Mircea LucescuGetty Images

Il Lucescu allenatore: lo 'scalpo' dell'Italia 1982, il Brescia dei rumeni e il flop all'Inter

Ha speso ben 41 anni della sua vita in panchina, guidando 2 Nazionali e 13 squadre di club, e vinto 33 trofei. Mircea Lucescu, allenatore giramondo, è uno dei tecnici più longevi della storia del calcio e nella sua lunga carriera ha alternato grandi risultati a flop clamorosi, senza quasi mai mezze misure. Su tutti quello in Italia con alla guida dell'Inter.

GLI ESORDI E IL K.O. INFLITTO ALL'ITALIA DI BEARZOT

L'avventura da allenatore del classe 1945 inizia in una piccola città della Transilvania nel 1979: l'attaccante rumeno diventa infatti allenatore-giocatore del Corvinul Hunedoara. Lucescu raggiunge la città siderurgica nel 1977 in seguito alle lettere inviategli da Radu Nunweiller, suo ex compagno di squadra alla Dinamo Bucarest.

Il club, sciolto nel 2008 e rinato con il nome di FC Hunedoara, grazie all'opera del presidente Gelu Simoc, grande amante del calcio e capo del personale del più importante complesso siderurgico della città, e ai goal e alle idee tecniche di Mircea Lucescu, è protagonista di un'autentica favola sportiva.

Dopo due stagioni da attaccante, nel 1979 Simoc affida al suo centravanti anche la guida tecnica della squadra. Sarà una scelta vincente perché la squadra, appena retrocessa dalla massima Serie, conquista subito la Divizia A, la Serie A rumena, vincendo il campionato nel 1979/80. Lucescu è un autentico factotum, visto che scrive anche editoriali sulla stampa locale, conduce un programma alla radio e compone l’inno del club. Grazie alle riviste di calcio speditegli dagli amici universitari diventa da autodidatta un poliglotta, e impara l'italiano, il francese e lo spagnolo.

Da attaccante è ancora capace di segnare goal leggendari, come quello che realizza a 35 anni suonati nella sfida decisiva contro il Bihor, principale rivale per la promozione, il giorno di Pasqua del 1980. Il Corvinul vince 3-1 e l'allenatore giocatore va a segno, secondo quanto riportano le cronache dell'epoca, con 'un goal alla Weah', con una sgroppata da una porta all'altra.

Ma è in panchina che Mircea si ritaglia la nomea di 'Mago', visto che il Corvinul Hunedoara è protagonista di una storica scalata e nel 1981/82 si piazza addirittura al 3° posto finale della Divizia A, conquistando la qualificazione alla Coppa UEFA nella stagione successiva. Il 'sogno' Corvinul finisce nell'estate 1982.

La piccola realtà della Transilvania inizia a diventare un problema per le due squadre di Bucarest, la Dinamo e la Steaua, e i Ceausescu, che non vogliono rivali, pensano di privarla del loro stratega assegnandogli la guida della Nazionale rumena, reduce dalle mancate qualificazioni agli Europei del 1980 e ai Mondiali del 1982. Lucescu dice definitivamente basta con il calcio giocato e saluta consegnando a Simoc un suo paio di scarpe e il suo tesserino da giocatore. 

“Tienili Gelu, - gli dice - nel tempo il mondo ricorderà il mio passaggio a Hunedoara”.

Avrà ragione. Anche da Ct. della Romania, a soli 36 anni, riesce a imprimere la sua impronta. Ed è qui che avviene il primo incontro con il calcio italiano. La Nazionale rumena è inserita infatti nello stesso girone di qualificazione dell'Italia campione del Mondo, che comprende anche Cecoslovacchia, Svezia e Cipro. Gli Azzurri appaiono irriconoscibili e mancano clamorosamente la qualificazione alla fase finale in Francia.

A infliggerli il colpo di grazia, dopo lo 0-0 dell'andata a Firenze, è proprio la Romania di Lucescu, che il 16 aprile del 1983, a Bucarest, grazie a un goal di Boloni al 23', stende la Nazionale di Bearzot. A fine match Mircea è l'uomo più ricercato dalla stampa italiana.

"È stata la partita più ricca di agonismo che io abbia mai visto in vita mia", dichiara, dopo aver esaltato la prova di Balaci.

