Mark BrescianoGetty

Esultanze iconiche e dove trovarle: la "statua" di Mark Bresciano

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Se state leggendo questo pezzo, siete appassionati di calcio. E se siete appassionati di calcio, almeno una volta nella vita, vi sarà capitato di giocare e segnare un goal, più o meno importante. Ecco, tornate indietro con la mente al momento in cui avete visto un pallone tirato da voi entrare in porta, sorpassare la linea bianca e insaccarsi in fondo alla rete. Vi ricordate cosa avete fatto immediatamente dopo? Posso solo immaginare corse in giro per il campo, abbracci con i compagni di squadra, maglie che volano via e urla a più non posso.

Ecco, se avete mai provato quella sensazione, sapete benissimo che la cosa più innaturale del mondo dopo aver segnato un goal è quella di restare immobili, rigidi, in silenzio. E proprio per questo Mark Bresciano è entrato nella storia del calcio e viene ricordato ancora oggi da tutti. La sua “statua”, personale firma dopo ogni goal, è un qualcosa di mitologico, irreale e affascinante allo stesso momento.

Mark Bresciano era così, giocava da centrocampista offensivo e per questo gli è capitato spesso e volentieri di segnare in carriera (91 i goal segnati in totale tra club e Nazionale), infilava la palla in fondo al sacco e si immobilizzava, con lo sguardo fisso nel vuoto, aspettando di essere sommerso e scosso dai compagni di squadra.

Di padre lucano (Prospero Bresciano, originario di Viggiano, emigrato da giovane in Australia) e madre istriana (originaria di Antonzi, vicino a Parenzo), Bresciano cresce a Rosanna, vicino a Melbourne. Ha il doppio passaporto, ma Bresciano è a tutti gli effetti un australiano e per questo anche nella sua carriera da calciatore deciderà di vestire la maglia dei Socceroos.

In Italia arriva nel 1999, acquistato dall’Empoli in compagnia del connazionale Vincenzo Grella. Qui in Toscana comincia a farsi un nome, a mettere in mostra le sue qualità di centrocampista offensivo con licenza di segnare.

Alcuni dicevano che l’esultanza fosse dovuta ad un goal realizzato ai tempi del Carlton, quando si fece male alla schiena e rimase quindi immobile non potendo correre. Ma lo stesso Mark Bresciano ha smentito tutto in un’intervista. Alcuni pensavo che fosse l’imitazione dell’attore The Rock, ma anche questa idea non corrisponde alla verità.

Quello che sappiamo è che Mark Bresciano non ha sempre esultato così. Ad Empoli non esultava così e nemmeno i primi tempi al Parma. Poi, e qui arriva probabilmente la motivazione reale della sua statua, segna un goal (anche molto bello e spettacolare) in un Empoli-Parma. Combattuto nei sentimenti per aver segnato alla sua ex squadra, che lo aveva portato in Italia, Mark non sa cosa fare e in una frazione di secondo decide di restare immobile, senza neanche parlare. E subito quella non-esultanza diventa iconica, a tal punto che da quel momento Mark Bresciano farà sempre lo stesso gesto dopo ogni goal.

Nessuno tra i vecchi compagni di squadra al Palermo si ricorda il motivo di quella statua, tutti dicono che Bresciano era un tipo molto silenzioso e riservato, quindi non glielo hanno nemmeno mai chiesto il motivo. Hanno solo cominciato ad apprezzare quel gesto, tuffandosi verso di lui dopo ogni goal e trovandolo fermo immobile.

E' un'esultanza che ho dentro dai tempi di Parma. E' nel mio stile. Piacque molto a Grella e agli altri compagni. Mi chiesero di riproporla sempre”

Di quella esultanza, questa è l’unica cosa che Bresciano ha mai detto in prima persona. Ed è per questo che la statua dell’australiano viaggia attraverso una nube di mistero e mitologia nel corso degli anni, senza perdere mai fascino.

Come detto, in Italia Bresciano è legato soprattutto a Empoli, Parma e Palermo. Proprio tra i rosanero ha probabilmente disputato le migliori stagioni della sua vita. E in Sicilia ha incontrato l’allenatore che forse più di tutti lo ha valorizzato ed elogiato nel corso della sua carriera: Davide Ballardini.

“Mark è il prototipo del giocatore ideale. Una persona seria, un gran lavoratore, grandi qualità tecniche ma soprattutto serietà e professionalità. Fortunato chi ce l’ha in squadra. Tra i suoi pregi c’è anche il rispetto per gli altri. Difetti? Mah, forse per qualcuno può esserlo il fatto che sia molto introverso ma per me no, anzi. In rosanero lo feci giocare a sinistra in un centrocampo a tre perché aveva tutto per far bene in quel ruolo, ma lui è bravo anche come esterno, come centrale e persino dietro le punte. In poche parole è capace di far tutto”.

Queste le frasi che qualche stagione dopo averlo allenato, Davide Ballardini scelse per descrivere Bresciano. Ed il carattere e lo spessore del giocatore vengono fuori anche da questo aneddoto.

“Il ricordo più bello di Bresciano? Io ero appena arrivato alla guida dei rosanero prima della seconda giornata del campionato 2008-2009. Al Barbera arrivava la Roma e Bresciano rientrava da una trasferta con l’Australia e da un viaggio aereo di oltre venti ore. Ero convinto di farlo riposare, credevo fosse stanchissimo e invece nell’unico allenamento che fece con noi, quello del sabato, sembrava fresco come una rosa. Così giocò e fece una gran partita contribuendo al 3-1 sui giallorossi”.

