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Il Livorno in Europa League: un sogno improvviso, con Amelia supereroe

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Si programmano nel tempo. Ma sono anche improvvise. Le rivoluzioni partono dal basso, approfittano di una breccia nel sistema per poter concludersi con risultati positivi. Un nuovo inizio, una nuova via. Livorno e la sua mentalità cittadina sanno senza dubbio cosa voglia dire rivoluzione. E nel rossore dell'imbarazzo da Calciopoli, nel rosso sbiadito di una bandiera italiana che ha appena festeggiato anche col verde e col bianco, nel 2006 la squadra portuale, la città e la gente si ritrova, improvvisamente in Europa League. Per la prima volta nella propria storia. Sembra passata un'era, rispetto ad oggi, con il Livorno attualmente in Serie D.

E' quasi inutile ricordare cosa sia accaduto nel 2006. Sia in positivo, vedi po-po-po al Circo Massimo con Cannavaro e soci su di giri, sia in negativo, vedi tribunali, meno trenta in classifica, Serie B e terza serie sfiorate. Lazio, Fiorentina e Juventus penalizzate, il Livorno, reduce da un grandioso campionato nella parte sinistra della classifica, usufruisce di quanto accaduto lontano dal campo e balza fino al sesto posto. Va addirittura meglio al Chievo che si ritrova nei preliminari di Champions, mentre il Palermo è quinto. Provinciali alla riscossa, lotta di classe quasi senza volerlo.

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La Serie A è ancora quel micro-mondo in cui ogni squadra, o quasi, può contare su un campione. Nel vero senso della parola. Ci sono le sette sorelle, o quello che ne rimane, ma oltre il pianeta degli dei, i goal fioccano, così come le grandi giocate. A Messina segna Riganò, a Cagliari corre Suazo, in Sicilia stupisce Spinesi. A Livorno, invece, c'è chi ha rifiutato il miliardo, che verrà convertito in milione, ed è stato tra i migliori realizzatori della passata annata. Si confermerà, buttandosi nella selva europea e gonfiando reti in Italia. Cristiano Lucarelli, ovviamente.

E' Lucarelli il capitano, il bomber, il simbolo e il faro di una squadra che nel calciomercato estivo, a metà tra la consapevolezza improvvisa di dover giocare l'Europa e lo sguardo al futuro, ingaggia Pasquale dall'Inter, un vecchio campione come Kuffour dalla Roma, il duttile Cesar sempre dai nerazzurri, la speranza Knezevic e il rodato Rezaei.

In panchina c'è Daniele Arrigoni, scelto da Spinelli un anno dopo Cagliari. E' maggio quando il tecnico ex rossoblù approda in Toscana ed il caos Calciopoli non è ancora stato liberato sulla faccia della terra. A conquistare l'Europa League è stato il mastro maestro di tutto il calcio italiano, Carlo Mazzone. L'ha conquistata sul campo? Non letteralmente, vista la classifica stravolta, ma la parte mancina della classifica sembra comunque essere un grande risultato. Non abbastanza per il vulcanico Spinelli, che sceglie un nuovo allenatore per il futuro.

Accantonate le idee Beretta, Di Carlo e Zenga, Arrigoni torna in pista dopo lo sfortunato addio al Torino, fallito dopo aver avuto come guida in pre-campionato proprio l'allenatore romagnolo. Confermato a maggio 2006 come tecnico del Livorno, si ritrova in Europa dopo le sentenze dei tribunali. E c'è da rivoluzionare le proprie idee, le aspettative della piazza, c'è da camminare per le strade con la consapevolezza di sentire tanti 'De' mister'. De' desiderosi di non essere una macchia sbiadita nella storia, ma un colore forte, amaranto.

Il Livorno entra nel mondo europeo con i piedi per terra ma lo sguardo alto di chi non ha niente da perdere, ma allo stesso tempo sa di quanto conti essere lì per i propri tifosi. Fortunatamente, l'urna porta il Pasching come primo ostacolo, squadra austriaca di non troppe pretese. E' un sorteggio estivo fortunato, che 14 settembre 2006 vede Lucarelli e compagni scendere in campo al Picchi. Pronti via, subito 2-0. Ovviamente la firma è quella di Cristiano, unita ad una rete di Danilevicius che praticamente mette il club già con un piede e mezzo nella fase successiva. Cosa effettivamente confermata con l'1-0 nel ritorno dei preliminari, vinto in terra austriaca grazie al centro di Bakayoko.

Così, le vere porte d'acciaio, impenetrabili per centinaia di squadre professionistiche, cadono. Alla prima partecipazione europea, il Livorno non può però ovviamente essere testa di serie. Né può finire in prima fascia. E tantomeno in seconda. Così, nell'urna, il Livorno si presenta come in quarta. Tradotto, entrare in un girone di squadre abituate a giocare continuamente in campo continentale, magari anche avvicinandosi ai successi d'élite.

