs rilanciano mettendo sul piatto oltre che un ricco contratto, anche una casa per i suoi genitori. Tra i Gascoigne nessuno ha dubbi su quale offerta vada accettata e così Paul decide di voltare le spalle allo United per trasferirsi a Londra.

Il Tottenham sborserà 2,2 milioni di sterline pur di assicurarselo, una cifra record per il calcio britannico. Ferguson non prende bene la cosa e negherà per anni la parola al giocatore.

A Londra si rendono subito conto che Gascoigne è un ragazzo particolare. Alterna magie in campo a follie nella vita quotidiana. Terry Venables capisce che servono dei compromessi per gestirlo. La disciplina è fondamentale, ma per lui va chiuso un occhio. Pazienza se si presenta agli allenamenti con uno struzzo, se poi nel fine settimana vince le partite da solo.

Con la maglia degli Spurs addosso, Gascoigne si consacrerà come il più forte giocatore inglese della sua generazione. Potenza, velocità, tecnica sopraffina, prodezze balistiche e giocate geniali, sono il suo marchio di fabbrica.

Non è quindi un caso che quando prenderanno il via i Mondiali del 1990, una delle stelle più attese in assoluto sia proprio ‘Gazza’. Bobby Robson ha allestito una Nazionale forte in ogni reparto, ma tutto ruota attorno a Gascoigne. E’ lui ad accendere la luce, a far cambiare marcia alla squadra e, nonostante il ritiro alterni momenti surreali ad altri nei quali si allena come si deve, il suo sarà un torneo fantastico.

Trascina i Tre Leoni lasciando sbigottiti gli spettatori che, in un’epoca nel quale il calcio non entrava nelle case tutti i giorni, di lui avevano sentito parlare, ma non l’avevano mai visto all’opera. In campo è semplicemente dominante, nessuno riesce ad arginarlo e mentre lui continua a sfornare magie, in Inghilterra inizia a farsi largo una convinzione: il titolo di campioni del mondo è assolutamente alla portata.

Quando il 4 luglio 1990 la compagine inglese scenderà in campo a Torino per sfidare in semifinale la Germania Ovest, i favori del pronostico saranno tutti per i ragazzi di Robson. L’Inghilterra effettivamente a tratti domina la contesa, ma a passare in vantaggio saranno i tedeschi al 60’ con Brehme. Gli inglesi non mollano e riprendono ad attaccare con ancor maggiore convinzione e all’80’ è Lineker a trovare la rete dell’1-1.

Si va dunque ai supplementari e al 98’ avverrà l’episodio che cambierà le sorti della partita e forse del torneo. Gascoigne, già diffidato, viene ammonito per un’entrata su Berthold. In quel momento capisce che comunque andranno le cose lui in finale non ci sarà. Si demoralizza, esce dalla partita e decide che non si presenterà sul dischetto per la lotteria dei rigori. La Germania sarà infallibile, l’Inghilterra no. A sfidare l’Argentina all’Olimpico saranno Matthaus e compagni.

“Non l’ho nemmeno toccato. Lo dico con onestà. Si è messo a strillare come se fosse un bambino, ha fatto una sceneggiata. Io non l’avrei mai fatto”.

Le immagini di Gascoigne in lacrime faranno il giro del mondo, ma quell’eliminazione non cancellerà quanto fatto. Al termine del torneo si riscoprirà semplicemente il giocatore più desiderato del pianeta, oltre che l’uomo più famoso d’Inghilterra.

Paul Gascoigne West Germany and England FIFA World Cup 04061990Getty Images

Il suo nome inizierà ad essere accostato a quello di tutte le migliori squadre italiane e lui stesso anni dopo svelerà di essere stato contattato dalla Juventus e da Boniperti in persona, ma l’unica società a tentare realmente di imbastire un’operazione dai costi esorbitanti sarà la Lazio.

L’allora presidente Calleri vede in Gascoigne il giocatore che può portare il suo club in un’altra dimensione. Vola di persona a Londra con il direttore sportivo Regalia per parlare con il Tottenham ed inizia un’estenuante trattativa. Si parte da una richiesta di 20 milioni di sterline, una richiesta assurda per i tempi, ma poi si riesce a scendere a 10. A quella cifra, comunque elevatissima, può scattare la stretta di mano.

Gascoigne accetta subito il trasferimento in Italia, ma ha un ultimo obiettivo da raggiungere prima di fare i bagagli: vincere la FA Cup con gli Spurs. E’ il 18 maggio 1991 quando nel corso della finale contro il Nottingham Forest si rompe, sotto gli occhi dei dirigenti biancocelesti che sono accorsi a Wembley per vedere da vicino il loro gioiello, i legamenti del ginocchio destro.