I rumeni vincono il Gruppo 5 e si qualificano alla rassegna continentale del 1984. Qui, pur giocandosela con tutti, vengono eliminati nella fase a gironi. La Romania impone l'1-1 all'esordio alla Spagna finalista, ma perde con Germania Ovest e Portogallo. Sfortunate sono poi le qualificazioni ai Mondiali 1986, in cui è eliminata da Inghilterra e Irlanda del Nord, nonostante alcune buone prove. Su tutte quella di Wembley con i Tre Leoni, in cui un certo Gheorge Hagi, che Lucescu aveva lanciato diciannovenne ad Euro '84, impressiona, dando spettacolo nel primo tempo e colpendo un palo e una traversa.

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LE VITTORIE CON LA DINAMO BUCAREST

Mancati i Mondiali, finisce l'avventura di Lucescu con la Romania e l'ex attaccante approda alla guida della Dinamo Bucarest, finanziata dal Ministero dell'Interno e facente capo, oltre che alla Polizia, alla Securitate, la famigerata Milizia segreta del regime controllata da Nicu Ceausescu, figlio naturale del Conductador Niculae Ceausescu, dipinto come uomo violento e sanguinario. Quest'ultimo non è un grande appassionato di calcio ma si diverte a mettere i bastoni fra le ruote al fratellastro Valentin, patron della Steaua, e spesso usa il calcio per assecondare i suoi interessi legati al gioco d'azzardo e alle scommesse.

Negli anni molto difficili per il Paese dell'inasprimento della Dittatura, caratterizzati dal dominio nel calcio della Steaua, che poteva assicurarsi i giocatori migliori, Lucescu riesce comunque a conquistare una Coppa di Romania nel 1985/86. I 'Cani rossi' vanno in finale di Coppa anche nel 1988, ma quanto succede nel Derby di Bucarest ha del clamoroso: un goal regolare di Balint, arrivato in extremis e annullato dall'arbitro, che avrebbe dato la vittoria alla Steaua, scatena una mega rissa in campo (oscurata dalle immagini televisive) e induce Valentin Ceausescu a far ritirare la squadra. 

Inizialmente viene assegnata la vittoria a tavolino per 3-0 alla Dinamo, ma le proteste della Steaua, che accusa Nicu e la Securitate di averci messo lo zampino, non si placano. E l'indomani, nell'ufficio del presidente della Federcalcio, appurato dalle immagini che il goal di Balint era regolare, viene convalidato il 2-1 per la squadra di Iordanescu e la Coppa, ribattezzata 'Coppa della vergogna', cambia di proprietario e passa alla Steaua. Lucescu non ci sta e protesta:

"Era la nostra coppa, - dichiarò anni dopo - loro lasciarono il campo, non noi. C'era caos, mi avvicinai alla coppa e la presi. Quella finale fu una vergogna, una macchia sul calcio romeno: furono calpestati tutti i regolamenti e i filmati televisivi sparirono, la versione ufficiale fu che si erano accidentalmente cancellati. Dopo tutti questi anni la federazione dovrebbe risolvere finalmente la questione e dare la coppa alla Dinamo".

La Steaua proverà anche a restituirla ai rivali, che a quel punto, però, non la vorranno più. Lucescu comunque si rifà dopo la caduta del regime nel 1989/90, quando conquista 'il double' campionato-Coppa ed è ormai pronto a fare un'esperienza all'estero.

LUCESCU IN ITALIA: PISA, BRESCIA E REGGIANA

Su Mircea decide di puntare il presidente del neopromosso Pisa, Romeo Anconetani, per la stagione 1990/91. Il tecnico rumeno rifiuta la proposta del Bologna di Corioni per una vecchia promessa fatta al vulcanico patron, che era venuto anni prima a cercarlo in Romania. Lucescu assume così la carica di Direttore tecnico dei toscani, con Luca Giannini allenatore.

È quella la squadra del giovanissimo Diego Pablo Simeone, appena sbarcato dall'Argentina, del connazionale Chamot e del danese Henrik Larsen, oltre che di Lamberto Piovanelli e di Michele Padovano. L'avvio è folgorante, con i nerazzurri che praticano un bel calcio e ottengono risultati. Dopo le prime sconfitte, però, il rapporto con il numero uno si spezza e alla fine Lucescu è esonerato e il Pisa, che chiude al terzultimo posto, retrocede in Serie B.

