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Paolo Maldini: leggenda, bandiera e capitano di Milan e Nazionale

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Per molti siamo di fronte al miglior difensore della storia del calcio o ad uno dei migliori che ci siano stati. Di sicuro Paolo Maldini è stato una leggenda e una bandiera del Milan e della Nazionale italiana, squadre delle quali è stato a lungo anche capitano. 

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Destro naturale ma capace di calciare con entrambi i piedi, si afferma come terzino sinistro moderno, in possesso di qualità tecniche notevoli. Era in grado di garantire al contempo grande copertura difensiva e una spinta costante sulla fascia, in virtù degli importanti mezzi fisico-atletici e dell'intelligenza tattica, uniti 

Specialista del tackle e dell'arte dell'anticipo, è considerato un campione esemplare per la sua professionalità e la capacità di gestire il proprio corpo, elementi che gli hanno permesso di esprimersi ad alti livelli fino alle soglie dei 41 anni, disimpegnandosi spesso, negli ultimi tempi, nel ruolo di difensore centrale.

Se a livello di club ha vinto tutto, legando il suo nome alla storia del Milan, più sfortunata è stata la sua avventura con l'Italia, con cui non è riuscito a conquistare alcun trofeo, piazzandosi 2° ai Mondiali di USA '94 e 3° a quelli di Italia '90, oltre che 2° nell'edizione del 2000 degli Europei. Il ritiro dalla Nazionale nel 2002, gli ha impedito di partecipare alla vittoria successiva dei Mondiali 2006.

ALLE ORIGINI DELLA LEGGENDA

Paolo Maldini nasce a Milano il 26 giugno 1968. Quartogenito di Cesare e Marialuisa Mazzucchelli, registrato all'anagrafe come Paolo Cesare, è figlio d'arte perché suo papà è stato una colonna e il capitano del Milan di Rocco. L'amore di Paolino, come lo chiamano tutti, per il calcio, è assolutamente precoce.

"Dai 6 ai 10 anni - racconterà in più occasioni - ero praticamente tutti i giorni all'oratorio a giocare a calcio. Lo sport mi ha aiutato a crescere come uomo e come calciatore".

Papà Cesare capisce che Paolo per il calcio è realmente portato, così all'età di 10 anni gli propone un provino.

"Chiesi a Paolo: 'Dove ti piacerebbe giocare? A Milano con il Milan, o con l'Inter?' - racconterà - Lui mi disse: 'Con il Milan' ".

A far fare il provino a Maldini è Fausto Braga, maestro di calcio e talent scout rossonero.

"Rocco, che godeva della massima considerazione al Milan, mi telefonò e mi disse, in dialetto triestino: 'Senti una cosa Fausto, se ti piace lo prendi, però se non ti piace non guardare al fatto che è il figlio di Cesare' ".

Il 12 settembre 1978 papà Cesare porta Paolo a sostenere il provino con il Milan.

"Braga mi chiese in che ruolo giocasse Paolo. 'Mah, non lo so, faccia lei', gli risposi. E lui mi disse: 'Lo mettiamo all'ala destra'. 'Ok', dissi. E me ne andai. Non rimasi a vedere il provino". 

"Ho ricordi nitidi di quel giorno. - racconterà Paolo - La mattina andai con mia mamma in Corso Buenos Aires a comprare le scarpe nuove. Un paio di Valsport con una striscia arancione. Sono arrivato da giocatore da oratorio, ho fatto il provino e credo sia andato piuttosto bene".

Fra coloro che osservano il ragazzo c'è anche Francesco Zagati, un collaboratore delle Giovanili rossonere degli anni Settanta. 

"Il ragazzo era bravo - ricorderà - aveva delle doti che per uno che non aveva mai giocato a calcio erano eccezionali. Braga gli disse: 'Ma la tua squadra qual è?'. E Paolo rispose: 'Io non gioco a calcio'. 'E dove hai imparato?', domandò Fausto. 'Ho imparato all'oratorio', disse lui".

"Andando contro alle regole della società, questo allenatore, il signor Braga, mi fece firmare il cartellino senza nemmeno chiedere il permesso in sede. - racconterà Paolo - Gli sarò sempre grato. Credo che la società abbia fatto comunque un buon affare a prendermi".

Paolo Maldini Cesare Maldini

IL FIGLIO DI CESARE

Maldini inizia così la sua trafila nelle Giovanili rossonere. Inevitabilmente il suo nome è accostato a quello del padre, e non è facile nemmeno per uno come Paolo, di fronte a tanti pregiudizi, dimostrare che è lì per merito, non per raccomandazione.

