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Marco Di Vaio, l’eroe dei due mondi: da Salerno a Montreal con il goal nel cuore

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Due anni fa, il campionato di Serie A, dopo una lunga trafila legata a un’iscrizione che sembrava dovesse sfumare a causa della multiproprietà, ha accolto nuovamente la Salernitana tra le 20 società partecipanti al massimo campionato di calcio italiano. Ripensare alla squadra granata e alla sua terzultima partecipazione, quella con Delio Rossi in panchina, non può non spingerci verso un ricordo che porta il nome di Marco Di Vaio. Un attaccante nato per segnare, uno dei migliori della sua generazione, in grado di rappresentare un movimento quasi popolare, in un calcio che stava ammirando Del Piero, Trezeguet e Adriano.

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Marco Di Vaio nasce in un periodo florido per il nostro calcio, perché in quegli stessi anni l’Italia si prepara a far crescere giocatori del calibro di Totti e Toni, per restare nel reparto offensivo, ma anche Nesta e Zambrotta, fino a Gattuso e Pirlo. Figlio di una scuola di attaccanti che come unico interesse aveva quello del goal, nient’altro, Di Vaio aveva della velocità di esecuzione e la capacità di tirare da ogni dove i suoi principali punti forti, dimostrandosi più volte un centravanti in grado di costruire da sé i propri successi, trovando goal spesso inaspettati. tra cui il poker segnato al Bari, con la maglia del Parma, in cui riuscì a mettere in mostra tutto il suo repertorio, esaltandosi in ogni conclusione.

Marco Di Vaio nasce a Roma, il 15 luglio 1976, e inizia a calcare i primi campi di calcio grazie al settore giovanile della Lazio. Ad aggregarlo in prima squadra nella stagione 1993/94, quando lui ha appena diciassette anni, è Dino Zoff, che gli permette di esordire anche in Coppa Uefa contro il Lokomotiv Plovdiv. Un primo assaggio, al quale il tecnico non riesce a dare seguito, soprattutto perché in grado di schierare, dalla sua faretra offensiva, Signori, Boksic e Casiraghi.

In quella Lazio, insieme a Di Vaio, c’è anche Alessandro Nesta, col quale condivide gli allenamenti di Domenico Caso, allora tecnico della Primavera che vincerà il campionato nel 1995 e che nel 2004 si ritrovò a guidare i biancocelesti sotto la guida del neo-patron Claudio Lotito. Dieci anni prima di quell’evento, però, sulla panchina capitolina si siede Zdenek Zeman, che decide di iniziare a dare maggior spazio a Di Vaio, vedendolo ben integrato nel suo gioco offensivo. Partecipa alla goleada contro la Fiorentina, uno storico 8-2 ricordato come la partita perfetta del tecnico boemo, che in quelle dieci reti racchiude tutta la sua filosofia di calcio.

La giovane età e la necessità di crescere con continuità spingono la Lazio a decidere di mandare in prestito Di Vaio: la prima stagione la trascorre al Verona, in Serie B, dove però disputa anche meno partite di quante gliene avesse fatte fare Zeman in Serie A. L’anno successivo tocca così al Bari, che gli dà maggior spazio, ma la rete è ancora un lontano miraggio: sono appena tre i goal in Serie B, con i Galletti che non restano soddisfatti dell’accaduto. In un momento di flessione, causato forse dalla poca fiducia riposta nell’attaccante, la Lazio decide di cedere Di Vaio, sempre in cadetteria. L’accordo con la Salernitana del presidente Aliberti arriva sui 5 miliardi di lire, una cifra record per la Serie B a quei tempi. E la vita cambia.

I granata avevano l’obiettivo dichiarato della promozione in Serie A, guidati dal Profeta Delio Rossi: l’investimento di Aliberti fa presagire l’intenzione tangibile di fare un campionato da protagonisti. Di Vaio a Salerno trova il suo compimento, la sua dimensione fatta e finita, perché al primo anno i granata riescono a vincere il campionato di Serie B senza troppe difficoltà, con il record di punti, 72, e il titolo di capocannoniere all’attaccante romano, che ne fa 21 in 36 partite. La Salernitana va in Serie A, la piazza campana abbraccia il delirio della festa e Di Vaio è già eroe cittadino.