"Quel Pisa era una squadra di attacco con Piovanelli, Padovano, Neri, Simeone, tutti in grado di segnare. - ha ricordato di recente a 'Il Tirreno' - Il pubblico era entusiasta della squadra e dalla curva arrivarono i primi cori con il mio nome. Cosa che a Pisa non era molto gradita. Poi ci fu l’infortunio grave di Piovanelli nel suo momento migliore. Ad anno nuovo il presidente pensò al bilancio vendendo Neri e Padovano pur mantenendoli in maglia nerazzurra. Questo creò qualche problema nello spogliatoio. La sconfitta di Cagliari fu l’occasione per mandarmi via".

Brescia 1992

Lucescu, che in quel suo primo anno in Serie A è considerato con Adriano Bacconi l'inventore della Match Analysis che oggi è diventata un must per tutti i club, passa nel 1991 al Brescia, alla cui presidenza è approdato l'altro suo estimatore, Gino Corioni. Con le Rondinelle vive un periodo felice di 3 stagioni e 2 anni travagliati. Trascina subito i lombardi in Serie A, e costruisce una bella squadra attorno al trio rumeno Sabau-Hagi (prelevato dal Real Madrid)-Raducioiu. 

Il Brescia perde però lo spareggio con l'Udinese e torna in Serie B, salvo ottenere una nuova promozione e la vittoria nel Torneo Anglo-Italiano superando 1-0 in finale il Notts County con goal decisivo di Ambrosetti nella stagione successiva. Il 1994/95 è però molto negativo, con l'esonero a febbraio e la squadra che a fine anno registrerà il record negativo storico di appena 12 punti conquistati in Serie A. In Coppa Italia perde a tavolino per aver schierato Ballotta (che aveva iniziato in porta) in attacco e aver inserito il suo dodicesimo fra i pali. Torna in estate per guidare la squadra in Serie B, tuttavia la squadra entra in un vortice negativo e Lucescu paga con l'esonero alla 24ª giornata.

L'anno seguente accetta la guida tecnica della Reggiana e torna in Serie A. In Emilia, tuttavia, farà nuovamente flop, venendo esonerato dopo 10 giornate con la squadra all'ultimo posto con 4 punti e un cammino di 4 pareggi e 6 sconfitte.

IL RITORNO IN ROMANIA E IL FLOP ALL'INTER

All'improvviso sembra che il calcio di Lucescu non sia più vincente. Così il rumeno torna in patria per guidare il Rapid Bucarest e ottiene subito la vittoria della 3ª Coppa di Romania della sua carriera. Nonostante i risultati negativi degli ultimi anni, il suo calcio affascina anche il presidente dell'Inter, Massimo Moratti, che gli affida la panchina della squadra dopo aver a sorpresa esonerato Gigi Simoni. Il tecnico italiano, pur avendo iniziato con il freno a mano tirato la stagione, stava ritrovando i risultati, ed era reduce da una grande vittoria al Bernabeu con il Real Madrid in Champions League e da un successo in campionato con la Salernitana.

L'esonero si concretizza il 30 novembre 1998, quando Simoni riceve la 'Panchina d'Oro' come miglior allenatore della stagione precedente. Approdato alla guida dei nerazzurri, Lucescu adotta un calcio molto offensivo, che se in casa regala talvolta grandi vittorie, in trasferta porta spesso a brucianti sconfitte. In Champions League, superata la fase a gironi, è eliminato ai quarti dal Manchester United di Sir Alex Ferguson, con un goal molto dubbio annullato al suo pupillo Simeone. In campionato le cose vanno pure peggio 

All'origine del flop un rapporto controverso con alcuni componenti della rosa. Celebre è rimasto il litigio con il difensore nigeriano Taribo West dopo la sostituzione contro il Vicenza, il 6 dicembre 1998, con tanto di lancio di maglia raccolta dall'allenatore rumeno. Seguito da un episodio ancor più clamoroso a febbraio. L'Inter perde 1-0 a Roma con la Lazio e Lucescu dice a West di scaldarsi.

"Non mi sono mosso, sono rimasto seduto - ha raccontato il difensore - e allora lui si è avvicinato e mi ha detto: 'Se non ti alzi subito non vestirai mai più la maglia dell'Inter'; allora l'ho guardato negli occhi, gli ho detto che era uno stronzo e non mi sono alzato". 

Recentemente il tecnico ha replicato al suo ex giocatore.