"Nelle Giovanili, anche nei campi di periferia, sentivo spesso il mio nome associato a quello di mio padre. - dirà il futuro capitano - Ma credo fosse anche una cosa normale: giocavo con una maglia importante, quella del Milan, e mio padre era stato un giocatore importante. C'era già questa pressione anche se io pensavo solamente a giocare come qualsiasi ragazzo adolescente".

Maldini non bada alle chiacchiere nei suoi confronti e si distingue come uno dei più promettenti elementi del vivaio del Milan. Nella stagione 1984/85, nonostante abbia soltanto 16 anni, approda nella Primavera di Fabio Capello, con cui vince la Coppa Italia di categoria, battendo in finale il Torino di Sergio Vatta. 

"Ero il capitano della Primavera - racconta 'Billy' Costacurta - e lui arrivò, molto timido, molto introverso. Naturalmente la squadra vide in lui il raccomandato, il figlio di Cesare Maldini".

"Aveva due anni in meno rispetto agli altri ragazzi, - ricorda Capello - però io ho continuato a farlo giocare. Anche vedendo che non tutti erano convinti".

Nonostante le difficoltà ambientali, Maldini riesce a dimostrare agli altri, ancora una volta, che se è lì è perché se lo merita.

"Nel momento in cui scese in campo - afferma Costacurta - capimmo tutti immediatamente che non era un raccomandato, ma era lì perché era bravo".

Anche Nils Liedholm, l'allenatore della Prima squadra, osserva con curiosità e attenzione i progressi del giovane terzino. A inizio 1985 la formazione milanese è falcidiata da tanti infortuni, e quando si fa male anche Mauro Tassotti, 'Il Barone' stupisce tutti e decide di convocare in Prima squadra Paolo per la trasferta di campionato contro l'Udinese.

"Ero proprio un bambino che si apprestava a fare il primo raduno con una squadra di professionisti. - ricorda - Avevo un misto di eccitazione e anche di paura. Non avevo mai pensato di poter debuttare così presto con una squadra di Serie A".

È domenica 20 gennaio 1985 Paolo si accomoda in panchina, con la maglia numero 14 sulle spalle e con scarse possibilità di entrare in campo, visto che possono esserci soltanto 2 cambi. È un pomeriggio con temperature particolarmente rigide in Friuli, e al suo fianco sono seduti il dodicesimo Nuciari, Ferrari, Cimmino e Giunta.

Un goal di Selvaggi porta i friulani in vantaggio all'11'. Succede però che quando le squadre vanno a riposo c'è l'ennesimo problema per un giocatore rossonero, Sergio Battistini.

Liedholm si rivolge Maldini: "Dove giochi di solito?". Paolo vince la timidezza: "A destra mister". "Te la senti?", gli chiede allora il tecnico svedese. La risposta è senza esitazioni: "Sì, assolutamente". 'Il Barone' manda così Maldini a scaldarsi, e quello che molti conoscono ancora come 'Il figlio di Cesare' fa il suo esordio in Serie A giocando come terzino destro accanto ai due centrali Baresi e Di Bartolomei e al terzino sinistro Luigi Russo.

"Ho avuto delle emozioni fortissime, tutte raccolte nei primi 5-6 minuti. Ma una volta toccato il primo pallone, un retropassaggio al portiere Terraneo, la partita è andata via sempre più sciolta per me. È stato il momento in cui mi sono accorto che potevo diventare un calciatore. Prima mi sembrava un Mondo molto lontano, non pensavo di essere in grado di giocare con campioni".

Paolo Maldini Milan Serie A 1985/86

Paolo gioca bene, e al 63' arriva anche il pareggio per i rossoneri, grazie all'inglese Hateley, bravo a sfruttare un rimpallo su punizione di Di Bartolomei. Per il giovane difensore, a fine partita, solo tanti complimenti, ad iniziare da Gianni Rivera, ex compagno di squadra di papà Cesare.

"Sono stato molto soddisfatto del suo esordio, perché è entrato in campo senza nessuna paura. Quando è entrato ha fatto un grande incontro e mi auguro possa ripetere la carriera del padre".

"Paolo ha un grande avvenire", sono invece le parole di Liedholm. Non si sbagliava.

Inizia così l'epopea del grande campione rossonero, che per il resto della stagione torna a giocare in Primavera. Di lui si accorge anche Vujadin Boskov, all'epoca allenatore dell'Ascoli, che lo chiede ufficialmente al presidente Costantino Rozzi. Quest'ultimo avvia una trattativa, ma è Liedholm a porre il suo veto: Paolo resterà al Milan.

