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Compagno a GOAL: "Non biasimo il Catania e il Torino: oggi in Romania sono un giocatore diverso"

Al “London Stadium” la maggior parte dei presenti è in lacrime, quando al momento dell’ingresso in campo di West Ham e Steaua Bucarest sui maxischermi viene proiettata l’immagine della Regina Elisabetta II, scomparsa poche ore prima. L’Inghilterra è in lutto, ma il calcio non si ferma: al consueto inno della Conference League viene preferito un minuto di silenzio, spezzato da un indimenticabile “God save the Queen” cantato con orgoglio dai tifosi, mentre le due squadre posano a ridosso del cerchio di centrocampo. Sarà l’ultima volta (chissà per quanto tempo) che al “London Stadium” qualcuno intonerà l’inno dedicato alla Regina: chi c’era in quella sera dell’8 settembre, insomma, ha vissuto (e fatto parte) di una pagina di storia. Del calcio e non solo.

Tra i giocatori, a centrocampo, ci sono quattro italiani: Angelo Ogbonna, Emerson Palmieri, Gianluca Scamacca. E Andrea Compagno, alla sua prima gara di una fase a gironi in una competizione europea in carriera. Da titolare, tra l’altro.

Poco più di dieci giorni prima, Andrea è impegnato a preparare le valigie a tre ore di auto a Ovest di Bucarest: ha da poco svestito per l’ultima volta la maglia del Craiova, con la fascia da capitano al braccio per novanta minuti contro l’UTA Arad, e deve partire per la capitale della Romania. Quarantotto ore dopo è già in campo contro il Farul Constanza, squadra di un certo Gheorghe Hagi.

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“È successo tutto da un momento all’altro: dopo tre giorni ero già in campo, buttato nella mischia. Dopo altri sette giorni ero a Londra a giocare col West Ham: tutto così, all’improvviso”, racconta Compagno a GOAL Italia.
Andrea CompagnoGetty

Allo “Stade du Phare” ha i colori della Steaua addosso, un club che lo stesso Hagi conosce abbastanza bene: al 70’ allunga il destro su una palla tagliata di Florinel Coman, siglando la sua prima rete con i Ros-Albastrii. Che volete farci: è questione di destino. Nulla a che vedere, comunque, con quella sera vissuta a Londra.

“Eravamo abituati a guardare giocare squadre del nostro campionato, poi da un giorno all’altro siamo passati a studiare video di partite del West Ham, del Chelsea e simili. È stato tutto stranissimo. Non dimenticherò mai le sensazioni nel sottopassaggio: essere accanto a Paquetà, Ogbonna, gente che fino a un momento prima avevo visto solo in TV, è stato molto particolare, in una giornata atipica, storica”, spiega a GOAL Italia.

La sua è una delle storie che meglio definiscono il concetto di “passione” per il calcio, al di là di qualsiasi difficoltà. Andrea Compagno inizia tra le giovanili del Palermo e quelle del Catania, in un periodo in cui la Sicilia calcistica lottava per posizioni nella parte sinistra della classifica di Serie A. Un pullmino lo passava a prendere puntualmente a scuola per portarlo agli allenamenti a Torre del Grifo, a Mascalucia, tra lo stupore generale: lui continuava a sognare.

Dal gennaio del 2015 inizia a girare: veste le maglie del Due Torri, poi del Pinerolo: è Serie D. Vive alcuni mesi in prestito nella Primavera del Torino (segnando anche un goal al Viareggio), poi passa all’Argentina Arma e al Borgosesia e alla Nuorese. Nell’estate del 2018 è a San Marino: ed è qui che arriva la prima svolta della sua carriera.

Con il Tre Fiori ha una media impressionante: segna 8 goal nelle prime 6 partite, nel giugno successivo va in rete anche nelle qualificazioni in Europa League contro il Klaksvik. In due anni fa registrare numeri importanti: 37 marcature in 41 gare complessive.

“È una scelta che volevo fare, poi tra il volere e il farlo accadere ne passa: non dipende solo da te. A San Marino il destino ha voluto che il genero del preparatore dei portieri al Tre Fiori, che fa l’agente, mi abbia notato”, racconta a GOAL Italia.Molti italiani non hanno questa propensione ad andare all’estero e lasciare la propria comfort zone: anche perché andare all’estero non significa solo andare in Inghilterra. Di solito vai in questi Paesi in cui facendo uno o due anni belli ti si apre un mondo: volevo questa sfida perché l’avevo sempre ritenuta una via più percorribile, forse per istinto. Sono passato per la Serie D italiana e dico sempre che è un labirinto: è difficile partire da lì e arrivare nelle categorie che sogni da bambino, in Serie B o Serie A”, aggiunge Andrea Compagno.

