Kai Havertz Bayer Leverkusen 2019-20Getty

Il calcio, la scuola e il talento: Kai Havertz, il bimbo prodigio diventato star

La città tedesca di Aachen, nota in Italia come nome di Aquisgrana, è uno dei centri più importanti della Germania a livello di storia. Città di frontiera, dove i confini tedeschi si incrociano con il Belgio e i Paesi Bassi, è stata la sede della corte di Carlo Magno, che ha voluto anche la costruzione della cattedrale. In ambito sportivo, Aachen (nome tedesco) non ha mai avuto una tradizione eccezionale. Almeno fino alla metà degli anni duemila, quando l’Alemannia - nome latino non casuale, dovuto alla tradizione della città - è arrivato in Bundesliga e nelle coppe europee. E, in contemporanea, un giovane Kai Havertz iniziava a muovere i suoi primi passi nel calcio. I successivi l’avrebbero portato, a soli 21 anni, ad essere uno dei giocatori più talentuosi di tutta la Germania e non solo.

La prima squadra di Havertz fu l’Alemannia Mariadorf, squadra del quartiere di Alsdorf. Nel 2003 aveva soltanto quattro anni, quando qualcuno notò il suo talento e decise di portarlo al campo d’allenamento. Venne accolto da Dirk Morfeld, allenatore dei pulcini, con una risposta inattesa: “No, non può giocare qui”. Il ragazzo non era sufficientemente grande per poter far parte del gruppo: la società aveva deciso solo pochi giorni prima di accettare solo bambini dai 5 anni in su. Curioso, visto che il presidente era nientemeno che il nonno dello stesso Kai. Che, alla fine, riuscì comunque a entrare. E che già a quattro anni, come raccontava Morfeld, riusciva già a far impazzire i bambini più grandi di lui anche di due anni.

A dieci anni la chiamata dell’Alemannia, nel quale rimase soltanto per un anno. Due anni prima lo avevano cercato anche Borussia Dortmund e Colonia. Già a otto anni il suo nome era noto agli scout. Nel 2009 giocava insieme agli Under 12, nonostante fosse sotto età. E nel girone regionale della Renania Settentrionale-Vestfalia si ritrovò ad affrontare il Bayer Leverkusen, allenato da Slawomir Czarniecki. Uomo chiave per la crescita di Kai. L’Alemannia subì una rovinosa sconfitta, ma come raccontato da Czarniecki, Havertz fece comunque un vero e proprio show.

“Non ricordo esattamente quanto finì la partita, credo che vincemmo noi per 8-3. Ma Kai segnò tutti i tre goal dell’Alemannia Aachen. Fu la prima volta che lo vidi”.

Kai Havertz Bayer Leverkusen 2016Imago

Colpo di fulmine. Pochi mesi dopo, Havertz si sarebbe trasferito nelle giovanili del Bayer. Due ore e più di macchina al giono, all’andata e al ritorno. Usciva di casa alle sette di mattina, andava a scuola ad Aachen, veniva portato all’allenamento a Leverkusen e poi tornava alle sette di sera. Cercando di fare i compiti a bordo auto. Perché il calcio è importante per lui e per tutta la famiglia, ma l’istruzione lo è stata altrettanto. A 17 anni Havertz era già una presenza costante della prima squadra. Era diventato il più giovane esordiente e marcatore nella storia del club, battuto poi da Florian Wirtz. Scuola e allenamenti, allenamenti e scuola. Non c’era nient’altro per il giovane Kai. Le sedute mattutine gli facevano perdere le lezioni, recuperava il pomeriggio. Giocava e studiava.

Il 25 ottobre 2016, dieci giorni esatti dopo aver fatto l’esordio assoluto col Bayer in Bundesliga, Havertz giocò 20 minuti contro il Lotte, club delle serie minori, nel secondo turno di DFB-Pokal. Partita in trasferta, finita ai rigori (dove tirò e segnò). Persa. Kai tornò a casa alle 3.30. La mattina dopo, sveglia presto. Scuola, esame.

“Ero sul punto di lasciare la scuola, non avevo più forze. Da un lato vieni celebrato, dall’altro devi essere uno studente normale. Poi ho parlato con l’allenatore Roger Schmidt, mi disse di finire la scuola”.

Preso alla lettera. Il 15 marzo del 2017 Havertz non prese parte alla trasferta del Bayer contro l’Atlético Madrid, ottavo di finale di ritorno di Champions League, proprio a causa di un importante esame da portare a termine. La notizia, inevitabilmente, fece il giro del mondo.

L’istruzione prima di tutto. Anche se già al tempo il giovane Kai, neanche maggiorenne, era un titolare dei Werkself. Il ragazzo più basso è arrivato a guardare tutti dall’altro. Nel 2016 aveva trascinato gli Under 17 al titolo nazionale segnando anche un goal nella finale contro il Dortmund, poi da ottobre era in pianta stabile con la prima squadra. E del Dortmund affrontava i grandi.

Nella seconda parte di stagione, complice la squalifica di quattro mesi comminata dal TAS a Calhanoglu, l’ascesa di Havertz diventò ancora più veloce. Il resto è già noto: giocatore più giovane di sempre a segnare 30 goal in Bundesliga, più giovane di sempre a giocare 100 partite in Bundesliga, primo a segnare 35 goal in Bundesliga prima dei 21 anni. Giocando il più delle volte da trequartista, suo ruolo naturale, ma spesso anche da interno di centrocampo, da esterno o addirittura da attaccante centrale. Posizioni coperte con naturalezza, la stessa che lo contraddistingue fuori dal campo. Trascorre le sue giornate in compagnia dei suoi asini, regali dei suoi genitori. Gli animali che ha sempre adorato e che cura nel suo tempo libero. Oppure suona il piano, una passione che gli ha trasmesso la nonna.

Oggi che il suo futuro al Bayer sembra più incerto che mai - si parla insistentemente di un possibile trasferimento al Chelsea per 80 milioni - la corsa all’Europa League assume anche per Kai un significato diverso. Rudi Völler ha già confermato che il classe 1999 non lascerà i Werkself prima della conclusione dell’Europa League. E a Leverkusen, dove un trofeo europeo manca dal 1988 (Coppa UEFA, unica nella storia del club), tutti confidano in Havertz per battere l’Inter e continuare a correre verso un successo. Il modo migliore per concludere dieci anni che hanno trasformato il ragazzo più basso dei compagni in uno dei giovani giocatori più seguiti del mondo.

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