A partire dalla stagione successiva, il 1985/86, è aggregato in pianta stabile nella Prima squadra rossonera e gioca in posizione di centrale mancino accanto a Baresi, da cui cerca di imparare il più possibile. Ha l'onore di marcare i grandi campioni della Serie A, su tutti Diego Armando Maradona. Sono però anni di cambiamenti per il club rossonero, che rischia il fallimento. Il 10 febbraio 1986 Silvio Berlusconi rileva la proprietà della società da Giussy Farina, con l'obiettivo dichiarato di riportare il Milan ai vertici mondiali.

A partire dal 1986/87 Paolo è schierato terzino sinistro, a piede invertito, e in quel ruolo diventerà, nel giro di qualche anno, il migliore al mondo. Il 4 gennaio 1987 il giovane rossonero si toglie anche la soddisfazione del primo goal in Serie A, che arriva su tap-in da distanza ravvicinata e vale la vittoria ospite al Sinigaglia contro il Como (0-1). 

"Ho avuto per una volta nella mia vita l'istinto dell'attaccante. Mi ha dato una gioia enorme, da quel momento alla fine della partita, non ho capito più niente".

Intanto Paolo entra nel giro dell'Italia Under 21, guidata proprio da papà Cesare. Prima di convocarlo, l'ex difensore lo avverte: "Cosa diranno i giornalisti se ti convoco?".

Ma il terzino rossonero ormai ci è abituato: "Non preoccuparti, ci penso io". Maldini indossa la maglia azzurra la prima volta il 12 novembre 1986. A Fontanafredda, in provincia di Cuneo, il match amichevole con l'Austria finisce 0-0. La terrà per 2 anni, collezionando 12 presenze e ben 5 goal, cui si somma un'apparizione nell'Olimpica nell'ottobre 1987 (2-0 sulla Grecia ad Arezzo). 

"Sono sopravvissuto anche a questo", commenterà.

Maldini va in rete anche nei quarti di finale contro la Francia di Blanc e Cantona, ma non basta. I transalpini si impongono 4-3 nel doppio confronto e vinceranno poi il torneo.

Paolo Maldini Italy Under 21Wikipedia

FRA 'GLI IMMORTALI' DI SACCHI E CAPELLO

L'anno della svolta per la storia del Milan e per la carriera di Paolo Maldini è il 1987/88. Dopo la separazione con Liedholm, e la stagione precedente chiusa con Capello in panchina e un 5° posto conquistato con le unghie grazie allo spareggio UEFA con la Sampdoria, Berlusconi affida la panchina ad un tecnico emergente, Arrigo Sacchi. 

"Il primo impatto non fu felicissimo. - racconterà Paolo a 'DAZN' - Non conoscendolo personalmente, mi raggiunse mentre mi trovavo con i miei amici in Sardegna. Lui mi disse: 'Caro Paolo, devo dirti che sei a un bivio'. Al che io chiesi spiegazioni: 'Cosa intende?'. E Sacchi: 'Sei a un bivio, devi riuscire a capire se vuoi fare il calciatore o il playboy' ".

Paolo del resto ha un gran fisico, è alto un metro e 86 centimetri per 77 chilogrammi, e un viso da attore di Hollywood. Le ragazzine vanno pazze per lui. Ma la replica a Sacchi non si fa attendere.

"Mister, io vorrei fare il calciatore, ma non so lei che notizie abbia su di me".

Il giovane terzino è fra i primi ad apprendere i dettami del calcio del 'Profeta di Fusignano', fatto di pressing, gioco offensivo e fuorigioco. Maldini è il terzino sinistro di una difesa destinata a diventare leggendaria, con Tassotti a destra e Filippo Galli (che sarà negli anni successivi sostituito con Costacurta) e Baresi centrali. La squadra, che ha in Gullit e Van Basten i suoi fuoriclasse offensivi (ma il 'Cigno di Utrecht' resterà fuori per infortunio per larga parte dell'anno) all'inizio fatica, è eliminata dalla Coppa UEFA, ma la società conferma l'allenatore e in campionato inizia una rincorsa sul Napoli di Maradona.

"Sacchi viveva il calcio come un'ossessione. - dirà il difensore - A furia di ripeterci le cose sono diventate automatiche per noi, ci sono rimaste nel tempo. Abbiamo avuto grandi miglioramenti a livello di preparazione fisica e di mentalità".

"La rivoluzione è stata totale. - assicurerà a 'Sky Sport' - Allenamento, maniera di comprendere, capire e vivere il calcio, impegno, diciamo… 24 ore su 24, anche se io non ero particolarmente d’accordo, però abbiamo fatto anche a livello fisico delle cose che le squadre del giorno d’oggi assolutamente non fanno. Io arrivavo il giovedì, venerdì che io dicevo: “Io non riesco a giocare domenica, son sicuro che non riesco a giocare”. Perché ero stravolto, io come tutti gli altri. Poi arrivavi al sabato, pre-gara e iniziavi a sentirti bene, ma proprio per la stanchezza. E la domenica avevamo una forza incredibile. Per quegli anni era una squadra anche molto forte fisicamente".

