Domoraud Inter MilanGetty Images

L'incubo italiano di Domoraud: la meteora che fallì con Inter e Milan

Banner archivio storieGOAL

Per tanti, troppi anni, noi italiani siamo stati considerati dei 'catenacciari' nell'ambito calcistico, convinzione sgonfiata dalla vittoria agli ultimi Europei tramite un gioco propositivo e vivace: forse perché, tra i nostri confini, sono nati grandi difensori che hanno fatto la storia di questo sport ad ogni livello, il che ha spesso scoraggiato la ricerca di giocatori all'estero. Eppure, in un mondo sempre più globalizzato, l'attività di scouting è una prerogativa importante per ogni club che si rispetti con tutti i rischi del caso, che vanno dalla 'fortuna' di beccare il campione di turno allo scoramento per non aver indovinato l'affare della possibile svolta.

La domanda comunque sorge spontanea: perché rivolgersi ai campionati stranieri per acquistare un difensore, considerato che l'Italia ne sforna in buon numero e grazie a questa caratteristica ci siamo fatti un nome dove più conta? La risposta non ce l'abbiamo, così come risulta difficile comprendere il motivo che spinse l'Inter a puntare su Cyril Domoraud nell'estate del 1999. In realtà uno lo conosciamo e si riferisce alla volontà, da parte dei nerazzurri, di ricomporre la coppia difensiva con Laurent Blanc che al Marsiglia aveva raggiunto la finale di Coppa UEFA, persa sonoramente contro il Parma di Calisto Tanzi. Non un bel biglietto da visita, ma tant'è.

A spingere per l'acquisto dell'ivoriano è anche quel Marcello Lippi da poco sedutosi sulla panchina nerazzurra per inaugurare un nuovo progetto, parola di cui troppo spesso si abusa per giustificare un precedente fallimento: proprio il tecnico viareggino è uno degli sponsor eccellenti di Domoraud, arrivato - secondo alcune voci dell'epoca - solo dopo tanti tentativi andati a vuoto per l'acquisizione del cartellino dal Parma di Lilian Thuram, uno che in Emilia Romagna si farà un nome conquistandosi le prime pagine e l'apprezzamento di Luciano Moggi, che lo porterà a Torino alla Juventus due anni più tardi. Ma torniamo a Domoraud e al suo entusiasmo contagioso quando viene a sapere che l'Inter è interessata a lui: impossibile rifutare una corte così prestigiosa, soprattutto se a 28 anni hai alle spalle appena tre campionati di prima divisione francese.

Un curriculum che non spaventa l'Inter, convinta di aver fatto la scelta giusta in un reparto delicato come quello difensivo. Le prime avvisaglie di tempesta si avvertono, però, già alla conferenza stampa di presentazione con la classica dichiarazione che poi sarà 'ripescata' per evidenziare la differenza tra le attese iniziali e l'effettivo rendimento offerto in campo: Domoraud è spavaldo e non ha paura di pronunciare una parola divenuta, nel corso di anni colmi di delusioni, una chimera per tutti gli appassionati di Inter.

"So che Lippi mi segue da due anni, per me è un onore. Nell'Inter spero di conquistarmi il posto. Non facciamo le coppe europee, e ho subito capito che l'obiettivo di tutti è lo Scudetto".

Scudetto. Ebbene sì, l'ha detto. E come contraddirlo, d'altronde: impossibile non considerare tra le favorite una squadra che ha speso 90 miliardi di lire per assicurarsi Christian Vieri, una delle punte di diamante in un attacco che comprende anche Ronaldo, Zamorano, Baggio e Recoba. Il problema, semmai, è che parlare di Scudetto in piena estate porta una sfiga tremenda, e Domoraud ha subito modo di accorgersene grazie ad una pubalgia che non gli permette di allenarsi con continuità. Un bel problema per Lippi che non ha a disposizione lo storico capitano Beppe Bergomi, ritiratosi dal calcio giocato solo qualche settimana prima per fare spazio al nuovo che avanza. In questo caso Domoraud, che però avanza a piccolissimi passi, quasi impercettibili, senza dare quell'impressione di sicurezza necessaria per giudicare positivamente un difensore.

Lippi dimostra di contare su di lui nonostante le difficoltà e le perplessità, e non è un caso se la prima presenza da titolare è in una delle gare più sentite: Domoraud gioca i primi 53 minuti del derby perso contro il Milan in rimonta, condizionato dall'espulsione di Ronaldo per una gomitata ad Ayala. Una settimana più tardi è nuovamente al suo posto al centro della difesa per la sfida di San Siro con la Lazio: stavolta resta in campo per tutti i 90 minuti e assiste alla beffa maturata allo scadere con il pari biancoceleste di Pancaro, in risposta al vantaggio di Zamorano. Nessuna colpa sull'azione del goal laziale, sia chiaro, ma le critiche feroci non tarderanno ad arrivare.

