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Alla scoperta del gruppo Red Bull: il Salisburgo e il dominio in Austria

"Red Bull ti mette le ali". Sfidiamo chiunque a non aver ascoltato almeno una volta tra tv, radio e banner su internet il pay off che dal 1996 contraddistingue la campagna pubblicitaria della famosa bevanda sul mercato italiano.

La storia dell'energy drink diventato in breve tempo acerrimo competitor della Coca Cola Company parte nel 1984. Merito dell'imprenditore austriaco Dietrich Mateschitz, che di ritorno da un viaggio in Thailandia, decide di portare in Europa una bevanda dal quale è rimasto molto colpito.

Si tratta del Krating Daeng, in lingua thai letteralmente 'toro rosso'. E' un drink analcolico a base di taurina e caffeina, molto dolce e altrettanto diffuso in tutto il continente asiatico. Mateschitz ne resta incantato per via della capacità della bevanda di contrastare gli effetti del jet lag. Ma insieme alla dolcezza del drink, il magnate assapora anche la possibilità di farne un business assai redditizio.

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Seguono tre anni di sperimentazioni, durante i quali la formula viene più volte rivista per adattarla ai gusti dei palati europei. Nel 1987 Mateschitz lancia finalmente sul mercato la sua bevanda che, oltre per le esclusive e insolite sleek cans (le caratteristiche lattine cilindriche "allungate" rispetto a quelle originali e adottate ormai anche da altri brand), si contraddistingue per una incessante campagna marketing.

red bull sleek cansGetty Images

In poco tempo Red Bull si diffonde in tutto il Mondo mettendo le ali non solo ai cartoon delle proprie pubblicità, ma anche al fatturato dell'azienda. In 15 anni quest'ultimo passa da 605 milioni (2006) a oltre 9 miliardi (2021).

Mateschitz però non è intenzionato a fermarsi. E capisce prima di altri che lo sport è il volano ideale per il suo prodotto.

Legare il proprio nome a eventi sportivi non è una pratica di certo inventata dalla Red Bull. Dal 1978 la Coca Cola compare come sponsor dei Mondiali di calcio e allo stesso modo tanti altri marchi alimentari investono cifre importanti per vedere il proprio nome a fare da cornice alle gesta dell'elite del calcio.

Il gruppo Red Bull piuttosto cambia il paradigma, investendo direttamente nello sport. Oltre a mettere il marchio su diverse manifestazioni di sport estremi, nel 2004 viene acquisita la scuderia di Formula 1 Steward Gran Prix, rinominata in Red Bull come scuderia e in grado di conquistate dal 2010 al 2013 quattro titoli costruttori e cinque mondiali piloti.

Nel 2006 viene acquistata la scuderia italiana Minardi (oggi conosciuta come Alpha Tauri), rinominata fino al 2019 Toro Rosso e nella quale ha esordito un certo Sebastian Vettel, destinato a portare alla gloria i "cugini" della Red Bull Oggi.

Al patron Dietrich resta però da soddisfare lo sfizio più grande. Vincere anche nel calcio.

Un anno dopo l'ingresso nel paddock, arriva quello nel mondo del pallone. Red Bull acquisisce le quote dell'Austria Salzburg.

Una squadra tra le più antiche d'Austria, fondata il 13 settembre 1933 con il nome di Sportverein Austria Salzburg e che fino agli anni novanta rimasta praticamente nell'anonimato.

A metà dell'ultimo decennio del secolo scorso, la società conosce il suo primo periodo di gloria vincendo tre campionati, altrettante Supercoppe d'Austria e sfiorando una Coppa Uefa tra il 1994 e il 1997.

Finito il ciclo vincente il Salzburg torna nel suo cantuccio, cullandosi nel ricordo del tempo che fu.

Poi l'arrivo della Red Bull e lo stravolgimento di tutto. Il gruppo imprenditoriale inaugura nella città di Mozart quello che sarà il suo modus operandi anche nelle altre squadre che entreranno a far parte della galassia.

Red Bull ti metterà pure le ali, ma ti cambia totalmente la storia. Decidete voi se in meglio o in peggio.

Primo step, rebranding. Cambiano logo, colori e nome della società. Tre mosse che non fanno felici i tifosi.

red bull salzburg champions league trikot logo neu 2017FC Red Bull Salzburg

Lo zoccolo duro della tifoseria abbandona la squadra. Anzi, la ricrea. (Ri)nasce così lo SV Austria, che milita in terza serie. Una scelta che lascia indifferente la nuova proprietà.

"Questa è una nuova squadra, una nuova società. Non c’è una storia, non esiste una tradizione".

Nello stemma appaiono i due tori rossi ammirati su milioni di lattine e sul musetto di due monoposto in Formula 1. Il colore, da viola, viene tramutato in bianco e rosso. Il nome diventa Red Bull Salzburg.

Non che il 'renaming' fosse pratica sconosciuta da quelle parti. Nel 1978 la squadra fu per un breve periodo rinominata Sport Verein Casino Salzburg, mentre nel 1997 il nome mutò in Sport Verein Wüstenrot Salzburg, sempre per motivi di sponsorizzazioni.

Cambia poi tutto il boarding della società. Vengono messi gli uomini di fiducia del gruppo, che iniziano a lavorare per coltivare quella che negli ultimi anni si è imposta come vera e propria filosofia rivoluzionaria.