Dopo la sconfitta a tavolino con la Roma per un petardo che colpisce Tancredi, il Milan mette la freccia e ottiene cinque vittorie di fila. Fra queste particolarmente importante è lo scontro diretto del 3 gennaio 1988, che vede i rossoneri imporsi 4-1 sui rivali. Maldini è fra i migliori e definitivamente si libera dall'ingombrante etichetta di 'Figlio di Cesare' per essere semplicemente Paolo, il terzino rossonero.

Lo Scudetto 1987/88 si decide sul filo di lana, e ancora una volta è determinante il confronto diretto che si gioca al San Paolo il 1° maggio 1988. I rossoneri, nonostante le reti di Maradona e Careca, si impongono 3-2 con una doppietta di Virdis e un goal di Van Basten, e conquistano il titolo il 15 maggio pareggiando 1-1 a Como. È il primo trofeo da professionista vinto da Maldini all'età di 20 anni. Nel suo palmarés ne metterà altri 25. I rossoneri a giugno si aggiudicano anche la prima Supercoppa italiana battendo 3-1 la Sampdoria. 

Il 1988/89 è l'anno della prima Coppa dei Campioni, che coincide con l'arrivo di Frank Rijkaard. Dopo la nebbia di Belgrado, che consente la ripetizione della gara con la Stella Rossa, i rossoneri, il giorno prima in grande difficoltà, si impongono ai rigori e da lì in avanti dominano, schiantando il Real Madrid in semifinale e travolgendo 4-0 la Steaua Bucarest nella finale di Barcellona. Maldini c'è sempre ed è uno dei giocatori determinanti.

La squadra di Sacchi non si ferma più: arrivano in sequenza la prima Supercoppa Europea, battendo nel doppio confronto il Barcellona, e l'Intercontinentale contro i colombiani del Nacional de Medellin nel mese di dicembre. Maldini riceve il 'Premio Bravo' come miglior giovane Under 21 d'Europa. Nel 1989/90 non manca qualche difficoltà: Maldini firma un clamoroso autogoal contro la Lazio in campionato, lo Scudetto sfuma all'ultimo con la 'Fatal Verona' e prende la strada di Napoli. Il Diavolo 'cade' anche in Coppa Italia, che vede trionfare la Juventus di Zoff nella doppia finale.

Ma i ragazzi di Sacchi non si lasciano sfuggire ancora una volta l'obiettivo europeo: superato grazie alla regola dei goal in trasferta il Bayern Monaco in semifinale, il 23 maggio 1990 vincono la seconda Coppa dei Campioni consecutiva battendo di misura il Benfica con un goal di Rijkaard e una grande prestazione difensiva. Nasce la leggenda degli 'Immortali'.

Paolo Maldini AC Milan 1990Getty

Il 1990/91 è un anno dalle emozioni contrastanti per Paolo e i suoi compagni. Arrivano la seconda Supercoppa europea di fila, prevalendo sulla Sampdoria, e la seconda Coppa Intercontinentale, nello spettacolare 3-0 ai paraguayani dell'Olimpia di Asunción il 9 dicembre.

La grande delusione arriva tuttavia in Coppa dei Campioni: nei quarti di finale i rossoneri sono abbinati all'Olympique Marsiglia, che pareggia 1-1 a San Siro e al Velodrome conduce 1-0 al ritorno, prima che si spengano i riflettori e l'a.d. Adriano Galliani faccia rientrare la squadra negli spogliatoi. L'UEFA assegna il 3-0 a tavolino alla formazione francese e squalifica per un anno i Campioni d'Europa in carica dalle competizioni europee.

Anche Maldini trova nell'inglese Chris Waddle uno degli avversari più difficili da affrontare nella sua carriera.

"A me davano fastidio quelli che spostavano la palla e ondeggiavano, e lui mi costringeva nella mia metà campo per tutta la partita. - rivelerà - È fra quelli che ho sofferto di più assieme a Shevchenko in allenamento e a Rocco Pagano del Pescara".

Nonostante la stagione non esaltante per i colori rossoneri, proprio nel 1990/91 Maldini, che vive anche il primo infortunio importante della sua carriera (la rottura della clavicola, che lo costringe a star fermo un mese e mezzo da metà dicembre a inizio febbraio), stabilisce il suo primato assoluto di reti stagionali in Serie A: saranno 4 a fine torneo (Torino, Cagliari, Pisa e Juventus le vittime).

"Mi piaceva attaccare - ammetterà - anche se il rapporto fra occasioni avute e goal segnati è sicuramente deficitario. Però nel sogno di qualunque ragazzino la cosa più bella è sicuramente fare goal".