Marco di Vaio ParmaGetty Images

L’annata 1998/99, però, storicamente per la squadra granata è dolceamara, perché alla gioia per la promozione in massima categoria si contrappongono vicende pregne di polemiche, che all’ultima giornata si concretizzano nella retrocessione della società di Aliberti in Serie B e anche ad avvenimenti tragici che tolgono la vita a quattro ragazzi di rientro da Piacenza, dove la rete di Pietro Vierchowod e l’1-1 finale condannò gli uomini, tra cui anche Gennaro Gattuso, allenati da Francesco Oddo, subentrato a Delio Rossi, l’epilogo amaro.

Di Vaio fu comunque il capocannoniere della Salernitana in quell’anno, con 12 reti in 31 presenze, in un reparto che lo vide duettare con David Di Michele e con Vincenzo Chianese. Tra i momenti topici della stagione sicuramente la vittoria per 1-0 all’Arechi contro la sua Lazio, che però al ritorno, all’Olimpico, si vendica 6-1, con la rete al 90’ di Nesta, suo ex compagno di Primavera. La rete alla Juventus il 2 maggio 1999, l’1-0 che permette ai granata di rispedire i bianconeri a casa con una sconfitta, porta la firma di Di Vaio, che quella Serie A se la tiene stretta, perché poi Aliberti decide di lasciarlo lì, spedendolo al Parma.

La sua cessione ai ducali creerà alcuni problemi amministrativi ad Aliberti, accusato di aver falsificato le cifre della cessione, ma dal punto di vista sportivo Di Vaio non risentirà di questi aspetti, che emergeranno soltanto anni dopo. I tre anni che vive al Tardini gli permettono di concludere quel percorso di crescita che lo aveva visto usare Salerno come un importante trampolino di lancio, restando legato ai colori granata per i risultati ottenuti. La stagione 2001/02 per lui è quella dei record, con 22 reti stagionali, una in più di quanto fatto con la Salernitana in Serie B, ma gli permette anche di iniziare ad arricchire la sua bacheca personale.

Fino a quel momento occupata solo dal campionato di Serie B, per Di Vaio arriva la Supercoppa Italia vinta contro il Milan e la Coppa Italia nel 2002, vinta contro la Juventus, che continua a essere un suo bersaglio prescelto. È in questo periodo che arriva anche la prima chiamata in Nazionale, perché nel settembre 2001 a Piacenza, stadio che gli aveva regalato l’enorme delusione della retrocessione, scende in campo nell’amichevole con il Marocco per gustarsi anche il piacere di assistere all’unica rete segnata in nazionale da Damiano Tommasi, preludio di una qualificazione al cardiopalma per i mondiali di Corea e Giappone.

Terminato il triennio al Parma arriva la telefonata di Marcello Lippi, che nel 2002, nel mese di agosto, strappa Di Vaio ai ducali e per evitare che possa continuare a infastidire i bianconeri decide di fargli vestire la maglia della società torinese. L’accordo di 7 milioni di euro, però, non prevede che l’attaccante non possa dare un ultimo dispiacere alla Juventus e nella finale di Supercoppa Italiana, pochi giorni prima di essere annunciato come nuovo giocatore bianconero, arriva l’ultima rete con il Parma, che fa tremare Lippi.

All’arrivo a Torino lo spazio non è ovviamente molto: Del Piero e Trezeguet coprono la maggior parte dello spazio, Zalayeta sta iniziando a farsi notare e Salas non ne vuole sapere di lasciare spazio. Complice, però, l’infortunio dell’attaccante francese, Di Vaio riesce a ritagliarsi un po’ di spazio anche in Champions League: segna alla Dinamo Kiev il 24 settembre 2002 la sua prima rete nella massima competizione europea, poi si ripete con la doppietta al Feyenoord a ottobre, sfiorando il sogno del trofeo che gli viene strappato dalle mani all’Old Trafford dal Milan, vittorioso ai rigori dove sbagliano proprio Trezeguet e Zalayeta.