Si investe anche in infrastrutture. Il piccolo Lehener Stadion viene abbandonato in favore della Red Bull Arena, ben più grande e moderna. Bella, ma senz'anima secondo qualcuno.

Red Bull Arena Leipzig vs. Real MadridGetty Images

Nei primi anni di vita della nuova società si insegue un modello in stile MLS. Vengono messi sotto contratto nomi di esperienza usciti dai radar del grande calcio come Alexander Zickler, Thomas Linke e Vratislav Lokvenc. L'usato garantito viene affiancato a un gruppo di giovani da svezzare.

Anche per la panchina viene selezionato un profilo non da algoritmo, ma una vecchia volpe del calcio italiano: Giovanni Trapattoni.

I risultati arrivano subito. Nel 2007, dieci anni dopo l'ultimo trofeo, il RB Salzburg torna a vincere il campionato. E' il primo di una lunga serie che continua ancora oggi e sporadicamente interrotta dalle incursioni di Rapid, Austria Vienna e Sturm Graz.

Negli anni cambia però la filosofia della squadra. Si segue un po' la concezione che ha portato la nascita della bevanda.

Perché spendere per calciatori pronti ma vicini alla fine della carriera, quando puoi crearti in casa la formula vincente?

Le ingenti somme del gruppo Red Bull vengono redistribuite sul settore scouting e sull'allestimento di una squadra che costi poco e tragga il massimo dalle sue potenzialità.

Nel 2012 entra in scena Ralf Rangnick, modestissimo calciatore ma allenatore visionario e ispiratore della scuola di tecnici tedeschi nel nuovo millennio, messo a capo dell'area tecnica.

Insieme all'allenatore Roger Schimdt, Rangnick porta con sé una nuova interpretazione non solo dell'area scouting, ma anche e soprattutto del modo di stare in campo.

Pressing iper offensivo e portato all'estremo. Una concezione nuova, antesignana. Uno stile mai visto, che prenderà il nome di "Gegenpressing" e che avrà in Jurgen Klopp a Dortmund il suo principale esponente.

Thomas Tuchel Ralf Rangnick Jurgen Klopp Premier League GFXGOAL

Ma la formula magica non esiste. Il cammino verso il calcio ultra-aggressivo di casa Rangnick è costellato di incidenti di percorso.

Il più clamoroso è l'eliminazione ai preliminari di Champions League contro i semisconosciuti lussemburghesi del Dudelange nel 2012.

Una quadra alla fine si trova e porta al successo. Dal 2007 a oggi, si aggiungono alla bacheca del Salisburgo ben tredici campionati e nove coppe d'Austria, più la presenza fissa nelle coppe europee.

Un progetto nel quale la tecnologia ricopre un ruolo cruciale. A disposizione dell'area tecnico-sportiva c'è una serie di software che analizzano le prestazioni dei calciatori in giro per il mondo, ne valutano i parametri e li inseriscono in un database.

A quel punto si individuano i profili migliori e dopo il lavoro di una fitta rete di osservatori, quelli ritenuti più convincenti vengono messi sotto contratto, portati nel settore giovanile e tutelati sul piano sportivo e quello umano.

Una sorta di college calcistico, dove ai ragazzi prima e dopo gli allenamenti e le partite viene permesso di studiare e coltivare rapporti umani.

Giocare d'anticipo è il segreto del Salisburgo. I profili vanno presi quando sono ancora giovani e sconosciuti. A consacrarli ci pensa la casa madre, magari concedendogli uno step intermedio nei cugini più grandi del Lipsia.

Sesko, Upamecano, Keita, Szoboszlai, Haaland. Sono alcuni dei nomi usciti dalla fabbrica di talenti di Salisburgo.

Benjamin Sesko Red Bull SalzburgGetty

Un sistema pressoché perfetto e che si alimenta. L'obiettivo non è quello di andare a insidiare le big del calcio europeo.

A quello magari ci penseranno i cugini del Lipsia, anche loro entrati a far parte della Galassia dei tori rossi nel 2009 in un percorso simile a quello del Salsburg.

Essendo calati in un contesto più competitivo come quello tedesco, ci hanno messo più tempo degli austriaci a vincere. Dieci anni dopo la fondazione sono arrivati in semifinale di Champions e nel 2022 hanno vinto la Coppa di Germania, primo trofeo della loro storia.

Dove potranno arrivare nessuno sa dirlo. Ma il metodo scientifico dell'azienda a oggi sembra funzionare anche per tutte le altre squadre che compongono l'energy team: dai New York Red Bulls ai brasiliani del Bragantino, passando per il RB Ghana.

"Squadre nate in provetta" secondo qualcuno. Per altri "La fine del calcio a causa del capitalismo".

Ma è davvero così? Le realtà che hanno dominato per cinquant'anni il pallone in Europa non erano anch'esse espressione di un'egemonica economica tradotta poi in risultati sul campo?

Fin dalla sua nascita, il calcio ha sempre avuto due caratteristiche: la modernità e il suo pieno sviluppo in epoca capitalista.

Il calcio "di una volta", quello in cui a valere erano gli uomini ancor prima degli ingenti finanziamenti, non è mai veramente esistito.

Ma forse a farci male è il fatto che la Red Bull, così come altri grandi gruppi finanziari, abbia deciso di ricordarcelo in maniera così netta.

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