L'era Sacchi si chiude e Paolo ritrova in panchina quel Fabio Capello che qualche anno prima l'aveva lanciato nella squadra Primavera. Anche con il tecnico friulano, Maldini è uno dei pilastri della difesa e nei primi anni '90 raggiunge vertici di rendimento altissimi. Il calcio di Capello è meno ossessivo nel pressing ma più razionale, e il Milan diventa una macchina quasi perfetta.

Domina in Italia, vincendo 3 Scudetti consecutivi, dal 1991/92 al 1993/94 e 3 Supercoppe Italiane (1992, 1993 e 1994), mentre in Europa si susseguono alterne fortune: nel 1993 a Monaco di Baviera arriva la sconfitta più amara, la finale persa ancora una volta con la bestia nera Marsiglia (1-0 per i francesi con rete di Boli), l'anno seguente la grande gioia della vittoria di Atene sul Barcellona guidato da Johan Cruijff (4-0).

Squalificati Baresi e Costacurta, per l'occasione Maldini agisce da centrale in coppia con Filippo Galli, gioca una gran partita e dimostra ancora una volta di poter ricoprire qualunque ruolo difensivo. A fine 1994 è premiato, primo difensore della storia, come 'Giocatore dell'anno' dalla rivista 'World Soccer'. Paolo si piazza anche al 3° posto nella classifica finalde del Pallone d'Oro dietro Stoichkov e Roberto Baggio.

In quel momento è senza discussione il miglior difensore al Mondo, dopo aver appreso per anni gli insegnamenti di Baresi, e dimostra a tutti, oltre alle indiscutibili qualità, incontestabili doti di leadership.

Sfuggono invece al Diavolo la Supercoppa europea 1993, persa contro il Parma di Scala, e la Coppa Intercontinentale dello stesso anno, cui il Milan partecipa in sostituzione dello squalificato Marsiglia (vittoria del San Paolo per 3-2). Il 1994/95 è la stagione dell'exploit della Juventus di Lippi, che segna il passaggio da un calcio più tecnico a un calcio più fisico.

La squadra di Capello finisce 4ª in campionato e in Champions League rimedia un'altra sconfitta in finale ad opera dell'Ajax (1-0 per gli olandesi con goal dell'ex Rijkaard), una partita cui la squadra italiana arriva in condizioni fisiche non ottimali e con l'attacco ridotto all'osso. Va male anche nell'Intercontinentale, dove gli argentini del Velez Sarsfield si impongo a sorpresa per 2-0.

'Gli Immortali' rossoneri hanno però pronto riscatto nel 1995/96: l'arrivo fra gli altri di George Weah e Roberto Baggio ridona vivacità offensiva alla squadra milanese, che domina il campionato. Per Maldini a fine stagione c'è il quinto Scudetto della sua carriera. A 28 anni è pronto a raccogliere l'eredità di Franco Baresi e a diventare il nuovo capitano.

Paolo Maldini Milan 1994Getty

GLI ANNI BUI E L'EREDITÀ DI BARESI

Quando raggiungi i vertici assoluti, si sa, è molto facile cadere. Il 1996/97 è uno degli anni più difficili dell'intera carriera di Paolo. Con Tabarez prima e Sacchi poi, i rossoneri vivono una stagione travagliata aperta con la sconfitta nella Supercoppa italiana con la Fiorentina e chiusa con l'eliminazione precoce in Champions League  e l'11° posto finale in campionato.

Paolo risente di alcuni problemi fisici e viene continuamente spostato di ruolo, il che non lo aiuta ad avere un rendimento costante. Il punto più basso della stagione è l'umiliante 6-1 subito in casa contro la Juventus di Lippi, che il 6 aprile 1997 a San Siro fa il bello e il cattivo tempo.

Il passaggio di consegne con 'Kaiser Franco' avviene l'anno seguente, il 1997/98, dopo il ritiro dello storico libero.

"Il mio sarà un impegno di grande responsabilità, - dichiara Maldini - soprattutto quest'anno perché ci sono tanti giocatori nuovi. Sono comunque felice, ho avuto un grande maestro per 10 anni. Spero di avere preso da Franco qualcuna delle sue doti".

Torna Capello ma ancora una volta, complici una serie di errori nella campagna acquisti, i rossoneri non vanno oltre il 10° posto in campionato. La difesa finisce nuovamente nell'occhio del ciclone e le critiche non risparmiano nemmeno il nuovo capitano.

"L'ultimo anno al Milan abbiamo litigato, quasi a metterci le mani addosso. - rivelerà Paolo a 'Sky Sport' per 'I Signori del calcio' - Mi ha mancato di rispetto, credeva che l'avessi tradito. Ma non era così, l'ho odiato per qualche mese. Dopo la cosa è passata col tempo". 