L'urna non può essere fortunata, visto il numero quattro come testa di serie. Anzi, poteva esserlo, ma sarebbe stata dura, durissima. Così il calcolo delle probabilità agisce e 'regala' al Livorno una grandissima di Serbia come il Partizan, una regina di Scozia come il Rangers, ma anche due pericolose compagini continentali abituate a lottare con le unghie e con i denti in Europa. Da Israele, il Maccabi Haifa e dalla Francia, l'Auxerre.

Il Livorno è la vittima sacrificale, legata ai polsi sull'altare per essere colpita più e più volte. Per il suo presidente forse è un po' troppo giocare in Europa, visto il dispendio di energie in vista della Serie A e i pochi danari in arrivo dai piani alti dell'UEFA. La squadra però al suo interno molti giocatori che sognano da anni un'opportunità così e non vogliono mollare un centimetro, spinti dal popolo, da chi vede la squadra come rappresentazione dal riscatto sociale nei confronti di big e padroni del calcio.

Livorno Europa League 2006Getty

Davanti a più di 13.000 spettatori, il 19 ottobre 2006 arriva al Picchi la comitiva scozzese dei Rangers. L'entusiasmo è tanto, forse troppo. Sembra quasi che l'essere matricola non sia più tale, la consapevolezza cade colpita sotto i colpi di un club centenario e messo al muro nei giorni precedenti. Guai a voi se sbagliate, non potete sbagliare. E il club di Glasgow non sbaglia, quasi dal velluto. Al Picchi chiude il primo tempo sul 3-1, con il rigore del solito Cristiano Lucarelli in mezzo ad alleviare le sofferenze di chi mentalmente sognava, o per meglio dire, si era convinto di poter sognare, un altro successo in Europa.

Successo che non arriva, perché il goal del definitivo 3-2 segnato da Lucarelli arriva solo al 90', dopo che l'acceleratore sul piede scozzese è stato levato per quasi tutta la ripresa. Si torna quindi ad essere più umili in vista del proseguo di campionato, intervallato da un campionato di Serie A meno esaltante rispetto al precedente, nella norma, oscillante tra parte sinistra e destra della classifica.

La prima trasferta dei gruppi, sempre in periodo autunnale, è nella bolgia di Belgrado. Il Livorno ha una bella squadra quadrata. Vidigal e Morrone in mezzo, Galante e Pasquale in difesa, l'esperienza di Kuffour sulla fascia e in porta un Campione del Mondo come Marco Amelia. In Germania non è mai sceso in campo, ma se ne è andato da Berlino comunque con la medaglia d'oro al collo. Una gioia impossibile da superare. Forse, soggettivamente, qualcuno dirà diversamente.

Anche a Belgrado, il Livorno va in svantaggio. Mirosavljević trafigge Amelia al 71' e dopo due gare l'avventura europea sembra già segnata. Mancano venti minuti e urge pareggiare per tenere vive le speranze di poter proseguire la competizione. Le occasioni latitano, ma il genio arriva quando meno te lo aspetti. Come le rivoluzioni, le intuizioni.

Anni dopo, Amelia, racconterà a GOAL quel momento.

"Il goal al Partizan in Coppa UEFA? Avevamo bisogno almeno del pareggio per giocarci il passaggio del turno all’ultima gara contro l’Auxerre: mi andò bene perché la presi male, ma perché c’era freddissimo, ero scoordinato. Il rientro a Livorno fu difficile perché ci furono problemi con l’aereo e mi dissi: ‘Ma una volta che segno un goal ci schiantiamo con l’aereo?’. Se un mio giocatore adesso mi chiede di saltare in area non gli posso mai dire di no: può andarci anche al 60’, se si è organizzati. So che quando vai davanti diventi un uomo in più, perché il portiere non è facile da mancare. Questo goal, comunque, è un goal che ricordo tanto perché l’ho fatto con la maglia del Livorno, una piazza a cui sono molto legato".

Lo sanno tutti, o quasi. Meglio ricordarlo, per sicurezza. E' il minuto 87, calcio di punizione dalla sinistra. Palla al centro, Amelia stacca di testa e Ivica Kralj viene trafitto. Uno dei pochi portieri ad essere colpito in maniera fredda e letale da un collega. L'umiliazione più grande, probabilmente. Anche per i tifosi di casa, furenti per il pari, rabbiosi per la mancata vittoria, imbestialiti per essere stati raggiunti da un portiere.

Cristiano Lucarelli Livorno Europa LeagueGetty

Il goal di Amelia è di fatto quello che permette al Livorno di tenere vive le speranze e di continuare a sperare nel proseguo dell'Europa League. Quando hai uno come Cristiano Lucarelli in attacco e la foga di un evento così particolare come il goal di un portiere, allora diventi consapevole di poter abbattere ogni barriera. Molte però sono di diamante, difficile da tagliare, dure, durissime. Nonostante il bomber di Arrigoni sia sempre lì, neanche contro il Maccabi Haifa arriva il primo successo: beffa al 93' e niente da fare. Solamente 1-1 al Picchi e zero vittorie tra le mura casalinghe, prima della trasferta transalpina contro l'Auxerre.