E sempre durante la militanza al Palermo, Mark Bresciano ebbe la grandissima occasione della sua vita. Ha giocato in ottime squadre, certo, ma nel 2007 era arrivato uno di quei treni che passa una sola volta: il Manchester City. Non erano certamente i Citizens che conosciamo oggi, ma quella squadra si apprestava a diventare grande e, come se non bastasse, l’australiano avrebbe anche coronato uno dei più grandi sogni della sua carriera, ovvero quello di giocare in Inghilterra.

“E' sempre stato un sogno per me giocare in Premier League. Quell'anno c'era un proprietario thailandese, forse pagai nei mesi successivi l'affare sfumato. Ma sono felice di essere rimasto a Palermo”

Già, Bresciano alla fine rimase a Palermo, nonostante una trattativa che sembrava davvero chiusa con il Manchester City. Avrebbe potuto ‘esportare’ la famosa statua oltre manica, rendendola ancora più famosa e mettendola sotto riflettori ancora più potenti. Ma quella statua restò in Sicilia e a godersela furono ancora i siciliani e gli spettatori della Serie A, in generale.

Nemmeno Rino Foschi, all’epoca direttore sportivo del Palermo, aveva però nascosto un po’ di dispiacere da parte di Bresciano per non aver compiuto il grande balzo in avanti.

“Non ci sono le condizioni per l'accordo, anche se c'è stato il tentativo di accontentare il desiderio del giocatore. A Palermo, Bresciano si trova bene ed è a disposizione del tecnico Colantuono più di prima, anche se può essere un po' amareggiato”.

Ed in effetti Bresciano passò un’annata opaca, quella seguente a questo mancato accordo con il City. Salvo poi riprendersi e tornare a brillare con la maglia rosanero. L’avventura in Sicilia si concluse nella stagione 2009/2010. L’australiano non rinnovò il contratto con il Palermo e, prima del Mondiale in Sudafrica, firmò una sorta di contratto con gli arabi dell'Al-Nassr, della durata di due anni e per 2 milioni di euro a stagione, salvo poi decidere di fare dietro-front scegliendo di rimanere in un campionato competitivo dell'Europa.

E chi lo accolse? La Lazio. Bresciano restò in Italia, ma qualcosa si era spento. Troppe volte era stato vicino a lasciare la Serie A, troppe volte il trasferimento era poi sfumato sul nascere. La squadra biancoceleste non diede all’australiano gli stimoli che cercava, lui non si ambientò nello spogliatoio e non scattò nemmeno il feeling con Edy Reja. A fine stagione, nonostante avesse firmato un contratto biennale, Bresciano si separa dalla Lazio, finendo contestualmente anche il suo rapporto con la Serie A.

Sono gli anni, quantomeno a livello di club, più opachi della storia di Mark Bresciano. Il giocatore aveva passato i 30 anni e forse stava anche mancando qualche ulteriore stimolo per avere la ferocia di prima. Ma lo stimolo a Bresciano non mancò mai con la maglia dell’Australia. Giocare per la selezione del suo Paese per lui è sempre stato qualcosa di magico, qualcosa da onorare fino in fondo.

C’è in particolare un momento in cui Bresciano si lega indissolubilmente all’Australia. Un momento in cui la statua diventò un vero e proprio marchio di fabbrica riconosciuto in tutto il mondo. Risale alla primavera del 2006, quando la nazionale si gioca l’accesso al Mondiale tedesco (che poi sarà vinto dall’Italia), con lo spareggio decisivo contro l’Uruguay. Una partita tosta, che si gioca tra andata e ritorno, con il primo round che viene vinto dall’Uruguay per uno a zero. Il ritorno si gioca in Australia, a Sidney, ed è qui che Bresciano diventa un idolo in patria. L’ex centrocampista realizza il suo classico goal di inserimento ed opportunismo, bruciando tutta la difesa avversaria, rimasta immobile. Davanti a tutto il mondo, Bresciano segna e si immobilizza, con la statua più celebre mai fatta in vita sua: sguardo fiero e dritto nel vuoto, come sempre.

L’Australia vincerà poi la lotteria ai rigori e tornerà al Mondiale 32 anni dopo l’ultima volta. Tutt’ora Bresciano è un simbolo per il calcio australiano. Sia per quel goal, sia perché nel 2013, invece, firmò un assist decisivo per Josh Kennedy, nella partita contro l'Iraq che permise all'Australia di staccare il pass per il Mondiale del 2014.

Dopo aver smesso con il calcio giocato, invece. Bresciano cambiò totalmente vita. L'ex calciatore del Palermo dal 2018 è diventato un imprenditore, occupandosi di cannabis.

"Faccio investimenti nel settore immobiliare e mi occupo di... cannabis. Sì, proprio così, mi sono messo in società con un amico, stiamo lavorando per arrivare a produrre entro un anno farmaci a base di marijuana. Questo progetto mi dà lo stimolo per alzarmi tutti i giorni. Mi fa letteralmente godere..."

Nel 2023 il ritorno nel calcio: farà parte della dirigenza del Catania dal 2023/2024, come membro del CDA nella nuova avventura in C della società etnea.

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