I rossoneri giungono comunque in finale di Coppa Italia, ma ancora una volta non riescono a vincerla: se la aggiudica la Lazio di Eriksson.

L'EREDE DI CABRINI: DA EURO '88 A COREA-GIAPPONE 2002

Parallelamente a quella nel Milan, è assai brillante per Maldini anche la carriera nella Nazionale azzurra. Dopo l'esperienza con l'Under 21, Azeglio Vicini lo fa debuttare il 31 marzo 1988 a Spalato nell'amichevole con la Jugoslavia (1-1) e il suo impatto è subito positivo. Il Ct. gli ritaglia il ruolo di erede di Cabrini, e dopo aver testato il napoletano Francini, decide di affidargli la fascia sinistra della Nazionale e lo chiama ad Euro '88.

"Dopo sole 3 partite conquistai il posto da titolare in azzurro. - ricorderà - Agli Europei giocai subito all'esordio contro la Germania e nella seconda gara mi ritrovai subito ad affrontare un campione come Michel, uno dei giocatori più in vista del torneo, fra i leader della Spagna".

Oltre 40 giornalisti, in conferenza stampa, si domandano se un giovane come lui potrà mai contrastare un giocatore esperto come il centrocampista delle Furie Rosse.

"Paolo lo annullò, - racconterà Vicini - e nonostante fosse abituato a giocare a zona attuò una marcatura a tutto campo. Michel quasi non toccò palla e noi vincemmo 1-0 con un bel goal di Vialli".

L'Italia esce in semifinale contro l'URSS, per Paolo c'è comunque la consolazione dell'inserimento nella Top 11 dell'edizione. Maldini vive poi la parentesi positiva della Nazionale militare, con cui nel 1989 conquista il campionato Mondiale militare assieme a compagni di squadra come Roberto Mancini.

Paolo Maldini ItalyGetty Images

I Mondiali di Italia '90 e USA '94 regalano al difensore ricordi al contempo dolci e amari: disputa grandi partite, finendo nella Top 11 di entrambi i tornei, ma non riesce a conquistare la Coppa del Mondo: gli Azzurri si piazzano terzi con Vicini, uscendo in semifinale ai rigori con l'Argentina, e secondi con Sacchi, perdendo ancora una volta dal dischetto con il Brasile. Non va meglio ad Euro '96, con l'Italia eliminata addirittura ai gironi.

Maldini prende parte anche ai Mondiali di Francia '98 con suo padre Cesare come Ct. e Corea e Giappone 2002 sotto la guida di Giovanni Trapattoni, diventando il capitano e il recordman assoluto per minuti disputati ai Mondiali, ben 2216. Le ultime gioie azzurre risalgono invece ad Euro 2000, quando gli Azzurri di Dino Zoff giungono in finale, ma soccombono contro la Francia al Golden goal. Ancora una volta Paolo figura nella Top11 del torneo.

Il 7 ottobre del 2000, scendendo in campo contro la Romania al Meazza, con 113 presenze diventa provvisoriamente il più presente in Nazionale, superando il primato di Dino Zoff.

L'eliminazione contro la Corea del Sud agli ottavi dei Mondiali 2002 gli porta addosso tante critiche. Da centrale difensivo commette alcuni errori e c'è chi sostiene che a quasi 34 anni il capitano del Milan è ormai all'epilogo di una carriera straordinaria. Ma lui non ci sta.

"Nel 2002, dopo il Mondiale, persi le staffe. - rivelerà a 'Sky Sport' - Mi sono sentito maltrattato dalla stampa, il rispetto dei compagni invece c'è sempre stato. Il modo in cui è finito quel Mondiale non è stato bello. In modo particolare ricordo l'ultima conferenza, dove un giornalista mi chiese se mi sentissi un raccomandato. Andai via, potevano dirmi di aver giocato male. Ma non altro".

La delusione lo porta a dire addio alla maglia azzurra dopo 126 presenze (3° giocatore più presente di sempre) e 7 reti. Non ci sono ripensamenti, nemmeno quando Lippi nel 2006 gli offrirà la possibilità di volare in Germania. Paolo dice no, rinunciando all'ultima possibilità di vincere con la Nazionale. 

"Ho fatto 4 Mondiali e 3 Europei, - dirà - tutti mi ricordano che non ho vinto niente ma per me è stato come giocare in una seconda squadra di club".