Il Partizan ha un punto in classifica, il Livorno due, l'Auxerre quattro, mentre Rangers e Maccabi Haifa sette. Sono tre le squadre che passeranno ai sedicesimi di finale e sia scozzesi che israeliani hanno già strappato il pass per la fase successiva prima dei 90' finali. Manca solo un posto e la squadra francese è la favoritissima, vista la possibilità di giocare tra le mura amiche.

Ma il primo tempo è avaro di emozioni e la possibilità di passare il turno diventa sempre più possibile. Difficile, certo, perché bisogna segnare, ma non c'è nessuna rimonta da compiere, nessun goal da recuperare in fondo al sacco. Al 59' Lucarelli, come Amelia, di testa, sulla destra, insacca. Corsa ad abbracciare il suo popolo, arrivato in massa allo Stadio Abbé-Deschamps. Dal labiale di bomber e tifosi tanti versi, poche frasi interpretabili. Poco importa, ovviamente.

Cade il Palermo, non cade il Parma. Gli emiliani, insieme ad un Livorno vittorioso in terra Auxerre e dunque terzo in graduatoria, giocheranno i sedicesimi di finale. Neanche il tempo di esultare però, per i toscani, che arriva la doccia fredda: il Picchi non potrà ospitare la gara contro l'Espanyol, pescata nell'urna, a causa di uno stadio non a norma. Improvvisamente, visto che il decreto Pisanu è appena entrato in vigore: la sicurezza non è garantita, dopo la morte di Filippo Raciti nella guerriglia tra Catania e Palermo non sono ammesse deroghe. Lucarelli è basito:

"Chi ha permesso questa farsa ora deve avere il coraggio di venirlo a spiegare alla gente. Ce ne ricorderemo alle prossime elezioni".

Senza i propri tifosi, il Picchi è ancora terra di altri, e non livornese. L'Espanyol lo espugna con le reti di Pandiani e Moha: Galante, a fine gara, non basta. Abbattuto per la mancanza dei propri fans e stanco per le gare ogni tre giorni, il Livorno non riesce nell'ennesima impresa, uscendo sconfitta in terra catalana dalle reti di Lacruz e Coro. E' la fine di un sogno, per tanti. Non per tutti.

Spinelli non ha mai vissuto l'Europa come una benedizione, l'abbiamo accennato. E' una competizione in più in cui stancarsi, senza avere grandi prospettive davanti. Prima della gara contro l'Auxerre, storica per il popolo, il presidente non le manda a dire, praticamente scioccando tutti:

''Mi auguro di uscire dalla Coppa Uefa, l'obiettivo di quest'anno è il campionato. Mercoledì abbiamo la Coppa Italia, sabato giochiamo contro uno squadrone come il Palermo, poi dovremo volare ad Auxerre: non siamo in condizioni di potercela fare. Le squadre come la nostra non possono giocare ogni tre giorni. Ci manca la qualità, siamo costretti a far scendere in campo sempre gli stessi 13 o 14 uomini. Noi abbiamo puntato su 27 giocatori quest'anno, di cui probabilmente sei li abbiamo sbagliati: non hanno le qualità per permettere ai titolari inamovibili di riposare. Se l'anno prossimo avremo 22 titolari veri, credo che allora si potrà partecipare a coppe e campionato. Quest'anno non è cosi. Giocando in Uefa il Palermo sta perdendo terreno in campionato anche loro hanno una squadra e mezzo come noi, non due. Chi ha sbagliato sul mercato? Il tecnico non c'entra, i giocatori li scegliamo io e miei dirigenti: alcuni sono ritornati, molti li abbiamo presi. Dobbiamo sostituire cinque-sei giocatori in una rosa di 26 che pensavamo andasse bene. L'allenatore viene solo consultato da noi, ci indica i ruoli e noi li cerchiamo. Ovviamente è difficile riuscire ad arrivare alle prime scelte''.

Il presidente del Livorno esce dall'Europa League ai sedicesimi, dopo che la città e i suoi tesserati hanno provato in tutti i modi ad andare avanti. Spinti oltre l'ostacolo da chi ha a cuore la rivoluzione e la capacità di sfruttare la breccia nel muro. Lucarelli, Galante e compagni sì, riescono a giocare ogni tre giorni, sudore sulle spalle e gambe a mille all'ora. In mezzo i pianeti si allineano per far segnare Amelia, che il Livorno lo ha poi allenato, in futuro. In mezzo si sogna, ci si abbraccia, si spera di andare sempre più in là, contro lo status quo.

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