Enzo Maresca PiacenzaGetty

Maresca al Piacenza: un guerriero in rampa di lancio

Ci sono tappe importanti. E ci sono tappe decisamente importanti. Quella vissuta da Enzo Maresca al Piacenza, nella stagione 2002-2003, appartiene sicuramente alla seconda categoria. Un'esperienza formativa, fondamentale per lanciarsi a pieni giri verso i palcoscenici più prestigiosi.

L'attuale tecnico del Parma, infatti, ai biancorossi deve molto. Nonostante un'annata sfociata nella retrocessione in Serie B, ma a livello individuale assolutamente soddisfacente. Basti pensare alle presenze e ai goal: 9 in 31 partite. Ruolino di marcia, questo, confluito nel rientro alla Juventus.

Una squadra, quella guidata prima da Agostinelli e poi da Cagni, interessante ma non a tal punto da salvare la pelle. Nonostante in attacco ci fosse un certo Dario Hübner, bomber old school capace di segnare - nell'annata del 16esimo posto -  ben 14 centri. Che, se contestualizzati, non è di certo roba di poco conto.

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Un centrocampista di livello assoluto, capace di abbinare nel modo giusto quantità e qualità, ma con anche interessi extra calcio a dare linfa e motivazioni a una vita tutto fuorché monotona:

"Da quando ero piccolo, leggo di tutto, e non solo in italiano ma anche in inglese e spagnolo. Un mio amico una volta mi disse: 'Circondati di persone da cui puoi imparare qualcosa, altrimenti leggi grandi libri'. Ecco, io ho fatto sempre così. Ad esempio, adoro 'I Pensieri' di Marco Aurelio".

Il lavoro di Maresca a Piacenza s'è concentrato in entrambe le fasi. Mente - sopraffina - nell'attaccare le linee, ma al tempo stesso diligente in copertura. Sfruttando, così, gli ingegnamenti assimilati in Inghilterra tra le fila del West Bromwich, piazza ideale per comprendere alla perfezione usi e costumi britannici, fatti soprattutto di agonismo e intensità.

Musica per le orecchie, all'epoca, della Juve. Con l'ex dg Luciano Moggi, grande estimatore di Maresca, in prima linea. Fu proprio lui a riportare in Italia quel ragazzino cresciuto nelle giovanili di Milan e Cagliari. Salvo, poi, impacchettare una cessione a titolo definitivo al Siviglia. Il tutto, passando da una buona avventura alla Fiorentina:

"Ero in ritiro con la Juve, a Salice Terme - così alla Gazzetta dello Sport - quando alle 23 mi chiamarono al telefono per dirmi di andare in sede la mattina dopo perché mi avevano venduto. Il nome della squadra però non vollero dirmelo. Così il mattino dopo trovai in una stanza Moggi, Bettega e Giraudo che mi comunicarono la notizia, dicendomi di entrare nella sala accanto dove c’erano i miei acquirenti. E scoprii che il Siviglia cercava proprio uno come me. E quel trasferimento fu la mia fortuna".

Ma cosa resta dei mesi piacentini? Una delusione collettiva, ma anche la consapevolezza nei propri mezzi. Perché Maresca in Emilia ha studiato in grande e da grande, centrando la missione esclusivamente in termini di "io". Perché il passaggio in cadetteria, con Atalanta, Como e Torino, è un ricordo che da quelle parti brucia ancora.

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