LA RINASCITA: DA ZACCHERONI AD ANCELOTTI

Nel Milan l'arrivo di Alberto Zaccheroni porta una ventata di freschezza in casa rossonera a fine millennio. Il tecnico romagnolo con il suo 3-4-3, che diventa presto 3-4-1-2, lavorando sulla mente dei campioni che si ritrova, e pur trovando una certa ostilità dell'ambiente, fedele alla difesa a quattro, riporta la squadra milanese al titolo. Il Diavolo, portando a compimento un'entusiasmante rimonta, precede la Lazio di Eriksson nella classifica finale e conquista il 16° Scudetto della sua storia. Per capitan Maldini è il numero 6 in carriera.

"Quella squadra veniva da un 11° e un 10° posto. - dirà nel 2020 Zaccheroni - Andai da Maldini, Costacurta e Albertini, c'era qualche dubbio in società soprattutto su Costacurta, qualcuno pensava fosse a fine carriera. Dissi loro che se avessimo giocato in un certo modo avremmo potuto nascondere dei limiti. Loro tre mi dissero: mancano sei settimane all'inizio del campionato, lei ci dimostri che possiamo avere dei vantaggi a giocare in questo modo e noi le verremo dietro. Questa è stata la chiave della stagione. Loro tre arrivavano sempre per primi agli allenamenti ed andavano via per ultimi. Questo ha trainato tutto il resto del gruppo, è stata la pietra più importante di quella stagione".

Le successive annate non sono dello stesso livello, nonostante il ritorno in Champions League. La società esonera così Zaccheroni e a marzo Paolo si ritrova ancora una volta allenato da papà Cesare. La squadra chiude al 6° posto. Nel 2001 Berlusconi affida la panchina al turco Terim, ma, dopo un impatto inizialmente positivo, l'Imperatore non convince e gli subentra a novembre Carlo Ancelotti. È la svolta.

L'ex centrocampista avvia un nuovo ciclo vincente, che porterà il Milan a dominare nuovamente in Europa e nel Mondo. La squadra chiude 4ª, tornando in Champions League, e nel 2002/03 vive un'annata memorabile. Al 3° posto in Serie A segue infatti la Champions League vinta ad Old Trafford ai rigori battendo la Juventus, la prima da capitano per Maldini, cui al centro della difesa è affiancato Alessandro Nesta. 

"Ho capito che poteva essere la mia ultima occasione, - dichiarerà il numero 3 rossonero - vincere la Champions da capitano è stato veramente emozionante".

Al trionfo continentale si somma la Coppa Italia, il trofeo mancante nella bacheca del figlio d'arte, vinta sconfiggendo nella doppia finale la Roma. 

Dopo gli sfortunati Mondiali asiatici, Paolo, come suo solito, risponde sul campo. Torna su standard di rendimento molto alti e a fine 2003 è nuovamente 3° nella classifica finale del Pallone d'Oro alle spalle di Nedved e Thierry Henry. L'UEFA lo inserisce inoltre nella squadra dell'anno.

"Se da bambino mi fossi scritto una storia, - dirà - la storia più bella che potessi immaginare, l'avrei scritto come mi sta accadendo".

Il Milan di Ancelotti conquista anche la Supercoppa Europea (4° trofeo per Maldini) superando il Porto, mentre la Coppa Intercontinentale sfugge per i rigori sfavorevoli contro il Boca Juniors. Nel 2003/04 Paolo festeggia anche il 7° Scudetto della sua straordinaria carriera. Il Milan, nel testa a testa per il titolo, trascinato da un super Shevchenko, prevale sulla Roma di Spalletti.

Paolo Maldini AC Milan Champions League 2003Getty Images

Il 2004/05 è una stagione ricca di emozioni per il capitano. Il 25 maggio i rossoneri tornano in finale di Champions e affrontano gli inglesi del Liverpool ad Istanbul. Maldini sblocca il risultato dopo 51,20 secondi e diventa al contempo il più veloce marcatore di una finale e il più anziano (36 anni e 334 giorni). La partita sembra incanalarsi sui binari giusti quando Hernan Crespo realizza una doppietta e si va al riposo sul 3-0.

Ma se i rossoneri hanno speso tutto, gli inglesi escono alla distanza. La ripresa è un monocolore Reds: Gerrard, Smicer e Xabi Alonso realizzano l'incredibile rimonta. Nei supplementari Dudek salva alla disperata su Shevchenko. La porta del Liverpool diventa stregata, e quando ancora Sheva sbaglia il rigore decisivo, si è consumata una delle più drammatiche tragedie sportive della storia del Milan. L'UEFA lo inserisce, tuttavia, ancora una volta, nella formazione tipo.

La 'vendetta' sportiva arriva nel 2006/07: ad Atene una doppietta di Pippo Inzaghi consente al Diavolo di vincere la sua 7ª Champions League, la 5ª personale per Maldini. Il capitano diventa il più vecchio ad averla conquistata (38 anni e 331 giorni) e, assieme a Francisco Gento, il primatista per finali disputate (8).