Il 7 novembre 1999 l'Inter è di scena al 'Dall'Ara' contro il Bologna e ha l'obbligo di ripartire con una vittoria dopo due sconfitte e un pari che hanno complicato maledettamente la corsa verso il primo posto. Domoraud è sempre lì a far coppia con l'esperto Blanc, ma non sa che quel pomeriggio bolognese sarà uno dei più terribili della sua carriera, l'anticamera dell'addio alle speranze di lasciare il segno in quello che all'epoca era considerato il campionato più competitivo al mondo. Buoni propositi andati in frantumi in poco tempo, col primo episodio cruciale che lo vede protagonista in negativo: l'1-0 felsineo è merito di uno stacco imperioso del gigante svedese Kennet Andersson, servito col contagiri dal mancino sublime di Beppe Signori. Domoraud è troppo molle nella circostanza e non fa nulla per contrastare il diretto avversario, assistendo impotente allo scorrere degli eventi.

Purtroppo per il classe 1971, questa non rimarrà l'unica disattenzione della partita: Andersson è una spina nel fianco costante, anche quando addomestica il pallone e colpisce il palo con un tiro dalla distanza. Lippi prova a cambiare le sorti della gara inserendo Moriero all'intervallo ma perde Peruzzi per infortunio, sostituito dal suo secondo Ferron. Proprio quest'ultimo 'collabora' con Domoraud alla rete del 3-0, successiva al raddoppio siglato dall'incontenibile Andersson: i due si scontrano molto goffamente, aprendo l'autostrada verso la gloria a Signori che insacca il goal più semplice di tutta la sua carriera. Un regalo infiocchettato a rendere ancor più tragica una giornata già pessima di suo per Domoraud che, da quel momento in poi, il campo lo vedrà soltanto tre volte.

Domoraud Fuser Inter Parma 2000Getty

Lippi torna a prenderlo in considerazione per il pacchetto arretrato soltanto a fine stagione, concedendogli la mezz'ora finale al 'Curi' di Perugia e lanciandolo dal primo minuto nel ritorno della finale di Coppa Italia vinta dalla Lazio e nello spareggio per la Champions League col Parma, battuto per 3-1. In queste ultime apparizioni Domoraud non sfigura, ma è lampante il fatto che questi si apprestano ad essere i suoi ultimi mesi ad Appiano Gentile. La sua cessione è invocata dal tifo nerazzurro, accontentato a settembre del 2000: prima, però, due apparizioni da titolare nelle sconfitte in Supercoppa Italiana e nell'andata del preliminare di Champions contro i modesti svedesi dell' Helsingborgs, giustizieri dei lombardi anche grazie al 0-0 del ritorno disputato a Milano.

Per Domoraud la soluzione migliore è quella di un ritorno a casa in Francia, tra le file del Bastia dove si accasa con la formula del prestito: qui sembra ritrovare l'antico smalto mai ammirato in Italia, ma ciò non basta per far cambiare idea sul suo conto alla dirigenza meneghina che nel 2001 lo cede ai cugini del Milan, una delle tante operazioni effettuate tra una sponda e l'altra del Naviglio in quegli anni. In nerazzurro arriva Helveg (rimasto in prestito ai rossoneri per altre due stagioni) e per Domoraud si ripropongono le stesse difficoltà incontrate un anno prima: col 'Diavolo' gioca solo un'amichevole estiva, quanto basta per sbolognarlo dopo dieci giorni di nuovo in Ligue 1, stavolta al Monaco e a titolo definitivo.

Nel Principato rimane una stagione, prima delle esperienze con Espanyol, Konyaspor e Créteil-Lusitanos, propedeutiche al ritorno in patria dove chiude la carriera da calciatore nel 2008. Probabilmente la soddisfazione più grande in mezzo a tanti passi falsi è la partecipazione (a quasi 35 anni) ai Mondiali del 2006 con la Costa d'Avorio, prima storica volta per il Paese africano guidato dalla prolificità di Didier Drogba: Domoraud prende parte alla rassegna come riserva, facendo in tempo a scendere in campo nell'inutile 3-2 rifilato alla Serbia e Montenegro nel girone, in cui viene espulso per somma di ammonizioni.

Oggi Domoraud è membro della federcalcio della Costa d'Avorio, ha creato un'accademia dedicata ai giovani calciatori locali ed è attivo anche nel settore immobiliare. L'Inter, in particolare, gli è rimasta nel cuore nonostante gli attacchi ricevuti da più fronti, un fuoco soprattutto amico che non ha scalfito la considerazione nei confronti del club: le sue ultime dichiarazioni risalgono al mese di aprile in un'intervista concessa a 'FcInterNews'.

"Una grande squadra. I nerazzurri sono comunque rimasti nel mio cuore. Mi è piaciuto essere calciatore dell’Inter nonostante non abbia giocato tanto. Parliamo dell’unica squadra mai stata in Serie B. Spero un giorno di tornare in Italia per vedere una partita dell’Inter e chi lo sa, magari proporrò anche qualche giocatore della mia accademia".

"Per me è stata una grande gioia firmare per i nerazzurri. C’era un allenatore top come mister Lippi, che aveva avallato il mio acquisto. Sono arrivato con tanta voglia di fare bene, peccato che mi sia fatto male durante il precampionato e che la pubalgia abbia condizionato la stagione. Avrei voluto lasciare un segno: per i tifosi e per l’allenatore".

Purtroppo per lui, Domoraud il segno lo ha lasciato in negativo e non in positivo come avrebbe voluto, schiacciato dalle pressioni come molti altri interpreti molto discussi nel corso degli anni. Insomma, la consolazione di essere in ottima compagnia esiste. Almeno quella.

Pubblicità