Di Vaio Juventus 2003Getty

Porta a casa lo Scudetto, in ogni caso, e l’anno successivo anche la Supercoppa Italiana: in bianconero segna anche più dell’anno precedente, ma la flessione della squadra lo coinvolge. La Champions League interrompe i sogni di gloria ai quarti di finale contro il Deportivo La Coruna e la Coppa Italia sfuma in finale contro la Lazio, che ha la meglio nel doppio confronto tra andata e ritorno. A fine stagione, però, Luciano Moggi decide di cederlo: con sorpresa di Fabio Capello, che viene a scoprire della cessione di Di Vaio dai giornali.

11 milioni di euro ai bianconeri, che monetizzano la cessione di un non titolare che al Valencia va ad arricchire la colonia italiana voluta da Claudio Ranieri, raddoppiando anche il proprio ingaggio. Pur segnando il goal decisivo per la Supercoppa Europea, quell’anno in Liga non è trionfante per la squadra del Mestalla: l’idillio finisce con il fallimento del progetto italiano e a metà della stagione successiva arriva la cessione al Monaco, in Ligue 1. Sono i momenti in cui la carriera di Di Vaio, che nel frattempo trova anche la sua prima rete in nazionale, collezionando però solo presente in amichevoli o comunque non gare di cartello, inizia a calare.

Nel Principato segna poco e torna in Italia al Genoa, ripartendo addirittura dalla Serie B che aveva lasciato nel 1998 da capocannoniere. La ritrova nel gennaio del 2007, a metà stagione, con 22 presenze e 9 reti che contribuiscono al ritorno in Serie A del Grifone, col quale resta l’intera stagione successiva, durante la quale segna solo 3 reti, partendo per lo più dalla panchina. Così il Genoa, ad agosto 2008, decide di cederlo in prestito al Bologna, permettendogli di vivere una nuova giovinezza, nonostante i 32 anni e una carriera che sembra avviarsi verso il canto del cigno.

Intanto con i felsinei il centravanti romano ritrova sé stesso: con il suo primo goal in campionato il Bologna riesce a vincere 2-1 contro il Milan, spingendo Di Vaio alle 24 reti in Serie A, tante quante Diego Milito e una in meno di Zlatan Ibrahimovic, che si laurea capocannoniere del campionato. I felsinei decidono così di riscattarlo dal Genoa e di dargli anche la fascia da capitano. A Bologna Di Vaio decide di legarsi e di entrare nella storia, quindi nel 2010 eguaglia le reti di Bulgarelli con la maglia rossoblù e nel febbraio del 2011 si prende la rivincita sulla Juventus che lo aveva liquidato in malo modo nel periodo Moggi: una doppietta secca che permette ai felsinei di vincere su un campo rimasto imbattuto per loro dal 1980. Per la sua centesima presenza col Bologna, il 6 marzo del 2011, viene premiato con il Nettuno d’oro, simbolo della città emiliana, e riceve anche una targa commemorativa da parte di Gianni Morandi, presidente onorario del club.

Marco Di Vaio Montreal Impact MLS 09102014Eric Bolte-USA TODAY Sports

Sono gli ultimi grandi momenti di una carriera che avrebbe dovuto e potuto chiedere di più, soprattutto nel suo biennio alla Juventus, a un passo dal tetto d’Europa: Di Vaio, però, condizionato da una tenuta fisica non sempre al massimo della forma, non è mai riuscito a imporsi come grande centravanti, nonostante avesse tutti gli elementi necessari per farcela dal punto di vista tecnico nella sua generazione. L’ultimo anno con la maglia del Bologna serve solo come passerella per salutare la Serie A, temporaneamente, e congedarsi dai felsinei con una rete al suo Parma.

Nel 2012, quindi, Joey Saputo, lo accoglie in MLS al Montreal Impact, concedendogli la passerella americana: porta due coppe nazionali ai canadesi e convince il magnate ad acquistare il Bologna, che nel frattempo retrocedere in Serie B. Di Vaio così fa il suo ritorno trionfante in Italia, con una nuova proprietà che gli affida il ruolo di club manager: insieme tornano in Serie A e Di Vaio si fa carico dell’area scouting della società, oltre ad avere una piena fiducia da parte della società, che lo ha promosso nel ruolo di direttore sportivo in estate con l'arrivo di Sartori, nella città che lo ha amato, come accaduto in quasi tutte le altre piazze nelle quali i suoi goal ancora oggi sono sintomo di nostalgia, gioia e felicità. Vi basta chiedere a Salerno o a Parma.

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