"La cosa che mi fa ridere - commenterà Maldini anni dopo - è che ho giocato 8 finali, ne ho vinte cinque ma si ricorda sempre solo quella di Istanbul. Ha senza dubbio lasciato un segno importante. Eravamo favoriti, avevamo giocato meglio e il gioco non aveva mai cambiato padrone. Siamo stati sempre pericolosi. Quando accetti certe sconfitte poi però è più facile avere nuove chance".

I rossoneri conquistano anche Supercoppa Europea contro il Siviglia (con Maldini che arriva in tutto a 5, primato assoluto) e Mondiale per club, battendo a dicembre il Boca Juniors e chiudendo nel migliore dei modi 'il ciclo ancelottiano'. Si tratta del 26° trofeo per la bandiera del Milan, anche questo un record.

In Serie A Paolo il 25 settembre 2005 aveva già superato Zoff per presenze e la settimana seguente aveva realizzato, contro la Reggina, la sua unica doppietta in carriera.

L'ADDIO AL CALCIO FRA APPLAUSI E FISCHI

Alle soglie dei 40 anni, al termine della stagione 2008/09, anche per Paolo Maldini arriva il momento di dire basta. Il giorno del saluto ai suoi tifosi è il 24 maggio 2009. Per onorare lo storico capitano la squadra scende in campo con la divisa della stagione seguente e una patch speciale con il volto di Maldini e la scritta 'Tre solo per Te'. 

Sugli spalti, dove siedono circa 70 mila spettatori, sono distribuiti album di figurine e una sciarpa speciale. Dopo il fischio finale, che vede i rossoneri soccombere 3-2, il capitano fa un giro di campo, trattenendo a stento le lacrime di commozione, nel salutare i suoi tifosi.

Tanti sono gli applausi, ma in mezzo 'steccano' alcuni fischi da parte di una frangia di ultrà che non gli ha perdonato alcune dichiarazioni contro certi comportamenti delle Curve.

La settimana seguente, il 31 maggio, al Franchi di Firenze gioca la sua ultima gara ufficiale in carriera, la 902ª partita ufficiale con il Milan. Stabilisce tanti record: è il calciatore più presente in A con il Milan e quello più presente con la stessa squadra (647 apparizioni), quello più presente in Champions League con i rossoneri (139) e quello più presente con la stessa squadra nelle Coppe Europee (174), nonché il primo degli italiani. Con Totti è anche il giocatore che ha fatto più stagioni nel massimo campionato (25 anni).

Il Milan, dopo il suo ritiro, ha ritirato la maglia numero 3 da lui indossata. Pelé nel 2004 lo aveva inserito nella FIFA 100 e dal 2012 fa parte della Hall of Fame del calcio italiano. Nel 2020, inoltre, figura nel Dream Team del Pallone d'Oro, venendo considerato il miglior terzino sinistro della storica del calcio.

Un'autentica leggenda, che, nonostante i grandi successi, ha saputo mantenere intatta, negli anni, la sua umiltà.

"Sono il calciatore più perdente della storia. - dirà, riflettendo su se stesso, in una diretta Instagram con Vieri - Ho perso 3 finali di Champions League, una di Supercoppa Europea, 3 di Coppa Intercontinentale, una finale di un Mondiale, una finale di un Europeo, una semifinale di un Mondiale... E potrei andare avanti. Quindi ho avuto la fortuna di vincere tanto e di vedere la sconfitta come qualcosa da accettare in questo percorso".

Paolo Maldini MilanGetty

MALDINI DIRIGENTE E I FIGLI CALCIATORI

Il suo Milan lo ha dimenticato per un po', tanto da fargli affermare che "Il campione con la testa pensante crea dei problemi". Ma dopo aver fondato nel 2015 il Miami FC, prima società professionistica della Florida, che l'anno seguente ha debuttato nella NASL, nell'agosto del 2018 fa il suo ritorno in società come Direttore dello sviluppo strategico dell'area sport.

Nel giugno 2019, con l'avvento di Elliott alla proprietà e l'addio di Leonardo, diventa il Direttore tecnico del club, ruolo che ha ricoperto fino a giugno 2023 con la stessa passione e professionalità che sempre lo ha caratterizzato da giocatore. Fattori che gli hanno consentito di contribuire, da protagonista, al ritorno ai vertici del Diavolo culminato con la conquista dello Scudetto 2021/22.

Simbolo universale di sportività e lealtà, è amato dai tifosi del Milan e rispettato da tutti gli altri. Sposato dal 1994 con Adriana Fossa, è diventato papà di Christian e Daniel Maldini, che sono diventati entrambi calciatori e cercano di mantenere alta la tradizione di famiglia, iniziata tanti anni prima da nonno Cesare. 

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