"Per me West non è mai stato un giocatore molto importante nella rosa dell'Inter - ha dichiarato - Era scarso, molto scoordinato e spesso cadeva da solo, e noi ci ridevamo su. Con lui non ho avuto un grande rapporto e dopo che gettò la maglia a terra durante una partita col Vicenza non lo avrei più fatto giocare. Non l'ho mai ritenuto un giocatore importante. Poi è passato al Milan e ancora non ne capisco il perché, ma forse bisognerebbe chiedere al club rossonero perchè volle prenderlo".

I risultati estremamente negativi inducono Lucescu a dimettersi il 21 marzo 1999 dopo il pesante k.o. per 4-0 a Genova con la Sampdoria, con la squadra 9ª in classifica. E sembra che qualche calciatore abbia addirittura riso dopo quella partita, che portò il tecnico a prendere la decisione di andar via.

"Mi dimisi io, non mi mandò via Moratti - ha sottolineato in un'intervista al 'Corriere dello Sport' del maggio 2020 - L’errore più grande fu che per l’anno dopo era stato annunciato l’arrivo di Lippi e a quel punto è come se io fossi stato destabilizzato agli occhi della squadra. Non potevo che andarmene, anche per responsabilizzare i calciatori. Ho avuto modo di allenare Ronaldo 'Il Fenomeno', il più grande che abbia mai avuto in squadra. Purtroppo quell'anno ebbe tanti guai fisici".

Sarà la sua ultima esperienza da allenatore in Italia, in una stagione che in casa Inter sarà caratterizzata dai 4 allenatori: al suo posto sarà promosso Castellini, prima di un infelice ritorno di Roy Hodgson.

Mircea Lucescu Shakhtar DonetskGetty Images

I TITOLI VINTI DA TECNICO GIRAMONDO

Lasciata l'Inter, Lucescu intraprende una sorta di tour mondiale della panchina, ritrovando lo smalto che sembrava perduto nelle ultime stagioni italiane. E i trofei vinti parlano per lui: con il Rapid Bucarest conquista il secondo titolo rumeno della sua carriera e la Supercoppa di Romania. Nel 2000 accetta la corte del Galatasaray, con cui batte nella Supercoppa europea il Real Madrid dei Galacticos, arriva fino ai quarti di finale di Champions League e nella seconda stagione conquista il suo primo campionato turco.

Prosegue la sua carriera al Besiktas, ottenendo il secondo titolo turco, i quarti di finale di Coppa UEFA e la qualificazione alla Champions League. Dopo una seconda stagione meno positiva, lascia la Turchia per volare in Ucraina alla guida dello Shakhtar Donetsk. La squadra ucraina diventa la sua seconda casa e gli viene data carta bianca per portare avanti il suo calcio. Fa ingaggiare per il club diversi calciatori brasiliani e in 12 anni fa incetta di successi, spezzando quello che era stato fino ad allora, dopo la scissione dall'U.R.S.S., il dominio della Dinamo Kiev.

Sulla panchina dello Shakhtar Lucescu conquista 21 trofei nazionali (8 campionati, 6 coppe di Ucraina e 7 Supercoppe), conquistando nell'anno d'oro 2008/09 la Coppa UEFA. La finale vede trionfare 'I minatori' sui tedeschi del Werder Brema, sconfitti 2-1 ai supplementari con i goal di Luiz Adriano e Jadson. Lucescu diventa un'istituzione del club e un idolo per i tifosi arancio-neri, tagliando il traguardo, 5° tecnico a riuscirci nella storia dopo Ferguson, Wenger, Ancelotti e Mourinho, delle 100 panchine in Champions League.

Nel 2016-17 firma un biennale con lo Zenit, mettendo in bacheca una Supercoppa di Russia e piazzandosi al 3° posto finale in campionato. Non gli viene tuttavia rinnovata la fiducia e dopo la risoluzione anticipata dell'accordo il rumeno diventa Ct. della Turchia. In queste vesti vive due anni non troppo fortunati, con la Nazionale anatolica che non si qualifica ai Mondiali 2018.

Lucescu accetta tuttavia una nuova avventura: poco prima di compiere 75 anni firma con la Dinamo Kiev, club accerrimo rivale dello Shakhtar. I tifosi non la prendono bene e inscenano plateali proteste, tanto che l'allenatore rumeno rassegna le dimissioni dopo 4 giorni. La mediazione del presidente Ihor Surkis lo fa però tornare sui suoi passi e riprendere la carica, che riveste tutt'oggi. Dimostrandosi, nonostante l'esperienza in chiaroscuro in Italia, e in particolare all'Inter, un grande uomo di calcio a tutte le latitudini.

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