Quello in Romania è un passaggio simbolico, ancor prima che calcistico: al Parco Romanescu è possibile ammirare uno dei luoghi più suggestivi della città di Craiova, il ponte sospeso. Non può essere un caso, se si pensa alla carriera di Compagno: una storia importante ha sempre bisogno di coraggio. Di oltrepassare il confine: di salire sul ponte che collega il passato, il presente e il futuro. Andrea lo ha fatto, vestendo la maglia dei Leoni di Banie.

“Alla fine ci ho preso. Era una cosa che volevo: c’è stata l’opportunità di andare al Craiova, una società ambiziosa che stava ripartendo. Si trovava in Serie B dopo due promozioni consecutive: avevo sempre pensato che vincendo in Serie B e andando in doppia cifra mi si sarebbe aperto un mondo. Adesso si chiama Steaua, ma poteva essere qualcos’altro. Non pensavo che sarebbe arrivato già quest’anno, così all’improvviso”, racconta a GOAL Italia.

Ha aiutato il club a conquistare la promozione in massima serie, poi è andato in doppia cifra in Liga 1, guadagnandosi il titolo di “miglior giocatore” del Craiova, allenato tra l’altro da Nicolò Napoli che con Compagno condivide la città natale, Palermo: alla Steaua Bucarest ci pensano e provano ad ingaggiarlo, ma nella dirigenza biancoazzurra fanno spallucce.

“Il presidente non voleva vendermi: anche aveva ricevuto un’offerta dalla Steaua, ma aveva detto di non volermi vendere neanche per 4 o 5 milioni perché l’obiettivo era quello di andare ai Playoff e in Europa e io stavo facendo bene ed ero capitano. Poi quella notte non so cosa sia successo”.

Alla fine dello scorso mese di agosto, dopo 7 giornate di campionato e 5 goal, Compagno diventa un nuovo giocatore della Steaua allenato da Nicolae Dica, con cui condivide il passato al Catania.

“Ne abbiamo parlato quando sono arrivato: per lui non è stato un periodo felicissimo, ma abbiamo questa cosa in comune”.

Ed è andata bene, finora: con i goal messi a segno tra Craiova e Steaua, 9 in tutto, è il miglior marcatore della massima serie rumena, a un passo dall’ennesima doppia cifra, lasciandosi alle spalle il passato che, comunque, gli serve per ricordare da dove è partito e dove vuole arrivare.

“A me la forza l'ha data il periodo in cui prendevo 400 euro, che sono andato a vivere con la mia ragazza e andavamo a fare la spesa con la calcolatrice per capire se ci entravamo. Queste cose mi hanno dato la forza. Sono pragmatico: nel calcio ci sono i famosi treni che passano, ma se semini bene, se ti sacrifichi, se dai la massima dedizione per avere qualcosa alla fine ti arriva. Presto o tardi, in un modo o in un altro arriva la strada giusta. Semplicemente: non mi reputo lo stesso giocatore che ero in Italia. Ho avuto un problema alle ginocchia che poi ho risolto: sono un giocatore diverso e, anzi, per questo motivo non biasimo né il Catania né il Torino per non avermi dato un’opportunità. La mia maturità calcistica è arrivata dopo”, racconta a GOAL.

Per i ritorni, come per i sogni, c’è sempre tempo, d’altronde: il presente gli sorride, mentre continua a segnare e riscrivere la sua storia, in Romania, conservando ricordi incredibili e inimmaginabili solo qualche mese fa.

“A Londra c’era un titolo che ho letto, al momento delle formazioni iniziali, che mi ha fatto un certo effetto. ‘West Ham-Steaua, bomber Scamacca contro Compagno’. L’ho salvato”, spiega a GOAL Italia.

Sono campionati differenti, ci tiene a precisarlo, ma l’amore per lo sport che lo ha forgiato è lo stesso, come lo stesso, per una notte, è stato quel campo che ha ridefinito il concetto di rinascita calcistica, dandogli un nuovo senso. L’ennesimo “motivo” che ha spinto Andrea Compagno in Romania. Verso il futuro.

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