Sarà l’inizio di un lungo calvario fatto anche di ricadute, che durerà un anno. La Lazio intanto ha ottenuto una riduzione del prezzo del cartellino e deciso che il giocatore sarebbe arrivato solo un anno dopo aver completato le cure a Londra.

Nel frattempo ha iniziato la sua scalata all’interno del club Sergio Cragnotti che, una volta acquisito il pacchetto di maggioranza, decide di portare a termine l’operazione.

L’unica stella che mancava alla Serie A per completare la sua collezione, sbarcherà a Roma l’8 luglio 1992 e all’aeroporto di Fiumicino accorreranno in migliaia per accogliere Gascoigne. Quelli che si vivranno saranno momenti di follia misti a terrore. A causa della ressa in diversi riporteranno delle contusioni, delle vetrate verranno letteralmente distrutte e le forze dell’ordine dovranno impegnarsi duramente per evitare il peggio.

“Io non ho mai visto niente del genere in vita mia. Ero spaventato, c’erano guardie del corpo ovunque. Lì ho capito che gli italiani sono ossessionati dal calcio”.

Gascoigne diventa il giocatore più pagato della storia della Lazio, oltre che il più famoso probabilmente a livello globale. Il club biancoceleste ha allestito una squadra di valore assoluto, assicurandosi anche Cravero, Fuser, Winter e Signori, ma è chiaro che gli occhi sono tutti per lui, anche quelli degli inglesi, poiché le partite dei capitolini verranno trasmesse anche dall’altra parte della Manica.

Il meno entusiasta di tutti è probabilmente Dino Zoff, la persona forse più distante al mondo da Gascoigne.

Per il gioiello inglese le cose in Italia non sono semplici. E’ abituato ad un calcio diverso ed è reduce da un lungo stop, quindi non riesce ad esprimersi secondo le aspettative. Fa parlare di sé per ciò che fa fuori dal campo, ma all’interno del rettangolo di gioco solo a sprazzi fa vedere di cosa è capace. Riesce tuttavia a conquistarsi una maglia da titolare e il 29 novembre si toglie la sua prima vera soddisfazione segnando a pochi minuti dal termine un goal che permette alla Lazio di pareggiare contro la Roma nel derby. La sua prima annata capitolina si chiuderà con quattro reti complessive in ventidue presenze.

Paul Gascoigne LazioGetty

All’inizio di quella successiva si presenterà totalmente fuori condizione, tanto che Zoff gli chiederà di perdere tredici chili e per lui le cose precipiteranno definitivamente il 7 aprile 1994, quando nel corso di un allenamento si rompe tibia e perone. Fatale si rivelerà un contrasto con un ragazzo della Primavera che da poco si sta affacciando in prima squadra: Alessandro Nesta.

“Io ero ai primi allenamenti con la prima squadra e lui era il giocatore più costoso della storia della Lazio. Mi fece un paio di falli pesanti in partitella ed io allora in un’occasione provai a fermarlo un un tackle un po’ troppo duro. Il primo a rincuorarmi fu Zoff. Ricordo che quando Paul tornò mi tranquillizzò e mi regalò un kit da pesca”.

Gascoigne, tornerà in campo un anno dopo, quando ormai sarà chiaro a tutti che la sua avventura italiana è giunta al capolinea. Quando lascerà la Lazio lo farà avendo collezionato appena quarantasette partite in tre anni condite da sei goal. Troppo poco per uno dei più forti giocatori del mondo, ma abbastanza per farlo diventare uno dei campioni più amati di sempre dalla tifoseria biancoceleste.

Quando ormai tutti lo daranno già sul viale del tramonto, ‘Gazza’, come già fatto in passato e come fare più volte nel prosieguo della sua vita, riuscirà a risorgere.

Vivrà tre stagioni meravigliose in Scozia con la maglia dei Rangers, sarà uno dei protagonisti assoluti di Euro ’96, e poi si regalerà delle ultime parentesi più o meno importanti al Middlesbrough, all’Everton, al Burnley, al Gansu Tianma in Cina e al Boston United, prima di appendere gli scarpini al chiodo nel 2005.

Quella che lo attenderà dopo l’addio al calcio sarà un’esistenza complicata scandita da dipendenze, incidenti ed una serie infinita di ricoveri.

Gascoigne si ritroverà a fare i conti con quei demoni che il pallone gli teneva in qualche modo lontano, ma questa è un’altra storia e comunque dopo ogni caduta è riuscito, più o meno a fatica, a rialzarsi.

Quello che resta della sua carriera da calciatore è comunque un qualcosa di talmente folle da diventare magico. È stato uno dei più forti della sua generazione nonostante i tanti eccessi. Magari, se ci fosse stata un pizzico di normalità in più a condire il suo percorso, sarebbe potuto diventare il più forte di tutti.

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